POSTE ITALIANE 16^ emissione anno 2019 del 29 Aprile “francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato a Tintoretto, nel V centenario della nascita
Il Ministero dello Sviluppo ha emesso in data 29 aprile 2019 un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato a Tintoretto, nel V centenario della nascita, relativo al valore della tariffa B, corrispondente ad €1.10.
- data/date 29 Aprile 2019
- dentellatura/serration 11
- stampa/printing fustellatura/rotocalco
- tipo di carta/paper type bianca patinata neutra
- stampato I.P.Z.S. Roma
- tiratura 600.000
- fogli/sheet 28
- dimensioni/dimension 40 X 48 mm
- costo/price B = €1.10
- num. catalogo / catalog num. Michel 4105 YT 3866 UN 3948
Il Tintoretto, pseudonimo di Jacopo Robusti (secondo alcuni Jacopo Comin) (Venezia, settembre o ottobre 1518 – Venezia, 31 maggio 1594), è stato un pittore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia e uno dei massimi esponenti della pittura veneta e dell’arte manierista in generale. Il soprannome “Tintoretto” gli derivò dal mestiere paterno, tintore di tessuti di seta. Per la sua energia fenomenale nella pittura è stato soprannominato Il furioso o il terribile come lo definì il Vasari per il suo carattere forte, e il suo uso drammatico della prospettiva e della luce lo ha fatto considerare il precursore dell’arte barocca.
Biografia
Gli anni giovanili
La sua data di nascita non è certa. L’atto di battesimo andò perduto nell’incendio degli archivi di San Polo, quindi la si desume dall’atto di morte: «31 maggio 1594: morto messer Jacopo Robusti detto Tintoretto de età de anni 75 e mesi 8»: si risale così al settembre-ottobre del 1518. Secondo il Krischel, invece, nacque nel 1519, probabilmente in aprile o maggio, come lo studioso desume dai registri della parrocchia e degli uffici sanitari. Il padre Giovanni Battista lavorava nel campo della tintura della seta, non si sa se a livello artigianale o commerciale: probabilmente era originario di Lucca, dato che quest’arte era stata importata a Venezia nel XIV secolo proprio dai lucchesi. Quest’ascendenza spiegherebbe l’interesse dell’artista verso i suoi “colleghi” della scuola tosco-romana, come Michelangelo,Raffaello e Giulio Romano: Tintoretto conobbe le loro opere attraverso la diffusione delle stampe, mentre è sicuro che dal vero vide gli affreschi del Romano a Palazzo Te a Mantova. Sembra che Battista facesse parte dei “cittadini”, ovvero quei veneziani non nobili che pure godevano di certi privilegi: grazie a questa posizione di un certo privilegio, Jacopo fu in buoni rapporti con l’élite veneziana e ottenne l’appoggio dei patrizi. Jacopo non nascondeva le proprie origini, anzi, nei suoi dipinti si firmava come “Jacobus Tentorettus” (Ritratto di Jacopo Sansovino, 1566 circa) o “Jacomo Tentor” (Il miracolo di San Marco che libera lo schiavo, 1547-48). Dell’infanzia del pittore si sa ben poco in quanto non esistono documenti che attestino gli studi effettuati. Le fonti principali sono i pagamenti delle commesse e la biografia scritta da Carlo Ridolfi (1594-1658), anche se questi non incontrò mai Tintoretto ma attinse le sue informazioni dal figlio Domenico. Racconta Ridolfi che Tintoretto, ancora fanciullo, usava i colori del laboratorio del padre per dipingere le pareti del laboratorio: per assecondare l’inclinazione del figlio, Battista gli trovò un posto come apprendista presso la bottega di Tiziano, nel 1530. Questo apprendistato durò solo pochi giorni: sembra che Tiziano, veduto un disegno dell’allievo, per il timore che il promettente allievo diventasse un pericoloso rivale, lo fece cacciare da Girolamo, uno dei suoi collaboratori. In un documento del 1539 Tintoretto si firma “mistro Giacomo depentor nel champo di san Cahssan”, ovvero si fregia del titolo di maestro, con uno studio indipendente presso campo san Cassiàn, nel sestiere di San Polo. La prima commissione gli giunse da Vettor Pisani, nobile con legami di parentela con Andrea Gritti e titolare di una banca, intorno al 1541: in occasione delle nozze fece restaurare la propria residenza presso San Paterniàn e affidò al giovane Tintoretto, ventitreenne, la realizzazione di 16 tavole che illustrassero le Metamorfosi di Ovidio. I dipinti, ora in gran parte conservati presso la Galleria Estense di Modena, sarebbero stati collocati sul soffitto e Pisani richiese che avessero la potente prospettiva dei dipinti di Giulio Romano a Mantova: Tintoretto si recò di persona a Palazzo Te, probabilmente a spese del suo committente.
I primi successi
Si pensa che Tintoretto avesse cercato un contratto con la Scuola Grande di San Marco nel 1542, quando venne commissionata la decorazione della sala capitolare: all’artista vennero preferiti dei decoratori, che avrebbero impiegato meno tempo per la realizzazione delle opere richieste. Cinque anni dopo Marco Episcopi, padre della promessa sposa dell’artista, venne nominato guardian da matin e questo facilitò una commissione favorevole per Jacopo. Episcopi era figlio di Pietro, farmacista a campo Santo Stefano, che aveva delle proprietà date in affitto a tintori di sete e velluti: per questo, o per il semplice fatto che in qualità di farmacista commerciasse anche pigmenti, si suppone che avesse dei contatti con Battista Robusti. Nell’aprile del 1548 venne collocata, sulla parete rivolta verso campo Santi Giovanni e Paolo, la tela raffigurante Il miracolo di San Marco: subito Tintoretto ricevette le lodi dell’Aretino. |
Nel frattempo, nel 1547, Tintoretto si trasferì a Cannaregio, vicino alla chiesa della Madonna dell’Orto: qui iniziò una collaborazione con i canonici di San Giorgio in Alga, responsabili della chiesa, che avevano intenzione di rinnovarla. Realizzò così diverse opere, che vanno dalla decorazione dell’organo con la Presentazione di Maria al Tempio, alla Cappella Contarini, ultimata nel 1563; collaborò anche con i fratelli Cristoforo e Stefano Rosa, che si occuparono del soffitto trompe-l’œil in legno, in cui Tintoretto inserì dipinti raffiguranti episodi dell’Antico Testamento e, nel cleristorio, dodici nicchie contenenti ritratti di profeti e sibille, aperto riferimento alla Cappella Sistina di Michelangelo. La maggior parte di queste opere andò perduta durante il restauro in stile neogotico del XIX secolo. Per ottenere questa commissione, Tintoretto chiese un pagamento che poteva coprire a malapena le spese dei materiali: è però probabile che un successivo compenso gli giunse dalla famiglia Grimani, che aveva una cappella all’interno della chiesa. I rapporti con la Scuola grande di San Marco continuano fino al 1566 circa, con l’esecuzione di altre tre tele raffiguranti miracoli postumi del santo:San Marco salva un saraceno durante un naufragio, Trafugamento del corpo di san Marco e Ritrovamento del corpo di san Marco. Questi dipinti furono pagati dall’allora Guardian Grande della Scuola, Tommaso Rangone: il lavoro fu terminato presumibilmente nel 1566, data in cui il Vasari annota di averli visti. A queste tele si aggiungono anche dei dipinti murali, raffiguranti i sette Vizi e le sette Virtù, di cui, però, non resta traccia. Conclusi per il momento i rapporti con la Scuola Grande di San Marco, il pittore ottenne un incarico importante per l’Albergo della Scuola della Trinità, una confraternita minore: l’edificio si trovava dove ora sorge la Basilica di Santa Maria della Salute. Inizialmente, la commissione era stata affidata a Francesco Torbido: non si conosce il motivo della rescissione del contratto, ma si può supporre che sia stato preferito Tintoretto per un’offerta più vantaggiosa, come egli era solito procurarsi le commissioni. Per l’Albergo della Scuola, tra il 1551 e il 1552, eseguì un ciclo di dipinti ispirati alle storie della Genesi, tra cui la Creazione degli animali, il Peccato originale e Caino e Abele: nell’ideazione delle composizioni, prese spunto da opere di artisti contemporanei, come Tiziano e il suo collaboratore Gerolamo Tessari, o del passato di Venezia, come Vittore Carpaccio e le sue Storie di sant’Orsola. Il dipinto del Peccato originale influenzerà in seguito un artista come Giambattista Tiepolo.
Nelle tele che dipinge per le Scuole Grandi a Venezia, Tintoretto realizza quadri che sembrano grandi palcoscenici in cui si materializzano gli episodi miracolosi in cui dominano la gestualità drammatica dei personaggi, i forti e antinaturalistici contrasti fra luci e tenebre che evidenziano anche simbolicamente l’eccezionalità dell’evento rappresentato.
La Scuola Grande di san Rocco
Fondata nel 1478, già nel 1489 poteva vantare il titolo di “Grande”: come le altre Scuole, si proponeva di offrire ai propri membri “onorata sepoltura”, assistenza in caso di malattia, doti per le figlie, case di accoglienza per le vedove. Le Scuole gareggiavano tra loro non solo in opere pie, ma anche in magnificenza delle decorazioni: Tintoretto aspirava a diventare artista “ufficiale” della Scuola Grande di San Rocco già agli albori della propria carriera. Quando nel 1542 furono commissionati i primi lavori per la Scuola, vennero però convocati, come nel caso della Scuola Grande di san Marco, dei decoratori: sette anni dopo, finalmente, Tintoretto si vide assegnare la sua prima commissione,San Rocco risana gli appestati, per la chiesa adiacente la Scuola. Per la commissione successiva, però, il pittore dovette aspettare ancora: infatti Tiziano, geloso del suo successo, si rifece vivo come membro della scuola e si offrì di eseguire delle opere per l’albergo. Questo si concluse in un nulla di fatto e Tintoretto, nel 1559, ricevette una nuova commissione: si trattava dell’esecuzione degli sportelli dell’armadio che conteneva gli argenti sacri di San Rocco. Nel 1564, Tintoretto presentò alla Giunta l’ovale di San Rocco in gloria, da collocare nella sala principale dell’Albergo: la Scuola stava progettando un concorso che avrebbe coinvolto anche altri artisti oltre Tintoretto, per l’assegnazione dell’ovale in questione. Dai documenti si evince che uno dei membri della confraternita, Mara Zuan Zignoni, era disposto a sborsare 15 ducati perché la commissione non fosse assegnata a Tintoretto: questo indica che già si pensava al suo nome per il lavoro. Il Vasari narra che al contrario dei colleghi coinvolti nel concorso, intenti ad eseguire studi preparatori, Tintoretto prese le misure esatte dell’opera, la dipinse e la collocò direttamente ove prestabilito: alle proteste dei confratelli, che avevano richiesto disegni e non un’opera finita, rispose che quello era il suo modo di disegnare e che era disposto a donare loro l’opera. Con la sua offerta decisamente vantaggiosa, l’artista riuscì ad ottenere l’incarico tanto desiderato, seppur destando “scalpore e malcontenti”. Nonostante ciò, l’undici marzo dell’anno successivo, con 85 voti a favore e 19 contrari, Tintoretto fu nominato membro della Scuola: in concomitanza con la sua elezione, venne incaricato dell’esecuzione di un ciclo di dipinti per le pareti della sala dell’Albergo, che avrebbero dovuto rappresentare la Passione di Gesù. Anziché iniziare in ordine cronologico, quindi con il Cristo davanti a Pilato, Tintoretto preferì eseguire per prima la Crocifissione: l’anno successivo la decorazione della sala era terminata e l’artista si rivolse nuovamente alla chiesa del santo. Già nel 1549 aveva eseguito il San Rocco risana gli appestati: ora aveva la possibilità di concludere il ciclo, pensato composto da quattro tele, tra cui quella che spicca maggiormente è il San Rocco in carcere (1567). Nel 1575 il restauro del soffitto della sala Grande era stato ultimato e venne dato il via libera all’esecuzione delle tele, già progettate da tempo da Tintoretto: nell’estate dello stesso anno, però, Venezia venne sconvolta dalla peste. Forse per assicurare la clemenza del Santo, protettore degli appestati, verso di sé e la propria famiglia, l’artista si offrì di eseguire senza alcun compenso la tela centrale: l’anno successivo, in occasione della festa del Santo, la tela venne inaugurata. Solo alcuni giorni dopo, giunse la notizia della morte di Tiziano e di suo figlio Orazio. Per le altre due tele del soffitto, eseguite nel 1577, Tintoretto prese spunto dall’orazione che il doge tenne a San Marco, come richiesta di Salvezza e incoraggiamento alla popolazione rimasta: Alvise I Mocenigo ricordò gli episodi biblici della manna e della sorgente fatta scaturire da Mosè, che l’artista raffigurò su due grandi tele. Per questo lavoro chiese il compenso relativo unicamente alle spese per i materiali impiegati, e così si offrì di fare anche per le opere successive: chiese alla Scuola come unico compenso un pagamento di 100 ducati annui, somma di molto inferiore a quella percepita, per esempio, dal collega Tiziano quando era al servizio degli Asburgo. Questa richiesta si spiega con la grande devozione dell’artista verso il Santo, verso cui si sentiva debitore per aver avuto la famiglia salva durante la terribile pestilenza di quegli anni. Tintoretto lavorò alla Sala Capitolare fino al 1581, illustrando scene tratte dall’Antico Testamento per il soffitto e dal Nuovo per le pareti. L’anno successivo iniziò a dipingere per la Sala Inferiore, con dipinti ispirati alla vita di Maria e di Gesù.
La maturità
Alla metà del secolo, morti Tiziano e Bonifacio de’ Pitati, i due nomi maggiori del panorama artistico veneziano sono quelli di Tintoretto e di Paolo Veronese: nonostante la Repubblica si stesse avviando verso il declino a causa della riduzione della sua importanza nelle rotte commerciali causate dalla scoperta delle Americhe, delle sconfitte contro i Turchi e contro la Lega di Cambrai, le richieste di opere d’arte continuavano a pieno ritmo, grazie alla spinta della Controriforma e del conseguente rinnovamento degli edifici religiosi. Veronese era un rivale non solo per la sua bravura, ma anche per la giovane età: da poco giunto a Venezia, riuscì già nel 1553 ad ottenere una commissione per Palazzo Ducale. È in questo periodo che Tintoretto si dedicò a commissioni impegnative, in particolare cicli decorativi per chiese, scuole e per Palazzo Ducale: in queste opere, l’artista «approfondisce la componente dinamica delle composizioni», ricorrendo a scorci e prospettive che esaltano il dinamismo delle scene illustrate. Le Storie della Genesi, realizzate per la Scuola della Trinità nei primi anni del decennio 1550, trovano un importante supporto ai personaggi nel paesaggio, tema poco usuale per Tintoretto, che lo sfrutta per evidenziare e accompagnare il racconto, anche se non riesce ad ottenere la stessa forza che si può invece notare in Giorgione o Tiziano. Il Compianto sul corpo di Cristo, ora al Museo civico Amedeo Lia a La Spezia, si colloca tra il 1555-1556, influenzato dall’opera di Paolo Veronese. Le innovazioni paesaggistiche si condensano in Susanna e i vecchioni del 1557: qui la natura che circonda la scena scandisce la narrazione, portando l’occhio dell’osservatore, indubbiamente attratto dalla prorompente nudità di Susanna, verso i due vecchi lascivi, fino al giardino sullo sfondo, un Eden irraggiungibile. Per due anni, fu impegnato con i dipinti realizzati per il coro della chiesa della Madonna dell’Orto, consegnati nel 1563: si trattava di due teleri di grandi dimensioni, 14,5 x 5,8 metri, raffiguranti l’Adorazione del vitello d’oro e il Giudizio Universale, e cinque spicchi dedicati alle Virtù. Per il Giudizio si ispirò indubbiamente alla Gloria di Tiziano e al Giudizio Universale di Michelangelo. Nello stesso periodo, Tommaso Rangone, Guardian Grande della Scuola Grande di San Marco, si offrì di far eseguire a proprie spese tre dipinti raffiguranti i miracoli del santo: la commissione fu affidata a Tintoretto, che già aveva lavorato per la Scuola. Continuò così la relazione dell’artista con la Scuola Grande di San Marco, che si protrasse fino al 1566 circa, con l’esecuzione delle tele San Marco salva un saraceno durante un naufragio, Trafugamento del corpo di San Marco e Ritrovamento del corpo di San Marco. A queste, si aggiunsero anche dei dipinti murali, raffiguranti i sette Vizi capitali e le sette Virtù, cardinali e teologali, di cui, però, non resta traccia. Il 6 marzo del 1566 venne nominato membro della prestigiosa Accademia delle Arti del Disegno, nata a Firenze per volere di Vasari, sotto la protezione di Cosimo I, e che raggruppava sotto di sé gli artisti più importanti del tempo. Ancora una volta, gli venne affidata un’importante commissione da una Scuola, quella del Santissimo Sacramento, di cui era Guardiano Christino de’ Gozi: si trattava dell’esecuzione di due teleri per la chiesa di San Cassiano, raffiguranti la Discesa di Cristo al Limbo e la Crocifissione.
La ricostruzione di Palazzo Ducale
Già nel 1566 Tintoretto aveva lavorato per Palazzo Ducale, con cinque tele da collocare nella Saletta degli Inquisitori: il Borghini le nomina come l’Allegoria del Silenzio e le Virtù. Nello stesso periodo, gli giunse, dopo tante commissioni per istituti religiosi, anche un importante incarico da parte dello stato: una tela di grandi dimensioni raffigurante il Giudizio Universale da collocare nella Sala dello Scrutinio, che il Ridolfi descrive come fosse “tale il motivo, che cagionava quella pittura, che atterriva gli animi a vederla”. Assieme a questa, realizzò anche la rievocazione della Battaglia di Lepanto, per il doge Alvise I Mocenigo: entrambe le tele vennero distrutte nell’incendio del 1577, che devastò Palazzo Ducale proprio ad un anno di distanza dalla grave pestilenza che aveva decimato la popolazione.
Tecnica pittorica
Dalle analisi effettuate negli anni ’70 su campioni prelevati dalle tele della Scuola Grande di San Rocco, si sono ottenute preziose informazioni riguardo ai materiali e alle tecniche impiegate da Tintoretto. Le tele utilizzate, in tutti i campioni, si sono rivelate essere di lino, con differenti armature, sia semplici come il tabì, simile a quella del taffetà, che più robuste come la spina di pesce. La scelta della trama non sembra essere dipendente dal tipo di dipinto o dalla sua collocazione: ad esempio, per l’Ultima Cena Tintoretto ha utilizzato una trama grossolana, nonostante il dipinto sia visibile da una distanza ravvicinata. Le imprimiture più comuni erano composte da uno strato sottile di gesso e colla, derivate da quelle già utilizzate nella pittura su tavola: il fondo chiaro dava una maggior luminosità ai colori successivamente stesi. Tintoretto preferiva invece un fondo scuro, steso sull’imprimitura a gesso o direttamente sulla tela: le analisi hanno rivelato che non si tratta di un colore bruno uniforme, bensì di un impasto ottenuto con i residui delle tavolozze, data la presenza di particelle colorate microscopiche. Sul fondo così preparato era possibile dipingere sia i toni chiari che gli scuri, lasciando anche trasparire il fondo stesso: questo era possibile nei casi in cui il dipinto si fosse trovato in zone buie o in ombra e contribuiva a velocizzare notevolmente l’esecuzione del dipinto.
Famiglia ed eredità
Nel 1550 sposò Faustina Episcopi, da cui ebbe 7 figli, mentre ebbe una figlia illegittima da una straniera: Marietta, la primogenita (la figlia illegittima), fu l’unica ad avere abbastanza talento da poter seguire le orme del padre. Già a 16 anni era richiesta come ritrattista da committenti di una certa importanza: tra il 1567 e il 1568 il mercante Jacopo Strada aveva commissionato a Tiziano un proprio ritratto, mentre per quello del figlio Ottavio, evidente pendant del proprio, si era rivolto a Marietta. Per evitare che la figlia venisse “rapita” dalle corti estere, Tintoretto la diede in moglie all’orefice veneziano Marco Augusta. Nel 1590, a poco più di trent’anni, Marietta morì: venne sepolta nella chiesa della Madonna dell’Orto. Domenico, di quattro anni più giovane (1560 – maggio 1635), scelse di portare avanti la bottega paterna a discapito della propria vita privata: amante della letteratura, dovette farsi carico del mantenimento della madre e delle sorelle. La bottega, sotto la sua guida, perse il prestigio che aveva conosciuto con il capostipite. Tra le opere prodotte brillano maggiormente i ritratti per la loro freschezza, mentre le composizioni con più figure si presentano più pesanti e stereotipate. Morì nel 1635: quattro anni dopo, il suo collaboratore Sebastiano Casser sposò la sorella di Domenico, Ottavia, ormai più che ottantenne, tentando inutilmente di risollevare le sorti della bottega. Tintoretto trattò i figli e le figlie con pari dignità, cercando di lasciar loro di che vivere: nella richiesta per la senseria del 1572 fece il nome dei maschi come quello delle femmine e nel testamento nominò tutti loro come suoi eredi.
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- data/date 29 Aprile 2019
- dentellatura/serration 11
- stampa/printing fustellatura/rotocalco
- tipo di carta/paper type bianca patinata neutra
- stampato I.P.Z.S. Roma
- tiratura 600.000
- fogli/sheet 28
- dimensioni/dimension 40 X 48 mm
- costo/price B = €1.10
- num. catalogo / catalog num. Michel 4105 YT 3866 UN 3948
ITALIAN POSTE 16th issue 2019 of 29 April “ordinary stamp belonging to the thematic series” the Italian artistic and cultural heritage “dedicated to Tintoretto, in the fifth centenary of the birth
On 29 April 2019 the Ministry of Development issued an ordinary stamp belonging to the thematic series “Italian artistic and cultural heritage” dedicated to Tintoretto, in the fifth centenary of the birth, relating to the value of tariff B.
The Tintoretto, pseudonym of Jacopo Robusti (according to some Jacopo Comin) (Venice, September or October 1518 – Venice, 31 May 1594), was an Italian painter, citizen of the Republic of Venice and one of the greatest exponents of Venetian painting and Mannerist art in general. The nickname “Tintoretto” derived from his paternal profession, dyer of silk fabrics. For his phenomenal energy in painting he was nicknamed The Furious or the Terrible as Vasari called it for his strong character, and his dramatic use of perspective and light made him consider the precursor of Baroque art.
Biography
The youthful years
His date of birth is uncertain. The act of baptism was lost in the fire of the San Polo archives, so it follows from the death certificate: “May 31, 1594: Messer Jacopo Robusti known as Tintoretto de 75 years and 8 months” died: to September-October of 1518. According to the Krischel, instead, it was born in 1519, probably in April or May, as the scholar deduces from the registers of the parish and of the health offices. His father Giovanni Battista worked in the field of silk dyeing, it is not known whether at the artisan or commercial level: he was probably originally from Lucca, given that this art had been imported to Venice in the 14th century precisely by the inhabitants of Lucca. This ancestry would explain the artist’s interest in his “colleagues” of the Tuscan-Roman school, such as Michelangelo, Raphael and Giulio Romano: Tintoretto knew their works through the spread of prints, while he is sure that he saw the frescoes from life del Romano at Palazzo Te in Mantua. It seems that Battista was part of the “citizens”, that is those non-noble Venetians who also enjoyed certain privileges: thanks to this position of a certain privilege, Jacopo was on good terms with the Venetian elite and obtained the support of the patricians. Jacopo did not hide his origins, on the contrary, in his paintings he signed himself as “Jacobus Tentorettus” (Portrait of Jacopo Sansovino, circa 1566) or “Jacomo Tentor” (The miracle of San Marco that frees the slave, 1547-48). Little is known about the painter’s childhood as there are no documents attesting to the studies carried out. The main sources are the payments of the orders and the biography written by Carlo Ridolfi (1594-1658), although he never met Tintoretto but drew his information from his son Domenico. Ridolfi says that Tintoretto, still a child, used the colors of his father’s workshop to paint the walls of the workshop: to accommodate his son’s inclination, Battista found him a job as an apprentice at Titian’s workshop, in 1530. This apprenticeship lasted only few days: it seems that Titian, seeing a drawing of the student, for fear that the promising pupil would become a dangerous rival, had him chased away by Girolamo, one of his collaborators. In a document dated 1539 Tintoretto signs himself “mistro Giacomo depentor in the champo of san Cahssan”, that is, he boasts the title of master, with an independent study in campo san Cassiàn, in the San Polo district. The first commission came to him from Vettor Pisani, a noble with ties of kinship to Andrea Gritti and owner of a bank, around 1541: on the occasion of his wedding he had his residence restored at San Paterniàn and entrusted to the young Tintoretto, twenty-three, the realization of 16 tables illustrating Ovid’s Metamorphoses. The paintings, now mostly preserved at the Galleria Estense in Modena, would have been placed on the ceiling and Pisani requested that they have the powerful perspective of Giulio Romano’s paintings in Mantua: Tintoretto went in person to Palazzo Te, probably at his expense customer.
The first successes
It is thought that Tintoretto had sought a contract with the Scuola Grande di San Marco in 1542, when the decoration of the chapter house was commissioned: the artist was preferred by decorators, who would take less time to complete the requested works. Five years later Marco Episcopi, father of the artist’s betrothed, was appointed guardian by matin and this facilitated a favorable commission for Jacopo. Episcopi was the son of Pietro, a pharmacist in Campo Santo Stefano, who had properties leased to dyers of silks and velvets: for this reason, or for the simple fact that as a pharmacist he also traded pigments, it is assumed that he had contacts with Battista Robusti. In April 1548 the canvas depicting The Miracle of Saint Mark was placed on the wall facing Campo Santi Giovanni e Paolo: immediately Tintoretto received praises from the Aretino.
Meanwhile, in 1547, Tintoretto moved to Cannaregio, near the church of the Madonna dell’Orto: here began a collaboration with the canons of San Giorgio in Alga, church leaders, who had intended to renovate it. He thus created several works, ranging from the decoration of the organ with the Presentation of Mary to the Temple, to the Contarini Chapel, completed in 1563; he also collaborated with the brothers Cristoforo and Stefano Rosa, who took care of the trompe-l’œil wooden ceiling, in which Tintoretto inserted paintings depicting episodes from the Old Testament and, in the clerestory, twelve niches containing portraits of prophets and sibyls, open reference to the Sistine Chapel by Michelangelo. Most of these works were lost during the Neo-Gothic restoration of the 19th century. To obtain this commission, Tintoretto asked for a payment that could hardly cover the costs of the materials: it is probable, however, that a subsequent payment came from the Grimani family, who had a chapel inside the church. The relations with the Scuola Grande di San Marco continue until around 1566, with the execution of three other paintings depicting posthumous miracles of the saint: San Marco saves a Saracen during a shipwreck, Theft of the body of St. Mark and Finding of the body of St. Marco. These paintings were paid for by the then Guardian Grande of the School, Tommaso Rangone: the work was presumably finished in 1566, the date on which Vasari noted that he had seen them. In addition to these paintings there are also wall paintings, depicting the seven Vices and the seven Virtues, of which, however, no trace remains. For the moment, the relationship with the Scuola Grande di San Marco ended, the painter obtained an important assignment for the Albergo della Scuola della Trinità, a minor confraternity: the building was where the Basilica of Santa Maria della Salute now stands. Initially, the commission was entrusted to Francesco Torbido: the reason for the termination of the contract is not known, but it can be assumed that Tintoretto was preferred for a more advantageous offer, as he used to procure commissions. For the Albergo della Scuola, between 1551 and 1552, he executed a cycle of paintings inspired by the stories of Genesis, including the Creation of animals, the original Sin and Cain and Abel: in the conception of the compositions, he took inspiration from works of contemporary artists, such as Tiziano and his collaborator Gerolamo Tessari, or of the past of Venice, like Vittore Carpaccio and his Stories of Saint Ursula. The original Sin painting will later influence an artist like Giambattista Tiepolo.
In the canvases he paints for the Large Schools in Venice, Tintoretto creates paintings that look like great stages in which the miraculous episodes materialize in which the dramatic gestures of the characters dominate, the strong and anti-naturalistic contrasts between light and darkness that also symbolically highlight the exceptional of the event represented.
The Great School of San Rocco
Founded in 1478, already in 1489 it could boast the title of “Grande”: like the other Schools, it proposed to offer its members “honored burial”, assistance in case of illness, gifts for daughters, shelters for widows . The schools competed among themselves not only in pious works, but also in the magnificence of the decorations: Tintoretto aspired to become “official” artist of the Scuola Grande di San Rocco already at the dawn of his career. When the first works for the School were commissioned in 1542, however, as in the case of the Scuola Grande di San Marco, the decorators were called together: seven years later, finally, Tintoretto was assigned his first commission, San Rocco healed the plague victims, for the church adjacent to the School. For the next commission, however, the painter still had to wait: in fact Titian, jealous of his success, came back to life as a member of the school and offered to perform works for the hotel. This ended in a stalemate and Tintoretto, in 1559, received a new commission: it was the execution of the doors of the wardrobe which contained the sacred silver of San Rocco. In 1564, Tintoretto presented to the Giunta the oval of San Rocco in glory, to be placed in the main hall of the Hotel: the School was planning a competition that would also involve other artists besides Tintoretto, for the assignment of the oval in question. The documents indicate that one of the members of the brotherhood, Mara Zuan Zignoni, was willing to shell out 15 ducats for the commission not to be assigned to Tintoretto: this indicates that he was already thinking of his name for the job. Vasari narrates that, contrary to the colleagues involved in the competition, intent on carrying out preparatory studies, Tintoretto took the exact measurements of the work, painted it and placed it directly where established: the protests of the confreres, who had requested drawings and not a work finished, he replied that this was his way of drawing and that he was willing to give them the work. With his decidedly advantageous offer, the artist succeeded in obtaining the task so desired, albeit arousing “sensation and discontent”. Nevertheless, on March 11 of the following year, with 85 votes in favor and 19 against, Tintoretto was appointed a member of the School: in concomitance with his election, he was charged with the execution of a cycle of paintings for the walls of the hall of the Hotel, which should have represented the Passion of Jesus. Instead of starting in chronological order, then with the Christ in front of Pilate, Tintoretto preferred to perform the Crucifixion first: the following year the decoration of the hall was finished and the artist he turned again to the church of the saint. Already in 1549 he had executed the San Rocco Healer the plague victims: now he had the possibility to conclude the cycle, thought composed of four canvases, among which the one that stands out the most is the San Rocco in prison (1567). In 1575 the restoration of the ceiling of the Great Hall had been completed and the green light was given to the execution of the canvases, already designed by Tintoretto: in the summer of the same year, however, Venice was devastated by the plague. Perhaps to ensure the clemency of the Saint, protector of the plague victims, towards himself and his family, the artist offered to carry out the central canvas without compensation: the following year, on the feast of the Saint, the canvas was inaugurated . Only a few days later came the news of the death of Titian and his son Horace. For the other two canvases of the ceiling, executed in 1577, Tintoretto took inspiration from the oration that the Doge held at San Marco, as a request for Salvation and encouragement to the remaining population: Alvise I Mocenigo recalled the biblical episodes of the manna and the spring made to spring from Moses, whom the artist depicted on two large canvases. For this work he asked for compensation relative only to the expenses for the materials used, and so he offered to do also for the subsequent works: he asked the School as the only compensation for a payment of 100 ducats a year, a sum much lower than the one received, for example , by colleague Titian when he was in the service of the Habsburgs. This request is explained by the artist’s great devotion to the Saint, to whom he felt indebted for having had the family save during the terrible plague of those years. Tintoretto worked on the Sala Capitolare until 1581, illustrating scenes from the Old Testament for the ceiling and from the Nuovo for the walls. The following year he began painting for the Lower Room, with paintings inspired by the life of Mary of Jesus.
Maturity
In the middle of the century, Tiziano and Bonifacio de ‘Pitati died, the two biggest names in the Venetian art scene are those of Tintoretto and Paolo Veronese: although the Republic was heading towards decline due to the reduction of its importance in the trade routes caused from the discovery of the Americas, of the defeats against the Turks and against the League of Cambrai, requests for works of art continued at full speed, thanks to the thrust of the Counter-Reformation and the consequent renewal of religious buildings. Veronese was a rival not only for his skill, but also for his young age: recently arrived in Venice, he succeeded already in 1553 to obtain a commission for the Ducal Palace. It was in this period that Tintoretto dedicated himself to demanding commissions, in particular decorative cycles for churches, schools and the Palazzo Ducale: in these works, the artist “explores the dynamic component of the compositions”, using glimpses and perspectives that enhance dynamism of the illustrated scenes. The Stories of Genesis, made for the Scuola della Trinità in the early 1550s, find an important support to the characters in the landscape, a theme that is not very common for Tintoretto, which exploits it to highlight and accompany the story, even if it fails to obtain the same strength that can instead be noticed in Giorgione or Tiziano. The Lamentation on the Body of Christ, now in the Civic Museum Amedeo Lia in La Spezia, is located between 1555-1556, influenced by the work of Paolo Veronese. The landscape innovations are condensed in Susanna and the Elders of 1557: here the nature that surrounds the scene marks the narration, bringing the eye of the observer, undoubtedly attracted by Susanna’s irrepressible nudity, towards the two old lascivious, up to the garden in the background , an unattainable Eden. For two years, he was busy with the paintings made for the choir of the church of the Madonna dell’Orto, delivered in 1563: these were two large canvases, 14.5 x 5.8 meters, depicting the Adoration of the calf gold and the Last Judgment, and five segments dedicated to the Virtues. For the Judgment he was undoubtedly inspired by the Glory of Titian and by Michelangelo’s Last Judgment. In the same period, Tommaso Rangone, Guardian Grande of the Scuola Grande di San Marco, offered to have three paintings depicting the miracles of the saint performed at his own expense: the commission was entrusted to Tintoretto, who had already worked for the School. Thus continued the artist’s relationship with the Scuola Grande di San Marco, which lasted until around 1566, with the execution of the paintings San Marco saves a Saracen during a shipwreck, Theft of the body of St. Mark and the Discovery of the body of St. Marco. To these, were added also some wall paintings, depicting the seven capital Vices and the seven Virtues, cardinal and theological, of which, however, no trace remains. On 6 March 1566 he was appointed a member of the prestigious Academy of the Arts of Design, born in Florence at the behest of Vasari, under the protection of Cosimo I, and which brought together the most important artists of his time. Once again, he was given an important commission by a School, that of the Blessed Sacrament, of which he was Guardian Christino de ‘Gozi: it was the execution of two canvases for the church of San Cassiano, depicting the Descent of Christ to the Limbo and the Crucifixion.
The reconstruction of the Ducal Palace
Already in 1566 Tintoretto had worked for Palazzo Ducale, with five canvases to be placed in the Saletta of the Inquisitors: Borghini names them as the Allegory of Silence and the Virtues. In the same period, after so many commissions for religious institutes, he also received an important commission from the state: a large canvas depicting the Last Judgment to be placed in the Sala dello Scrutinio, which Ridolfi describes as “such was the reason, that caused that painting, which terrified souls to see it ”. Along with this, he also carried out the re-enactment of the Battle of Lepanto, for the doge Alvise I Mocenigo: both paintings were destroyed in the fire of 1577, which devastated the Doge’s Palace just a year after the grave plague that had decimated the population.
Painting technique
From the analyzes carried out in the 1970s on samples taken from the paintings of the Scuola Grande di San Rocco, precious information was obtained regarding the materials and techniques employed by Tintoretto. The canvases used, in all the samples, turned out to be of linen, with different weaves, both simple as tabi, similar to that of taffeta, and more robust as the herringbone pattern. The choice of the plot does not seem to depend on the type of painting or its location: for example, for the Last Supper, Tintoretto used a coarse texture, although the painting is visible from a close distance. The most common primers were composed of a thin layer of gypsum and glue, derived from those already used in panel painting: the light background gave a greater luminosity to the colors that were subsequently applied. Tintoretto preferred instead a dark background, spread on the plaster primer or directly on the canvas: the analyzes revealed that it is not a uniform brown color, but a mixture obtained with the residues of the palettes, given the presence of microscopic colored particles . On the background so prepared it was possible to paint both light and dark tones, leaving also the background itself: this was possible in cases in which the painting had been in dark or shaded areas and contributed to speeding up the execution of the painting considerably .
Family and inheritance
In 1550 he married Faustina Episcopi, from whom he had 7 children, while he had an illegitimate daughter from a foreigner: Marietta, the eldest daughter (the illegitimate daughter), was the only one with enough talent to be able to follow in her father’s footsteps. Already at the age of 16 she was requested as a portraitist by clients of a certain importance: between 1567 and 1568 the merchant Jacopo Strada had commissioned Titian to make his own portrait, while for that of his son Ottavio, an evident pendant to his own, he turned to Marietta . To prevent her daughter from being “kidnapped” by foreign courts, Tintoretto gave her as a wife to the Venetian goldsmith Marco Augusta. In 1590, little more than thirty years, Marietta died: she was buried in the church of the Madonna dell’Orto. Domenico, four years younger (1560 – May 1635), chose to pursue his father’s workshop to the detriment of his private life: a lover of literature, he had to take charge of maintaining his mother and sisters. The workshop, under his guidance, lost the prestige he had known with the forefather. Among the works produced, the portraits are more shining due to their freshness, while the compositions with more figures appear heavier and stereotyped. He died in 1635: four years later, his collaborator Sebastiano Casser married Domenico’s sister, Ottavia, now more than eighty years old, trying in vain to revive the fortunes of the shop. Tintoretto treated his sons and daughters with equal dignity, trying to let them live: in the request for the 1572 senseria he made the names of the males like that of the females and in his will he named them all as his heirs.
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