92^ emissione del 12 Dicembre 2023, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica ”il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato ai BRONZI di RIACE, nel 50° anniversario della scoperta

92^ emissione del 12 Dicembre 2023, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica ”il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato ai BRONZI di RIACE, nel 50° anniversario della scoperta, dal valore indicato B, corrispondente ad €1.25

  • data emissione: 12 dicembre 2023
  • dentellatura: 11  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.020
  • valore 
  • colori: cinque
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: riproduce i Bronzi di Riace, due statue considerate tra i capolavori più significativi dell’arte greca del V secolo a.C., ritrovate il 16 agosto del 1972 nel fondale marino di Riace e custodite presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Completano il francobollo la legenda “BRONZI DI RIACE 50° ANNIVERSARIO SCOPERTA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: la foto raffigurante i Bronzi di Riace è riprodotta per gentile concessione del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e del fotografo Filippo Toscano.

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Bronzi di Riace sono due statue di bronzo di provenienza greca databili rispettivamente al 460 e 430 a.C., pervenute in eccezionale stato di conservazione.

i due Bronzi di Riace nel museo

Le due statue – rinvenute il 16 agosto 1972 nei pressi di Riace Marina, in provincia di Reggio Calabria – sono considerate tra i capolavori scultorei più significativi dell’arte greca, e tra le testimonianze dirette dei grandi maestri scultori dell’età classica. Le ipotesi sulla provenienza e sugli autori delle statue sono diverse, ma non esistono ancora elementi che permettano di attribuire con certezza le opere ad uno specifico scultore.

I bronzi si trovano al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, luogo in cui sono stati riportati il dicembre 2013, dopo la rimozione e il soggiorno per tre anni con annessi lavori di restauro presso Palazzo Campanella, sede del consiglio regionale della Calabria a causa dei lavori di ristrutturazione dello stesso museo. I Bronzi di Riace sono diventati uno dei simboli del paesino stesso e della città di Reggio Calabria.

Il recupero

Il 16 agosto 1972 a 230 metri dalle coste di Riace Marina, Stefano Mariottini (un giovane sub dilettante romano) immergendosi, rinvenne a 8 metri di profondità le statue dei due guerrieri che sarebbero diventate famose come i Bronzi di Riace. L’attenzione del subacqueo fu attratta dal braccio sinistro di quella che poi sarebbe stata denominata statua A, unico elemento che emergeva dalla sabbia del fondo. Per sollevare e recuperare i due capolavori, il Centro subacquei dell’Arma dei Carabinieri utilizzò un pallone gonfiato con l’aria delle bombole. Il 21 agosto fu recuperata la statua B, mentre il giorno dopo toccò alla statua A (che ricadde al fondo una volta prima d’essere portata al sicuro sulla spiaggia).

Una foto di repertorio del recupero con lo scopritore delle statue Sig. Stefano Mariottini

 Nella denuncia ufficiale depositata il 17 agosto 1972 con Protocollo n. 2232 presso la Soprintendenza alle antichità della Calabria a Reggio, Stefano Mariottini: «…dichiara di aver trovato il giorno 16 c.m. durante una immersione subacquea a scopo di pesca, in località Riace, 130 circa chilometri sulla SS Nazionale ionica, alla distanza di circa 300 metri dal litorale ed alla profondità di 10 metri circa, un gruppo di statue, presumibilmente in bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto l’altra. L’altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo. Le statue sono di colore bruno scuro salvo alcune parti più chiare, si conservano perfettamente, modellato pulito, privo di incrostazioni evidenti. Le dimensioni sono all’incirca di 180 cm.».

Sul lato sinistro di questa denuncia ufficiale, tutta battuta a macchina, è un appunto scritto a mano, di colore rosso, a firma Giuseppe Foti (soprintendente scomparso poco prima dell’arrivo dei Bronzi a Reggio di Calabria): «La presente segnalazione fa seguito alla comunicazione telefonica del 16 agosto 1972, ricevuta alle ore 21 che denunziava la scoperta.».

Durante i primi interventi di pulitura dalle concrezioni marine (eseguiti dai restauratori del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria), apparve evidente la straordinaria fattura delle due statue. Fu confermata infatti la prima ipotesi secondo cui i bronzi dovevano essere autentici esemplari dell’arte greca del V secolo a.C., venuti ad affiancare quindi le pochissime statue in bronzo che sono giunte fino a noi complete, come quelle conservate in Grecia: l’Auriga di Delfi e il Cronide di Capo Artemisio al Museo Archeologico Nazionale di Atene.

A Reggio Calabria l’équipe di tecnici lavorò alla pulitura delle due statue fino al gennaio 1975, quando la Soprintendenza reggina ebbe la certezza che sarebbe stato impossibile eseguire un completo e valido restauro delle statue utilizzando solo i limitati strumenti che erano a disposizione del proprio laboratorio. Fu allora che si decise di trasferirle al più attrezzato Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana, costituito dopo l’alluvione del 1966.

Oltre alla pulizia totale delle superfici eseguita con strumenti progettati appositamente, a Firenze le statue furono sottoposte ad analisi radiografiche, necessarie per conoscerne la struttura interna, lo stato di conservazione e lo spessore del metallo. Le indagini portarono ad un primo esito sorprendente: il braccio destro della statua B e l’avambraccio sinistro su cui era saldato lo scudo risultarono di una fusione diversa dal resto della statua, furono infatti saldati in epoca successiva alla realizzazione della statua in sostituzione delle braccia originali probabilmente per rimediare ad un danneggiamento sopravvenuto quando la statua era già in esposizione. Durante la meticolosa pulizia si scoprirono alcuni particolari per i quali era stato usato materiale differente dal bronzo: argento per i denti della statua A e per le ciglia d’entrambe le statue, avorio e calcare per le sclere, rame per le labbra e le areole dei capezzoli di entrambe le statue. Le operazioni di restauro – che durarono cinque anni – si conclusero il 15 dicembre 1980 con l’inaugurazione di un’esposizione per sei mesi delle due statue sul grande palcoscenico del turismo fiorentino, presso il Museo Archeologico di Firenze come pubblico omaggio all’impegno tecnico e al lavoro lì svolto. Fu proprio quest’esposizione fiorentina, seguita da quella successiva di Roma, a fare da primo detonatore per il non più tramontato clamoroso entusiasmo nazionale ed internazionale per i due Bronzi trovati a Riace.

I due bronzi sono quasi certamente opere originali dell’arte greca del V secolo a.C., e dal momento del ritrovamento hanno stimolato gli studiosi alla ricerca dell’identità dei personaggi e degli scultori. Ancora oggi non è stata raggiunta unanimità per quanto riguarda la datazione, la provenienza e tanto meno gli artefici delle due sculture.

I volti dei bronzi

Tra chi sostiene che si tratti di opere realizzate in tempi diversi qualcuno afferma che la parte superiore della statua A appare alquanto statica, ricordando alcuni modi dello Stile severo della prima metà del V secolo a.C., mentre la statua B, con la sua esatta e naturale presenza nello spazio, sarebbe dimostrazione di quel superamento di rigidezza nella figura, che la scultura greca incominciò a presentare solo nel corso della seconda parte del V secolo a.C.; ciò ha portato a ipotizzare che la statua A potesse essere opera di Fidia o della sua cerchia, realizzata intorno al 460 a.C. e che la statua B fosse da collegare a Policleto, nella torsione del busto e nella posizione di riposo della gamba sinistra, realizzata perciò alcuni decenni dopo, verso il 430 a.C. Nella ricerca degli scultori, sono stati fatti anche i nomi d’altri famosi bronzisti dell’antichità, fra i quali Pitagora di Reggio, attivo dal 490 al 440 a.C., scultore di molte statue ricordate in Grecia e Magna Grecia, che fu capace per primo di rappresentare minutamente sia i capelli che altri particolari anatomici, come ad esempio le vene.

Insieme alle congetture sui possibili scultori, si sono formulate ipotesi che riguardano da una parte l’identità dei due personaggi raffigurati, dall’altra le località del mondo di cultura greca che aveva ospitato le opere. Per quanto concerne l’identità dei soggetti, certamente ci troviamo di fronte a raffigurazioni di divinità o eroi, perché la realizzazione di statue del genere era sempre dovuta alla committenza di una città o di una comunità che intendeva celebrare i propri Dei o eroi, impegnando un artista, per oltre un anno di lavorazione per ogni statua, e in più, mettendogli a disposizione un materiale, il bronzo, molto costoso. Fino ad oggi, le ipotesi fatte sull’identità dei personaggi, citando divinità ed eroi dell’antica comunità greca, non essendo sostenute da indizi reali, non hanno potuto risolvere gli interrogativi posti dai due Bronzi.

Riguardo alle località che anticamente possono aver ospitato le statue (al di là dell’ipotizzata provenienza da Reggio stessa, Locri Epizefiri, Olimpia o Atene), si è seguito l’indizio reale costituito dai tenoni ancora presenti, al momento del ritrovamento, sotto i piedi dei due Bronzi – usati originariamente per ancorarli a basi di pietra. I calchi dei tenoni, seguendo una delle ipotesi più affascinanti, sono stati trovati nei Donari del Santuario di Apollo a Delfi, dove però non hanno trovato collocazione giusta in nessuna base di monumento ancor oggi esistente, facendo restare non dimostrata anche l’ipotesi della provenienza di almeno una delle due statue dal complesso degli ex voto che, ai lati della Via Sacra del Santuario, comprendeva al tempo un centinaio di statue d’eroi della comunità greca.

Come l’attribuzione dello scultore e l’identificazione delle due statue, è ancora incerta la località di partenza del viaggio di queste statue, perché la nave che li trasportava si trovava lungo una rotta marittima normalmente seguita tra Grecia, Magna Grecia e Italia tirrenica (e viceversa); naturalmente non si hanno poi indicazioni sulla destinazione del trasporto.

Qualcosa si può dire in merito alla presenza delle due statue su una nave che fece naufragio, o che si liberò del peso delle due statue per non affondare, in quel tratto della costa calabra. Infatti le due statue sono praticamente integre (non in pezzi com’erano invece quelle, avviate alla fusione, della nave della Testa del Filosofo), ed hanno ambedue i tenoni in piombo alla base dei piedi che indicano come fossero state in precedenza fissate su basamenti, quindi esposte in pubblico; prendendo in considerazione tutto questo si può verosimilmente pensare che la nave facesse un trasporto per traffico antiquario di statue che non erano più riconosciute come simboli ma considerate solo come opere d’arte. Come conseguenza di questa ipotesi del commercio antiquario, si può anche ipotizzare l’arco di tempo nel quale avvenne il trasporto e l’affondamento delle due statue: tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., quindi durante il periodo in cui fu forte l’innamoramento romano per la cultura greca.

Descrizione e stile

Bronzi di Riace presentano una notevole elasticità muscolare essendo raffigurati nella posizione definita a chiasmo. In particolare il bronzo A appare più nervoso e vitale, mentre il bronzo B sembra più calmo e rilassato. Le statue trasmettono una notevole sensazione di potenza, dovuta soprattutto allo scatto delle braccia che si distanziano con vigore dal corpo. Il braccio piegato sicuramente sorreggeva uno scudo, l’altra mano certamente impugnava un’arma. Il bronzo B ha la testa modellata in modo strano, appare piccola perché consentiva la collocazione di un elmo corinzio. Il braccio destro e l’avambraccio sinistro della statua B hanno subito un’altra fusione, probabilmente per un intervento di restauro antico.

La serie emessa nel 1981 dedicata ai due Bronzi di Riace

Lo studio dei materiali e della tecnica di fusione rivela comunque una certa differenza tra le due statue, che secondo alcuni potrebbero essere attribuite ad artisti differenti o realizzate in epoche distinte oppure da uno stesso artista in luoghi differenti.

A seguito del restauro terminato il 14 giugno 1995, il materiale interno ai Bronzi ha rivelato la tecnica usata per realizzare la forma delle due statue. Si è appreso che, intorno al simulacro iniziale, il modello finale (prima del perfezionamento nei dettagli con la cera), fu realizzato sovrapponendo varie centinaia di strisce d’argilla, rese facili da manipolare perché vi erano stati mescolati peli d’animali. Era questo un modo di lavoro particolarmente difficile e lento, che però alla fine riusciva a far crescere nel modo voluto le masse del corpo e dei muscoli, come dimostrano le stratificazioni concentriche dell’argilla trovata nelle gambe e nel torace dei due Bronzi (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Per il 50° anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace, avvenuta il 16 agosto del 1972 nelle acque del Mar Ionio, il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria ha promosso un ricco programma di attività, in stretta sinergia con le Istituzioni, gli enti di ricerca e formazione, e il terzo settore.  

I Bronzi di Riace sono due opere straordinarie, icone del patrimonio archeologico e culturale italiano, le cui immagini in mezzo secolo hanno fatto il giro del mondo, entrando nell’immaginario collettivo quale simbolo della perfezione scultorea dell’antichità. Capolavori dell’arte greca, sono tra le pochissime opere della grande bronzistica del V secolo a.C. giunte integre fino a noi. Dalla prima esposizione la loro bellezza, enfatizzata dalla misteriosa casualità del loro ritrovamento, li ha resi patrimonio del pubblico prima ancora che oggetto di studio da parte degli specialisti di arte antica. 

Il loro ritrovamento è avvenuto grazie a un giovane chimico romano, Stefano Mariottini, durante una battuta di pesca subacquea sulla costa ionica di Riace (RC). Dopo un primo intervento di pulitura al Museo Nazionale di Reggio Calabria, i Bronzi vennero trasferiti a Firenze nel gennaio del 1975, per essere sottoposti a un intervento di restauro che durò cinque anni. Le due statue furono esposte per la prima volta nel dicembre 1980 al Museo Archeologico di Firenze e, prima del rientro a Reggio Calabria, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini volle ospitarle al Quirinale agli inizi dell’estate successiva. Giunti al Museo Nazionale di Reggio Calabria, i Bronzi hanno richiamato centinaia di migliaia di visitatori, divenendo i principali attrattori culturali del territorio. Dopo l’ultimo restauro, eseguito tra il 2010 e il 2013, oggi le due statue sono esposte in un’apposita sala, dotata di sofisticati impianti per il controllo microclimatico e un sistema di accesso a doppio ambiente filtro, sostenute da basi sismiche appositamente progettate dall’ENEA.

Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, fra i primi istituti autonomi nati dalla riforma del ministro Dario Franceschini, è stato completamente riaperto al pubblico il 30 aprile 2016, sotto la direzione di Carmelo Malacrino. Da allora i Bronzi di Riace, insieme alle magnifiche teste recuperate a Porticello, concludono un percorso espositivo di grande suggestione, rivolto a ogni tipo di pubblico: quattro livelli, oltre 200 vetrine e migliaia di reperti testimoni della storia straordinaria della Calabria.  

Nell’ambito delle celebrazioni del 50° anniversario del ritrovamento dei Bronzi di Riace, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emesso questo francobollo, su proposta del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, per sottolineare la loro importanza artistica, storica e sociale nell’ottica della promozione dell’Italia e del suo magnifico patrimonio culturale.

Carmelo Malacrino 

Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria

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