59-60-61-62-63-64^ emissione del 15.09.2023, di n.6 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicati alla Radice del Made in Italy: La bottega del Verrocchio, Botticelli, Leonardo da Vinci, Perugino – nel 500° anniversario della scomparsa, Ghirlandaio, Botticini, Signorelli – nel 500° anniversario della scomparsa.

59-60-61-62-63-64^ emissione del 15.09.2023, di n.6 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicati alla Radice del Made in Italy: La bottega del Verrocchio, Botticelli, Leonardo da Vinci, Perugino – nel 500° anniversario della scomparsa, Ghirlandaio, Botticini, Signorelli – nel 500° anniversario della scomparsa, ognuno con il valore indicato B, corrispondenti ognuno di €1.25.

  • data emissione: 15 Settembre 2023
  • dentellatura: 9   effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 X 48 mm.
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 200.004 esemplari di foglietti, pari a un 1.200.024 francobolli.
  • valore:  B  = €1,25
  • colori: cinque
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il foglietto: i sei francobolli, disposti in verticale su due colonne, riproducono, ognuno, un’opera dei pittori a cui la serie è dedicata:
  • Prima colonna, dall’alto in basso:
  • La bottega del Verrocchio: Battesimo di Cristo.
  • Botticelli: Ritratto d’uomo.
  • Leonardo da Vinci: Studio per una Maddalena.
  • Seconda colonna, dall’alto in basso:
  • Ghirlandaio: Adorazione dei Magi.
  • Botticini: Tobiolo e i tre arcangeli.
  • Signorelli: Allegoria della Fecondità e dell’Abbondanza.
  • Tutte le opere sono esposte nelle Gallerie degli Uffizi di Firenze.
  • Completano i francobolli le rispettive legende: “BOTTEGA DEL VERROCCHIO” “BATTESIMO DI CRISTO”; “SANDRO BOTTICELLI” “RITRATTO D’UOMO”; “LEONARDO DA VINCI” “STUDIO PER UNA MADDALENA”; “GHIRLANDAIO” “ADORAZIONE DEI MAGI”; “FRANCESCO BOTTICINI” “TOBIOLO E I TRE ARCANGELI”; “LUCA SIGNORELLI” “ALLEGORIA DELLA FECONDITÀ E DELL’ABBONDANZA” “500 ANNI DALLA SCOMPARSA”, la legenda comune “GALLERIE DEGLI UFFIZI – FIRENZE”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • Caratteristiche del foglietto: Raffigura un particolare del piazzale delle Gallerie degli Uffizi, con il caratteristico loggiato del palazzo che ospita lo storico Museo, quale ideale trait d’union tra le due colonne dei sei francobolli; a tappeto il fondino è costellato da elementi grafici decorativi. Completano il foglietto le legende “RADICI DEL MADE IN ITALY” e “GALLERIE DEGLI UFFIZI – FIRENZE”.
  • colori: cinque
  • dimensioni del foglietto: 160 x 180 mm
  • nota: le opere dei pittori italiani e il piazzale delle Gallerie degli Uffizi sono stati riprodotti su gentile concessione del Ministero della Cultura e delle Gallerie degli Uffizi.

Se sei interessato all’acquisto di questo foglietto, lo puoi acquistare, al prezzo di € 12,00,  inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

IL VERROCCHIO

Andrea di Michele di Francesco di Cione detto Il Verrocchio (Firenze, 1435 – Venezia, 1488) è stato uno scultore, pittore e orafo italiano.

Attivo soprattutto alla corte di Lorenzo de’ Medici, alla sua bottega si formarono allievi come Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio, Francesco Botticini, Francesco di Simone Ferrucci, Lorenzo di Credi, Bartolomeo della Gatta. Rivestì un ruolo importante nella tendenza a misurarsi con diverse tecniche artistiche, manifestatesi nella Firenze di fine Quattrocento, e infatti la sua bottega divenne polivalente, con opere di pittura, scultura, oreficeria e decorazione, così da poter far fronte all’insistente domanda proveniente da tutta l’Italia di prodotti fiorentini.

Biografia

Nacque a Firenze tra il 1434 e il 1437 nella parrocchia di Sant’Ambrogio. Sua madre Gemma mise al mondo otto figli ed Andrea fu il quinto. Il padre, Michele di Cione, era fabbricante di piastrelle e successivamente esattore delle tasse. Durante la sua infanzia, nell’agosto del 1452, uccise senza volerlo un suo compagno di giochi (Antonino, figlio di Domenico di Antonio) lanciando sassi per scherzo insieme ad altri amici. Andrea non si sposò mai e dovette provvedere al sostentamento di alcuni tra i suoi fratelli e sorelle, a causa dei problemi economici della sua famiglia. La sua notorietà crebbe notevolmente quando venne accolto alla corte di Piero e Lorenzo de’ Medici, dove rimase fino a pochi anni prima della sua morte, quando si spostò a Venezia, pur mantenendo la sua bottega fiorentina.

Suo fratello Simone fu un monaco di Vallombrosa e divenne abate di San Salvi. Un fratello fu operaio tessile e una sorella sposò un barbiere. Iniziò a lavorare come orafo, nella bottega di Giuliano Verrocchi, dal quale sembra che Andrea abbia in seguito preso il cognome. I suoi primi approcci alla pittura risalirebbero alla metà degli anni 1460 quando lavorò a Prato con Fra Filippo Lippi nel coro del Duomo. Resta famosa una denuncia anonima di sodomia che coinvolse quello che diventerà probabilmente il più famoso tra gli allievi della sua bottega: il giovane Leonardo da Vinci.

Le prime opere autonome

Nel 1465 circa scolpì il lavabo della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, mentre tra il 1465 e il 1467 eseguì il monumento funebre di Cosimo de’ Medici nella cripta sotto l’altare della stessa chiesa e nel 1472 terminò il monumento funebre per Piero e Giovanni de’ Medici. Lo scultore sceglie di sistemare il sarcofago entro un’arcata completata da un reticolo bronzeo, che ha la funzione di mediare la luce. Grazie a questo espediente il sarcofago risalta sia per la policromia dei materiali che per la raffinatissima fattura degli elementi naturalistici. Gli elementi in bronzo completano il monumento.

Nel 1466, quando era appena trentenne, il Tribunale di Mercatanzia gli commissionò il gruppo scultoreo dell’Incredulità di san Tommaso per la chiesa di Orsanmichele. La nicchia nella quale sono inseriti i due personaggi fu realizzata da Donatello, e conteneva un San Ludovico di Tolosa, oggi nel Museo di Santa Croce. Nuova è la disposizione in diagonale del gruppo, con il piede di San Tommaso che fuoriesce dal piedistallo. L’espressione dei sentimenti – la dolcezza paterna del Cristo – lo stupore di San Tommaso – viene ribadita e amplificata dalla eccezionale ridondanza dei panneggi: quello del Cristo più dolce, invece agitato e inquieto quello dell’apostolo. Verrocchio anticipa attraverso la caratterizzazione del panneggio e la sottolineatura dei gesti e dei sentimenti, lo stilismo del barocco. L’opera fu terminata nel 1483.

BOTTICELLI

Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi, conosciuto col nome d’arte di Sandro Botticelli (Firenze, 1º marzo 1445 – Firenze, 17 maggio 1510), è stato un pittore italiano inquadrabile nella corrente artistica del Rinascimento.

In un’età dell’oro per il mondo dell’arte, il pittore ebbe una formazione di scuola fiorentina sotto Filippo Lippi e con il patronato della famiglia Medici, riuscendo a sviluppare uno stile elegante che proponeva un nuovo modello di bellezza ideale e che incarnava i gusti e la raffinatezza della società dell’epoca. La sua arte subì anche l’influenza di Andrea del Verrocchio e dei fratelli Antonio e Piero del Pollaiolo.

Eccellente ritrattista, Botticelli fu un autore poliedrico e il suo corpus spazia dai soggetti di carattere mitologico-allegorico ai soggetti di carattere religioso. La sua fama oggi è legata soprattutto alle opere mitologiche, delle quali sono emblema due dipinti in particolare: questi sono due grandi tele custodite entrambe agli Uffizi di Firenze e sono la Nascita di Venere e la Primavera, che sono oggi tra i dipinti più famosi al mondo, tanto da essere considerate due icone del Rinascimento italiano e dell’arte occidentale, grazie anche ai profondi significati filosofici e letterari riscontrabili in esse. Mentre per quanto riguarda l’altro caposaldo dell’arte botticelliana, la produzione sacra, degna di nota è la cospicua produzione di Madonne col Bambino, realizzate preferibilmente in tondo e per le quali lui e la sua bottega divennero celebri; ma l’apice di questo genere è certamente rappresentato dai grandi affreschi realizzati per la Cappella Sistina a Roma.

Tuttavia, nell’ultima parte della sua vita, l’arte e lo spirito di Botticelli subirono una crisi che culminò in un esasperato misticismo, anche per via dell’influenza del Savonarola. Così, oltre all’unico vero erede Filippino Lippi, suo allievo e collaboratore, dopo la morte di Botticelli la sua reputazione fu eclissata profondamente e i suoi dipinti rimasero quasi dimenticati nelle chiese e nei palazzi per i quali erano stati creati, così come i suoi affreschi nella Sistina che furono messi in ombra da quelli straordinari di Michelangelo. Il lungo abbandono ebbe fine a partire dal XIX secolo, venendo riscoperto dalla storiografia artistica anche grazie e soprattutto all’influenza che ebbe sui Preraffaelliti.

Maestro del sacro e del profano, è stato descritto come un outsider nella corrente principale della pittura italiana, avendo egli un interesse limitato per molti degli aspetti associati alla pittura del Quattrocento, come l’ispirazione diretta all’arte classica e la rappresentazione realistica di anatomia umana, prospettiva e paesaggio. Infatti, la sua formazione gli ha permesso di rappresentare questi aspetti della pittura, senza però lasciarsi omologare dallo scenario contemporaneo.

LEONARDO DA VINCI

Leonardo da Vinci di ser Piero (Anchiano, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519) è stato uno scienziato, inventore e artista italiano.

Autoritratto

Uomo d’ingegno e talento universale del Rinascimento, considerato uno dei più grandi geni dell’umanità, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell’arte e della conoscenza: fu infatti scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, matematico, anatomista, botanico, musicista, ingegnere e progettista.

Le origini e la famiglia

Leonardo da Vinci fu il figlio primogenito nato da una relazione illegittima tra il notaio ventiseienne Piero da Vinci e Caterina di Meo Lippi, donna d’estrazione sociale modesta. La notizia della nascita del primo nipote fu annotata dal nonno Antonio, padre di Piero e anch’egli notaio, su un antico libro notarile trecentesco, usato come raccolta di “ricordanze” della famiglia, dove si legge: «Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte [secondo il calendario gregoriano il 23 aprile alle ore 21:40].  Nel registro non è indicato il luogo di nascita di Leonardo, che si ritiene comunemente essere la casa che la famiglia di ser Piero possedeva, insieme con un podere, ad Anchiano, dove la madre di Leonardo andrà ad abitare. Il battesimo avvenne nella vicina chiesa parrocchiale di Santa Croce, ma sia il padre sia la madre erano assenti, poiché non sposati. Per Piero si stavano preparando ben altre nozze, mentre per Caterina fu cercato, nel 1453, un marito che accettasse di buon grado la sua situazione “compromessa”; fu così trovato un contadino di Campo Zeppi, vicino a Vinci, tale Piero del Vacca da Vinci, detto l’Attaccabriga, che forse, come il fratello Andrea, faceva anche il mestiere del mercenario. Nel frattempo, già nel 1452, il padre Piero si era sposato con Albiera di Giovanni Amadori. La lieta accoglienza del bambino, nonostante il suo status illegittimo per l’epoca, è testimoniata, oltre che dall’annotazione del nonno, anche dalla sua presenza nella casa paterna di Vinci. Ciò si legge nella dichiarazione per il catasto di Vinci dell’anno 1457, redatta sempre dal nonno Antonio, dove si riporta che il detto Antonio aveva 85 anni e abitava nel popolo di Santa Croce, marito di Lucia, di anni 64, e aveva per figli Francesco e Piero, d’anni 30, sposato ad Albiera, ventunenne, e con loro convivente era «Lionardo figliuolo di detto ser Piero non legittimo nato di lui e della Chaterina che al presente è donna d’Achattabriga di Piero del Vacca da Vinci, d’anni 5».

La matrigna Albiera morì appena ventottenne nel 1464, quando la famiglia risiedeva già a Firenze, essendo sepolta in San Biagio. Ser Piero si risposò altre tre volte: nel 1465 con la quindicenne Francesca di ser Giuliano Lanfredini, che morì giovane; nel 1475 con Margherita di Francesco Giulli, dal 1485 con Lucrezia di Guglielmo Cortigiani.

Uno dei famosi disegni di anatomia

Leonardo ebbe “almeno sedici” fratellastri e sorellastre, tutti molto più giovani di lui (l’ultimo nacque quando Leonardo aveva quarantasei anni), con i quali ebbe pochissimi rapporti, ma che gli diedero molti problemi dopo la morte del padre nella contesa sull’eredità. Essi erano: Antonio (1476), Maddalena (1477), Giuliano (1479), Lorenzo (1484), Violante (1485), Domenico (1486), Margherita (1491), Benedetto (1492), Pandolfo (1494), Guglielmo (1496), Bartolomeo (1497), Giovanni (1498). Inoltre ebbe altri nove fratellastri da parte della madre, di cui di cinque si sanno i nomi: Piera (1454), Maria (1457), Lisabetta (1459), Francesco (1461) e Sandra (1463). Nel trattato Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori del Vasari pubblicato nel 1550 nelle pagine dedicate a Leonardo da Vinci viene scritto: «Adunque mirabile e celeste fu Lionardo, nipote di Ser Piero da Vinci, che veramente bonissimo zio e parente gli fu, nell’aiutarlo in giovinezza», mentre l’Anonimo Gaddiano, il cui manoscritto fu redatto intorno al 1540 ed è conservato nella Biblioteca Nazionale di Firenze, dice che: «Quantunque non funse leggittimo figliuolo di Ser Piero da Vinci, era per madre nato di buon sangue.»

Tra Vinci e Firenze (1462-1468)

Ser Piero aveva già lavorato a Firenze e nel 1462, a dire di Giorgio Vasari, vi ritornò con la famiglia, compreso il piccolo Leonardo. Il padre Piero avrebbe mostrato all’amico Andrea del Verrocchio alcuni disegni di tale fattura che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega; è in realtà alquanto improbabile che un apprendistato cominciasse ad appena dieci anni, per cui l’ingresso di Leonardo nella bottega del Verrocchio è oggi ritenuto posteriore.

Si pensa infatti che Leonardo restasse in campagna nella casa dei nonni, dove avvenne la sua educazione, piuttosto disordinata e discontinua, senza una programmazione di fondo, a cura del nonno Antonio, dello zio Francesco e del prete Piero che l’aveva battezzato. Il fanciullo imparò infatti a scrivere con la sinistra e a rovescia, in maniera del tutto speculare alla scrittura normale. Vasari ricordò come il ragazzo nello studio cominciava «molte cose […] e poi l’abbandonava» e nell’impossibilità di avviarlo alla carriera giuridica il padre decise di introdurlo alla conoscenza dell’abaco, anche se «movendo di continuo dubbi e difficultà al maestro che gl’insegnava, bene che spesso lo confondeva».

Nella bottega del Verrocchio

Diventando ormai sempre più evidente l’interesse del giovane Leonardo nel “disegnare et il fare di rilievo, come cose che gl’andavano a fantasia più d’alcun’altra”, ser Piero mandò infine il figlio, dal 1469 o 1470, nella bottega di Andrea del Verrocchio, che in quegli anni era una delle più importanti di Firenze, nonché una vera e propria fucina di nuovi talenti.

Tra i suoi allievi figuravano nomi che sarebbero diventati i grandi maestri della successiva generazione, come Sandro Botticelli, Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi, e la bottega espletava un’attività poliedrica, dalla pittura alle varie tecniche scultoree (su pietra, fusione a cera persa e intaglio ligneo), fino alle arti “minori”. Soprattutto era stimolata la pratica del disegno, portando tutti i collaboratori a un linguaggio pressoché comune, tanto che ancora oggi può risultare molto difficile l’attribuzione delle opere uscite dalla bottega alla mano del maestro oppure a un determinato allievo. Si conoscono vari esempi di disegni di panneggi usciti dalla sua bottega, che derivano da esercizi che il maestro faceva fare copiando le pieghe dei tessuti sistemati su modelli di terra. Inoltre gli allievi apprendevano nozioni di carpenteria, meccanica, ingegneria e architettura. Leonardo si trova menzionato nella Compagnia di San Luca, dei pittori fiorentini, nel 1472: «Lionardo di ser Piero da Vinci dipintore de’ dare per tutto giugno 1472 sol. sei per la gratia fatta di ogni suo debito avessi coll’Arte per insino a dì primo di luglio 1472 […] e de’ dare per tutto novembre 1472 sol. 5 per la sua posta fatta a dì 18 octobre 1472». Ciò significa che a quell’epoca era già riconosciuto come pittore autonomo, la cui esperienza formativa poteva dirsi conclusa, sebbene la sua collaborazione col maestro Verrocchio si protraesse ancora per diversi anni.

GHIRLANDAIO

Domenico Bigordi, detto il Ghirlandaio (Firenze, 2 giugno 1448 – Firenze, 11 gennaio 1494), è stato un pittore italiano.

Autoritratto

Operò soprattutto nella città natale, divenendo tra i protagonisti del Rinascimento all’epoca di Lorenzo il Magnifico. Verso il 1480 in particolare divenne di fatto il ritrattista ufficiale dell’alta società fiorentina, grazie al suo stile preciso, piacevole e veloce. Capo di una nutrita ed efficiente bottega, in cui mosse i primi passi nel campo dell’arte anche il tredicenne Michelangelo Buonarroti, il Ghirlandaio è ricordato soprattutto per i grandi cicli affrescati, quali alcune scene della Cappella Sistina a Roma, la Cappella Sassetti e la Cappella Tornabuoni nella sua città natale. Domenico fece parte della cosiddetta “terza generazione” del Rinascimento fiorentino, assieme a maestri quali Verrocchio, i fratelli del Pollaiolo (Antonio e Piero) e il giovane Sandro Botticelli.

I suoi fratelli David e Benedetto furono pure valenti pittori attivi nella sua bottega, così come il cognato Sebastiano Mainardi da San Gimignano. Anche il figlio Ridolfo fu un importante pittore, attivo nella Firenze tardo-rinascimentale.

Biografia

Origini

La principale fonte sulla vita di Ghirlandaio è la biografia che di lui scrisse Giorgio Vasari nelle Vite. Sebbene redatta circa settant’anni dopo la morte del pittore, essa è ritenuta accurata e completa (anche se soggetta a giudizi un po’ troppo elogiativi). A questa si è aggiunto un libro di ricordanze familiari redatte dal nipote Alessandro, rinvenuto nell’Archivio segreto vaticano e pubblicato nel 2017 (su cui è stata ad esempio rinvenuta la data di nascita esatta dell’artista).

Il padre, Tommaso di Currado Bigordi, era proprietario di alcuni possedimenti a Broncigliano, presso San Martino alla Palma, oggi frazione del comune di Scandicci (FI). I Ghirlandaio sono stati proprietari per tre generazioni, dal 1480 circa al 1560 circa, di un grande podere a Colle Ramole vicino alla Certosa di Firenze, che è stato oggetto di un attento e minuzioso restauro, terminato nel 2017, per trasformarlo in una lussuosa attività ricettiva con il nome di Dimora Ghirlandaio (Impruneta) e dove si può ammirare una cappella consacrata, affrescata da Ridolfo, figlio di Domenico.

Domenico nacque primo di cinque figli dall’orafo Tommaso di Currado Bigordi, gioielliere con bottega in via dell’Ariento (cioè via “dell’Argento”, dal nome dei numerosi orefici), a cui è attribuito il fortunato soprannome “Ghirlandajo”. Egli infatti, secondo la testimonianza vasariana, ebbe successo cesellando ghirlande d’argento da portare in testa come ornamento delle acconciature per le giovani damigelle fiorentine. In alcuni documenti catastali tuttavia il mestiere segnato è quello di commerciante o sensale. In realtà, attingendo sempre al libro di ricordi familiari, la sua bottega era specializzata in ghirlande in materiali effimeri come medagliette, penne e piume, di basso costo e di notevole successo, dopo che le leggi suntuarie del Trecento avevano vietato quelle in metalli preziosi. Sua madre invece si chiamava Antonia.

Formazione

Domenico fu dapprima apprendista orafo nella bottega del padre. Vasari riporta come egli si dedicasse controvoglia alla professione del padre, preferendo piuttosto passare il tempo ritraendo i passanti. Alla fine il padre dovette rinunciare al progetto di destinare al primogenito il seguito nell’attività familiare, concedendogli di dedicarsi all’apprendimento delle tecniche artistiche, in particolare la pittura e il mosaico, mettendolo a bottega da Alesso Baldovinetti, notizia confermata nel XVI secolo anche dalle memorie di Francesco Baldovinetti, discendente del pittore che scrisse nel Cinquecento. Il Baldovinetti è un artista rivalutato nell’ultimo cinquantennio di studi storico-artistici, quale raffinato interprete del retaggio fiorentino e delle influenze fiamminghe (Rogier van der Weyden e soprattutto, in quella stagione, Hans Memling e Hugo van der Goes), capace di valorizzare il paesaggio, dandogli quella dignità da protagonista della rappresentazione, piuttosto che semplice sfondo.

Nascita del L. Battista

Per lungo tempo si è pensato che Domenico si fosse avvicinato alla bottega del Verrocchio, una delle più attive della città, dove si andava formando una nuova generazione di artisti, con apprendisti come Sandro Botticelli, Perugino, Lorenzo di Credi e, qualche anno dopo, Leonardo da Vinci. Tuttavia, le carte di archivio hanno invece riportato come l’artista si formò alla bottega di un orafo, Bartolomeo di Stefano. Inoltre dovettero avere una certa influenza nel suo stile in via di formazione l’esempio di Benozzo Gozzoli, dal vivace gusto narrativo, e di Filippo Lippi, con la predilezione per il disegno e il colore morbido.

BOTTICINI

Francesco Botticini, nato Francesco di Giovanni (Firenze, 1446 – Firenze, 16 gennaio 1498), è stato un pittore e artigiano italiano.

Egli dimostrò sin dagli esordi di essere un artista capace, la cui opera riflette l’interesse e l’influenza di molte delle maggiori personalità artistiche del Rinascimento fiorentino, tra cui particolarmente quelle di Andrea del Verrocchio, Sandro Botticelli, Filippino Lippi, Antonio del Pollaiolo.

Biografia

Francesco Botticini nacque a Firenze nel 1446 come Francesco di Giovanni ed era infatti il figlio di Giovanni di Domenico, un discreto pittore specializzato nell’illustrazione di carte da gioco.

Fu proprio dal padre che Francesco apprese probabilmente i primi insegnamenti elementari della pittura. Il 22 ottobre 1459, a soli tredici anni, Francesco entrò come apprendista salariato presso la bottega dell’affermato maestro Neri di Bicci, ma, come testimoniato dalle Ricordanze dello stesso Neri, già il 24 luglio 1460 se ne andò via dalla sua bottega.

Della sua attività giovanile, tra il 1465 e il 1470 circa, se ne sono occupati particolarmente gli storici dell’arte Everett Fahy e Luciano Bellosi. Ad esempio, Fahy e Bellosi gli attribuiscono parti di una smembrata predella già a lungo attribuita ad Andrea del Castagno, ovvero composta dalla Crocifissione della National Gallery di Londra, la Risurrezione della Frick Collection di New York, la Flagellazione della collezione di Bernard Berenson a Settignano, l’Ultima Cena di Edimburgo (quest’ultima però non uniforme alle altre e forse da escludere dal gruppo). Da queste tavolette è già possibile individuare i caratteristici modi stilistici del Botticini, che, seppur con ancora reminiscenze arcaiche, sono visibilmente orientati verso la maniera di Andrea del Verrocchio.

Nel 1469 sembra che avesse già messo in piedi una propria bottega, vincendo importanti commissioni per pale d’altare di grandi dimensioni. Dal 1471 in poi, fu membro della Confraternita dell’Arcangelo Raffaele e, un anno dopo, membro della Confraternita di San Luca. Oltre alle grandi pale, Botticini lavorò a opere devozionali minori come varie “Madonne adorati il Cristo Bambino”, un tema su cui l’artista tornò più volte, senza dubbio per la richiesta popolare dei suoi mecenati; infatti, il tema della “Madonna col Bambino” era tipico per la devozione privata nella Firenze rinascimentale.

Una delle sue opere più celebri, ispirata alla storia di Tobia e l’Arcangelo Raffaele, è quella individuata nella tavola del Tobia e i tre arcangeli custodita oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze e che riflette un innegabile rapporto derivativo da Sandro Botticelli. Altre opere, tutte collocate entro la data del 1471 e caratterizzate dallo stile di questo momento, sono la tavola di Santa Monica in trono con le monache agostiniane nella Basilica di Santo Spirito di Firenze, la tavola della Madonna in trono tra i santi Giovanni Battista, Pancrazio, Sebastiano e Pietro del Museo Jacquemart-André di Parigi e il pendant delle due tavole con Sant’Agostino e Santa Monica alla Galleria dell’Accademia di Firenze.

Ancora, strettamente connesse alla tavola di Tobia e i tre arcangeli, altre opere del Botticini realizzate a partire dal 1475 sono il Tobiolo e l’arcangelo Raffaele dell’Accademia Carrara di Bergamo, la grande Assunzione della Vergine della National Gallery di Londra, la Madonna col Bambino in gloria del Museo del Louvre di Parigi (già attribuita a Cosimo Rosselli), la Madonna col Bambino in trono tra santi e angeli del Metropolitan Museum of Art di New York ed il distrutto altare Rossi con il Cristo sulla croce e quattro santi di Berlino.

L’aderenza ai modi del Botticelli è palese anche nel San Sebastiano del Metropolitan di New York, che deriva chiaramente dal San Sebastiano (c. 1473-74) del Botticelli alla Gemäldegalerie di Berlino e quest’aderenza può essere dovuta alla frequentazione da parte dei due artisti dello stesso ambiente verrocchiesco, come è già stato suggerito da Carlo Ludovico Ragghianti. Ancora, tipica del periodo verrocchiesco ne è un chiaro esempio la tavola dell’Adorazione del Bambino alla Galleria Estense di Modena. Ma oltre che per l’arte del Botticelli e del Verrocchio, nelle sue opere il Botticini dimostra un interesse anche per la maniera di Filippino Lippi, in particolare per quanto riguarda l’arte filippinesca di realizzare i panneggi. Esempio della fase botticiniana matura, ma con ancora profondi rimandi botticelliani e filippineschi, è il tondo della Madonna in adorazione del Bambino con san Giovannino e angeli alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. Altro esempio di opera del periodo tardo è la tavola della Incoronazione di Maria della Galleria Sabauda di Torino.

Ancora appartenente al periodo tardo della sua attività pittorica è anche l’unica opera certa e documentata per cui è noto il Botticini, ovvero il Tabernacolo del Sacramento. L’opera, iniziata nel 1484, venne commissionata dalla Compagnia della Veste Bianca per il proprio altare nella Collegiata di Sant’Andrea di Empoli e qui collocato già dal 1491, sebbene al 1504 risale ancora l’intervento del figlio pittore Raffaello Botticini. L’opera è oggi custodita nella Pinacoteca Museo della Collegiata di Sant’Andrea di Empoli, nella quale è presente anche un’altra opera simile del Botticini, tuttavia collocabile ad una datazione precedente a quest’ultima. Infatti, anche il Tabernacolo di san Sebastiano dimostra di appartenere alla stessa mano di quello del Sacramento, però qui l’artista non lavorò da solo ma venne aiutato dallo scultore Antonio Rossellino, che realizzò la statua centrale del santo e due angioletti inginocchiati ai lati superiori della cornice, mentre il Botticini realizzò a tempera su tavola i due grandi pannelli laterali con due Angeli che presentano i donatori e la predella con le Storie di san Sebastiano e il Martirio dei santi Marco e Marcellino.

Francesco Botticini morì a Firenze il 16 gennaio 1498.

SIGNORELLI

Luca Signorelli, pseudonimo di Luca d’Egidio di Ventura (Cortona, 1441-1445 circa – Cortona, 16 ottobre 1523), è stato un pittore italiano, considerato tra i maggiori interpreti della pittura rinascimentale.

Autoritratto

Formazione

Luca Signorelli studiò ad Arezzo presso la bottega di Piero della Francesca, come testimoniano Luca Pacioli (nel 1494) e, più tardi, Giorgio Vasari. Gli esordi dell’artista sotto il segno del maestro di Sansepolcro sono ancora incerti, per l’esiguità di resti certi e le difficoltà attributive di opere che non presentano i caratteri della sua produzione matura. Berenson tentò di riferirgli tre tavole di Madonna col Bambino della scuola di Piero della Francesca, oggi al Museum of Fine Arts di Boston, all’Ashmolean Museum di Oxford e alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

Intorno al 1470 si sposò con Gallizia di Piero Carnesecchi ed ebbe da lei quattro figli: Antonio, Felicia, Tommaso e Gabriella.

Le descrizioni vasariane delle prime opere dipinte attorno al 1472 sembrano comunque confermare l’ascendenza delle ultime opere di Piero, come il Polittico di Sant’Agostino: ad esempio si cita un San Michele “che pesa le anime”, descritto come mirabile “nello splendore delle armi, nelle riverberazioni”.

Un primo lavoro documentato, benché la fonte sia solo locale e priva di ulteriori riscontri, è la Madonna con santi affrescata a Città di Castello nel 1474, della quale restano solo pochi frammenti staccati, tra cui un San Paolo, oggi nella Pinacoteca comunale della città umbra. Per quanto siano difficili da valutare, i tratti del volto del santo hanno portato recentemente lo studioso Tom Henry a confermare la tesi di Berenson e a rafforzare l’attribuzione al pittore cortonese.

Il 6 settembre 1479, Signorelli venne eletto nel Consiglio dei Diciotto, e da allora ricoprì numerosi incarichi pubblici in Cortona.

Nelle Marche

Le prime opere certe di Signorelli mostrano già una capacità maturata, pienamente consapevole dei propri mezzi espressivi, che già hanno superato la lezione di Piero, assimilandola e rielaborandola in qualcosa di nuovo. È il caso dello stendardo della Flagellazione, opera firmata ma non datata, collocabile alla fine degli anni settanta: si tratta di un esplicito omaggio alla Flagellazione di Cristo di Piero della Francesca e alla cultura prospettica urbinate. Vi si colgono infatti suggestioni di Francesco di Giorgio e anche di Giusto di Gand, con il Pilato che allude nella posa ad alcuni degli Uomini illustri dello studiolo di Federico da Montefeltro. Lo stendardo, dipinto per una confraternita di Fabriano, dimostra inoltre la presenza di Luca nella città marchigiana, non lontana da Urbino che all’epoca era uno dei laboratori artistici più raffinati della penisola: da questa esperienza l’artista dovette trarre l’esempio per quella spregiudicatezza inventiva e teatralità che caratterizzano la sua migliore produzione.

Tra il 1477 e il 1480 Signorelli si recò a Loreto, dove decorò la Sagrestia della Cura nel Santuario della Santa Casa. La volta, divisa a otto spicchi con Evangelisti e Dottori della Chiesa sormontati da angeli, è piuttosto convenzionale, mentre più originali sono le pareti, decorate da coppie di apostoli a tutta figura e dagli episodi dell’Incredulità di san Tommaso e della Conversione di san Paolo. Quest’ultima in particolare mostra una notevole enfasi drammatica e una certa teatralità nella folgorante apparizione luminosa divina, che sorprende Paolo disteso tra i suoi compagni abbagliati e in fuga. Scarpellini parlò di “palcoscenico girevole” su cui si alternano le monumentali figure apostoliche.

La Cappella Sistina

Poco più che trentenne, Signorelli venne coinvolto nell’impresa della decorazione della Cappella Sistina a Roma, dove si recò prima come aiuto del Perugino e poi come titolare dopo la partenza del pittore umbro. A lui vengono riferite le scene della Disputa sul corpo di Mosè, completamente ridipinta nel 1574, e del Testamento e morte di Mosè. In quest’ultima scena permangono alcuni dubbi attributivi: se è innegabile la presenza di Signorelli in alcuni personaggi dall’energetica resa anatomica e dal calibrato patetismo nelle espressioni, d’altra parte la sottigliezza luminosa rimanda a un altro allievo di Piero della Francesca, il toscano Bartolomeo della Gatta, al quale è riferibile la maggior parte della stesura pittorica con l’eccezione, almeno, dell’ “ignudo” al centro, dei due uomini di spalle e dell’uomo col bastone appoggiato al trono di Mosé (tutti i testi sono stati parzialmente estrapolati dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Nel 2023 ricorre il quinto centenario della morte di due grandi protagonisti della scena artistica rinascimentale: Pietro Vannucci detto il Perugino e Luca Signorelli. Entrambi ebbero largo seguito e i loro discepoli e seguaci furono attivi a lungo, diffondendo lo stile dei loro maestri nella Penisola italiana. Fin dal Medioevo e poi soprattutto nel Rinascimento le botteghe degli artisti sono state fucine di idee e di continue innovazioni: la loro produzione rispondeva alle richieste della nobiltà e delle classi agiate, ma anche di istituzioni laiche ed ecclesiastiche, e, per rispettare i tempi, il lavoro veniva spesso svolto in maniera corale, seguendo le istruzioni del capo della bottega il quale a sua volta dava l’impronta, lavorando direttamente o con l’aiuto delle maestranze che aveva nel tempo istruito. Si diveniva garzoni da bambini sia per le modeste aspettative di vita dei tempi ma anche perché la formazione era graduale e iniziava molto presto. I mestieri spesso si tramandavano di padre in figlio per generazioni ed erano concentrati ‘a zone’ nel tessuto cittadino.

La creatività italiana che ancora oggi, variamente declinata, rende unico il nostro Paese affonda le proprie radici in quella pratica e in quel sistema, che garantiva il rispetto dei tempi di consegna ma anche qualità e, per giunta, uno stile che doveva essere inconfondibile.

Il gruppo di francobolli appartenenti alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano” è dedicato alle Radici del Made in Italy e ricorda non solo i due artisti dei quali si celebra l’anniversario, ma anche altri universalmente celebri, a loro volta titolari di importantissime botteghe e scuole: ‘aziende’, si direbbe oggi. Botticelli, Verrocchio e Leonardo, Ghirlandaio e Botticini, protagonisti indiscussi del Rinascimento, ebbero un seguito ovunque ed esportarono con successo i prodotti del loro straordinario talento fuori dai loro luoghi nativi.

Anche per questo tuttora dire “fabbricato in Italia” è una garanzia in ogni parte del mondo.

Prof. Eike Dieter Schmidt

Direttore Gallerie degli Uffizi di Firenze

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