POSTE ITALIANE 92^ EMISSIONE DEL 09 DICEMBRE 2020 DI UN FRANCOBOLLO commemorativo di Carlo Azeglio Ciampi, nel centenario della nascita

Il Ministero dello Sviluppo con le Poste Italiane emette il 9 dicembre 2020 un francobollo commemorativo di Carlo Azeglio Ciampi, nel centenario della nascita relativo al valore della tariffa B, corrispondente ad € 1.10.

  • data: 09 dicembre 2020
  • dentellatura: 11
  • stampa: rotocalcografia
  • tipo di cartacarta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 400.000
  • dimensioni: 30 x 430 mm
  • valoreB = €1.10
  • bozzettista: a cura del Centro Filatelico della Direzione Operativa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogoMichel______ YT _______ UNIF 4117
  • La vignetta: raffigura un ritratto di Carlo Azeglio Ciampi, decimo Presidente della Repubblica Italiana, affiancato, in basso a sinistra, dalla bandiera italiana. Completano il francobollo le leggende “CARLO AZEGLIO CIAMPI” e “1920 2016”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”. Nota: la fotografia che ritrae Carlo Azeglio Ciampi è riprodotta su gentile concessione dell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica.

Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo lo puoi acquistare al prezzo di € 1.50 inviandomi una richiesta alla email:protofilia1@gmail.com

Carlo Azeglio Ciampi (Livorno, 9 dicembre 1920 – Roma, 16 settembre 2016) è stato un economista, banchiere e politico italiano, 10º presidente della Repubblica Italiana dal 18 maggio 1999 al 15 maggio 2006.

È stato governatore della Banca d’Italia dal 1979 al 1993, presidente del Consiglio dei ministri (1993-1994), ministro del Tesoro e del Bilancio e della Programmazione Economica (1996-1997), quindi ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (1998-1999). Primo presidente del Consiglio e primo capo dello Stato non parlamentare nella storia della Repubblica, fu anche il secondo presidente della Repubblica eletto dopo essere stato governatore della Banca d’Italia, preceduto da Luigi Einaudi nel 1948. Ha ricoperto inoltre numerosi incarichi di rilevanza internazionale, tra cui quelli di presidente del Comitato dei governatori della Comunità europea e del Fondo europeo di cooperazione monetaria (nel 1982 e nel 1987); vicepresidente della Banca dei regolamenti internazionali (dal 1994 al 1996); presidente del Gruppo Consultivo per la competitività in seno alla Commissione europea (dal 1995 al 1996) e presidente del comitato interinale del Fondo Monetario Internazionale (dall’ottobre 1998 al maggio 1999). Dal 1996 ha ricoperto gli incarichi di consigliere d’amministrazione e, successivamente, di consigliere scientifico e vicepresidente dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani.

Dopo una militanza giovanile nel Partito d’Azione, Ciampi non ha più aderito ad alcun partito politico,  anche se è stato sempre considerato vicino al centrosinistra.

Come Capo dello Stato conferì l’incarico a tre presidenti del Consiglio dei ministri: Massimo D’Alema (del quale ha respinto le dimissioni di cortesia presentate nel 1999), Giuliano Amato (2000-2001) e Silvio Berlusconi (2001-2006).

Biografia

Figlio di Pietro Ciampi e di Maria Masino, quest’ultima nata a Pisa da famiglia di Cuneo, frequentò l’Istituto San Francesco Saverio, retto dai Gesuiti, dalla terza elementare al liceo. Saltò la quinta elementare e la terza liceo per gli ottimi voti conseguiti nelle classi precedenti.

Dopo la maturità, concorse alla Scuola normale superiore di Pisa per un posto nel corso di laurea in lettere: nella prova scritta di italiano del concorso trattò di Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro e nella prova orale fu esaminato da Giovanni Gentile; superò il concorso classificandosi undicesimo insieme con Scevola Mariotti.

Durante il suo percorso di studi, compì diversi soggiorni all’estero, in particolare all’Università di Lipsia. Conseguì la laurea in lettere nel 1941, discutendo una tesi in filologia classica e letteratura greca. Alla Normale, dove aveva frequentato, rimanendone affascinato, le lezioni del filosofo Guido Calogero e dove aveva conosciuto anche Franca Pilla, futura moglie. Fu chiamato alle armi nello stesso anno con il grado di sottotenente nel corpo automobilistico e inviato in Albania.

Durante la Resistenza

Quando fu siglato l’armistizio dell’8 settembre 1943, Ciampi, che si trovava in Italia con un permesso, rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e si rifugiò a Scanno, in Abruzzo, dove trovò Guido Calogero suo professore a Pisa, condannato al confino per le sue idee antifasciste, esponente di primo piano del pensiero liberalsocialista e vicino al Partito d’Azione. Il 24 marzo 1944 Ciampi, con un gruppo di una sessantina di persone, fra cui lo stesso Calogero, altri antifascisti, prigionieri sfuggiti alla Wehrmacht e con l’aiuto della guida locale Alberto Pietrorazio, partendo da Sulmona si mise in marcia per raggiungere gli Alleati, attraversando il massiccio della Majella.

L’itinerario, passando per Taranta Peligna, condusse infine i sopravvissuti a Casoli. Il gruppo, che perse una decina di componenti, stremati dal freddo e dalla fatica, incontrò per primo i patrioti della Brigata Maiella. Ciampi riuscì quindi ad arrivare a Bari, dove consegnò a Tommaso Fiore il testo manoscritto del «catechismo liberalsocialista del Partito d’Azione» datogli da Calogero, si arruolò nel rifondato esercito italiano e si iscrisse al Partito d’Azione, di cui fondò una piccola sezione a Livorno.

Il diario personale sulla traversata fu donato da Ciampi stesso al liceo scientifico di Sulmona, in occasione della sua visita a Sulmona per l’inaugurazione de “Il sentiero della libertà”.

In seguito allo scioglimento del Partito d’Azione, nel 1946, decise di non aderire al Partito Socialista Italiano  o alla Concentrazione Democratica Repubblicana di Ugo La Malfa e da allora non ebbe più affiliazioni politiche, anche se rimase sempre vicino all’area liberalsocialista e progressista

Banca d’Italia

Nel 1946 sposò Franca Pilla, conseguì una seconda laurea, in giurisprudenza, presso l’Università di Pisa e partecipò al concorso che lo fece entrare come impiegato in Banca d’Italia, dove rimarrà per 47 anni (14 da governatore), dopo aver abbandonato l’insegnamento, che era, per sua stessa ammissione, la vera grande passione.

Dopo la laurea in Lettere aveva infatti ottenuto una cattedra di Lettere Italiane e Latine al Liceo Classico “Niccolini e Guerrazzi” di Livorno, dove sono ancora conservati i documenti che attestano il suo passaggio dalla Scuola alla Banca d’Italia. Nello stesso anno s’iscrisse anche alla CGIL e ne conservò la tessera fino al 1980. Inizialmente, in Banca d’Italia, prestò servizio presso alcune filiali, svolgendo attività amministrativa e di ispezione ad aziende di credito. Nel 1960 fu chiamato all’amministrazione centrale della Banca, presso il Servizio Studi, di cui ha assunto la direzione nel luglio 1970. Nel 1973 diventò segretario generale, vice direttore generale nel 1976 e direttore generale nel 1978.

Nell’ottobre del 1979 fu nominato governatore della Banca d’Italia e presidente dell’Ufficio italiano dei cambi nel pieno della bufera che aveva travolto l’istituzione dopo il crack Sindona, l’incriminazione del governatore Paolo Baffi e l’arresto del vice direttore Mario Sarcinelli. Fin dal primo testo redatto come governatore della Banca d’Italia (le “Considerazioni finali” del 1980), Ciampi sostenne come l’Europa dovesse essere «il chiodo al quale l’Italia doveva aggrapparsi con tutte le sue forze» . Egli riteneva che l’unico modo per eliminare il problema di una società e di un’economia che non volevano accettare «né vincoli, né discipline» fosse legarsi a un vincolo esterno forte come lo SME. Le misure economiche che Ciampi adottò da governatore furono perlopiù varate in una prospettiva sovranazionale piuttosto che nazionale. Significativo in quest’ottica il fatto che la prima svalutazione della lira decisa da Ciampi, decretata nel marzo 1981 in seguito a una grave crisi sindacale scoppiata all’interno della FIAT che si era trascinata per tutto l’ultimo trimestre del 1980, sia avvenuta nell’ambito di un riallineamento con lo SME, e non in maniera unilaterale.

Per perseguire il duplice obiettivo di vincere l’inflazione e mantenere la lira all’interno dello SME, e dunque tenere l’Italia agganciata alle altre grandi economie europee, il governatore evidenziò ripetutamente, nelle sue “Considerazioni finali”, la necessità per l’istituto da lui presieduto di raggiungere l’indipendenza nell’indirizzo della politica monetaria nazionale. Nel luglio del 1981, quindi, fu fautore insieme al ministro del tesoro Beniamino Andreatta del “divorzio” tra Banca d’Italia e Ministero del tesoro. Le conseguenze di questa separazione furono molteplici: i tassi di interesse reali si attestarono su livelli idonei ai parametri fissati dall’adesione allo SME, congrui ad assicurare il rientro dell’inflazione sul lungo periodo; il fabbisogno pubblico venne quasi del tutto finanziato sul mercato, senza creare nuova moneta ed infine la Banca d’Italia cominciò ad annunciare l’obiettivo di espansione della moneta.

La convinzione di Ciampi fu che il ritorno a una moneta stabile richiedesse una “costituzione monetaria”, fondata su tre pilastri: indipendenza della Banca Centrale, procedure di spesa rispettose del vincolo di bilancio e dinamica salariale coerente con la stabilità dei prezzi (in forte contrapposizione con la cosiddetta “Scala mobile ”).

Furono tesi, in questo periodo, invece i rapporti con Bettino Craxi, soprattutto nel cosiddetto “Venerdì nero” del 19 luglio 1985. Quel giorno, mentre sul mercato dei cambi il dollaro oscillava sulle 1860 lire con una tendenza al rialzo, il direttore finanziario dell’ Eni, Mario Gabbrielli, diede l’ordine di acquistare i 125 milioni di dollari necessari a rimborsare un prestito. La Banca d’ Italia (e per essa il capo del servizio esteri, Fabrizio Saccomanni) appreso che l’ Eni aveva intenzione di effettuare l’acquisto, chiese all’ente di rinviare l’operazione. L’ Eni, invece, insistette nel tenere fermo l’ordine. Nelle ore successive la quotazione del dollaro in lire schizzò vertiginosamente fino a superare il Cross Rate con il marco, costringendo la Banca d’Italia a servire la partita e chiudere il mercato. Per contrastare gli effetti negativi di questo episodio, Ciampi, scelse di intraprendere nuovamente la via europea. Durante la riunione del Comitato monetario della CEE a Basilea si decise la svalutazione della lira del 6% rispetto all’ECU (la moneta-paniere dello SME) e la corrispettiva rivalutazione del 2% delle altre valute. La delegazione italiana riuscì così ad evitare ulteriori effetti negativi e a far riassorbire parte del danno. Questo evento causò ampi dissapori fra il vertice di Palazzo Koch e l’esecutivo guidato da Craxi. I dissidi si attenuarono solo dopo la minaccia di dimissioni di Ciampi e il conseguente rinnovo della fiducia da parte del leader del Partito Socialista.

Ciampi fu inoltre in quegli anni protagonista, insieme a Giovanni Goria, della protesta formale che portò il G7 a riunirsi a partire dal 1987 sempre e solo in formazione completa, senza essere preceduto da un vertice a cinque in cui l’Italia era esclusa. Il suo appoggio alla diserzione decisa dal Governo Craxi fu determinante per la buona riuscita dell’operazione.

Fu, come Presidente del comitato dei 12 governatori, uno dei maggiori sostenitori di una politica monetaria condivisa e di un’unica valuta europea. Sotto la sua presidenza, nel 1987, fu stabilito di costruire un sistema di banche centrali con a capo una banca centrale europea che operasse come capogruppo federale.

Nel 1992, anno di pesante crisi economica per l’Europa a causa di una forte recessione dovuta soprattutto ad una grave crisi valutaria, l’Italia fu costretta ad uscire dallo SME, in conseguenza di una speculazione finanziaria. Ciampi, dopo aver presentato le proprie dimissioni poi respinte dal Governo Amato, ebbe come obiettivo quello di far rientrare la lira all’interno del Sistema monetario europeo nel più breve tempo possibile.

Ricoprì l’incarico di governatore fino al 1993. Ricevette, l’11 dicembre 1991, laurea honoris causa in economia e commercio dall’Università degli Studi di Pavia.

Incarichi di governo

Nel 1992 e nel 1993 si verificò una grave crisi della politica italiana, conseguenza dello scandalo di Tangentopoli e della relativa inchiesta giudiziaria (Mani Pulite): la notizia di gravi fatti di corruzione portò a perdite di consenso dei partiti tradizionali che, fino ad allora avevano esercitato un ruolo predominante nella politica italiana, ed alla fine della cosiddetta prima repubblica con conseguente inizio della seconda. Al fine di garantire stabilità al Paese e traghettarlo verso le successive elezioni il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro incaricò Ciampi di formare un nuovo governo.

Dall’aprile 1993 al maggio 1994 l’ex-governatore della Banca d’Italia fu quindi il presidente del Consiglio di un governo di transizione, il primo presidente del Consiglio non parlamentare della storia della Repubblica. Il governo Ciampi si distinse anche per essere il primo esecutivo a cui prendevano parte i post-comunisti anche se per pochi giorni. Ciampi, inoltre, nella scelta dei ministri, non consultò le segreterie di partito, ma scelse personalmente e spontaneamente gli esponenti del proprio governo.

Durante il suo mandato come Presidente del Consiglio lo statista di Livorno dovette far fronte ad una situazione internazionale molto travagliata segnata da eventi negativi (la grave crisi economica del momento, svalutazione e uscita dal sistema dello SME della lira italiana, la battaglia del Pastificio in Somalia) e da una situazione ancora più tesa a livello interno per colpa della stagione degli attentati mafiosi, in particolare quelli in via dei Georgofili (27 maggio 1993), di via Palestro (27 luglio 1993) e i due contemporanei a San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano (28 luglio 1993), tanto da dichiarare anni dopo che durante la notte del 28 luglio ebbe paura di un colpo di Stato.

In campo economico Ciampi introdusse il sistema della concertazione a partire dagli anni novanta, specie dopo gli accordi interconfederali del 1993, contribuendo in maniera significativa al risanamento dell’economia nazionale e determinando conseguentemente la cosiddetta politica dei redditi che permise di abbattere il tasso di inflazione e, indirettamente, i tassi d’interesse. Il governo Ciampi cercò di ridurre l’evidente differenza nella qualità dei servizi postali italiani rispetto al resto d’Europa con un intervento di riforma che con il decreto legge n. 487 del 1º dicembre 1993, convertito dalla legge n. 71 del 29 gennaio 1994, che portò a una trasformazione di Poste italiane da azienda autonoma a ente pubblico economico, prevedendo un ulteriore passaggio a S.p.A. entro il 1996. In politica estera il Presidente del Consiglio intervenne con fermezza nella questione balcanica, affermando come l’Italia avrebbe dovuto ricevere maggiore considerazione all’interno della catena di comando del contingente Nato. Nel luglio del 1993 si trovò ad affrontare le conseguenze del primo scontro militare dai tempi della seconda guerra mondiale che coinvolgesse l’esercito italiano: la “battaglia del Pastificio” o di “check-point Pasta”, che vide scontrarsi il contingente di peacekeeping italiano con le truppe ribelli dell’Alleanza Nazionale Somala. Nel conflitto a fuoco vi furono tre morti italiani. Il governo italiano risolse la situazione senza l’avvio di alcuna azione di carattere bellico e gli italiani riacquistarono senza combattere la postazione perduta, trattando direttamente con i ribelli.

Fece molto discutere la scelta del premier di indicare la città di Napoli come sede del G7, a presidenza italiana, del 1994. La città era in quel momento commissariata ed era investita da un forte fenomeno di disoccupazione che avrebbe potuto creare intense tensioni sociali. L’idea di Ciampi fu quella di valorizzare il sud Italia e in particolare di porre al centro dell’attenzione mondiale il patrimonio artistico e culturale napoletano e campano ed infine di richiamare l’interesse internazionale sui problemi del Mediterraneo.

Nell’agosto del 1993 l’Italia venne colpita da un gran numero di incendi, dolosi e non, che viste le difficoltà nel circoscriverli con il solo ausilio di elicotteri antincendio costrinsero il governo Ciampi a dotare per la prima volta la Protezione Civile di più efficienti Bombardier 415. Nell’ambito della prima razionalizzazione dell’organizzazione ministeriale sotto il governo Ciampi vennero accorpati, il Ministero dei Trasporti ed il Ministero della Marina Mercantile. Il governo Ciampi garantì il mantenimento del sistema sanitario unitario e universalistico, riguardante il riordino del Servizio sanitario nazionale varato dal precedente governo Amato in materia di ASL che prevedeva la creazione di un sistema sanitario parallelo e alternativo al servizio sanitario nazionale in mano ad assicurazioni e mutue volontarie. Il governo Ciampi garantì, inoltre, l’applicazione delle nuove leggi elettorali per le elezioni comunali e provinciali e  per le elezioni nazionali) approvate dal Parlamento attraverso il complesso lavoro di determinazione dei collegi e delle circoscrizioni elettorali.

Con l’approvazione della nuova legge elettorale il compito del governo si ritenne concluso e le forze politiche si trovarono concordi nell’esigenza di sciogliere le camere e di indire nuove elezioni politiche. La crisi del Governo Ciampi fu avviata dalla mozione di sfiducia del 23 dicembre 1993 promossa da Marco Pannella con 150 deputati e 37 senatori firmatari, prevalentemente appartenenti agli schieramenti che sostenevano l’esecutivo ciampista.

il Presidente del consiglio rassegnò le proprie dimissioni il 13 gennaio 1994. Il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro decise di respingerle e contemporaneamente di sciogliere le Camere, dando quindi al Governo i pieni poteri fino alle elezioni che sarebbero avvenute il 27 e 28 marzo 1994. Ciampi non si candidò alle consultazioni di quell’anno ma fu uno dei nomi che circolarono come candidato premier dell’Alleanza dei Progressisti, e in particolare dell’area laica e moderata di AD, in caso di vittoria elettorale di questi ultimi. L’esecutivo di Carlo Azeglio Ciampi terminò la sua attività l’11 maggio 1994, quando a giurare al Quirinale fu Silvio Berlusconi con il suo primo governo.

Presidente della Repubblica

La sua candidatura venne avanzata da un vasto schieramento parlamentare e in particolare dall’allora presidente del Consiglio Massimo D’Alema che ottenne, durante le trattative, il benestare dell’opposizione di centro-destra, anche se Ciampi, che non era iscritto ad alcun partito, era molto vicino all’Ulivo. Considerato come figura fondamentale per l’adozione dell’euro e come uno dei ministri più popolari del governo godette anche dell’appoggio del mondo economico e finanziario oltre che della stima dei dirigenti dell’Unione europea.

Il 13 maggio 1999 venne eletto alla prima votazione, con una larga maggioranza (707 voti su 1010), decimo presidente della Repubblica. In questa veste, egli cercò di trasmettere agli italiani quel patriottico sentimento nazionale che deriva dalle imprese del Risorgimento e della Resistenza e che si manifesta nell’Inno di Mameli e nella bandiera tricolore.

Ciampi fu un presidente che, come avvenuto con Sandro Pertini, ebbe sempre un alto indice di gradimento popolare nei sondaggi, rimanendo sempre, perciò, una delle figure nelle quali gli italiani riponevano la loro fiducia e che rafforzava, con la sua figura istituzionale, lo stesso ruolo del presidente della Repubblica.

Uno degli atti da ricordare effettuati da Ciampi nella sua nuova veste di capo di Stato è stata la reintroduzione, dopo più di un decennio, della parata delle forze armate nel cerimoniale della Festa della Repubblica Italiana nel 2000.

Come Pertini, anche Ciampi assistette a una finale calcistica dell’Italia; infatti il 2 luglio 2000 come Capo dello Stato era presente allo Stadio De Kuip di Rotterdam nella finale di Euro 2000 persa dagli azzurri ai supplementari per 2-1 contro la Francia. Ricevette, nel 2005, il premio Carlo Magno dalla città tedesca di Aquisgrana per il suo impegno volto a garantire l’idea di Europa unita e pacifica; sempre nel 2005, ricevette honoris causa il David di Donatello per la sua volontà di rilanciare il cinema italiano.

Nel 2000, a Lipsia, Ciampi aprì una finestra sulla prospettiva, mai concretizzata, di una Costituzione europea quale fondamento del futuro del processo di integrazione. Propose la scrittura di un impianto di nuove regole per l’Europa, una cornice istituzionale che avrebbe evitato all’Euro la condizione di “orfano isolato”.

In un intervento al Parlamento europeo fu vivacemente contestato da alcuni europarlamentari della Lega Nord, tra cui Mario Borghezio, scontenti per l’ingresso dell’Italia nella Moneta comune europea, l’Euro, citato nel discorso del Presidente della Repubblica. Durante il settennato Ciampi e sua moglie hanno posto la loro residenza presso il palazzo del Quirinale.

Sempre nel 2002, Ciampi telefonò a Giulio Andreotti per esprimergli sostegno e solidarietà rispetto alle accuse di mafia e dell’omicidio di Mino Pecorelli rivoltegli dai magistrati di Palermo e Perugia.

La fase più turbolenta del settennato di Carlo Azeglio Ciampi fu sicuramente quella che lo vide contrapposto a Silvio Berlusconi durante i due governi di centrodestra dal 2001 al 2006 (Governo Berlusconi II e Governo Berlusconi III). Le incomprensioni sulla strategia di politica estera e i contrasti con Berlusconi stesso e molti dei suoi ministri resero difficile, in alcuni momenti, la “coabitazione” tra le due cariche dello Stato.

Il suo forte diniego della possibilità di una partecipazione italiana al nascente conflitto iracheno al di fuori di una cornice di cooperazione internazionale, nonostante Governo e diplomazia statunitense pressassero in senso opposto, risultò un forte punto di rottura con le posizioni in politica estera del governo Berlusconi. L’idea di Ciampi, inoltre, era quella di cercare di affrontare la questione irachena operando attraverso un coordinamento delle posizioni degli Stati europei nella cornice delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti, forti dell’appoggio del Regno Unito, erano però più che mai decisi a operare un intervento militare per rovesciare il regime iracheno e a tale scopo attuarono un’operazione massiccia di persuasione nei confronti degli alleati europei. in Italia quindi si ebbe una significativa spaccatura fra Quirinale e Palazzo Chigi: da una parte Berlusconi, nei suoi numerosi viaggi internazionali si era mostrato favorevole a un’alleanza totale con gli Stati Uniti, dall’altra Ciampi aveva sottolineato come l’Italia fosse indisponibile a partecipare a un’azione di carattere militare non autorizzata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite o in una cornice multilaterale come la NATO.

Il 10 febbraio 2006 aprì, come da protocollo, i Giochi olimpici invernali di Torino 2006. Il 3 maggio dello stesso anno, con una nota ufficiale dal Quirinale, Ciampi confermò la sua indisponibilità a un settennato-bis: i motivi che lo spinsero a quella decisione furono l’età avanzata e la convinzione che “il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato“.

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