13^ emissione del 11 marzo 2024, di un francobollo commemorativo di Franco BASAGLIA, nel centenario della nascita

13^ emissione del 11 marzo 2024, di un francobollo commemorativo di Franco BASAGLIA, nel centenario della nascita, dal valore indicato in B, corrispondente ad €1.25

  • data emissione: 11 marzo 2024
  • dentellatura: 11  effettuata con fustellatura. 
  • dimensioni francobollo: 30 X 40 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente.
  • Grammatura:90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 250.020
  • valoreB =€ 1.25
  • colori: due
  • bozzettistaE. L’Abate
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________
  • Il francobollo: raffigura un ritratto di Franco Basaglia, autorevole psichiatra e neurologo italiano del XX secolo. Completano il francobollo la legenda “FRANCO BASAGLIA”, le date “1924 1980”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: il ritratto di Franco Basaglia è ispirato da una foto di Gian Butturini utilizzata per gentile concessione di Tiziano e Marta Butturini dell’Associazione Gian Butturini.

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Franco Basaglia (Venezia, 11 marzo 1924 – Venezia, 29 agosto 1980) è stato uno psichiatra e neurologo italiano, innovatore nel campo della salute mentale, riformatore della disciplina psichiatrica in Italia, fondatore di Psichiatria Democratica e ispiratore della Legge 180/1978 (che ne prende il nome) che introdusse la revisione ordinamentale degli ospedali psichiatrici in Italia promuovendo radicali trasformazioni nel trattamento sul territorio dei pazienti con problemi psichiatrici. Esponente della psichiatria fenomenologica, è considerato lo psichiatra italiano più influente del XX secolo.

Biografia

Formazione

Nato a Venezia nel 1924, secondo di tre figli in una famiglia della media borghesia, si iscrisse al liceo Marco Foscarini dove conseguì la maturità classica nel 1943. Nella stessa scuola studiava il futuro cognato Alberto Ongaro, fumettista e scrittore, che fu arrestato nel ’44, uscì dopo un mese e si unì coi partigiani sui monti.

Si trasferì in seguito per studiare medicina presso l’Università degli Studi di Padova dove conobbe e divenne amico, tra gli altri, del pediatra Franco Panizon. A Padova frequentò un gruppo di studenti antifascisti e per questo, dopo la denuncia di uno di questi, venne arrestato e detenuto per alcuni mesi nelle carceri della Repubblica Sociale Italiana. Con la fine della seconda guerra mondiale entrò nel Partito Socialista Italiano e nel 1949 conseguì la laurea. Durante il periodo universitario non si curò esclusivamente degli studi in medicina ma seguì anche altri interessi, che in seguito lo avrebbero notevolmente influenzato. Approfondì temi filosofici e lesse autori fondamentali dell’esistenzialismo e della fenomenologia come Jean-Paul Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Edmund Husserl, Martin Heidegger e Ludwig Binswanger.

Si specializzò nel 1953 in malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatrica di Padova e divenne assistente di Giovanni Battista Belloni. Nello stesso anno sposò Franca Ongaro, dalla quale ebbe nel 1953 il figlio Enrico e nel 1954 la figlia Alberta. La Ongaro, inizialmente interessata alla letteratura, scrisse diversi articoli e alcuni libri; collaborò a lungo col marito nella stesura di alcuni suoi testi sulla psichiatria, entrò in Parlamento con Sinistra indipendente per due legislature, dopo la scomparsa del marito, ne raccolse l’eredità. La moglie fece una riduzione dell’ Odissea per ragazzi interamente disegnata dall’amico di Hugo Pratt.

L’esperienza nelle varie sedi

Gorizia

Nel 1958 ottenne la libera docenza in psichiatria ma iniziò ad incontrare resistenze nel mondo accademico e solo tre anni dopo rinunciò alla carriera universitaria e si trasferì a Gorizia per dirigervi l’ospedale psichiatrico. Questa decisione fu influenzata da motivazioni politiche e scientifiche. L’ambiente universitario non era allineato con le idee dell’esistenzialismo i cui maestri italiani (da Enrico Morselli a Arnaldo Ballerini, da Bruno Callieri a Eugenio Borgna) non avevano ottenuto una cattedra.

L’impatto con la realtà del manicomio fu durissimo. Come preparazione era vicino alle idee di Karl Jaspers, Eugène Minkowski, Ludwig Binswanger, ma anche a quelle di Michel Foucault e Erving Goffman.

Dopo alcuni viaggi all’estero, compresa una visita alla comunità terapeutica di Maxwell Jones, fece arrivare da Padova Antonio Slavich, conosciuto a metà degli anni cinquanta nell’ateneo di quella città, ed iniziò con lui la prima esperienza anti-istituzionale nell’ambito della cura dei malati di mente. Tentò di realizzare a Gorizia quanto Jones aveva cominciato a fare da dieci anni in Inghilterra, cioè modificare la struttura rigida e gerarchica dell’ospedale psichiatrico, caratterizzata da rapporti di tipo verticale, in un’organizzazione più aperta ed orizzontale, rendendo paritario il rapporto fra gli utenti-pazienti e gli operatori sanitari. Questo comportava l’eliminazione della contenzione fisica, delle terapie con elettroshock e dei cancelli chiusi nei reparti. L’approccio avrebbe dovuto essere spostato nel rapporto umano con l’aiuto di sole terapie farmacologiche. In tal modo chi si trovava nelle strutture sanitarie doveva diventare persona da aiutare e non da recludere o isolare.

La trasformazione dell’ospedale psichiatrico secondo il sogno di Basaglia si rivelò difficile da far accettare alla città. All’interno dell’ospedale psichiatrico aveva allestito laboratori di pittura e di teatro, aveva fatto nascere una cooperativa di lavoro tra i pazienti in modo da permettere loro svolgere lavori riconosciuti e retribuiti ma l’idea di andare oltre questa trasformazione all’interno dell’ospedale psichiatrico ancora non si realizzò. Il manicomio andava chiuso, sostituito da una rete di servizi esterni per l’assistenza delle persone affette da disturbi mentali. L’approccio psichiatrico andava modificato perché senza comprendere i sintomi della malattia mentale non era possibile mantenere un ruolo nel processo che finiva per escludere il malato mentale, come prevedeva il sistema istituzionale.

Il lavoro portato avanti da Basaglia sicuramente non avrebbe potuto essere realizzato senza le persone che sin dalle sue prime iniziative a Gorizia lo seguirono, e tra di esse prima di tutti la moglie Franca Ongaro, e poi psichiatri, intellettuali ed operatori sanitari come Antonio Slavich, Lucio Schittar, Agostino Pirella, Domenico Casagrande, Leopoldo Tesi, Giorgio Antonucci, Maria Pia Bombonato, Giovanni Jervis e Letizia Jervis Comba.

Intanto, nel 1967, curò il volume Che cos’è la psichiatria? e nel 1968 il fondamentale L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, nel quale raccontò al grande pubblico l’esperienza dell’ospedale psichiatrico di Gorizia. L’istituzione negata, scritto con la collaborazione della moglie Franca Ongaro, ottenne grande successo editoriale. Nel 1970 lasciò Gorizia e si stabilì in provincia di Parma per dirigere l’ospedale di Colorno, dove rimase sino al 1971.

Trieste

Nell’agosto del 1971 ottenne l’incarico di direttore dell’ospedale psichiatrico di Trieste, oggi Parco Culturale di San Giovanni, e due anni dopo la città venne indicata come zona pilota per l’Italia nella ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità relativa ai servizi di salute mentale. Basaglia intanto fondò la società Psichiatria Democratica, con la finalità di riformare la psichiatria e proseguendo così nella diffusione in Italia dell’antipsichiatria, il movimento che si stava affermando a partire dal XIX secolo ed in particolare dalla seconda metà del XX. In Inghilterra questo era avvenuto grazie in particolare a David Cooper.

Nel 1972 il cavallo Marco, che sino a quel momento era stato utilizzato dentro la struttura, venne destinato al macello. I ricoverati, con una loro lettera indirizzata a Michele Zanetti, presidente della provincia, ottennero che gli venisse salvata la vita e che venisse affidato alle loro cure. Il fatto di cronaca diede l’ispirazione a Vittorio Basaglia, cugino dello psichiatra, per la realizzazione di un’opera artistica, il Marco Cavallo, che fu costruito nei locali dell’ospedale nel 1973 durante un’animazione collettiva curata da Vittorio Basaglia e Giuliano Scabia che coinvolse tutta la struttura. La vicenda ebbe un forte significato simbolico.

L’azione di Basaglia portò, nel gennaio 1977, all’annuncio della chiusura dell’ospedale psichiatrico “San Giovanni” di Trieste entro l’anno (anche se in realtà questo avvenne più tardi) e il 13 maggio 1978 all’approvazione della legge 180 di riforma psichiatrica. A questo punto, nel 1979, Basaglia partì per il Brasile e attraverso una serie di seminari raccolti nel volume Conferenze brasiliane, testimoniò la sua esperienza. A succedergli nella direzione dell’ospedale ormai aperto e molto diverso di come era solo 8 anni prima fu Franco Rotelli. A Trieste si formarono anche Peppe Dell’Acqua e Giovanna Del Giudice.

Nel 1973 l’ospedale fu riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità come esperienza pilota nella ricerca psichiatrica.

Sempre nel febbraio 1977 visitò il palazzo Tassoni Estense di via della Ghiara di Ferrara, sede dell’ospedale psichiatrico cittadino, dove si stava tenendo il convegno La Scopa Meravigliante, organizzato da Antonio Slavich, suo collaboratore sin dai tempi di Gorizia e nella città estense dal 1971. In quell’occasione ebbe modo di ribadire le linee guida della sua visione riformatrice.

A Trieste, nel 1977, vi fu anche Dario Fo, amico da tempo di Basaglia, per partecipare con un suo spettacolo e sostenere così la riforma. In quell’occasione si ebbe anche un episodio di contestazione da parte di movimenti autonomi più interessati alle carceri speciali.

Roma

Dopo aver lasciato definitivamente Trieste e anche in conseguenza delle modifiche legislative che la sua azione aveva accelerato si trasferì a Roma per assumere l’incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio. Non ebbe modo di mettere in atto nella sua nuova sede iniziative importanti perché nella primavera del 1980 si manifestarono i primi sintomi di un tumore cerebrale, che in pochi mesi lo portarono alla morte. Spirò il 29 agosto 1980 nella sua casa di Venezia, la città dove era nato e dove a lungo, anche quando lavorava altrove, come racconta la figlia Alberta, continuava a tornare durante i fine settimana. La legge 180 è ancora in vigore e regola l’assistenza psichiatrica in Italia, anche se non è mai stata applicata in modo completo.

Morte

Nella primavera del 1980 si manifestano i primi segni di un tumore cerebrale che lo conducono alla morte in pochi mesi. Si spegne il 29 agosto nella sua casa di Venezia.

Dopo la sua scomparsa, Franco Basaglia è stato sepolto nel cimitero di San Michele, sull’isola omonima della Laguna di Venezia.

Pensiero

«Noi, i campioni della grande civiltà occidentale che rivendica i valori dell’individuo, dello spirito e della ragione, ci troviamo indeboliti e distrutti da un sistema la cui logica sopravvive sulla nostra debolezza, sulla nostra acquiescenza e sulla manipolazione di questa debolezza e questa acquiescenza. I valori assoluti che ci sono stati sempre proposti (vanto della nostra civiltà popolata di santi e di eroi) hanno agito – nella loro irraggiungibilità e disumana perfezione – come strumento di dominio attraverso il gioco della colpa in chi non riesce a realizzarli, e come addestramento al compromesso e all’accettazione della propria impotenza negli ostinati che tentano di farlo. La distanza fra assoluto e relativo, quando il valore proposto come unico sia assoluto, serve come strumento di soggezione, dipendenza, manipolazione; serve a rendere assolutamente relativa (quindi vuota, inutile, priva di significato) ogni azione agli occhi di chi agisce; serve a far accettare supinamente e acriticamente la condizione disumana in cui si vive

(Franco Basaglia, Introduzione a La salute mentale in Cina, di Gregorio Bermann, Einaudi 1972)

Mentre frequentava la scuola di specializzazione in neuropsichiatria presso l’Università degli Studi di Padova tentò di modificare l’approccio medico positivista integrandolo con una visione filosofica fenomenologica-esistenzialista. Cominciò a ricercare nuovi strumenti di validazione funzionali a questa concezione psichiatrica che gradualmente stava maturando proprio grazie alle sue letture filosofiche (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Franco Basaglia, psichiatra che ha segnato una svolta epocale nella storia della salute mentale e che in Italia ha portato all’approvazione della legge 180, nasce a Venezia l’11 marzo 1924. Dopo gli studi classici, nel 1943 entra alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Antifascista, passa un periodo di detenzione in carcere a Venezia. Nel 1949 si laurea e frequenta la clinica delle malattie nervose e mentali di Padova, dove lavora come assistente fino al 1961. Nel 1952 la specializzazione in malattie nervose e mentali. L’anno dopo sposa Franca Ongaro. Un sodalizio che durerà per tutta la vita; con lei lavorerà e scriverà molti dei suoi libri.

 Nel 1961 entra come direttore all’ospedale psichiatrico di Gorizia, dove si trasferisce con la famiglia.  Qui inizia il suo radicale lavoro di trasformazione istituzionale, partendo dalle terribili condizioni in cui versano gli internati e dando centralità ai loro bisogni. Nel 1968 cura il volume “L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico”, che fa conoscere nel mondo l’esperienza innovativa di Gorizia. Dopo una breve esperienza a Parma all’ospedale psichiatrico di Colorno, nel 1971 diventa direttore dell’ospedale psichiatrico di Trieste. Qui riuscirà a mettere in pratica la concreta alternativa al manicomio: i servizi di salute mentale nel territorio.  Tanto che Trieste nel 1973 diventerà per l’OMS “zona pilota”.

Il 13 maggio 1978 viene approvata in Parlamento la legge 180, anche conosciuta come Legge Basaglia. Nel novembre del 1979 si trasferisce a Roma per coordinare i servizi psichiatrici della Regione Lazio. Nella primavera del 1980 si ammala.  Morirà il 29 agosto, nella sua casa di Venezia. Nel 2001 l’OMS nel suo Rapporto Mondiale sulla Salute Mentale riconosce l’esperienza basagliana come modello fondamentale per l’evoluzione dei sistemi di salute mentale in tutto il mondo.

Archivio Basaglia

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