40-41-42-43-44^ emissione di francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il patrimonio naturale e paesaggistico” dedicati all’Italia del Mare – Serie Turistica: Le Repubbliche Marinare, Monfalcone, Mazara del Vallo, Sabaudia, la tecnologia marina – Wave energy ed eolico offshore

40-41-42-43-44^ emissione di francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il patrimonio naturale e paesaggistico” dedicati all’Italia del Mare – Serie Turistica: Le Repubbliche Marinare, Monfalcone, Mazara del Vallo, Sabaudia, la tecnologia marina – Wave energy ed eolico offshore, ognuno dal valore indicato in B, corrispondente ad €1.20 ciascuno.

  • dentellatura:  9  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 48 x 40 mm.
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.012 
  • valore:  B
  • colori: sei
  • bozzettistaM.C.Perrini
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: il francobollo riproduce Le Repubbliche Marinare: gli stemmi di Venezia, Genova, Amalfi e Pisa, tradizionalmente le quattro Repubbliche Marinare più rappresentative che conobbero grande splendore tra l’XI e il XIV secolo. Completano i francobolli le legende “VENEZIA”, “GENOVA”, “AMALFI”, “PISA”, “LE REPUBBLICHE MARINARE”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • dentellatura:  9  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 48 x 40 mm.
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.012
  • valore:  B
  • colori: cinque
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: il francobollo riproduce una veduta dal mare della Rocca di Monfalcone, con in primo piano una serie di vele stilizzate, opera di Giorgio Della Libera. Completa il francobollo la legenda “MONFALCONE”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • dentellatura:  9  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 48 x 40 mm.
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.012
  • valore:  B
  • colori: cinque
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: il francobollo riproduce il “Monumento al pescatore”, imponente scultura in ferro sul lungomare di Mazara del Vallo, realizzata da Pippo e Davide Contarino, con la Chiesa di San Vito a Mare sullo sfondo. Completa il francobollo la legenda “MAZARA DEL VALLO”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • dentellatura:  9  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 48 x 40 mm.
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.012
  • valore:  B
  • colori: cinque
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: il francobollo riproduce un panorama dall’alto del lago di Sabaudia. Completa il francobollo la legenda “SABAUDIA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • dentellatura:  9  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 48 x 40 mm.
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.012
  • valore:  B
  • colori: cinque
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: il francobollo riproduce un sistema in grado di convertire il moto ondoso in energia elettrica, impianto pilota operativo dal 2019 fino al 2022 nel mare Adriatico al largo di Ravenna. Completa il francobollo la legenda ““LA TECNOLOGIA MARINA WAVE ENERGY”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

Se sei interessato all’acquisto di questi francobolli, li puoi acquistare, al prezzo di €1,80 ciascuno, oppure l’intera serie al prezzo di €9,00; inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

Le repubbliche marinare sono state alcune città portuali italiane che, a partire dal Medioevo, godettero, grazie alle proprie attività marittime, di autonomia politica e di prosperità economica.

Tale definizione, nata nell’Ottocento, è in genere riferita a quattro città italiane, i cui stemmi sono riportati dal 1947 nelle bandiere della Marina Militare e della Marina Mercantile: Amalfi, Genova, Pisa e Venezia. Tuttavia, oltre alle quattro più note, sono considerate repubbliche marinare anche Ancona, Gaeta, Noli e, in Dalmazia, Ragusa; in certi momenti storici esse ebbero un’importanza non secondaria rispetto ad alcune di quelle più conosciute.

Logo delle Repubbliche Marinare

Uniformemente disseminate lungo la penisola italiana, al Nord, al Centro e al Sud, le repubbliche marinare furono importanti non solo per la storia della navigazione e del commercio: oltre a preziose merci altrimenti introvabili in Europa, nei loro porti arrivavano anche nuove idee artistiche e notizie su paesi lontani.

Durante lo scorrere dei secoli, le repubbliche marinare, sia le più note, sia le meno note ma non sempre meno importanti, vissero altalenanti fortune, che misero in luce ora l’una, ora l’altra città. Nel IX e nel X secolo, tale fenomeno ebbe inizio con Amalfi e Gaeta, che presto raggiunsero il loro periodo di massimo splendore. Intanto Venezia iniziava la sua ascesa graduale, mentre le altre città vivevano ancora la lunga gestazione che le avrebbe portate all’autonomia e a dar seguito alla loro vocazione marinara.

Dopo l’XI secolo, Amalfi e Gaeta declinarono rapidamente, mentre Genova e Venezia divennero le repubbliche più potenti, seguite da Pisa, che visse il suo momento più florido nel XIII secolo, e da Ancona e Ragusa, alleate per resistere alla potenza veneziana. Dopo il XIV secolo, mentre Pisa declinava sino a perdere la sua libertà, Venezia e Genova continuarono a dominare la navigazione, seguite da Ragusa e Ancona, che vissero nel XV secolo il loro momento aureo. Nel XVI secolo, con la perdita di autonomia di Ancona, rimasero solo le repubbliche di Venezia, Genova e Ragusa, che vissero ancora momenti di grande splendore sino a metà del Seicento, seguiti da più di un secolo di lenta e dorata decadenza che si concluse con l’invasione napoleonica.

Nascita del concetto di “repubbliche marinare

Prima dell’unità italiana

L’espressione repubbliche marinare è stata coniata dalla storiografia ottocentesca, quasi in coincidenza con la fine dell’ultima di esse: nessuno di questi Stati si è mai autodefinito repubblica marinara. Lo storico che introdusse l’espressione e mise a fuoco il concetto corrispondente fu lo svizzero Simondo Sismondi nel 1807, nell’opera Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo. Nel testo di Sismondi le repubbliche marinare erano viste come città dedite soprattutto a lottare tra loro per questioni legate alla propria espansione commerciale, a differenza dei liberi comuni, che invece lottavano insieme contro l’Impero difendendo coraggiosamente la propria libertà.

In Italia, ciò determinò, sino all’unificazione, un giudizio negativo sulle città marinare, perché la loro storia di lotte reciproche appariva in netto contrasto con lo spirito risorgimentale. Unica eccezione fu considerata la difficilissima e infine vittoriosa resistenza di Ancona nell’assedio del 1173, che la città ottenne contro le truppe imperiali di Federico Barbarossa; quella vittoria entrò nell’immaginario nazionale come anticipazione delle lotte dei patrioti italiani contro i dominatori stranieri. L’episodio, però, veniva inserito nell’epopea comunale e non in quella marinara.

Dopo l’unità italiana

Nei primi decenni dopo l’unificazione italiana, il patriottismo post-risorgimentale alimentava una riscoperta del Medioevo legata a un nazionalismo romantico, in particolare a quegli aspetti che sembravano prefigurare la gloria nazionale e le lotte per l’indipendenza. Il fenomeno delle “repubbliche marinare” venne allora reinterpretato, liberato dal pregiudizio negativo e affiancato alla storia gloriosa dei liberi comuni; si affermò così anche a livello popolare. Celebrando la storia le città marittime italiane, non si considerarono tanto le lotte reciproche, quanto la loro comune intraprendenza marinara. Nella temperie culturale post-unitaria, infatti, si riteneva fondamentale per la formazione del moderno popolo italiano, ricordare che in seno alle repubbliche marittime ed ai comuni sorse quella operosità che inaugurò la civiltà novella.

C’è anche da tener presente che nella marina militare italiana, nata subito dopo il raggiungimento dell’unità nazionale e quindi solo nel 1861, c’erano accesi contrasti tra le varie marine pre-unitarie: sarda, toscana, pontificia e napoletana; l’esaltazione dello spirito marinaresco che univa tutte le repubbliche marinare permetteva di mettere in luce una base storica comune, superando le divisioni. Era necessario quindi rimuovere le antiche rivalità e assai significativa a tal proposito fu la riconsegna a Pisa, da parte della città di Genova, delle catene che chiudevano il porto della città toscana, sottratte durante le lotte medievali e restituite nel 1860 in segno di fraterno affetto e di unione ormai indissolubile tra le due città, come si legge nella targa apposta dopo la restituzione.

Nel 1860 ci fu anche l’introduzione nei programmi scolastici dello studio delle repubbliche marinare come fenomeno unitario. Ciò contribuì ulteriormente a rendere il concetto popolare. Nel programma del liceo, si prescriveva infatti, a partire da quell’anno, di affrontare in classe prima le “cagioni del rapido risorgimento del commercio marittimo italiano – Amalfi, Venezia, Genova, Ancona, Pisa” e l’“Assodamento della grande potenza navale italiana”. Per la classe seconda si disponeva che l’insegnante, all’inizio dell’anno, richiamasse alla memoria il periodo in cui crebbero e fiorirono le repubbliche marittime.

Da quel momento, ogni volta che si sono rinnovati i programmi scolastici, lo studio del fenomeno delle repubbliche marinare venne sempre confermato. Nel 1875 anche nel programma di Storia per gli istituti tecnici si diede seguito all’indicazione ministeriale; si legge infatti nel testo scolastico di Carlo O. Galli che “…fra tutti i popoli d’Europa, quello che nel Medio Evo si levò per primo a grande potenza” nella navigazione fu il popolo italiano e il motivo principale di ciò si attribuisce all’indipendenza di cui godettero “…le repubbliche marittime dell’Italia, tra le quali meritano maggior ricordo Amalfi, Pisa, Genova, Ancona, Venezia, Napoli e Gaeta”.

Nel 1895 il marinaio Augusto Vittorio Vecchi, fondatore della Lega Navale Italiana e più noto come scrittore con lo pseudonimo di Jack la Bolina, scrisse una Storia generale della marina militare, che ebbe larga diffusione e in cui si rievocano le imprese militari delle città marinare in ordine cronistorico di origine e di decadimento, da Amalfi per Pisa, Genova ed Ancona a Venezia.

Si notino gli elenchi delle città marinare, che annoverano cinque repubbliche nei programmi scolastici del 1860 e nel testo del 1875 (Amalfi, Venezia, Genova, Ancona e Pisa), mentre nel testo del 1895 se ne citano sette tra quelle principali, aggiungendo Napoli e Gaeta, limitatamente al periodo antecedente la dominazione normanna. Tutti i testi, comunque, citano due oppure tre repubbliche marinare maggiori: Genova e Venezia, o Genova, Venezia e Pisa.

Mancava però ancora una storia della marina italiana che non si limitasse a quella militare; fu Camillo Manfroni, nel 1899, a scriverla. Nel suo testo, lo storico identificò la fase più gloriosa della storia marinara italiana con il periodo delle repubbliche marinare. Sul finire dell’Ottocento, il mito di queste città dedite alla navigazione era in questo modo consolidato e consegnato al XX secolo

francobollo del 2005 dedicato ad Amalfi

Nel Novecento

Il numero “quattro”, che spesso ancor oggi ricorre associato alle repubbliche marinare, come si vede non è originario; esisteva invece un elenco breve, limitato a due (Genova e Venezia) o tre città (Genova, Venezia e Pisa) e un elenco lungo, che comprendeva anche Ancona, Amalfi e Gaeta.

Determinante per la diffusione dell’elenco a quattro repubbliche marinare fu una pubblicazione del capitano Umberto Moretti, che aveva ricevuto dalla Regia Marina, nel 1904, l’incarico di scrivere la storia marittima di Amalfi; il volume uscì con un titolo assai significativo: La prima repubblica marinara d’Italia. Da quel momento il nome di Amalfi si affiancò definitivamente a quello delle altre repubbliche dell’elenco breve, equilibrando con la sua presenza lo sbilanciamento verso il centro-nord del paese.

Negli anni trenta del Novecento si consolidò così un elenco ridotto, composto di soli quattro nomi: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia; ciò portò, infine, all’inserimento dei simboli delle quattro città nella bandiera della marina italiana. Il vessillo, approvato nel 1941, a causa della guerra fu poi adottato solo nel 1947. Nel 1955, le quattro città rappresentate nella bandiera della marina diedero vita alla suggestiva regata delle Antiche Repubbliche Marinare.

Solo nel 1967, con l’uscita del testo di Armando Lodolini Le repubbliche del mare, venne ripreso l’elenco lungo delle repubbliche marinare — Amalfi, Pisa, Genova, Venezia, Ancona, Gaeta — alle quali si aggiunse anche la dalmata Ragusa. Per quanto poi riguarda Noli, solo negli ultimi decenni si è messa a fuoco la sua natura di piccola repubblica marinara, prima affermata solo a livello accademico.

Nel 2000, il presidente della Repubblica Ciampi riassunse il ruolo svolto nella Storia dalle repubbliche marinare con queste parole:

«… L’Italia delle repubbliche marinare … riaprì all’Europa le vie del mondo.» (articolo parzialmente estrapolato dal sitoWikipedia).

Testo bollettino PISA

La Repubblica Marinara di Genova fu una delle principali potenze commerciali del Mar Mediterraneo, mentre fra XVI e XVII secolo rappresentò uno dei maggiori poli finanziari d’Europa. Nata nel 1099 la Repubblica di Genova visse per ben otto secoli, e dominò il Mar Mediterraneo e il Mar Nero grazie a un’imponente flotta e a una vastissima rete commerciale estesa dall’Iraq alle Canarie, dall’Inghilterra alla Palestina.

Una storia importante di cui si può trovare traccia ancora oggi nel suo centro storico, nelle sue strade, nei maestosi palazzi nobiliari che sono inclusi nella lista dei beni Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, nello straordinario patrimonio di arte e di cultura, retaggio di quell’antica grandezza.

L’emissione di un francobollo dedicato, porta in dote la storia e la tradizione delle Repubbliche Marinare: un riconoscimento che è grande motivo di orgoglio per la nostra città e di cui vado fiero in quanto Sindaco e cittadino genovese.

Marco Bucci

Sindaco di Genova

Testo bollettino AMALFI

Lo stemma di Amalfi – prima Repubblica Marinara d’Italia – insieme a quello delle consorelle Genova, Pisa e Venezia batte orgogliosamente al centro del vessillo della nostra Marina quasi ad eternare una tradizione lunga mille anni.

Un piccolo Ducato incastonato tra mare e roccia che, nel Medioevo, diede all’intero Mediterraneo i primi codici della navigazione. Questa terra, crocevia di culture da sempre, grazie alla sapiente combinazione tra la mano della natura e quella dell’uomo è riconosciuta Patrimonio Mondiale dell’Umanità da parte dell’UNESCO e, più recentemente, tra i Paesaggi Rurali di Interesse Storico, per l’eccezionale valore culturale dettato dalla sua complessa topografia e dalla sua evoluzione storica.

“Qui è il giardino che cerchiamo sempre e inutilmente dopo i luoghi perfetti dell’infanzia. Una memoria che avviene tangibile sopra gli abissi del mare, sospesa sulle foglie degli aranci e dei cedri sontuosi negli orti pensili dei conventi…” così Salvatore Quasimodo descriveva Amalfi nel suo “Elogio” dedicato alla città.

Il paesaggio è scandito da zone rocciose a strapiombo sul mare, boschi e macchia mediterranea, ma anche da agrumeti e vigneti, coltivati ovunque l’uomo abbia trovato un sentiero che si inerpichi sulla roccia.

Daniele Milano

Sindaco di Amalfi

Testo bollettino PISA

La storia di Pisa è certamente legata al mare e a quel tratto del fiume Arno che, attraversandola, l’hanno resa Repubblica Marinara. I ritrovamenti avvenuti alla fine del secolo scorso di antiche navi e imbarcazioni nella zona di San Rossore rappresentano la testimonianza tangibile dell’importanza che il sistema portuale rivestiva già in epoca romana nel Mediterraneo; un sito archeologico ribattezzato da molti studiosi “la Pompei del mare per l’eccezionalità dei ritrovamenti”. Reperti oggi ospitati nel Museo delle Antiche Navi che racconta un millennio di commerci e marinai, rotte e naufragi, navigazioni, vita di bordo e storia della città. Non a caso il Museo, inaugurato nel 2019, è ospitato all’interno di quell’area della “Terzana”, oggi chiamata “Cittadella”, che costituisce la principale testimonianza archeologica e monumentale della Pisa Repubblicana. Edificata nel XIII secolo, comprende gli Arsenali Medicei, la vicina torre Guelfa e gli Arsenali Navali Repubblicani addossati alle mura urbane e fortificati nel 1261.

Un’area che a breve sarà oggetto di un grande intervento di recupero grazie ai fondi del PNRR e che potrà diventare un ulteriore polo turistico di grande richiamo, a pochi passi dalla vicina piazza del Duomo, con il suo complesso monumentale composto dalla Cattedrale, dal Battistero, dal Camposanto monumentale e dalla celebre Torre campanaria, patrimonio mondiale Unesco dal 1987. Un complesso artistico e architettonico dal valore universale che venne realizzato proprio negli anni della repubblica marinara e che ancora oggi attira a Pisa turisti e viaggiatori da tutto il mondo.

Michele Conti

Sindaco di Pisa

Testo bollettino VENEZIA

Il leone alato di San Marco è il simbolo più celebre di Venezia, che da oltre 800 anni troneggia nelle sedi del potere veneziano, di terra e di mare. La storia di Venezia è infatti indissolubilmente intrecciata con quella dell’evangelista Marco, il suo Santo protettore le cui spoglie – secondo la tradizione – arrivarono in città il 31 gennaio dell’828, e del suo simbolo, il leone, usato in tutte le rappresentazioni della Serenissima Repubblica e posto in ogni angolo della città nonché in ogni luogo dove portò il suo dominio.

Il leone a volte compare con la spada, che simboleggia la giustizia, e con il libro chiuso o aperto dove si può leggere la famosa frase “Pax Tibi Marce Evangelista Meus”. Può anche essere rampante – se di profilo alzato sulle zampe posteriori -, in “moleca” con le ali spiegate a ventaglio oppure andante o passante, a figura intera, poggiato su tre zampe.

Rosso e oro sono i colori che identificano tradizionalmente il gonfalone, lo stesso che sventola sul galeone verde di Venezia in occasione del Palio delle Repubbliche Marinare.

Insieme alla Regata Storica, il Palio delle Repubbliche è espressione del legame di Venezia con l’acqua e con il remo. Durante il corteo di rievocazione, Venezia mette in scena i suoi maggiori simboli, come la regina Caterina Cornaro, i senatori, il capitano da mar e i nobili che scortano il gonfalone di San Marco.  

Luigi Brugnaro

Sindaco di Venezia

Monfalcone è un comune italiano di 29 438 abitanti in Friuli-Venezia Giulia, appartenente alla Provincia di Gorizia. Polo industriale e portuale, è sede dei principali cantieri navali italiani.

Logo del Comune

Territorio

La città di Monfalcone si estende sulla fascia costiera settentrionale del Mar Adriatico per 24,39 km ed è racchiusa a sud dalla baia di Panzano e a nord-est dal Carso, mentre verso nord-ovest confina con i comuni di Ronchi dei Legionari e Staranzano. Dal punto di vista sismico, il territorio comunale si trova, stando alla classificazione della Protezione Civile, in zona 3 soggetta a bassa sismicità.

Idrografia

La città è sita nella Baia di Panzano, a pochi chilometri dalla foce del fiume Isonzo, e gode di diversi canali artificiali navigabili, tra cui il Canale “Eugenio Valentinis”, il cosiddetto Canale “Est-Ovest”, il canale “Locovaz” e il Canale del Brancolo.

Monfalcone costituisce il punto più settentrionale del Mar Mediterraneo, raggiunto al vertice del Canale “Valentinis”; mare a cui si affaccia da un litorale sabbioso lungo più di 3 km tra le località di Marina Julia e di Panzano Bagni.

Le zone marino-costiere sono ricche di aree paludose e canneti, tra cui il biotopo delle risorgive Schiavetti e del fiume Cavana, che si sviluppano nella fascia sud-ovest a ridosso del canale del Brancolo e sono entrambi tutelati come siti di importanza comunitaria per l’importanza avio-faunistica, data anche la vicinanza alla riserva naturale dell’Isola della Cona.

Origine del nome

Il nome Monfalcone deriva quasi certamente da Monte Falcone, ovvero il rilievo carsico che sorge alle spalle della città e su cui si staglia la rocca.

Origine di questa etimologia si ha in un documento del 1260, in cui ci si riferisce alla città come in castro et loco Montis falconis. A sua volta il nome del monte, con molta probabilità, venne dato per la presenza, soprattutto all’epoca, di numerosi falchi.

Storia

Storia antica

Il territorio dell’attuale comune di Monfalcone fu sede, in età preistorica, di insediamenti organizzati su diversi castellieri, di cui ancora oggi rimangono tracce, essendo in posizione strategica per il controllo dell’area costiera e della via cosiddetta “dell’Ambra e dell’Ocra” che collegava il territorio al Mar Nero.

Nel periodo della Roma repubblicana il territorio monfalconese divenne municipio romano e conobbe un florido sviluppo data la posizione strategica per il controllo dei traffici commerciali lungo la via Gemina tra Aquileia e l’Istria. Sono di questo periodo le numerose ville romane costruite, come testimoniano anche le rovine pervenute, e soprattutto le terme.

Panorama di Monfalcone

Storia medioevale

In età medievale, nonostante la scarsa documentazione pervenuta, si è certi che vi fosse un insediamento denominato vicus Panzianus nell’area dell’attuale rione di Panzano essendo la zona di strategica importanza per il controllo dell’est Europa. È per questi motivi che, nei secoli, fu invasa e governata da molteplici popolazioni, quali Ostrogoti, Bizantini, il Ducato longobardo del Friuli e il Sacro Romano Impero.

Nel 967, l’imperatore Ottone I donò la città al Patriarca di Aquileia affinché ne controllasse le invasioni da parte degli Ungari, con la costruzione della prima Rocca, sebbene alcune fonti ne citino una precedente di qualche secolo ad opera di Teodorico.

Nel 1260 Monfalcone fu citata per la prima volta in un atto con il quale il conte di Gorizia Mainardo II restituiva al Patriarca di Aquileia la contrata Montis Falconis, ricevuta in pegno qualche anno prima. Ciò nonostante, le prime testimonianze di un nucleo fortificato abitato ai piedi della Rocca risalgono al 1289.

Nonostante si abbia notizia di una ripresa economica e sociale nel XIV secolo grazie anche al passaggio doganale presente a Monfalcone sulla cosiddetta “strada del Patriarca”, non si possono non citare i numerosi tentativi di conquista da parte del vicino territorio di Gorizia.

Alla fine del secolo, le tensioni suscitate dal Patriarca Filippo d’Alençon fanno insorgere la città in una guerriglia a fianco della “Fedele Unione” di Udine, ora sotto il controllo della Repubblica di Venezia. Tra successi e fallimenti di conquista della libertà, la città cadde vittima del crollo del potere di Aquileia e il 14 luglio 1420, dopo tre giorni di assedio e resistenza, si arrese alle truppe veneziane del doge Tommaso Mocenigo, che comunque le riconobbe una certa autonomia.

Nonostante i numerosi tentativi di conquista da parte dei Turchi del 1472, 1477 e 1499, la rocca e la città murata rimasero inespugnate sotto il controllo della Serenissima.

Storia moderna

Nonostante una strenua resistenza nel 1509 all’invasione delle truppe austriache di Massimiliano I d’Asburgo, nel 1511 la città fu occupata per breve tempo dalle truppe imperiali; dominio che si ebbe anche tra il 1514 e il 1515, alternandosi a Venezia tra sanguinose battaglie. Proprio nel 1514, nell’atto dell’espugnazione da parte dell’imperatore Massimiliano, la città subì una profonda devastazione con la distruzione della Rocca, ricostruita e portata alle attuali fattezze solamente dopo il ritorno del governo veneziano stabilito con la dieta di Worms nel 1521.

Con la costruzione della vicina fortezza di Palmanova (1593), il territorio di Monfalcone perse parte della primitiva importanza e non fu più al centro dell’attenzione della Serenissima.

Tra il 1615 e il 1617, durante la guerra di Gradisca fra Venezia e l’Austria (detta anche degli Uscocchi), il territorio fu saccheggiato e incendiato, sebbene la città murata si salvò grazie alle artiglierie della rocca.

Nel 1797, le truppe napoleoniche francesi conquistarono la Rocca e, con il trattato di Campoformido, il monfalconese come gran parte della Repubblica di Venezia fu ceduto all’Austria; ciononostante, le truppe francesi rimasero a Monfalcone fino al gennaio 1798.

Con la pace di Presburgo del 1805 Monfalcone, così come l’Istria e la Dalmazia, fu ceduta al Regno d’Italia; tuttavia, con il trattato di Fontainebleau del 1807 che fissò il confine fra Regno d’Italia e Impero austriaco sul fiume Isonzo, Monfalcone divenne nuovamente austriaca anche se i francesi si riservarono il diritto di attraversarla per raggiungere l’Istria. Da questo momento, per la prima volta nella storia, Monfalcone fu staccata dall’area di Aquileia-Udine-Cividale ed entrò a far parte del Circolo di Gorizia.

Con il successivo trattato di Schönbrunn del 1809 Monfalcone fu unita, insieme ai territori a sinistra dell’Isonzo, alle appena costituite Province Illiriche poste sotto il diretto controllo francese fino alla riconquista austriaca del 1813. Da questo momento, Monfalcone passa stabilmente sotto il controllo dell’Austria fino alla Prima Guerra Mondiale, per il tramite della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca (1825) e successivamente del Litorale Austriaco (1849).

Da questo momento, fino alla fine del XIX secolo Monfalcone conosce un forte sviluppo industriale, grazie a opere strategiche per il territorio quali il collegamento nel 1860 con la ferrovia proveniente da Trieste e la nascita di fiorenti industrie.

Storia contemporanea

L’importanza di Monfalcone accrebbe agli inizi del Novecento, grazie al completamento di alcune importanti infrastrutture, come la ferrovia Venezia-Trieste, che qui s’innestava con la linea per Udine, il canale di bonifica Valentinis, che nel suo ultimo tratto diventava navigabile garantendo così alla cittadina un collegamento diretto con il golfo triestino. Questi fattori, assieme anche a grandi sbancamenti di ghiaia che avevano creato una baia artificiale, spinsero l’insediamento di numerose industrie quali la fabbrica di soda Adria Werke e il Cantiere Navale Triestino, che aprì i battenti nell’aprile 1908 per mano della famiglia Cosulich e diede vita ad una tradizione industriale secolare che ha radicalmente modificato il panorama economico locale.

Le mutate condizioni economiche cittadine, con una nuova richiesta di manodopera da parte dell’industria, portarono ad un importante aumento della popolazione, che passò da 4.500 abitanti dell’inizio del XX secolo agli 12.500 del 1914, e alla costruzione di nuovi insediamenti urbani.

Il 9 giugno 1915, poche settimane dopo l’ingresso dell’Italia nella prima guerra mondiale, Monfalcone, preventivamente abbandonata dalle truppe austro-ungariche, venne presa dal Regio Esercito; tuttavia, la permanenza del nemico nelle trincee scavate sulle colline carsiche immediatamente ad nord e ad est dell’abitato, fecero rimanere per due anni la città sulla prima linea. Questi luoghi furono teatro di sanguinosissimi scontri tra i due eserciti durante i quali restarono uccisi migliaia di uomini su ambo i fronti. Con l’avanzamento delle linee italiane dopo la decima e l’undicesima battaglia dell’Isonzo il fronte si spostò più ad est, verso il monte Ermada e le foci del Timavo. L’abitato monfalconese, così come le sue industrie, divenne un bersaglio dell’artiglieria austro-ungarica e fu così in gran parte distrutto o gravemente danneggiato. A fine ottobre 1917, dopo la battaglia di Caporetto e la conseguente ritirata italiana verso il Piave, la città fu riconquistata dagli austriaci che la mantennero sino alla fine della guerra. Al termine del conflitto, Monfalcone fu raggiunta dalle truppe italiane nei primi giorni del novembre 1918, dopo l’armistizio di Villa Giusti.

Furono coinvolti nei combattimenti nel territorio di Monfalcone numerose personalità di postuma notorietà come Enrico Toti, medaglia d’oro al valor militare, Giovanni Randaccio, maggiore dei Lupi di Toscana, Ezio Giacich e Antonio Sant’Elia, architetto medaglia d’oro al valor militare incaricato di progettare il cimitero della Brigata Arezzo in città.

Uscita dal conflitto gravemente danneggiata, Monfalcone e le sue industrie furono rapidamente ricostruite dalle nuove autorità italiane e il bilancio demografico, tragicamente crollato da 11.000 abitanti a 3.000 durante la guerra, ebbe nuova ricrescita. L’economia locale fu nuovamente trainata dall’ascesa della cantieristica, frenata solo nel periodo della crisi del 1929. Amministrativamente, la cittadina ed il suo circondario furono inclusi nella neo-costituita provincia di Trieste.

Nel periodo tra le due guerre, e in particolare durante l’ascesa di Benito Mussolini, Monfalcone fu ancora una volta caposaldo di un’importante battaglia sociale svolta da fronti antifascisti nati tra le mura del cantiere navale. Contestualmente, nel 1929, la crescente presenza di operai ivi impegnati dettò l’esigenza di creare nuovi spazi abitativi facendo nascere il villaggio di Panzano.

Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, e in particolare dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la città fu inclusa nella Zona d’operazioni del Litorale adriatico e occupata dalle truppe naziste. Tuttavia anche nella zona di Monfalcone si organizzò precocemente la lotta di resistenza ai nazifascisti, concentrata in particolar modo sul Carso. Venne infatti costituita la Brigata Proletaria, dipendente dal CLNAI e formata in gran parte dalla classe operaia dei cantieri e dalla popolazione slovena del circondario.

A partire dal 19 marzo 1944 la città e gli stabilimenti industriali furono più volte bombardati e gravemente danneggiati.

Il 1º maggio 1945 Monfalcone fu raggiunta dal IX Korpus dell’esercito jugoslavo del nell’ambito della cosiddetta corsa per Trieste. Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno giunsero nella città provenienti dal Veneto gli uomini 2ª divisione neozelandese che qui s’incontrarono con gli jugoslavi prima di proseguire alla volta del capoluogo giuliano. Monfalcone rimase sotto occupazione titina sino al 12 giugno 1945, data in cui l’amministrazione della città passo nelle mani degli Alleati sino al settembre del 1947, trovandosi ad est della linea Morgan.

Nell’immediato dopoguerra fu avviata una rapidissima ricostruzione dei cantieri navali, usciti distrutti dal conflitto. In contemporanea gran parte dei cantierini, di fede comunista, emigrarono verso la Jugoslavia per fornire manodopera alla cantieristica locale. Il vuoto lasciato dalla partenza di questi operai, che dopo la rottura di Tito con il Cominform andranno incontro ad un tragico destino, venne presto colmato dai lavoratori istriani e fiumani che affluirono numerosi in città. Gli anni del secondo dopoguerra furono segnati da un clima di costante tensione tra il fronte filo-italiano e quello comunista filo-jugoslavo che culminò anche in gravi fatti di sangue.

La situazione migliorò con l’entrata in vigore del trattato di Parigi del 1947, che assegnarono definitivamente la città all’Italia. Il 15 settembre 1947 Monfalcone passò sotto l’amministrazione italiana ed fu inclusa nella provincia di Gorizia.

Da allora, Monfalcone ha incontrato una ripresa economica importante, consolidando le realtà industriali presenti e facendone nascere di nuove, soprattutto nell’ambito navale, metalmeccanico, chimico, siderurgico ed elettromeccanico; questo sviluppo ha creato grande attrattiva sociale, diventando di fatto meta di immigrazione di lavoratori di molte etnie che hanno garantito una crescita demografica significativa.

Piazza con il Municipio

Monumenti e luoghi d’interesse

Architetture militari

Rocca di Monfalcone

La rocca è senza ombra di dubbio il principale monumento di Monfalcone, sovrastando la città dalla vetta del Monte Falcone in posizione tale garantire una vista ottimale sulla pianura circostante.

Si ritiene essere stata edificata nel 490 da Teodorico re degli Ostrogoti; tuttavia, ebbe una struttura tangibile dopo la ricostruzione dovuta ai patriarchi di Aquileia in epoca medievale. Ulteriori lavori di rinforzo che ne determinarono la struttura attuale furono eseguiti sotto il governo della Serenissima, specialmente per la difesa contro gli assedi turchi. Segni tangibili del controllo veneziano sono, ad esempio, la presenza del leone di San Marco, posto sopra l’accesso principale. La rocca ha risentito di pesanti danneggiamenti durante le guerre mondiali ed è stata oggetto di preciso restauro svolto attorno alla metà degli anni ’50.

Oggi la rocca è circondata da un piccolo fossato ormai prosciugato e si presenta come una struttura in pietra carsica con cinta muraria circolare, dotata al suo interno di un mastio a pianta quadrata.

Nei suoi locali interni, dal 1970 è allestito un museo speleologico e paleontologico (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

 Monfalcone è il punto più a nord del Mediterraneo: la geografia colloca la nostra città dove l’Italia si protende verso l’Europa centro-orientale, mentre la nostra storia inizia ai tempi dei primi insediamenti umani dei Castellieri, s’intreccia con i fasti dell’Impero Romano, del Patriarcato di Aquileia e della Repubblica Veneziana, attraversa i conflitti del Novecento, per vivere ora una stagione di sviluppo basato sui cantieri navali fra i maggiori del mondo, la presenza di un polo nautico e velico d’eccellenza, un litorale ideale per un’ospitalità a misura delle famiglie e per gli sport legati al mare e un’area carsica ricca di elementi di attrattività, nonché quale importante terminal crocieristico.

Monfalcone è una città da scoprire e apprezzare. Per i segni della sua storia come la Rocca e il Parco tematico della Grande Guerra, il Museo della cantieristica, unico del genere in Italia, circondato dallo storico villaggio operaio di Panzano, i resti delle Antiche Mura e il Museo della città medioevale, il monumento che ricorda la partenza di Gabriele D’Annunzio per l’impresa di Fiume.

Da scoprire per il suo mare e i suoi centri nautici, le sue rinnovate spiagge di Marina Julia e dell’Isola dei Bagni, i corridoi dello sport del vento, meta ideale per gli appassionati di kitesurf e di windsurf provenienti da tutto il mondo.

Da scoprire per le sue tradizioni e vocazioni: il Carnevale, il Festival Monfalcone Geografie, la sua ristorazione e le tante altre opportunità culturali divenute icone riconosciute a livello internazionale.

Città da scoprire, città da amare.

 Anna Maria Cisint

Sindaco di Monfalcone

Sabaudia è un comune italiano di 19 474 abitanti della provincia di Latina nel Lazio.

Stemma di Sabaudia

Territorio

La città è situata nell’Agro Pontino. Il territorio comunale, pianeggiante, è caratterizzato dal litorale di dune sabbiose, da zone a foresta (un tempo parte della “selva di Terracina”) e da una serie di zone umide e quasi paludose, protette da tre laghi costieri: il lago di Sabaudia (o di Paola), il lago dei Monaci, il lago di Caprolace.

Una parte importante del territorio comunale costituisce dal 1934 il parco nazionale del Circeo.

panorama di Sabaudia

Storia

Sabaudia nel 1935

La posa della prima pietra di Sabaudia venne effettuata il 5 agosto 1933 e la nuova città inaugurata il 15 aprile del 1934 da Benito Mussolini alla presenza di circa ventimila persone. Fu la seconda città, dopo Littoria, ad essere voluta dal regime nel territorio delle Paludi Pontine bonificate.

Il concorso per il piano urbanistico di fondazione della città era stato bandito dall’Opera nazionale combattenti il 21 aprile 1933 e fu vinto dal gruppo di Piccinato con gli architetti Cancellotti, Montuori e Scalpelli, che la immaginarono predisposta per divenire un importante centro sportivo, in particolare per ospitare gare nautiche sul lago di Paola.
Sabaudia è una delle città espressione del razionalismo italiano in architettura.

La città venne intitolata alla famiglia reale e posta sotto la protezione della Santissima Annunziata, protettrice di Casa Savoia.

La denominazione è rimasta quella originaria, nonostante la necessità di rimuovere i toponimi fascisti delle città che erano state istituite e che terminavano quasi tutti in “-inia”.

Così mentre il capoluogo assunse nel 1944 la denominazione di Latinia e, successivamente, quella attuale di Latina (il 7 giugno 1945 a seguito della pubblicazione del decreto luogotenenziale del 9 aprile 1945, n. 270), non è ancora avvenuta tale variante per Sabaudia, che andrebbe corretto in Sabauda, e Pontinia, che andrebbe corretto in Pontina.

I primi abitanti insediati a Sabaudia furono coloni di origine veneta e friulana selezionati dal Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione interna ed inviati, insieme alle loro famiglie, a sviluppare l’agricoltura nei poderi dell’Opera nazionale combattenti.

Nell’inverno del 1944 anche Sabaudia venne coinvolta nelle operazioni belliche seguite allo sbarco di Anzio del 22 gennaio e fino alla liberazione, avvenuta nel maggio dello stesso anno, fu occupata dalle truppe tedesche.

Il territorio di Sabaudia comprende gran parte del parco nazionale del Circeo di cui Sabaudia è sede amministrativa.

Il 5 agosto 2020, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito a Sabaudia il titolo di Città.

Simboli

Lo stemma, il gonfalone e la bandiera di Sabaudia sono stati concessi con regio decreto del 12 marzo 1936. Nella parte superiore dello scudo, troncato, è raffigurata la palude pontina prima della bonifica, con la tipica capanna dei pastori detta “lestra”; nella sezione inferiore, su fondo dorato, campeggiano sei spighe di grano ed un elmetto della prima guerra mondiale. Il gonfalone è un drappo di azzurro.

Monumenti e luoghi d’interesse

Architetture religiose

La Chiesa della Santissima Annunziata è opera dell’architetto Gino Cancellotti (1935). Al suo interno è la “cappella reale”, donata dalla Regina Elena di Savoia alla città e qui trasferita dall’interno di palazzo Margherita a Roma.

Sulle sponde del lago di Paola è il Santuario di Santa Maria della Sorresca, fondato dai Benedettini nel VI secolo e rimaneggiato nel XII secolo. Anche se si trova nel comune di Sabaudia fa parte della Parrocchia di San Felice Martire, che lo gestisce fin da prima della nascita di Sabaudia. Nel Santuario viene conservata l’antica statua lignea della Sorresca, festeggiata il lunedì successivo alla Pentecoste con una processione che da San Felice Circeo giunge fino alla piccola chiesa.

Architetture civili

I principali edifici pubblici risalenti alla fondazione sono di architettura razionalista: tra questi il Palazzo Comunale con la torre civica e la Piazza del Popolo prospiciente, la Chiesa della Santissima Annunziata con l’edificio del battistero, il Palazzo delle Poste, l’ospedale e la sede dell’allora Opera nazionale maternità e infanzia.

Panorama del Centro di Sabaudia

Il palazzo delle Poste, progettato da Angiolo Mazzoni, è composto da un unico piano rialzato da terra tramite una scalinata. Completamente rivestito di tessere azzurre (il colore di casa Savoia), ha ampi finestroni dai quali la grande sala interna riceve luce, incorniciati da un cordolo in marmo rosso di Siena, ed un elegante cornicione. Tali elementi architettonici fanno assumere all’edificio un forte senso aerodinamico. È stato acquistato dal comune di Sabaudia, finalmente restaurato e restituito ai cittadini nel 2011. L’illuminazione di questo edificio e del Palazzo Comunale, sono opera di Francesca Storaro e Vittorio Storaro, vincitore di 3 premi Oscar per la fotografia.

Sul lungomare si trova invece la celebre Villa Volpi, progettata negli anni cinquanta da Tomaso Buzzi per conto della contessa Nathalie Volpi di Misurata.

Siti archeologici

All’epoca romana risalgono la villa di Domiziano, del I secolo d.C., che si estende per oltre 45 ettari lungo le sponde del lago di Sabaudia, e la fonte di Lucullo, più tardi sfruttata anche come vasca per impianti termali. Lungo la costa si trovano inoltre il porto-canale romano in opus incertum (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

La Città di Sabaudia, totalmente immersa nel Parco Nazionale del Circeo, a 90 anni dalla sua fondazione gode di un ambiente naturale perfettamente integro.

Le acque cristalline del Mar Tirreno, i 20 chilometri di duna, i laghi costieri di Paola, Monaci, Caprolace e Fogliano, le zone umide a tutela integrale, il verde lussureggiante del Parco, rendono Sabaudia meta privilegiata per quanti vogliono vivere il tempo libero immersi nella natura.

Ma Sabaudia si pone all’attenzione dei più qualificati ambienti nazionali e internazionali anche per essere emblema dell’Arte Razionalista. Il suo Centro di fondazione, contraddistinto da prospettive, forme, volumi e linee semplici, funzionali e moderne, è costantemente argomento di studio di urbanisti provenienti dalle Università di tutto il mondo.

Quale migliore sintesi di tutto ciò, quindi, di un francobollo dedicato a Sabaudia, che con una semplice immagine racchiude le straordinarie componenti naturali della Città a 90 anni dalla sua fondazione?

Dott. Alberto Mosca

Sindaco della Città di Sabaudia

Con energia marinaenergia oceanica o energia pelagica si intende l’energia racchiusa in varie forme nei mari e negli oceani.

«Pensate al movimento delle onde, al flusso e riflusso, all’andirivieni delle maree. Che cos’è l’oceano? una enorme forza perduta. Come è stupida la terra, a non valersi dell’oceano!»

(Victor Hugo 1874)

Tecnologie note

L’energia presente nei mari e negli oceani è una classica fonte di energia rinnovabile e può essere estratta con diverse tecnologie: fluidodinamiche (correnti, onde, maree) e di gradiente (termico e salino). Ad oggi sono stati sperimentati molti sistemi di estrazione di questa energia ed alcuni sono già in uno stadio precommerciale:

  • energia delle correnti marine
  • energia a gradiente salino (osmotica)
  • energia mareomotrice (o delle maree)
  • energia del moto ondoso
  • energia talassotermica (OTEC)

Diversi ricercatori indicano come l’energia oceanica possa provvedere ad una parte sostanziale dell’energia rinnovabile a livello globale.

Il potenziale energetico dell’energia oceanica

L’ammontare delle risorse energetiche oceaniche è stimato essere di:

  • 300 TWh/anno dalle maree
  • 800 TWh/anno dalle correnti marine
  • 2.000 TWh/anno dal gradiente salino
  • 10.000 TWh/anno dal gradiente termico (OTEC)
  • 8.000 – 80.000 TWh/anno dalle onde

Eolico offshore

In ingegneria energetica, con il termine eolico offshore (eolico in mare aperto) ci si riferisce all’utilizzo di parchi eolici costruiti sulla superficie di specchi d’acqua, generalmente in mari o oceani all’interno della piattaforma continentale, per sfruttare l’energia del vento al fine di generare energia elettrica.

Un esempio di Parco Eolico

Lontano dalla costa i venti sono caratterizzati da velocità più stabili ed elevate, pertanto i parchi eolici galleggianti riescono a generare una maggior quantità di energia a parità di numero di unità installate. La costruzione di parchi eolici offshore, inoltre, riceve generalmente critiche minori da parte dei movimenti NIMBY. I parchi eolici offshore sono solitamente costituiti da turbine eoliche galleggianti poste in acque profonde lontane dalla costa (come mari o oceani), ma possono essere situati anche in acque interne più basse, come quelle dei laghi o dei fiordi, in cui gli aerogeneratori vengono installati tramite fondamenta fissate sul fondale.

Alla fine del 2018, la capacità totale di eolico offshore installata nel mondo ammontava a circa 23,1 GW di potenza, di cui quasi 18,3 GW solo in Europa, dove il Regno Unito costituisce il paese con la maggior capacità installata (seguito da Germania, Belgio e Danimarca). Al 2019, il parco eolico Walney, nel mare d’Irlanda, è il più grande parco offshore al mondo con una capacità complessiva di 659 MW; sarà superato dal parco eolico di Hornsea, attualmente in costruzione nel Regno Unito, con i suoi 1,2 GW di capacità totale. La più grande turbina offshore in commercio, inoltre, è la Vestas V164, realizzata nel 2018 dall’azienda danese Vestas e con una potenza nominale di 10 MW; è invece attualmente in progetto, da parte di General Electric, una turbina eolica da 12 MW.

A discapito delle maggiori potenzialità, i costi di costruzione e mantenimento di parchi eolici offshore sono maggiori rispetto ai corrispettivi parchi su terraferma, nonostante stiano diminuendo rapidamente e la tecnologia offshore stia diventando economicamente competitiva.

Storia

L’Europa ha rappresentato il leader nella produzione di energia elettrica da impianti eolici offshore fin dalla costruzione del primo parco eolico offshore, il parco di Vindeby, completato nel 1991 in Danimarca. Il parco, installato nel mar Baltico e poi smantellato nel 2017, era costituito da 11 turbine eoliche da 450 kW ciascuna, per una potenza installata totale di 4,95 MW. Nel 2009, la capacità media di una turbina eolica offshore (generalmente più grande rispetto alle turbine eoliche utilizzate sulla terraferma) si aggirava intorno ai 3 MW.

Nel 2010, secondo l’Energy Information Administration (EIA) l’eolico offshore rappresentava una delle tecnologie più costose per la generazione di energia, seconda solo al solare termodinamico, in termini di costo livellato dell’energia per gli Stati Uniti d’America. La situazione del 2010 presentava difficoltà ben maggiori per l’eolico offshore rispetto ai sistemi onshore, con costi medi d’installazione che si aggiravano intorno ai 2,5–3 milioni di euro per MW di potenza installata. Lo stesso anno, le turbine prodotte da Siemens e Vestas costituivano il 90% della capacità di eolico installato offshore, e DONG Energy, Vattenfall e E.ON rappresentavano i maggiori operatori del settore.

Nel 2011, Anders Eldrup, amministratore delegato di DONG Energy, ha stimato che, sebbene le turbine eoliche offshore non fossero al momento ancora economicamente competitive rispetto alle tradizionali tecnologie basate sui combustibili fossili, lo sarebbero state nell’arco di 15 anni. Alla fine del 2011, in Europa, vi erano complessivamente 53 parchi eolici operativi nelle acque di Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Regno Unito, per un totale di 3 813 MW di potenza installata; altri parchi eolici, per ulteriori 5 603 MW di capacità, erano invece al momento in costruzione.

Nel 2012, Bloomberg New Energy Finance ha stimato il costo della generazione di energia elettrica da fonte eolica offshore intorno ai 161 €/MWh, tra i più elevati tra le varie fonti rinnovabili. Nel 2013, sono stati installati nell’Unione Europea 1 567 MW di capacità eolica offshore (degli 11159 MW di nuove installazioni eoliche complessive), il 34% in più rispetto all’anno precedente. Alla fine del 2013, vi erano complessivamente in Europa 69 parchi eolici offshore, situati in undici paesi diversi, per un totale di 6 562 MW di capacità installata che ha prodotto un totale di 24 TWh di energia elettrica; Il 56% della capacità totale installata in Europa (3 681 MW) era situato nel Regno Unito, seguito dalla Danimarca con i suoi 1 271 MW (19% della capacità totale), dal Belgio con 571 MW (8,7%) e dalla Germania con 520 MW (8%). L’Europa ospitava quindi ancora oltre il 90% della capacità globale di eolico offshore (che a fine 2013 ammontava a circa 7 046 MW), mentre gran parte dei parchi eolici offshore extra-Ue erano situati nel continente asiatico: la Cina, in particolare, possedeva una capacità totale di circa 429 MW, rappresentando quindi il quinto paese al mondo per capacità installata; il Giappone poteva contare su poco meno di 50 MW, seguito dalla Corea del Sud (5 MW). I parchi eolici offshore negli Stati Uniti d’America, invece, erano ancora per la maggior parte in fase di progettazione o costruzione.

Alla fine del 2015, in Europa, sono state installate e connesse alla rete altre 3 230 turbine eoliche in 84 nuovi parchi eolici offshore, portando la capacità complessiva europea a 11 207 MW, in grado di produrre in media 40,6 TWh di energia elettrica in un anno (pari all’1,5% della domanda complessiva di energia elettrica nell’Ue, secondo i più recenti dati del 2013).

Al di fuori dell’Europa, la Cina è il principale paese per capacità installata di eolico offshore, in rapido aumento nel corso degli anni. A metà del 2013 poteva contare su appena 565 MW di capacità installata, mentre alla fine del 2018 risultava essere il terzo paese al mondo con 4 588 MW complessivi connessi alla rete, dopo aver installato lo stesso anno 1,8 GW di nuova potenza offshore (per la prima volta più di ogni altro paese nello stesso periodo).

Accanto alle tradizionali turbine ad albero ad asse singolo, nel 2022 sono state lanciate in commercio le prime turbine con albero a doppio asse (e 4 gambe) supportati da un’ampia base flottante che, ancorata al letto del mare, ruota intorno al proprio fulcro e segue spontaneamente il cambio di direzione del vento. La struttura a quattro gambe permette di abbattere peso e volume delle turbine e i relativi costi logistici e di manutenzione.

Illustrazione rappresentante le installazioni delle pale fisse o galleggianti

Progetti nel mar Mediterraneo

Il 21 aprile 2022 è stato inaugurato Beleolico, il primo parco eolico italiano all’interno del mar Mediterraneo. L’Italia è il primo paese a installare un impianto eolico al largo delle coste mediterranee, nei pressi del porto di Taranto, in Puglia; l’impianto, la cui costruzione è stata approvata nel 2019, è costituito da dieci turbine da 3 MW di potenza nominale ciascuna, per una capacità complessiva dell’impianto di 30 MW. Un altro parco eolico offshore è stato proposto in Sicilia, a 60 km dalle coste, tra quelle siciliane e tunisine, il parco dovrebbe contare 190 turbine galleggianti, per una capacità totale di 2,9 GW, fornendo energia a circa 3 milioni di famiglie. I lavori dovrebbero cominciare nel 2025. Nel 2019, la Commissione europea ha approvato quattro progetti dimostrativi per impianti eolici offshore proposti dalla Francia, tre dei quali (Golf du LionEolmed e Provence Grand Large) saranno installati nelle acque del Mediterraneo; tutti e quattro gli impianti saranno costituiti da tre o quattro turbine eoliche galleggianti e avranno una capacità complessiva di 24 MW (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Se sei interessato all’acquisto di questi francobolli, li puoi acquistare, al prezzo di €1,80 ciascuno, oppure l’intera serie al prezzo di €9,00; inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

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