M.I.S.E. 34^ EMISSIONE 2022, del 12 Agosto, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “le Festività” dedicato alla Processione della Vara e dei Giganti di Messina

M.I.S.E. 34^ EMISSIONE 2022, del 12 Agosto, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “le Festività” dedicato alla Processione della Vara e dei Giganti di Messina, dal valore indicato in B, corrispondente ad €1.20.

  • data: 12 agosto 2022
  • dentellatura: 9 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 48 x 40 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartasu carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 300.000
  • valoreB = € 1,20
  • colori: cinque
  • bozzettistaR. Fantini
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta, delimitata in basso dalle sagome di alcuni astanti, raffigura la storica Processione della Vara di Messina, un grande carro votivo dedicato alla Madonna Assunta portato in processione il 15 agosto, affiancata dai Giganti Mata e Grifone, due colossali statue in cartapesta, ritenuti i fondatori di Messina. Completano il francobollo le legende “Processione della Vara e dei Giganti” e “Messina”, la scritta “Italia” e l’indicazione tariffaria “B”.

Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo lo puoi acquistare al prezzo di € 1,70; basta inviare una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

La Vara di Messina è un grande carro votivo dedicato alla Madonna Assunta portato in processione il 15 agosto di ogni anno.

Il ciclo di eventi culminanti con la festa della Madonna Assunta rappresenta il momento di massima espressione religiosa da parte del popolo messinese, nonostante la festa patronale cittadina sia quella della Madonna della Lettera, la cui ricorrenza liturgica cade il 3 giugno.

La Vara oggi

La macchina votiva, benché limitata in altezza e con i figuranti posticci, è rimasta nelle forme, pressoché fedele alle descrizioni e riproduzioni grafiche secentesche e settecentesche.

La vara odierna è alta circa 14 metri e pesante intorno alle 8 tonnellate, poggia su grandi scivoli metallici (cingoli sagomati a pattino o slitta), il basamento sul quale gravitano i grossi manufatti plasmati a mo’ di tronchi (allegorie di sovrapposizione e stratificazione di nuvole, è denominato cippu ‘a Vara. Tutt’intorno una struttura a telaio (timoniera, rimovibile alla bisogna), permette la dislocazione di decine di timonieri che hanno il compito di mantenere in asse o direzionare il mezzo in movimento.

Il telaio presenta 12 lanterne astili, ripartite sulla parte anteriore e posteriore, tre per ogni semiasse, in memoria dei 12 cilii o ceri da 16 libbre ciascuno offerti dal Clero, dal Senato Peloritano, dalle Associazioni degli Artigiani. In fase di voluto ripristino, l’antica consuetudine dell’offerta della cera, pratica interrotta dal terremoto del 1908. Dal 2001 ripristinata la donazione un cero votivo di 16 libbre (5,077 kg.), voluto e fatto realizzare dal timoniere della Vara, omaggio condotto a spalla da otto portatori.

L’elevazione somigliante all’intreccio di quattro grossi fusti presenta un primo ordine comprendente quattro mensole sporgenti dai fusti e altrettante radiali al piano di raccordo. Il secondo ordine presenta due raggiere contrapposte, al centro recano una parte fissa, costituita da calotte raffiguranti rispettivamente il Sole nella parte anteriore, la Luna nella parte opposta. Le parti rotanti con sviluppo esagonale recano ai vertici imbragature per sei distinti angioletti. La guglia rastremata presenta un ulteriore livello di mensole sfalsate, le superfici mostrano raffigurazioni di putti, volute, stelle, pianeti e nuvole come rappresentazione dei cieli. Una sfera girevole permette la rotazione orizzontale di sei angioletti. L’ultima piattaforma girevole in senso inverso al globo sottostante, si compone di quattro figure (verosimilmente le quattro intelligenze cardinali), reca l’elevazione centrale che regge la figura di Dio Padre, elemento che a sua volta sostiene nella mano destra l’Alma Maria nell’atto di elevarla nell’Empireo.

Le mensole, incavi vari, alloggiamenti e imbragature ospitano manichini addobbati (un tempo bambini, fanciulli, ragazzi) nelle veci di angeli, cherubini, putti e personaggi allegorici, che reggono ghirlande, corone, e tra mensole d’ordini differenti, un fitto reticolo di festoni e intrecci di fiori e fogliame.

A vigilare sul buon funzionamento degli astri rotanti alcuni addetti mentre un capotimoniere coadiuvato da segnalatori visivi (tramite sventolio di bandiere) e acustici (fischietti e campanelli), dirige e attende le operazioni dalla piattaforma. Alla base delle grosse travi dell’intelaiatura della timoniera sono fissate le lunghe gomene in canapa (lunghe fino a 120 m ciascuna, diametro 5 cm).

I termini del linguaggio marinaro tipici della città portuale entrano di diritto nella definizione di attività e figure essenziali nella manovra e nel funzionamento della macchina. A gomenetimonetimoniere e capotimoniere si affiancano i capicorda, i vogatori, i macchinisti (addetti nell’azione manuale delle parti mobili: raggiere e sfera con zodiaco), e comandante.

Itinerario

L’itinerario attuale si dipana da piazza Ettore Castronovo, estremità settentrionale di via Garibaldi, scavalcando il torrente Giostra, toponimo strettamente legato allo svolgimento di attività ludiche in epoca medievale. Prosegue lungo il moderno rettifilo ove sono previste soste e fermate, a piazza Filippo Juvarra, primitiva piazza Ottagona, la fermata prolungata di fronte al Palazzo della Prefettura alle spalle della Fontana del Nettuno. Altra sosta prolungata in corrispondenza dell’incrocio con via Boccetta durante la quale si assiste ai fuochi pirotecnici eseguiti presso la Stele della Madonna della Lettera. Sosta dinanzi Palazzo Zanca, sede del Municipio, ove stazionano i Giganti. Altra sosta prolungata all’incrocio di via I Settembre per effettuare la Girata, la sosta prevede il riposizionamento dei canapi sulla direttrice alla volta della cattedrale. Ulteriore fermata al Palazzo Arcivescovile per la preghiera alla Patrona della Città. Arrivo e conclusione in Piazza Duomo.

Giganti, rappresentanti solitamente una donna bianca di nome Mata ed un guerriero nero di nome Grifone, sono due alti fantocci di cartapesta che vengono portati a spalla o trainati, danzando al ritmo di tamburi, per le vie di Messina e altre località della Sicilia e della Calabria, in occasione di festività cattoliche patronali o di altri eventi. I giganti sono identificati nei leggendari fondatori della città di Messina e da questo deriva la loro importanza nella tradizione folcloristica.

Storia dei Giganti

Le origini

In relazione ai giganti alcuni racconti popolari calabresi narrano la storia di una regina rapita da un re venuto da molto lontano, dal mare, dalla Turchia. Ritroviamo questi alti giganti radicati nella cultura popolare della Spagna e vengono in mente ambientazioni che vedono la Calabria durante la dominazione spagnola, poi ancora al periodo delle incursioni turche e ai saraceni. La radice storica del ballo dei giganti è di probabile origine aragonese. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire in Sicilia e in Calabria questa tradizione tuttora fortissima in Catalogna. A testimonianza di un’antica matrice culturale presente nell’area del Mediterraneo ancora oggi ritroviamo manifestazioni popolari con l’uso dei giganti processionali in Spagna, in Sicilia, a Malta ma anche in Belgio e in Germania.

Le statue derivano dai giganti processionali dell’antica tradizione spagnola, ancora oggi presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festività, come a Tarragona per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il giorno di San Pietro Reus. Il contatto con la dominazione catalana fece pervenire la tradizione dei giganti processionali che si è diffusa anche in Sicilia ed in Calabria, ed oggi è legata al culto della Vergine Maria, come nel caso dei giganti Mata e Grifone della festa della Assunta a Messina o dei giganti Kronos e Mytia della festa della Madonna della Luce di Mistretta. Inoltre i due colossi di cartapesta rappresentano e ricordano allegoricamente la conquista della libertà del popolo calabrese dai predoni saraceni e turchi, che per secoli devastarono la Calabria apportando ovunque lutti e rovine. Il Gigante nero, chiamato Grifone, raffigura il truce saraceno e, nelle sembianze di una bella e prosperosa popolana, Mata, ne era la sua preda.

Nel corso della storia i due giganti Mata e Grifone sono stati identificati con varie figure mitologiche, ad esempio Kronos e Rhea, Cam e Rea, Zanclo e Rea, Saturno e Cibele; la leggenda più famosa narra che ai tempi delle invasioni saracene in Sicilia, attorno al 970 d.C., un invasore moro di nome Hassas Ibn-Hammar, grandissimo, sbarcato a Messina si innamorò della cammarota Marta figlia di re Cosimo II da Casteluccio. Il nome Marta, dialettizzato, diventa Mata. Il pirata chiese la mano della donna, ma le loro nozze furono celebrate solo dopo la conversione del moro al cristianesimo: il suo nome da Hassan diventò quindi Grifo, o meglio, Grifone per la sua mole. Mata e Grifone prosperarono ed ebbero moltissimi figli: molti tra i messinesi. Questa versione è infatti confermata dalle scritture di alcuni autorevoli storici antichi, Mata e Grifone non sarebbero i mitici fondatori di Messina: Saturno Egizio e la moglie Rea o Cibale.

Con il passare del tempo, al nome di Saturno Egizio venne aggiunto il nome di Zancle (falce), o per aver fondato la città siciliana in un’insenatura di mare a forma di falce, o perché a lui sarebbe attribuita l’invenzione dell’attrezzo agricolo per mietere il grano. Per tale motivo la città peloritana, prima ancora che le venisse imposto l’odierno nome dal conquistatore greco Messena, venne per molti secoli chiamata Zancle in onore del suo mitico fondatore.

La più attendibile storia sulla nascita dei Giganti è però legata ad un fatto storico realmente accaduto nel 1190. In tale anno, Riccardo I Re d’Inghilterra, più comunemente noto col nome di Riccardo Cuor di Leone, giunse a Messina da dove doveva muovere la Terza crociata che era stata indetta da papa Gregorio VIII per liberare dai musulmani il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Durante la permanenza in città il monarca si accorse che i messinesi erano privi della libertà perché ancora oppressi dai greci bizantini. Essi infatti si erano impossessati di tutte le cariche politiche, civili ed amministrative gestendo la giustizia a loro piacimento con provvedimenti impopolari ed inappellabili emanati dalla sicura fortezza di San Salvatore, strategicamente posta all’imbocco del porto. Il Re d’Inghilterra, non volendo usare la forza per soggiogarli, pensò di dimostrare la sua potenza facendo costruire sul colle di Roccaguelfonia, situato proprio di fronte alla fortezza, un imponente ed inespugnabile castello. Prima ancora che venisse ultimato, il popolo lo adottò battezzandolo col nome di Matagriffon coniando Mata, da Macta (ammazza) e, Griffon da Grifone (ladro). I greci bizantini dimostrarono di aver inteso il messaggio, abbandonando per sempre la città, così che il popolo Messinese riacquistò la tanto sospirata libertà.

Per festeggiare l’evento e tramandarlo alle generazioni future, i messinesi portarono nelle piazze il castello di Matagriffon in cartapesta per poi sdoppiarlo nel nome e con le sembianze dei fondatori della città. Li chiamarono “‘A Gigantissa” e “U Giganti”, ma anche Mata e Grifone. In tal modo la colossale coppia divenne l’emblema della loro libertà e l’omaggio agli antichi fondatori. Ai Colossi, rappresentati su due cavalli finemente addobbati, venne nel tempo accostato un finto cammello che veniva bruciato nelle piazze al termine delle feste di mezz’agosto, per simboleggiare la sconfitta degli empi dominatori saraceni scacciati nel 1060 dalla città dal Conte Ruggero I il Normanno. I Giganti, quali simbolo di libertà, vennero ben presto adottati in molte città siciliane e da alcune della fascia costiera tirrenica ed aspromontana della Calabria che, come Messina, avevano profondamente subito le devastazioni saracene e turche.

I Giganti di Messina

La processione dei Giganti di Messina, come detto, consiste nel trainare due statue di giganti a cavallo, realizzate in cartapesta.

Le statue attuali risalgono al 1723 anche se vennero completate solamente negli anni cinquanta dello scorso secolo, venendo installati su dei carrelli con ruote in modo da poter ottenere un trainamento più facile. In passato, invece, i due venivano sollevati dai portatori attraverso pali e staffe basculanti, che consentivano di mantenerli in equilibrio, conferendo peraltro un andamento caracollante alle due statue equestri.

I due Giganti sono portati in processione dal 10 al 14 agosto, seguiti da un corteo in costume e da tamburi, trombe e dal suono cupo della “brogna” e della “ciaramedda”.

Dall’anno 1993 è tornata nuovamente la tradizione di farli seguire da un’altra macchina che rappresenta un cammello.

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