M.I.S.E. 73-74-75-76-77 e 78^ EMISSIONE 2022, del 25 Novembre, di n.6 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica”le Eccellenze italiane dello Spettacolo” dedicati a Lina Wertmuller, Raffaella Carrà, Franco Battiato, Milva, Carla Fracci e Monica Vitti.

M.I.S.E. 73-74-75-76-77 e 78^ EMISSIONE 2022, del 25 Novembre, di n.6 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica “le Eccellenze italiane dello Spettacolo” dedicati a Lina Wertmuller, Raffaella Carrà, Franco Battiato, Milva, Carla Fracci e Monica Vitti tutti con valore indicato B, corrispondente ad €1.20 ciascuno.

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  • data: 25 novembre 2022
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB
  • colori: uno
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico della Direzione Operativa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel 4466 YT 4230 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta riproduce un primo piano della regista Lina Wertmüller. Completa il francobollo la legenda “LINA WERTMÜLLER” “1928 – 2021”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: la foto di Lina Wertmüller è stata riprodotta per gentile concessione della figlia Maria Zulima Job;
  • Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, nota comunemente come Lina Wertmüller (Roma, 14 agosto 1928 – Roma, 9 dicembre 2021), è stata una regista, sceneggiatrice e scrittrice italiana.
Lina Wertmuller con l’Oscar ricevuto

È stata la prima donna nella storia a essere candidata all’Oscar come migliore regista, per il film Pasqualino Settebellezze, nella cerimonia del 1977. Nel 2020 le è stato assegnato il Premio Oscar onorario

Biografia

Lina Wertmüller nasce a Roma il 14 agosto 1928, figlia di Federico Wertmüller, un avvocato originario di Palazzo San Gervasio (in provincia di Potenza) e proveniente da una famiglia aristocratica di remote origini svizzere, e di Maria Santamaria-Maurizio, romana. Era la zia dell’attore Massimo Wertmüller.

A scuola è stata la compagna di classe di Flora Carabella, che poi sarebbe diventata la moglie di Marcello Mastroianni (con cui instaurerà una lunghissima amicizia che si rivelerà poi fondamentale per avvicinarla al mondo dello spettacolo). A diciassette anni si iscrive all’accademia teatrale diretta da Pietro Sharoff; in seguito, per alcuni anni, è animatrice e regista degli spettacoli del teatro dei burattini di Maria Signorelli. Successivamente collabora con celebri registi teatrali, tra i quali Guido Salvini, Giorgio De Lullo e Garinei e Giovannini. Lavora sia per la radio sia per la televisione, e in veste di autrice e regista alla prima edizione di Canzonissima e Il giornalino di Gian Burrasca con Rita Pavone protagonista maschile. Inizia un lungo sodalizio artistico con Enrico Job, apprezzato scenografo teatrale, con il quale presto si sposa. I due hanno una figlia adottiva, Maria Zulima.

Carriera

Esordisce sul grande schermo come segretaria di edizione in …e Napoli canta! di Armando Grottini (1953) e più avanti è aiuto regista di Federico Fellini nelle pellicole La dolce vita (1960) e  (1963). Il suo esordio come regista avviene nel 1963 con I basilischi, amara e grottesca narrazione della vita di alcuni poveri amici del Sud Italia (il film fu girato in gran parte tra la Basilicata, a Palazzo San Gervasio, e la Puglia, a Minervino Murge), che le valse la Vela d’argento al Locarno Film Festival. Nel 1968, celata sotto lo pseudonimo Nathan Wich, dirige un western all’italiana, Il mio corpo per un poker con Elsa Martinelli. Nella seconda metà degli anni sessanta nasce la sua collaborazione con l’attore Giancarlo Giannini, che è presente nei suoi grandi successi Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), Film d’amore e d’anarchia – Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…” (1973), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974), Pasqualino Settebellezze (1976), La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978) e Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici (1978).

Per Pasqualino Settebellezze, che ebbe successo anche negli Stati Uniti, la Wertmüller è candidata a tre Premi Oscar nell’edizione del 1977 (migliore regia, miglior film straniero, migliore sceneggiatura), mentre una quarta candidatura arriva a Giancarlo Giannini per la sua interpretazione del protagonista. Lina Wertmüller è la prima donna a essere candidata all’Oscar come miglior regista.

Giancarlo Giannini insieme a Lina Wertmuller sul set di una scena

Per le registe è sempre stata un esempio, non solo perché è stata la prima regista ad avere avuto successo dal punto di vista commerciale, ma anche perché erano in poche a fare questo mestiere. «Non si può fare questo lavoro perché si è uomo o perché si è donna. Lo si fa perché si ha talento. Questa è l’unica cosa che conta per me e dovrebbe essere l’unico parametro con cui valutare a chi assegnare la regia di un film».

In un’intervista, alla domanda se aveva mai avuto difficoltà, in quanto donna, dietro la macchina da presa, specialmente alla sua epoca, ha risposto:

«Me ne sono infischiata. Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva. Ho avuto un carattere forte, fin da piccola. Sono stata addirittura cacciata da undici scuole. Sul set comandavo io. Devi importi. Gridavo e picchiavo. Ne sa qualcosa Luciano De Crescenzo durante le riprese di Sabato, domenica e lunedì con Sophia Loren. Non faceva altro che gesticolare con l’indice di una mano e così per farlo smettere gli “azzannai” il dito».

Inoltre si è sempre dichiarata femminista.

Il 1983 è l’anno di Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada, film che affronta con leggerezza e coraggio il tema del terrorismo. Del 1986 è la prima delle sue rare incursioni nel teatro lirico con la regia della Carmen di Georges Bizet, che inaugura la stagione lirica 1986-87 del Teatro di San Carlo di Napoli, ripresa in diretta su Rai 1. Nel 1997 dirige una Bohème all’Opera di Atene. È autrice di diverse sceneggiature e regie teatrali, da Due più due non fa più quattro (1968) e Fratello sole, sorella luna (1972) (entrambi per la regia di Franco Zeffirelli) a L’esibizionista (1994), da Gino, Ginetta e gli altri (1995) a Lasciami andare madre (dal libro di Helga Schneider, con Roberto Herlitzka nella parte della vecchia madre). Nel 1987, su proposta di Bettino Craxi, venne inclusa tra i membri dell’Assemblea nazionale del PSI. Nel 1992 dirige Io speriamo che me la cavo con Paolo Villaggio, mentre nel 1996 torna alla satira politica con Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica con Tullio Solenghi e Veronica Pivetti come nuovi Giannini-Melato. Due anni dopo, per la prima volta si cimenta nel doppiaggio: è la voce di Nonna Fa in Mulan.

Dopo la ricostruzione storica Ferdinando e Carolina del 1999, la Wertmüller torna dietro la macchina da presa con la serie televisiva Francesca e Nunziata del 2001 con Sophia Loren e Claudia Gerini, e il film Peperoni ripieni e pesci in faccia del 2004 sempre con la Loren protagonista, che però, nonostante le proteste della regista, viene distribuito in poche sale cinematografiche e solo un paio d’anni dopo la produzione. Il successivo Mannaggia alla miseria del 2008 con Gabriella Pession e Sergio Assisi è trasmesso direttamente in prima serata su Rai 1 il 2 giugno 2010. Nello stesso anno le è conferito il David di Donatello alla carriera. Nel 2013 recita un cameo nel film di Riccardo Milani Benvenuto Presidente!, nel ruolo di membro dei poteri forti, insieme con il collega Pupi Avati. Indaga con passione i ruoli sociali dell’uomo e della donna del Bel Paese nell’eterno dialogo tra il Nord e il Sud, tra la borghesia e il proletariato, dagli anni sessanta del secolo scorso ai giorni nostri, con uno sguardo sempre ironico e disincantato sulle evoluzioni politiche e sociali, dipingendo la società italiana a volte con toni grotteschi e pungenti, ma senza mai prendersi sul serio. Il 22 dicembre 2015 il sindaco di Napoli Luigi de Magistris le conferisce la cittadinanza onoraria della città. Il 27 ottobre 2019 le viene comunicata l’assegnazione dell’Oscar onorario, che avverrà poi nella cerimonia del 2020. Nella motivazione dell’assegnazione si legge: «per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa».

Morte

È morta a Roma il 9 dicembre 2021 a 93 anni ed in seguito ai funerali tenutisi nella Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo, è stata sepolta nel Cimitero Monumentale del Verano (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Lina Wertmüller, romana, amava definirsi una regista di buonumore e si riteneva fortunata ad essere nata sotto il sole dell’Italia. Sin da bambina aveva dimostrato un carattere particolarmente esuberante e vitale, che può rispecchiarsi facilmente nel personaggio di Gian Burrasca, da lei portato in televisione con tanto successo.

Dietro ai suoi inconfondibili occhiali bianchi ha saputo trasmettere la sua gioia di vivere attraverso ogni forma di spettacolo: cinema, televisione, teatro, musica, radio, romanzi… Una mente creativa, curiosa ed entusiasta di condividere le sue storie con il pubblico che tanto l’ha amata. Tra i doni che la rispecchiavano, considerava l’ironia la più preziosa compagna di strada. In effetti, per coloro che hanno avuto la fortuna di starle accanto ed essere parte della sua famiglia, l’allegria e la risata erano linfa quotidiana che spontaneamente riusciva a infondere negli altri. 

Lina considerava i suoi film come dei figli. I personaggi che lei ha creato e che abitavano la sua fantasia, ma anche gli attori che li hanno interpretati, erano per lei una grande famiglia. Lavoro e vita privata erano una cosa sola. D’altra parte, ha condiviso oltre sessant’anni di vita con suo marito Enrico Job, creatore di quasi tutte le scenografie e i costumi dei suoi film e dei suoi spettacoli teatrali.

“Sappiate che se mi piglia un colpo, me ne vado come un commensale sazio”. Questa frase veniva ripetuta spesso da Lina. Era il suo modo di essere grata di tutte le esperienze e gli incontri che hanno riempito la sua vita. Grata di essere regista, moglie, madre e delle amicizie profonde che l’hanno accompagnata sempre. A cominciare da quella con Federico Fellini, il suo maestro, che le diede il consiglio più prezioso: raccontare le sue storie come se si trovasse con degli amici al bar e non farsi distrarre troppo dagli aspetti tecnici.

Lina lo prese in parola. Istinto, libertà, verità, erano il suo modo di affrontare la regia di un film, così come la vita. Se due parole potessero racchiudere il mondo di Lina, queste sarebbero ‘amore’ e ‘anarchia’, proprio quelle che ha scelto per il suo Film d’amore e d’anarchia, uno dei tanti film realizzati insieme ai suoi compagni di avventura, Giancarlo Giannini e Mariangela Melato.  

Con la sua innata simpatia ha conquistato i cuori di un pubblico vastissimo, non solo italiano ma internazionale. Negli Stati Uniti non furono solamente i suoi film a registrare un successo senza precedenti, ma anche la sua forte, irrefrenabile personalità. L’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences ha ricambiato l’amore che Lina ha dato al cinema, conferendole l’Oscar alla carriera nel 2019. Sulla statuetta, la motivazione per il riconoscimento recita così: “Honorary Award to Lina Wertmüller for her provocative disruption of political and social norms delivered with bravery through her weapon of choice: the camera lens”. 

In realtà, Lina non amava troppo le celebrazioni e siccome l’ironia è stata la sua arma più forte, ha trovato il modo di contenere la pomposità di quella cerimonia, proponendo, con la sua sfacciataggine, di cambiare il nome dell’Oscar, in Anna.

Basta questo a far capire la genialità, il senso dell’umorismo e il non prendersi troppo sul serio che hanno sempre contraddistinto il suo carattere. Perché Lina Wertmüller considerava più importante il divertimento del successo.

Maria Zulima Job

  • data: 25 novembre 2022
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB
  • colori: tre
  • bozzettistaFabio Abbati
  • num. catalogo francobolloMichel 4467 YT 4231 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta un ritratto della showgirl Raffaella Carrà. Completa il francobollo la legenda “RAFFAELLA CARRÀ” “1943 – 2021”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: per la fotografia che ha ispirato il ritratto di Raffaella Carrà © Marinetta Saglio

Raffaella Carrà, pseudonimo di Raffaella Maria Roberta Pelloni (Bologna, 18 giugno 1943 – Roma, 5 luglio 2021), è stata una showgirl, cantante, ballerina, attrice, conduttrice televisiva, autrice televisiva, conduttrice radiofonica e attivista italiana.

Un bacio a Te, Raffaella!!

Considerata la regina della televisione italiana, è stata presente nei palinsesti televisivi dalla fine degli anni sessanta fino alla sua morte, riscuotendo grandi consensi, oltre che in Italia, anche all’estero, soprattutto in Spagna e America Latina.

Molte delle sue canzoni, come Tanti auguriRumorePedroFiestaBallo ballo, sono diventate negli anni dei veri e propri brani cult. Il suo maggior successo è stato il singolo Do it do it again, versione inglese di A far l’amore comincia tu, il primo brano di un’artista donna italiana a piazzarsi al secondo posto nella classifica dei singoli più venduti in Inghilterra, vendendo oltre 21 milioni di copie nel mondo.

Come dichiarato da lei stessa in un’intervista sul settimanale TV Sorrisi e Canzoni, ha venduto oltre 60 milioni di dischi.

Nell’autunno del 2020 il quotidiano britannico The Guardian incorona Raffaella Carrà come sex symbol europeo, definendola «l’icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso».

Biografia

Nacque a Bologna da Raffaele Pelloni e da Angela Iris Dell’Utri; aveva un fratello, Enzo (1945-2001), che la rese zia di due nipoti. Il padre, emiliano benestante, possedeva un’azienda agricola mentre la madre, romagnola con origini siciliane, gestiva assieme alla nonna di Raffaella il Caffè Centrale a Bellaria. I genitori si separarono due anni dopo le nozze e la piccola Raffaella passò gran parte della sua infanzia tra Bologna, dove studiava, e Bellaria. A soli otto anni lasciò l’Emilia-Romagna per proseguire gli studi direttamente a Roma, inizialmente presso l’Accademia nazionale di danza e successivamente al Centro sperimentale di cinematografia.

Carriera

Anni 1950 e 1960: gli esordi

La carriera cinematografica di Raffaella Carrà inizia molto presto, agli inizi degli anni cinquanta, partecipando come attrice bambina, a soli otto anni, al film di Mario Bonnard Tormento del passato.

Nel 1960 consegue il diploma al Centro sperimentale di cinematografia; nello stesso anno, prese parte ai film La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini e Il peccato degli anni verdi di Leopoldo Trieste. Contemporaneamente, inizia anche il teatro, scritturata dalla compagnia Carli-Pilotto. Nel 1962 prende parte al film comico 5 marines per 100 ragazze di Mario Mattoli, insieme a Ugo TognazziRaimondo VianelloFranco Franchi, Ciccio Ingrassia, Little Tony e Virna Lisi.

Partecipa quindi ad altri film, tra i quali I compagni (1963) di Mario Monicelli e l’hollywoodiano Il colonnello Von Ryan (1965) di Mark Robson, ove ebbe come partner Frank Sinatra. Nel 1964 recita nello sceneggiato televisivo La figlia dell’oca bianca scritto da Edoardo Anton per la rubrica Rai Vivere insieme, diretta da Ugo Sciascia. Nel 1965 recitò la parte di Costanza De Mauriac nello sceneggiato televisivo Scaramouche, con Domenico Modugno. Negli anni sessanta le cronache rosa si occupano spesso di lei per la relazione con il calciatore della Juventus Gino Stacchini, durata otto anni.

Il 3 marzo 1967 va in onda sul Programma Nazionale Tutto per bene, il film per la TV tratto dall’omonimo romanzo di Pirandello. Nel gennaio 1968 conduce uno speciale in onda sul Secondo Programma, intitolato Tempo di samba. A giugno, partecipa allo sceneggiato Rai Processo di Famiglia, di Diego Fabbri e, sul finire dell’anno successivo, è presente nello sceneggiato Il sorriso della gioconda.

Il cambio di cognome

Nella prima metà degli anni sessanta le viene dato lo pseudonimo Carrà, consigliatole dal regista Dante Guardamagna, il quale, appassionato di pittura, associa il suo vero nome, Raffaella, che ricorda il pittore Raffaello Sanzio, al cognome del pittore Carlo Carrà. Tuttavia, Raffaella non riesce a ottenere molto successo (in termini di popolarità) come attrice, tant’è che, all’inizio degli anni settanta, a seguito del successo ottenuto come showgirl in televisione, decide di abbandonare la recitazione (salvo alcune sporadiche e isolate esperienze successive in alcuni film e sceneggiati TV), e di concentrarsi sulla carriera di presentatrice televisiva, soubrette e cantante, con la quale invece otterrà successo e fama a livello internazionale.

Anni 1970: da Canzonissima al successo all’estero

Nella stagione 1969-1970 arriva il successo televisivo, nello spettacolo Io, Agata e tu (con Nino Taranto e Nino Ferrer), in cui la Carrà lancia un nuovo stile di showgirl, scattante e moderna.

In autunno è al fianco di Corrado in Canzonissima, dove diede scandalo per l’ombelico scoperto mostrato nella sigla d’apertura Ma che musica maestro!, che raggiunse le vette delle classifiche, vendendo 200 000 copie. Gli indici di gradimento e di ascolto toccano livelli inaspettati, consacrando Raffaella come la nuova stella dello spettacolo italiano. Visti i soddisfacenti esiti dell’anno precedente, la Rai decide di riconfermare la stessa coppia di conduttori anche per la nuova edizione del programma. Infatti nel 1971 è di nuovo a Canzonissima, dove vede entrare in classifica tre singoli: la sigla Chissà se vaMaga Maghella (destinata al pubblico infantile) e il celebre Tuca tuca, con annesso balletto. Quest’ultimo dalla terza puntata del programma venne censurato dalla Rai per via della coreografia giudicata troppo audace e provocatoria. Dopo l’esibizione insieme con Alberto Sordi il ballo supera le censure e le polemiche iniziali, diventando un autentico fenomeno popolare. È dello stesso anno il primo album pubblicato dalla cantante, Raffaella, pubblicato sull’onda del grande successo di Canzonissima 1970 e di quello personale della vedette. Nello stesso anno pubblica un altro album di successo, Raffaella Carrà, contenente anche il brano Borriquito, primo successo sul mercato latino.

Sempre nel 1971 partecipa accanto a Georges Descrières all’episodio intitolato La donna dai due sorrisi, nella serie televisiva di produzione francese Arsenio Lupin, prodotta dal 1971 al 1974. Segue, nel 1974, Milleluci, presentato al fianco di Mina, che ottiene un grande successo di pubblico, affermando definitivamente Raffaella come showgirl a tutto tondo.

Sull’onda del grande successo della trasmissione, pubblica l’album Milleluci, composto prevalentemente da cover. Nello stesso anno presenta la sua terza Canzonissima, questa volta condotta in solitaria, dove inoltre duetta con Topo Gigio nel brano dedicato ai bambini Strapazzami di coccole. Nello stesso anno pubblica l’album Felicità tà tà, contenente oltre al brano omonimo, sigla della sua terza Canzonissima, uno dei suoi maggiori successi, il brano disco-music Rumore. L’album riscuote un ottimo successo in Italia, dove si aggiudica il disco di platino, e buoni riscontri anche all’estero, aggiudicandosi diversi dischi d’oro.

Tra il 1975 e il 1980 si fa conoscere in Spagna, e il successo delle sue canzoni porta la TVE a offrirle nel 1976 una monografia, La hora de Raffaella Carrà, grazie alla quale divenne popolare presso il pubblico iberico.

In questi anni Raffaella si concentra maggiormente sulla sua carriera di cantante, ottenendo consensi in Spagna, Germania, Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra, Grecia e in particolare nei Paesi dell’America Latina, diventando un vero e proprio fenomeno di esportazione della musica italiana nel mondo. Uno dei successi più clamorosi è il brano A far l’amore comincia tu, che riesce a toccare, nella sua versione inglese, il nono posto della classifica dei singoli più venduti in Inghilterra, ottenendo diversi dischi d’oro e platino in tutto il mondo.

Nel 1976 incide l’album Forte forte forte, pubblicato in 36 Paesi del mondo, aggiudicandosi in Spagna, Regno Unito e Germania vari dischi d’oro, mentre in Italia ben due dischi di platino, rappresentando uno dei lavori discografici di maggior successo della cantante, anche a livello qualitativo. L’anno successivo è la volta di Fiesta, l’album, dai suoni prettamente eurodisco, che contiene Fiesta, una delle canzoni “simbolo” della soubrette.

Nel 1978 rientra in Italia, dopo numerose tournée all’estero, per presentare il varietà del sabato sera Ma che sera, nel quale presenta, cantava e ballava affiancata da Paolo Panelli, Bice Valori, Alighiero Noschese e Giorgio Bracardi, animatori degli spazi comici del programma. Particolarmente ricordata è la sigla iniziale, Tanti auguri, in cui Raffaella canta un inno all’amore libero e spensierato. Il programma però, è stato oggetto di controversie e polemiche, perché trasmesso nei difficili e tragici giorni del sequestro di Aldo Moro.

Nel 1979 è la volta di un altro successo discografico con l’album Applauso, il quale porta le firme, oltre a quelle di Gianni Boncompagni, anche dei giovani esordienti De Sanctis e Musso. L’album raggiunge il 75º posto tra i più venduti dello stesso anno.

alcune immagini di Raffaella Carrà

Anni 1980: Pronto Raffaella? e il breve passaggio a Mediaset

Nel 1980 Raffaella è sul set del film Barbara, girato in Argentina e distribuito per il mercato sudamericano (ma non in Italia dove è tutt’oggi ancora inedito), diretto da Gino Landi. Nello stesso anno incide l’album Mi spendo tutto contenente la hit Pedro, uno dei brani più conosciuti della cantante, e Ratatataplan, ispirato nel titolo dall’omonimo film di Maurizio Nichetti. Nel 1981 presenta Millemilioni, che rappresenta il primo esperimento di cooperazione televisiva internazionale: cinque speciali, ognuno dei quali girato in una diversa capitale: Buenos Aires, Città del Messico, Londra, Roma e Mosca. Il programma ebbe una media di circa 10 milioni di telespettatori.

Nel 1982 torna ad affiancare Corrado presentando Fantastico 3, con Gigi Sabani e Renato Zero, con una media di 25 milioni di spettatori. Ne canta anche la sigla d’apertura, la celebre Ballo ballo. Sull’onda del grande successo della trasmissione viene pubblicato il disco Raffaella Carrà 82, arrangiato e composto, tra gli altri, da Franco Bracardi e Danilo Vaona, e che vede tra gli autori, oltre a Gianni Boncompagni e Gianni Belfiore, anche Giancarlo Magalli. Sempre nel 1982, è ospite d’onore del Festival di Viña del Mar in Cile.

Nella stagione successiva conduce Domenica in, e ne canta inoltre sia la sigla d’apertura, Curiosità (una delle prime sigle della televisione italiana a essere realizzata attraverso grafiche elaborate al computer), che la sigla di chiusura, Casa dolce casa. Proprio a Domenica in, a novembre, la Carrà reagisce a un articolo pubblicato dal settimanale scandalistico Novella 2000, minacciando un’azione legale nei confronti del giornale, che l’aveva accusata di trascurare sua madre. La mamma della Carrà infatti muore nel 1987 e la conduttrice le rende omaggio proprio durante un’altra puntata del programma, dedicandole il brano I thank you life.

Nel 1987 passa alla Fininvest, con un contratto miliardario della durata di due anni. La prima apparizione su Canale 5 della Carrà risale al 27 dicembre 1987: in seconda serata va in onda uno speciale dal titolo Benvenuta Raffaella, con il dietro le quinte e video dalle prove del suo nuovo show, nonché interviste con la Carrà e il compagno Sergio Japino, anche regista e coreografo della trasmissione. Il programma in questione inizia il 9 gennaio 1988 ed è il Raffaella Carrà Show, seguito, l’anno successivo, Il principe azzurro, il secondo e ultimo programma condotto dalla Carrà per Canale 5. Entrambi i programmi non ottengono però grossi risultati in termini di ascolto e sembrano appannare la sua popolarità.

Anni ’90: il ritorno in Rai e il successo di Carramba

Dopo il periodo passato alla Fininvest, dai primi di gennaio del 1990, Raffaella Carrà torna in Rai con un nuovo programma: Raffaella Venerdì, Sabato e Domenica… E saranno famosi, in onda il venerdì in prima serata e il sabato e la domenica dalle 12:00. La trasmissione ha un seguito intitolato Ricomincio da due, in onda, stavolta, solo il sabato e la domenica in orario di pranzo. Entrambi i programmi vanno in onda su Rai 2 e ottengono ottimi indici di ascolto, che la riportarono al successo. Nel maggio del 1991, poche settimane dal termine della sua trasmissione, Raffaella torna brevemente su Canale 5 per condurre un’edizione dei Telegatti con Corrado, ultimo ospite della trasmissione della Carrà.

Nel giugno del 1990, con Gigi Sabani, conduce Cuando Calienta el sol, programma televisivo in due puntate in onda dall’Italia e dalla Spagna.. Nel 1991, assieme a Johnny Dorelli, conduce il varietà del sabato sera di Rai 1, Fantastico 12, che, pur essendo ricordato per l’ospitata di Roberto Benigni.

Dal 1992 al 1995 torna in Spagna, prima due anni su TVE 1, conducendo tre edizioni di Hola Raffaella, premiato con tre TP de oro, equivalente iberico del Telegatto, e il preserale A las 8 con Raffaella, che la consacrano definitivamente nel paese (in seguito la TVE richiamerà sovente Raffaella per alcuni eventi di un giorno, come i festeggiamenti del Capodanno del 1998); successivamente, nella stagione 1994-95, passa all’emittente spagnola della Fininvest, ovvero Telecinco, con il programma pomeridiano En casa con Raffaella (vero e proprio remake spagnolo di Pronto, Raffaella?), che ottiene grande successo, tanto che al termine della stagione Telecinco offrì alla presentatrice un nuovo contratto di esclusiva di due anni, che però lei rifiuta per tornare in Italia.

Alla fine del 1995 infatti torna su Rai 1 con Carràmba! che sorpresa. Nel programma, inventato insieme a Sergio Japino e l’allora direttore di rete Brando Giordani. Raffaella coinvolge in diretta gli ospiti e il pubblico in sala in sorprese e incontri inaspettati con persone care (parenti, amici) che non hanno visto per molto tempo, architettati insieme con un complice. Ciò è alternato a momenti di spettacolo attraverso la presenza di vari ospiti, tra i quali Adriano Celentano, Madonna, Britney Spears e Robbie Williams. Il programma, già dalla prima edizione, segna il record di ascolti con una media di 10 000 000 di telespettatori, che furono riconfermati anche nelle successive edizioni. Nel 1998 alla trasmissione viene affidato il compito di risollevare le sorti della Lotteria Italia (a cui era stato abbinato già nel 1996), si decide quindi di cambiare il nome in Carràmba! che fortuna. La trasmissione riesce a riscuotere un successo ancora maggiore rispetto alle precedenti edizioni, raggiungendo picchi del 66% di share con 14 milioni di telespettatori. Nel 1996, 1998 e 1999, in contemporanea con Carràmba!, conduce anche tre strisce quotidiane legate al varietà: 40 minuti con RaffaellaCentoventitré e I Fantastici di Raffaella.

Anni 2000: il Festival di Sanremo e il ritorno di Carramba

Nel 2000 presenta per la seconda volta su Canale 5 il Gran Premio Internazionale dello Spettacolo assieme a Paolo Bonolis (condurrà l’evento di nuovo nel 2004 assieme a Gerry Scotti, esibendosi con Loretta Goggi).

Nel 2001, affiancata da Piero Chiambretti, Enrico Papi, Megan Gale e Massimo Ceccherini, presenta la 51ª edizione del Festival di Sanremo, edizione che non riscosse grande successo. Questa è al centro di non poche polemiche, sia sul piano televisivo sia sul piano della conduzione.

Dopo una pausa lunga circa un anno dall’esperienza poco felice del Festival, dal 24 gennaio 2002 torna in prima serata su Rai 1 con la quarta edizione di Carràmba! che sorpresa. Nel 2004 conduce il programma Sogni, nel quale, rivisitando Carràmba! che sorpresa, si concentra sulla possibilità di realizzare i sogni degli italiani. Nel 2006 è la volta di Amore, replica di un esperimento riuscito alla TVE (Contigo), dedicato alle adozioni a distanza. L’obiettivo era quello di raccogliere tramite un centralino le adesioni di quanti volevano aiutare i bambini dei paesi più poveri del mondo con un sostegno a distanza, arrivando infine a ottenerne circa 130 000.

Nello stesso anno l’attore Fabio Canino, coadiuvato da Roberto Mancinelli, le dedica un libro pubblicato da Sperling & Kupfer: il RAFFAbook, sorta di circo di una lunga carriera dedicato alla show-girl. Allo stesso modo, una puntata di La storia siamo noi è dedicata a lei. Sempre nel 2006 Tiziano Ferro pubblica nell’album Nessuno è solo la canzone E Raffaella è mia, dedicata alla Carrà, che partecipa al videoclip del brano, mentre la cantante spagnola Roser incide l’album Raffaella, tributo con i maggiori successi della Carrà cantati in spagnolo. In seguito partecipa, insieme con Robbie Williams, al programma di Diego Armando Maradona La noche del 10.

Anni 2010: gli ultimi programmi

Nel 2010 duettò con Renato Zero nel suo album Sei Zero, la canzone Triangolo. I due si esibiscono anche in una tappa del concerto di Zero. Nel 2011, dopo 13 anni di assenza, l’Italia torna a partecipare all’Eurovision Song Contest: la Rai sceglie la Carrà per condurre e commentare dall’Italia la serata finale della manifestazione, oltre che presentare i voti assegnati da giuria e televoto.

Nell’estate 2011 esce il remix di un suo storico brano musicale, A far l’amore comincia tu, che diviene così Far l’amore, realizzato dal noto DJ francese Bob Sinclar, suo partner nella conduzione della finale dell’Eurovision 2011, che la vuole al suo fianco nella realizzazione del brano (e del relativo videoclip), che si rivela un rinnovato successo internazionale; tale remix sarò in seguito inserito da Paolo Sorrentino nella colonna sonora del suo film La grande bellezza; il film, uscito nel 2013, viene premiato l’anno successivo con l’Oscar al miglior film in lingua straniera.

Nel giugno 2012 partecipa al Concerto per l’Emilia a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto del 20 e del 29 maggio 2012, in cui canta un suo successo, Rumore. A febbraio dello stesso anno è ospite alla prima serata del Festival di Sanremo, in cui si esibisce in un medley di canzoni del suo ultimo album, raggiungendo il picco di ascolti della puntata (e secondo in assoluto) con uno share del 55,36%.

Nella stagione televisiva 2014-2015 torna su Rai 1 con un nuovo talent-show, chiamato Forte forte forte, che riprende il titolo di una delle canzoni più note della stessa Carrà (anche questa remixata da Bob Sinclar con il titolo Forte), in onda in prima serata ogni venerdì dal 16 gennaio al 13 marzo 2015. A partire dal 24 febbraio 2016 torna come coach nel programma di Rai 2 The Voice of Italy affiancata da Emis Killa, Max Pezzali e Dolcenera; durante la puntata finale annuncia che lascia definitivamente il programma. Il 19 dicembre 2016 conduce con successo il gala dei 60 anni (Gala 60 años juntos) della TVE, la televisione pubblica spagnola. Nell’estate 2017 diventa produttrice musicale (mantenendo la promessa fatta in diretta nella semifinale della precedente edizione di The voice of Italy) per uno dei suoi concorrenti, Samuel Pietrasanta.

Nello stesso periodo le viene assegnato il premio World Pride Award che la proclama ambasciatrice dell’amore in occasione dell’inizio del World Pride 2017, svoltosi a Madrid.

Il 13 febbraio 2019 è la modella per il numero di Vanity Fair, il primo del nuovo corso.

Nella primavera 2019 torna in televisione per condurre di un programma d’interviste a noti personaggi dello spettacolo, della cultura e dello sport, tra i quali Sophia Loren, Riccardo Muti, Paolo Sorrentino e Renato Zero, dal titolo A raccontare comincia tu, ispirato al programma spagnolo Mi casa es la tuya, in onda nella prima serata del giovedì su Rai 3 per sei settimane, dal 4 aprile al 9 maggio. A seguito del successo ottenuto, il programma viene confermato con un nuovo ciclo di quattro puntate, in onda dal 24 ottobre al 14 novembre. Il 17 novembre 2019 la Carrà rilascia un’altra intervista al programma Che tempo che fa, su Rai 2.

Anni 2020

Nell’ottobre 2020 esce nei cinema spagnoli il film Ballo ballo, con la regia di Nacho Álvarez, basato sulle canzoni della Carrà, la quale è presente anche in un cameo. Dal 25 gennaio 2021 il film è disponibile in streaming nella versione italiana.

All’ultima apparizione televisiva, il 17 novembre 2019 a Che tempo che fa, seguiranno solo poche apparizioni. L’ultima intervista rilasciata alla stampa è stata nel dicembre 2020 per la rivista Sette. Un’altra apparizione in Italia, seppure al telefono, è in collegamento, il 28 dicembre 2020, con La vita in diretta su Rai 1. Seguono un’intervista radiofonica in Spagna, il 17 dicembre, a La tarde suena bien, e un’ultima intervista alla radio italo-britannica London One Radio il 1º febbraio 2021.

Morte

Nel maggio del 2020 le viene diagnosticato un cancro ai polmoni, malattia che la Carrà decide di affrontare nel massimo riserbo. Nonostante le cure a cui viene sottoposta, si spegne a Roma presso la Clinica del Rosario, alle 16:20 del 5 luglio 2021 all’età di 78 anni. L’annuncio della scomparsa viene dato dall’ex compagno Sergio Japino.

Due giorni dopo, il 7, si svolge il corteo funebre, che tocca alcuni dei luoghi simbolo della sua carriera e che vede moltissime persone renderle omaggio: dopo la partenza dalla casa dell’artista in via Nemea 21, il carro funebre fa una prima sosta all’Auditorium Rai del Foro Italico, in cui per anni era andato in onda Carràmba! Che sorpresa. La salma continua il suo percorso effettuando un’altra tappa presso gli studi di via Teulada 66, in cui la Carrà aveva esordito nel 1961 a fianco di Lelio Luttazzi con la trasmissione Tempo di danza e da dove negli anni ottanta era andato in onda Pronto Raffaella?. Il corteo continua il suo tragitto fermandosi anche presso il Teatro delle Vittorie, sede di tanti programmi Rai tra cui Milleluci, che aveva visto Raffaella Carrà accanto alla cantante Mina e dove la showgirl aveva condotto in coppia con Corrado due edizioni di Canzonissima: quella del 1970 e quella del 1971. Proprio al Teatro delle Vittorie era stata realizzata, in compagnia di Fiorello, la prima puntata dell’ultimo show condotto dalla Carrà, A raccontare comincia tu. Dopo un’ultima sosta alla sede Rai di viale Mazzini, la salma della soubrette arriva presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio, dove viene allestita la camera ardente. La sera del giorno precedente, prima della semifinale degli Europei 2020 tra Italia e Spagna, durante il riscaldamento della nazionale, dal Wembley Stadium di Londra viene diffusa una delle più celebri canzoni della Carrà, A far l’amore comincia tu: la richiesta dell’inserimento della canzone nella playlist del riscaldamento delle nazionali è stata fatta dalla stessa FIGC alla UEFA per rendere omaggio alla cantante e presentatrice molto stimata anche nel paese iberico.

I funerali si svolgono il 9 luglio nella basilica di Santa Maria in Aracoeli e vanno in onda in diretta televisiva su Rai 1. La salma della Carrà viene cremata secondo la sua espressa volontà e le ceneri portate il 5 agosto a Porto Santo Stefano, nella chiesa di Santo Stefano Protomartire e il 5 settembre a San Giovanni Rotondo, nel santuario di San Pio da Pietrelcina, di cui la showgirl era devota. Le sue ceneri sono conservate nella chiesa del cimitero comunale di Porto Santo Stefano (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

L’indimenticabile Raffaella Carrà, al secolo Raffaella Maria Roberta Pelloni, nasce a Bologna il 18 giugno 1943 e trascorre l’infanzia a Bellaria-Igea Marina. Talento precocissimo, a soli otto anni si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia Nazionale di Danza e, successivamente, il Centro Sperimentale di Cinematografia, dove si diploma in Recitazione nel 1960.

Il suo debutto nel mondo dello spettacolo è sul grande schermo con la partecipazione, ancora bambina, nel film Tormento del passato di Mario Bonnard (1952), la prima di numerose pellicole alle quali partecipa, alcune anche molto significative come La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini (1960), I Compagni di Mario Monicelli (1963), con Marcello Mastroianni, e Il colonnello Von Ryan (1965) con Frank Sinatra.

Alla recitazione cinematografica nei primi anni Sessanta affianca quella teatrale con la compagnia Carli-Pilotto, ma è la televisione a darle il successo e a consacrarla come icona dello spettacolo italiano nel mondo.

In televisione, sull’allora Programma Nazionale, Raffaella approda nel 1962 come valletta di Lelio Luttazzi ne Il Paroliere, questo sconosciuto e dopo alcune interpretazioni in sceneggiati televisivi, come La figlia dell’oca bianca (1964) e Scaramouche (1965) con Domenico Modugno, raggiunge il grande pubblicoed il meritato successo nel 1970 con il programma Io, Agata e tu dove canta, balla e affianca Nino Tarantoe Nino Ferrer negli sketch del varietà.

Sempre nel 1970 ottiene la definitiva consacrazione in Canzonissima a fianco di Corrado Mantoni: qui Raffaella ha modo di esprimere il suo poliedrico talento e appare per la prima volta con l’iconico caschetto biondo liscio. Sigla del programma è la canzone Ma che musica Maestro!, il primo dei tanti successi discografici per i quali Raffaella ha ottenuto fama mondiale ed è ancor oggi amata anche dai più giovani.

La successiva edizione dello spettacolo, nel 1971, sancisce definitivamente il suo successo: ancora oggi il suo Tuca Tuca, ballato con Enzo Paolo Turchi su coreografia di Don Lurio è uno dei momenti salienti della storia della televisione italiana. E sarà sempre Canzonissima il primo spettacolo che Raffaella condurrà da sola nel 1974, dopo la co – conduzione con Mina dello spettacolo Milleluci.

La carriera di Raffaella Carrà in tv è lanciata e i successi si susseguono sia in Italia che all’estero.

Nel 1978 è la volta di Ma che sera, programma che la RAI vende in ben 36 Paesi esteri (traguardo imbattuto ancora oggi), seguito da Fantastico (nel 1982 con Corrado Mantoni e Gigi Sabani) e nel 1983, da Pronto, Raffaella?, il primo spettacolo televisivo messo in onda dalla RAI, in via sperimentale, nella fascia del mezzogiorno, incentrato sull’interazione tra la Raffa Nazionale ed il pubblico da casa, chiamato a partecipare al telefono a giochini come il mitico Gioco dei fagioli.

Sull’onda del fortunato Pronto, Raffaella? nella stagione 1985/1986 è conduttrice di Buonasera Raffaella e in quella successiva di Domenica In; sempre nel 1987 Raffaella Carrà lascia la TV di Stato ed approdaper un breve periodo a Canale 5 dove realizza il Raffaella Carrà Show e Il principe azzurro.

Dopo la parentesi, torna in Rai nel 1989 con Fantastico 12 che conduce insieme a Johnny Dorelli.

Dal 1992 al 1995 lavora in Spagna, su TVE, nei programmi La Hora de Raffaella Carrà, Hola Raffaella!, A las 8 con Raffaella e En casa de Raffaella.

Torna in Italia nel 1995 con “Carràmba che sorpresa” e il programma riscuote un successo così grande da essere confermato per ben quattro edizioni nella fascia del sabato sera. Nel 2001 Raffaella raggiunge un altro ragguardevole traguardo come conduttrice della cinquantunesima edizione del Festival di Sanremo.

Dopo la conduzione dei programmi Sogni (2004) e Amore (2006), dedicato alle adozioni a distanza, tema caro alla conduttrice, Raffaella si allontana progressivamente dalle scene. Nel 2019 torna su RAI 3 con quello che sarà il suo ultimo programma, A raccontare comincia tu, bruscamente interrotto a metà della seconda edizione dalla pandemia da COVID 19.

Affetta da anni da una lunga malattia, che aveva nascosto con riserbo ai suoi fan, si è spenta a Roma il 5 luglio del 2021 ma la sua energia, la sua bellezza, il talento, la sua risata e il suo mitico caschetto rimarranno sempre vivi nei ricordi degli italiani.

In collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema

Bibliomediateca Mario Gromo

  • data: 25 novembre 2022
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB
  • colori: tre
  • bozzettistaC. Giusto
  • num. catalogo francobolloMichel 4468 YT 4229 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta raffigura il cantautore e compositore Franco Battiato durante una performance musicale, delimitato, a sinistra, dal particolare di un disco in vinile. Completa il francobollo la legenda “FRANCO BATTIATO”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

Franco Battiato, all’anagrafe Francesco Battiato (Ionia, 23 marzo 1945 – Milo, 18 maggio 2021), è stato un cantautore, compositore, scrittore, regista, pittore e politico italiano.

Una bella foto del Maestro Franco Battiato

Musicista tra i più influenti degli ultimi 50 anni in Italia, apprezzato per la varietà di stili musicali che ha approfondito e combinato tra loro, dopo l’iniziale fase di musica leggera della seconda metà degli anni sessanta è passato al rock progressivo e all’avanguardia colta nel decennio seguente, con diversi lavori considerati importanti anche all’estero. Successivamente, dall’album L’era del cinghiale bianco del 1979, si è allontanato dalla musica sperimentale ed è passato ad un personale pop d’autore che ha iniziato a farlo conoscere al grande pubblico (in particolare nel 1981 con La voce del padrone, suo apice anche di vendite), con testi criptici e citazionistici, musiche con influenze new wave e la presenza di incursioni classiche negli arrangiamenti.

Nel corso della sua carriera, in cui ha ottenuto un vasto successo di pubblico e critica, si è avvalso dell’aiuto di numerosi collaboratori; in particolare emergono due figure chiave, con le quali Battiato ha mantenuto costantemente contatti professionali e di amicizia: il compositore e violinista Giusto Pio dal 1976 per poi proseguire nella fase di maggiore successo da L’era del cinghiale bianco fino all’ultima apparizione a Sanremo 1999. Dalla collaborazione con quest’ultimo infatti nascono grandi successi come Centro di gravità permanenteL’era del cinghiale biancoVoglio vederti danzareAlexander Platz (grande successo derivante da un brano composto da Battiato e Giusto Pio negli anni 70 per Alfredo Cohen col titolo “Valery” e successivamente riadattato con un nuovo testo per Milva), CuccurucucùI treni di Tozeur (portata all’Eurofestival da Battiato in coppia con Alice), Per Elisa (vincitrice del 31º Festival di Sanremo), Radio Varsavia; e ancora Un’estate al mare (grande successo composto per Giuni Russo), Bandiera biancaNo Time No Space, ecc. Sono oltre cento i brani composti dal duo Battiato-Pio, che assieme a quelli arrangiati e prodotti ammonta a oltre 30 dischi. Il filosofo Manlio Sgalambro: coautore e autore di molti testi dei suoi brani, a partire da L’ombrello e la macchina da cucire del 1995, continuando fino all’album Apriti sesamo del 2012. I testi di Battiato riflettono i suoi interessi, fra cui l’esoterismo, la teoretica filosofica, la mistica sufi (in particolare tramite l’influenza di G.I. Gurdjieff) e la meditazione orientale. Si è anche cimentato in altri campi artistici, come la pittura e il cinema. È uno tra gli artisti con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco, con tre Targhe e un Premio Tenco.

Tra novembre 2012 e marzo 2013 ha portato avanti una breve esperienza in qualità di assessore al turismo della Regione Siciliana, nella giunta di centrosinistra del presidente Rosario Crocetta, dichiarando di non voler ricevere alcun compenso.

Stile musicale

La musica di Battiato ha spesso guardato in direzione della canzone d’autore e del pop: due generi che ha rivisitato in maniera colta e raffinata contaminandoli con stili musicali sempre diversi fra cui la musica orchestrale, il rock progressivo, la musica etnica, la new wave e quella elettronica. I suoi testi, inusuali e di carattere citazionista, sono spesso dolenti e pieni di riferimenti polemici alla società dei consumi e alla classe politica italiana. Altri temi cari all’artista sono la filosofia, l’esoterismo e il misticismo.

Tuttavia, i primissimi album della sua discografia sono caratterizzati da un “sound” progressivo e sperimentale che spazia dall’insolito pop di Fetus (gennaio 1972) al sound più rumorista di Pollution (gennaio 1973) al minimalismo alla Terry Riley di Sulle corde di Aries (1973). Successivamente, Battiato rinuncia al formato canzone abbracciando l’avanguardia contemporanea giocata sul collage e sull’improvvisazione dell’organo o del pianoforte: segni di un forte interesse da parte dell’artista nei confronti di Karlheinz Stockhausen e John Cage. La fase sperimentale terminerà alla fine degli anni settanta, ma Battiato ritornerà occasionalmente su questi passi come confermano i futuri Campi magnetici (2000) e Joe Patti’s Experimental Group (2014).

Si è cimentato poi in un pop con forti allusioni alla musica colta e a quella etnica come conferma L’era del cinghiale bianco (1979), reputato uno degli album di musica italiana più innovativi del periodo per i suoi riferimenti classicheggianti e gli arrangiamenti esotici. Ad esso segue Patriots (1980), che anticipa le sonorità new wave che caratterizzarono il decennio. La title-track è una canzone che si dimostra molto vicina anche alla situazione politica dell’epoca, con riferimento anche alle categorie borghesia-proletariato allora imperanti nella cultura italiana. Diverso è il successivo La voce del padrone (1981), più accessibile e con riferimenti espliciti al punk e alla new wave. Da annoverare l’uso atipico del Coro dei Madrigalisti di Milano, che danno un tocco zappiano and un paio di pezzi. Il brano più significativo del disco è però rappresentato da Gli uccelli, composizione di reminiscenze classicheggianti, unite ad un suono elettronico che costituisce lo “Zeitgeist” di quegli anni. L’arca di Noè (1982) ricalca la formula del disco precedente e introduce per la prima volta il campionatore mentre il successivo Orizzonti perduti è più intimista e lontano dalle sonorità commerciali dei due precedenti album.

Nel seguente Mondi lontanissimi (1985) si anticipano i futuri interessi dell’autore nei confronti della musica orchestrale, ribaditi sull’orientaleggiante e mistico Fisiognomica, che fa uso, per la prima volta, di “melodie ricercatissime e per niente mirate al facile ascolto”, così come in alcune opere liriche inaugurate con Genesi (1987).

Dagli anni novanta si intensifica la ricerca del cantautore verso nuove direzioni e la rilettura colta di brani classici (è il caso di Come un cammello in una grondaia). Battiato rivela poi anche un notevole interesse per la world music in Caffè de la Paix (1993), che include strumenti quali il tabla, il sarod e il tampura. Nel 1995 inizia l’importante collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro, che da quel momento in poi curerà i testi. Libero dall’incombenza dei testi, Battiato può quindi sperimentare musicalmente: il rock de L’imboscata (1996) e Gommalacca (1998), più vicino al drum and bass allora imperante, introducono le chitarre elettriche. Questi sono presenti anche su Ferro battuto (2001). I riferimenti alla musica orientale sono invece caratteristici di Dieci stratagemmi.

Il ritiro dalle scene e la morte (2019-2021)

«Assenza di tempo e di spazio / Nulla si crea, tutto si trasforma (…) La vita non finisce / È come il sogno / La nascita è come il risveglio / Finché non saremo liberi / Torneremo ancora.»
(da Torneremo ancora, 2019)

A fine agosto 2019 viene annunciata l’uscita dell’ultimo album prima del ritiro dalle scene, dal titolo Torneremo ancora, che segna il ritorno di Battiato alla Sony Music dopo quindici anni. Il lavoro, pubblicato il 18 ottobre 2019, consta di un’antologia di brani classici del cantautore in nuove versioni orchestrali eseguite con la Royal Philharmonic Concert Orchestra durante le prove di alcuni concerti del 2017 e di un brano inedito, Torneremo ancora, che dà il nome all’album. Il brano, che tratta il tema della reincarnazione e fa riferimento alla teoria di Gurdjieff della vita come un sonno, è frutto di una complessa opera di assemblaggio, la voce di Battiato è stata registrata due anni prima, nel 2017, mentre la musica che accompagna il brano è stata registrata nel maggio del 2019. L’album segna un ritorno alle origini e rappresenta una sorta di “testamento musicale” suggellato dall’inedito che, dalle parole del co-autore del brano, Juri Camisasca, “nasce dalla consapevolezza che tutti noi siamo esseri spirituali in cammino verso la liberazione. La trasmigrazione delle anime in transito verso la purificazione è l’idea di base che ispira questa canzone. I migranti di Ganden sono qui chiamati a rappresentare il percorso delle anime al termine della vita terrena e le vicissitudini che questa nostra esistenza comporta. Nel contesto del brano, la migrazione non va interpretata nell’ottica delle problematiche politiche. Migrante è ogni essere senziente chiamato a spostare la propria attenzione verso cieli nuovi e terre nuove, piani spirituali che sono dimore di molteplici stati di coscienza e che ogni essere raggiunge in base al proprio grado di evoluzione interiore”. Nell’ottobre del 2019 il manager Francesco Cattini, in occasione della promozione dell’ultimo album, annuncia il ritiro di Battiato dal mondo della musica.

Battiato muore la mattina del 18 maggio 2021 nella sua casa di Praino di Milo, all’età di 76 anni, dopo che per molto tempo la famiglia aveva sempre voluto mantenere il massimo riserbo sulle sue condizioni di salute. I funerali vengono celebrati il giorno seguente in forma strettamente privata nella cappella di Villa Grazia. Le esequie sono state celebrate da due sacerdoti, amici di Battiato: padre Guidalberto Bormolini che ha vissuto da vicino gli ultimi anni di Battiato, ha presieduto la cerimonia a Milo, raccogliendo i suoi pensieri e confidenze fin dalla diagnosi di mieloma multiplo, patologia che dal novembre 2017, con la caduta in casa e la frattura di femore e bacino, seguita alla precedente caduta sul palco, ha determinato la definitiva uscita di scena dell’artista siciliano; e padre Orazio Barbarino. Entrambi furono vicini al cantautore negli ultimi mesi di vita; quest’ultimo ha dichiarato alla stampa che il musicista da tempo “combatteva con una malattia degenerativa che lo aveva costretto a parlare pochissimo”. In un primo momento, le ceneri dell’artista sarebbero dovute riposare nella villa di Milo; in seguito vengono infine tumulate nel cimitero di Riposto presso la cappella di famiglia (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Artista eclettico e rivoluzionario nel mondo della musica italiana, Franco Battiato è stato un cantautore, pittore e regista il quale ha avuto il merito di iniziare e portare avanti una vera e propria rivoluzione artistica che ha travolto e influenzato l’Italia ma non solo.

Nella musica non ha mai conosciuto confini, anzi li ha allargati, dalla sperimentazione con dischi come “L’Egitto prima delle Sabbie” (ha vinto il premio Stockhausen), alla musica pop con “La voce del Padrone” primo LP a vendere oltre 1 milione di copie.  Ci ha lasciato capolavori come “La Cura”, “L’ombra della luce” e tante altre canzoni indimenticabili.  Ha riscritto un modello di reinterpretazione di grandi successi con il ciclo dei 3 FLEURS, il primo gli è valso la targa Tenco.

Si è cimentato con successo nella composizione di opere classiche come “Genesi”, “Gilgamesh”, “il Cavaliere dell’Intelletto”, “Messa Arcaica” e “Telesio”. Tra le sue innumerevoli collaborazioni ricordiamo Alice (la quale vince con “Per Elisa” il Festival di Sanremo), Milva, Giuni Russo e artisti internazionali come Antony and the Johnsons.

Negli anni ‘90 inizia il sodalizio con il filosofo Manlio Sgalambro con il quale scrive opere, dischi e il suo primo film “Perduto Amor” vincendo il Nastro d’Argento come miglior regista italiano esordiente.

In ambito cinematografico prosegue con “Musikanten” (con Alejandro Jodorowsky, Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni) e “Niente è come sembra”.

Ha diretto una trasmissione televisiva per Rai Futura “Bitte, Keine Reklame” sei puntate basate su incontri con uomini straordinari come architetti, mistici, compositori, filosofi, danzatori.

Ha sempre coltivato l’interesse per la spiritualità che ritroviamo in tutte le sue produzioni e a cui dedica un documentario “Attraversando il Bardo” (film e libro) con il quale ci ha lasciato il suo sguardo sul mondo e oltre.

L’ultima pubblicazione del 2019 è “Torneremo ancora”, brano che dà il titolo all’intero progetto, scritto e composto da Battiato con Juri Camisasca. All’interno, anche 14 tra i brani più rappresentativi della sua opera, registrati con la Royal Philharmonic Concert Orchestra, diretta dal Maestro Carlo Guaitoli.

Con “Torneremo ancora” ci regala, con generosità, il suo ultimo insegnamento, perché Franco ha sempre cercato di condividere con il suo pubblico non solo la sua musica, la sua arte, ma il suo percorso di ricerca interiore.

Grazia Cristina Battiato

Nipote

  • data: 25 novembre 2022
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB
  • colori: cinque
  • bozzettistaT. Trinca
  • num. catalogo francobolloMichel 4470 YT 4228 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta raffigura la cantante Milva durante un’esibizione musicale, delimitata, a destra, dal particolare di un disco in vinile. Completa il francobollo la legenda “MILVA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: per la fotografia che ha ispirato il ritratto di Milva © Marco Caselli Nirmal/Archivio Fotografico Fondazione Teatro Comunale di Ferrara

Milva, pseudonimo di Maria Ilva Biolcati (Goro, 17 luglio 1939 – Milano, 23 aprile 2021), è stata una cantante e attrice teatrale italiana.

Dotata di una voce da contralto molto duttile, capace di sonorità timbriche peculiari, di bassi impossibili da fare nonché di un solido vibrato e di un melisma preciso personale è inconfondibile, era soprannominata “La Rossa” e anche la Pantera di Goro; fu una delle protagoniste della musica italiana negli anni sessanta e settanta, assieme a Ornella Vanoni, Patty Pravo, Mia Martini, Mina, Iva Zanicchi, Orietta Berti, Caterina Caselli e Rita Pavone.

Molto popolare anche in Germania, si è esibita nei maggiori palcoscenici del mondo: dalla Scala al Piccolo Teatro di Milano, dallo Châtelet all’Opéra di Parigi, dallo Schauspielhaus di Zurigo alla Konzerthaus di Berlino, dal Concertgebouw di Amsterdam alla Suntory Hall a Tokyo, fino alla Carnegie Hall a New York. In totale, ha venduto oltre 80 milioni di dischi in tutto il mondo. Ad oggi detiene il record di artista italiana con il maggior numero di album realizzati: ben 173 tra album in studio, album live e raccolte, di cui 39 per il solo mercato italiano e 126 singoli. Il suo repertorio spazia fra generi diversi: infatti, è una delle poche cantanti italiane ad aver lavorato sia nel mondo della musica leggera che nell’impegnato teatro di Brecht e Strehler. La sua carriera artistica è stata ufficialmente riconosciuta dalle Repubbliche Italiana, Francese e Tedesca, che le hanno conferito alcune tra le più alte onorificenze.

Per il colore dei suoi capelli era anche nota come La Rossa (titolo di una canzone scritta per lei da Enzo Jannacci, al quale dedicò l’omonimo album La Rossa del 1980); canzone tra le più rappresentative del suo repertorio ed interpretata magistralmente . Il colore caratterizzava anche la sua fede politica di sinistra, rivendicata in numerose occasioni. Fra i numerosi successi di Milva si ricordano: Milord (cover italiana dell’omonima canzone di Édith Piaf, alla quale la cantante dedicò un intero LP); La filanda, cover del brano É ou não é della cantante di fado Amália Rodrigues; Alexander Platz, di Franco Battiato, Giusto Pio e Alfredo Cohen; Canto a Lloret parole di Raffaella Piva e musiche di Vangelis , Canzone, di Don Backy, presentata al Festival di Sanremo 1968; Da troppo tempo, una delle sue più rappresentative interpretazioni, insieme a La Rossa in seguito tradotta (come altri brani del suo repertorio) anche in giapponese.

Biografia

Gli inizi negli anni sessanta

Al secolo Maria Ilva, inizia giovanissima a cantare nelle balere del basso ferrarese con il nome d’arte Sabrina, e lì viene notata per la sua grinta e la sua straordinaria voce. Dopo aver trionfato in un concorso di voci nuove della Rai nel 1959, arrivando prima su ben 7600 partecipanti con le canzoni Acque amare di Carla Boni e Dicembre m’ha portato una canzone di Nilla Pizzi, comincia ad incidere per la Cetra, la casa discografica di Stato, partecipando al Festival di Sanremo 1961, nel quale arriva terza con Il mare nel cassetto. A giugno dello stesso anno partecipa alla manifestazione canora napoletana Giugno della Canzone Napoletana, in cui vince il primo premio con Credere, in coppia con Nunzio Gallo, ed il secondo premio con Mare verde, in coppia con Mario Trevi.

L’anno dopo è seconda con Tango italiano, che arriva in prima posizione nella classifica dei 45 giri. In questo periodo sono tantissimi i 45 giri incisi, tra i quali si ricordano due successi come Flamenco Rock (1960) e Blue spanish eyes (1966). Milva conquista immediatamente un’enorme popolarità, e per la linea melodica e tradizionale che caratterizza le sue canzoni, viene fin dall’inizio contrapposta dalla stampa a quella che per molti anni verrà identificata come la sua storica rivale, e cioè Mina. La rivalità, in realtà, non è mai esistita ed è stata più volte smentita dalla stessa Milva.

Nel 1961 sposa il regista Maurizio Corgnati (1º agosto 1917-30 marzo 1992) e nel 1963 avranno una figlia, Martina Corgnati, curatrice e critica d’arte. Milva ha definito Corgnati l’uomo più importante della sua vita anche se è stata lei a lasciarlo nel 1969. Milva viene a contatto attraverso il marito, con una dimensione culturale che le permetterà una progressiva e rilevante evoluzione artistica. Nel tempo avrà una relazione sentimentale con l’attore Mario Piave, in seguito con il paroliere Massimo Gallerani e poi con l’attore e doppiatore, Luigi Pistilli, anche lui considerato uno dei migliori interpreti delle opere di Bertolt Brecht.

Dopo la sua partecipazione al Festival di Sanremo 1962, dove presenta Tango italiano (2º posto) e Stanotte al luna park, Bruno Coquatrix, storico patron dell’Olympia di Parigi, la chiama per un eccezionale debutto oltralpe. Verso la metà del decennio si avvicina ad un repertorio più ricercato, attraverso gli LP Le canzoni del Tabarin – Canzoni da cortile (1963) e Canti della libertà (1965), dove incide la prima versione di Bella ciao, una delle sue più famose interpretazioni, che alcuni anni dopo Milva riproporrà in una puntata di Canzonissima.

Nel 1968 si classifica al terzo posto in coppia con Adriano Celentano con Canzone, brano al centro di una celebre diatriba tra il molleggiato ed il suo autore, Don Backy, e dedica un intero album al Tango.

Nel 1969 recita il ruolo della prostituta in quello che è il suo primo ruolo brillante nel musical di Garinei e Giovannini Angeli in bandiera, al fianco di Gino Bramieri e nello stesso anno incide Aveva un cuore grande, altro suo successo.

La recitazione in teatro e il successo

Ma, soprattutto, si avvicina alla recitazione, lavorando nel teatro leggero con Gino Bramieri e David Riondino, per poi passare a Giorgio Strehler, che diventa una figura-chiave per la crescita artistica di Milva, che in pochi anni diventa una delle più importanti attrici teatrali italiane. In particolare, si specializza nella rappresentazione del repertorio brechtiano, diventandone la maggiore interprete italiana, nonché una delle più apprezzate in assoluto in ambito internazionale. Alle canzoni di Bertolt Brecht Milva ha dedicato ben quattro progetti discografici e innumerevoli recital teatrali (i famosi Milva canta Brecht). Famosissima la sua interpretazione di Jenny dei Pirati nell’allestimento de L’opera da tre soldi (1973). Parallelamente continua la sua carriera come cantante attraverso l’incisione di importanti album, ai quali collaborano Ennio Morricone (che la omaggia con un intero LP, Dedicato a Milva da Ennio Morricone), Francis Lai, Mikīs Theodōrakīs, fino a Vangelis, Enzo Jannacci e Franco Battiato (siamo già negli anni ottanta).

Come cantante, Milva sembra proporsi al pubblico sotto due aspetti fondamentali: uno, più tradizionale, che comprende la pubblicazione di numerosissimi singoli di tipo abbastanza convenzionale e il relativo presenzialismo televisivo attraverso la partecipazione a popolarissime gare canore. L’altro, quello più impegnato, vede la riproposizione di un repertorio colto, importante, secondo un accordo con la casa discografica Ricordi (dove incide dal 1966 al 1993), grazie alla quale Milva può permettersi la pubblicazione di lavori di grande spessore, impegnandosi però a presentarsi annualmente al Festival di Sanremo e a lavorare parallelamente su una produzione più popolare. Nella prima metà degli anni settanta escono, dunque, i suoi primi due LP dedicati al mondo brechtiano e curati da Giorgio Strehler: Milva canta Brecht (1971) e Brecht (1975), quest’ultimo registrato dal vivo al teatro Metastasio di Prato. Sempre nel 1975 esce l’LP Libertà, dieci anni dopo Canti della libertà, col quale Milva aveva coraggiosamente dato una svolta alla propria carriera senza per altro voler sfuggire ad una ben precisa connotazione politica.

Ma sono questi gli anni anche dei grandi successi commerciali di brani come La filandaMediterraneoE per colpa tuaDa troppo tempoFine settimana e molti altri.

Nel 1977 pubblica l’album Milva, che si avvale della collaborazione di Cristiano Malgioglio e Corrado Catellari, e che contiene una versione in italiano ad opera di Luigi Albertelli di Non piangere più Argentina, celebre brano tratto dal musical Evita.

Nel 1978 è in teatro con ben due spettacoli: Diario dell’assassinata, per la regia di Gino Negri e Orfeo all’inferno, per la regia di Vito Molinari.

Nel 1979 pubblica l’album La mia età che si avvale canzoni scritte dal compositore greco Mikīs Theodōrakīs e delle prestigiose firme di poeti greci tra i più importanti del ‘900 come Giorgos Seferis, Premio Nobel per la letteratura nel 1963, Tasos Livaditis, poeta greco di estrema sinistra, considerato tra i più eccezionali della sua generazione, Manos Eleutheriou e Iakovos Kambanellis.

Anni ottanta: l’incontro con Battiato

Dagli anni ottanta in poi, il suo curriculum si arricchisce considerevolmente, grazie ad altre prestigiose collaborazioni, che ne esaltano le capacità artistiche: Luciano Berio (del quale interpreta il Primo cantastorie nella prima assoluta di La vera storia al Teatro alla Scala di Milano diretta dal compositore con Mariana Nicolesco, Oslavio Di Credico e gli Swingle Singers nel 1982, Une Chanteuse ne La vera storia diretta da Sylvain Cambreling con Antonio Savastano all’Opéra National de Paris nel 1985) ed al Teatro Comunale di Firenze diretta da Berio nel 1986; Astor Piazzolla, che la elegge come sua interprete favorita e le dedica l’opera da lei interpretata Maria de Buenos Aires e poi, ancora, con gli scrittori Umberto Eco, Andrea Zanzotto ed Emilio Villa. Sempre nel 1986 è Spelunken-Jenny in Die Dreigroschenoper al Théâtre du Châtelet di Parigi per la regia di Giorgio Strehler.

Nel 1981 inizia il sodalizio con Franco Battiato con quello che è il più grande successo commerciale della cantante, Milva e dintorni, il primo di tre album realizzati con Franco Battiato e Giusto Pio. Il brano affidato alla promozione radiofonica è Alexander Platz. Battiato elabora espressamente per lei questo capolavoro dalle atmosfere fassbinderiane e che rappresenta, ad oggi, uno dei brani più celebri dell’artista. Nel 1983 prende parte al varietà televisivo Al Paradise, rivelando doti di intrattenitrice televisiva al fianco di Heather Parisi ed Oreste Lionello, nello stesso periodo pubblica l’album Identikit, che vanta tra gli autori Antonello Venditti, Riccardo Cocciante, Paolo Conte e Bruno Lauzi.

Nel 1989 fu pubblicato il secondo album prodotto da Franco BattiatoSvegliando l’amante che dorme. 

Anni novanta

Nel 1990 partecipa al Festival di Sanremo con il brano Sono felice, e nel 1993 con il brano Uomini Addosso.

Nel 1993 è il principe Orlofsky ne Il pipistrello, diretta da Peter Maag.  In questi anni Milva torna assiduamente a lavorare in teatro, diretta da registi quali Giancarlo Sepe, Terence Rattigan, Marcello Panni, Mario Missiroli e per l’ultima regia di Giorgio Strehler prima della sua scomparsa nello spettacolo Non sempre splende la luna – Milva canta un nuovo Brecht.

In questi anni le incisioni discografiche sono tra le più variegate, dall’album Volpe d’amore, in collaborazione col poeta e politico greco Thanos Mikroutsikos, Mia bella Napoli dedicato alla canzone napoletana, fino al tango argentino di Astor Piazzolla omaggiato nell’album El Tango De Astor Piazzolla, passando per la canzone francese degli album La chanson française e cafè chantant e la collaborazione col musicista giapponese Shinji Tanimura nell’album Fammi luce – Milva ha incontrato Shinji.

Nel 1999 realizza in duetto con Al Bano una nuova versione della canzone Io di notte conosciuta in Germania anche con il titolo Zuviele Nächte ohne dich.

Gli ultimi progetti e il ritiro dalle scene

Nel 2004 collabora con Alda Merini realizzando un intero album con le liriche della grande poetessa musicate da Giovanni Nuti.

L’ultima partecipazione di Milva al festival sanremese avviene nel 2007, con la canzone The Show Must Go On di Giorgio Faletti che collabora anche all’album In territorio nemico.

Insignita l’anno precedente del titolo di Cavaliere della Legion d’Onore, nel 2010, dopo cinquantun anni di carriera, pubblica il terzo album scritto e prodotto per lei da Franco Battiato (dopo Milva e dintorni del 1982 e Svegliando l’amante che dorme del 1989), intitolato Non conosco nessun Patrizio e balzato immediatamente nella top 20 dei dischi più venduti in Italia. Con questo album l’artista annuncia il suo addio alle scene, almeno per quanto riguarda le esibizioni dal vivo, dopo mezzo secolo di palcoscenico vissuto in tutto il mondo.

Con queste parole Milva spiega le ragioni della propria scelta: «Ritengo che proprio questa speciale combinazione di capacità, versatilità e passione sia stato il mio dono più prezioso e memorabile al pubblico e alla musica che ho interpretato e per quello voglio essere ricordata. Oggi questa magica e difficile combinazione forse non mi è più accessibile: per questo, dato qualche sbalzo di pressione, una sciatalgia a volte assai dolorosa, qualche affanno metabolico; e, soprattutto, dati gli inevitabili veli che l’età dispiega sia sulle corde vocali sia sulla prontezza di riflessi, l’energia e la capacità di resistenza e di fatica, ho deciso di abbandonare definitivamente le scene e fare un passo indietro in direzione della sala d’incisione, da dove posso continuare ad offrire ancora un contributo pregevole e sofisticato».

Il 31 ottobre 2010 rilascia la sua ultima intervista televisiva a L’arena di Massimo Giletti.

Il 16 luglio 2019, in occasione dei suoi 80 anni, la cantante rilascia la sua ultima intervista al Corriere della Sera, in cui racconta le proprie giornate nella sua casa milanese di Via Serbelloni accudita dalla figlia Martina e dalla sua fidata assistente Edith. Nel maggio 2020 Milva fa la sua ultima apparizione sulle scene musicali, con un cameo nella chiusura del videoclip della canzone Domani è primavera di Dario Gay, incisione fatta dallo stesso in collaborazione con altri artisti per l’emergenza da COVID-19.

La morte

Affetta sin dal 2009 da una malattia neurodegenerativa, Milva è morta il 23 aprile 2021, all’età di 81 anni, nella sua casa di via Serbelloni a Milano. Riposa nel cimitero di Blevio, sul Lago di Como (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Interprete duttile e sensibile, inconfondibile per la voce calda, bassa e profonda, per l’intensa presenza scenica e per il carisma irresistibile della vibrante chioma rossa, da cui ha preso il suo popolare nickname, “La Rossa”, Milva era nata in un piccolo paese della bassa emiliana incastonato fra fiume e mare, Goro, in provincia di Ferrara. Il suo vero nome era Maria Ilva Biolcati ma tutti in casa, dalla mamma Noemi al papà Pescariello detto Mimi, l’avevano sempre chiamata Milva. La sua prima affermazione risale al 1959 quando, ragazzina timida e magrolina, vince il Concorso Nazionale delle Voci Nuove della RAI, prima su 7600 partecipanti.

Da quel momento al 2012, quando avrebbe abbandonato le scene, Milva non si ferma mai, esibendosi sui più importanti palcoscenici di tutto il mondo con repertori che spaziano dalle canzoni di Édith Piaf al tango contemporaneo di Astor Piazzolla, dalle melodie struggenti di Ennio Morricone agli indimenticabili brani di Franco Battiato, Enzo Jannacci, Vangelis e innumerevoli altri. Memorabile interprete brechtiana, indispensabile presenza e voce del Piccolo Teatro di Giorgio Strehler, Milva poteva esibirsi a Sanremo – ha partecipato quindici volte al Festival – e il mese dopo alla Scala di Milano con l’opera di Luciano Berio.

Difficile identificare un repertorio o un genere che Milva non abbia almeno sfiorato nella sua lunga carriera: ha inciso più di centosettanta dischi in una dozzina di lingue diverse, girato una decina di film, si è calata nei panni di Maria d’Avalos per Werner Herzog, della “Opinione Pubblica” nell’Orfeo all’Inferno di Offenbach, del Principe Orlofsky nel Pipistrello diretto da Peter Maag…. il suo talento eclettico e la sua sensibilità interpretativa sono stati riconosciuti in tutto il mondo. La Francia l’ha nominata Ufficiale dell’Ordre des Arts e des Lettres e Cavaliere della Legion d’Onore, la Germania le ha attribuito la Croce al Merito Federale e l’Italia il titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica.

Dopo la sua scomparsa, ho voluto che il suo archivio e i suoi premi fossero conservati dalla Biblioteca delle Arti, Sezione di Musica e Spettacolo, dell’Università di Bologna, Alma Mater, perché restino disponibili per i giovani e gli studiosi oggi e domani. Gli amici del Comune di Goro le hanno dedicato una piazza e il nuovo Centro Culturale con libri, dischi e oggetti e bellissimi ritratti fotografici che le erano appartenuti. Infine, un fondo “Milva Biolcati – Maurizio Corgnati” è stato istituito presso la Galleria Regionale Luigi Spazzapan di Gradisca d’Isonzo, con quadri dell’artista tanto amato dai miei genitori, che io ho voluto donare.

E questa bellissima foto, che ne rivela tutta la forza e l’intensità scenica, è stata scattata dall’amico carissimo e apprezzato professionista Marco Caselli Nirmal al Teatro Comunale di Ferrara il 4 novembre 2001, durante un recital dedicato ad Astor Piazzolla.

Martina Corgnati

La figlia

  • data: 25 novembre 2022
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB
  • colori: cinque
  • bozzettistaM.C. Perrini
  • num. catalogo francobolloMichel 4469 YT 4227 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta raffigura un primo piano della danzatrice classica Carla Fracci che si staglia su una scena che la vede protagonista ne La Sylphide, uno dei balletti più famosi. Completa il francobollo la legenda “CARLA FRACCI” “1936 – 2021”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: per la fotografia che ha ispirato il ritratto di Carla Fracci © Fiorenzo Niccoli

Carla Fracci, all’anagrafe Carolina Fracci (Milano, 20 agosto 1936 – Milano, 27 maggio 2021), è stata una ballerina italiana.

È considerata una delle più grandi ballerine del ventesimo secolo. Nel 1981 il New York Times la definì prima ballerina assoluta.

Carla Fracci

Biografia                                           

Primi anni

Il padre Luigi Fracci, di origini sarde, fu sergente maggiore degli alpini in Russia che si stabilì definitivamente a Milano dopo il ritorno dall’Unione Sovietica, mentre la madre Santina Rocca era operaia alla Innocenti di Milano. La sorella, Marisa Fracci, anche lei ballerina di danza classica, ha studiato presso la scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano. Con l’inizio della guerra Carla e la sua famiglia sfollarono presso la campagna di Volongo dalla nonna materna. Con l’inizio della scuola elementare si trasferì dalla zia a Ca’ Rigata di Gazoldo degli Ippoliti, per poi fare ritorno a Milano al termine della guerra, dove suo padre divenne impiegato dell’azienda tranviaria come conducente.

Spesso i suoi genitori la portavano con loro al circolo ricreativo dell’azienda di trasporti e fu lì che alcuni amici dei genitori notarono in lei uno spiccato senso del ritmo e li convinsero a farle sostenere un’audizione al Teatro alla Scala. Superò l’esame, ma i primi anni furono duri, poiché sentiva nostalgia degli spazi aperti in quell’ambiente rigido in cui subì i continui rimproveri della maestra, che la considerava ricca di doti ma svogliata. Fondamentale fu l’incontro con Margot Fonteyn che le permise di cogliere il senso di tutto quel lavoro, iniziando a sentire il teatro come “casa”.

Carriera

Carla Fracci sin dal 1946 studiò alla scuola di ballo del Teatro alla Scala con Vera Volkova ed altri coreografi, tra cui Ugo Dell’Ara, diplomandosi nel 1954. Dopo due anni divenne danzatrice solista, quindi prima ballerina nel 1958. Tra la fine degli anni cinquanta e gli anni settanta danzò con alcune compagnie straniere, quali il London Festival Ballet, il Sadler’s Wells Ballet, ora noto come Royal Ballet, il Balletto di Stoccarda e il Balletto reale svedese. Dal 1967 fu una ballerina ospite dell’American Ballet Theatre. La sua notorietà si lega alle interpretazioni di ruoli romantici e drammatici, quali Giselle, il suo “cavallo di battaglia”, La SylphideRomeo e GiuliettaCoppéliaFrancesca da RiminiMedea.

Ha danzato con vari ballerini, tra i quali Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, Mikhail Baryshnikov, Marinel Stefanescu, Alexander Godunov, Erik Bruhn, Gheorghe Iancu, Roberto Bolle. Da Giselle, danzata con Bruhn e l’American Ballet Theatre, venne tratto un film nel 1969. Ha interpretato MedeaConcerto baroccoLes demoiselles de la nuitIl gabbianoPelléas et MélisandeIl fiore di pietra.

Nel 1982 fu la protagonista di una fiction televisiva: comparve infatti nello sceneggiato Rai, diretto da Renato Castellani, Verdi, dove interpretò il ruolo di Giuseppina Strepponi, soprano e seconda moglie del compositore. Alla fine degli anni ottanta diresse il corpo di ballo del Teatro di San Carlo di Napoli. Varie furono, negli anni successivi, le sue interpretazioni: Il pomeriggio di un faunoOneginLa vita di Maria, A.M.W. La bambola di KokoschkaLa primavera romana della signora Stone (quest’ultimo con la regia di Beppe Menegatti), per citare le principali.

Bellissimo collage per Carla Fracci

Dal 1996 al 1997 diresse il corpo di ballo dell’Arena di Verona. Dal 1994 fu membro dell’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 1995 fu presidente dell’associazione ambientalista Altritalia Ambiente e nel 2004 venne nominata “Ambasciatrice di buona volontà” della FAO. Nel 1997 venne invitata come ospite alla serata finale del 40.mo Zecchino d’Oro.

Dal novembre del 2000 al luglio del 2010 diresse il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Ne seguì il repertorio tradizionale e quello firmato da Sergej Djagilev per i balletti russi (da La sagra della primavera, nella ricostruzione di Millicent Hodson, a ShéhérazadeL’uccello di fuoco e Petruška, nelle versioni di Andris Liepa). A quest’attività affiancò la riproposta di balletti perduti e nuove creazioni, sempre sotto la direzione di Beppe Menegatti. Nel 2008 collaborò con il gruppo rock demenziale Elio e le Storie Tese nell’album Studentessi recitando un intermezzo vocale al termine del brano Effetto memoria (Inverno) che introduce la traccia Heavy Samba. Dal giugno 2009 al 2014 è stata Assessore alla Cultura della Provincia di Firenze. Nel dicembre 2013 Arnoldo Mondadori Editore pubblicò la sua autobiografia Passo dopo passo, a cura di Enrico Rotelli. È stata ambasciatrice di Expo 2015. Nel 2016 presentò l’opera editoriale Ballerina, Giunti Editore, di Roberto Baiocchi per la quale ha firmato la prefazione e collaborato artisticamente insieme al marito e regista Beppe Menegatti.

Morte

Morì la mattina del 27 maggio 2021, all’età di 84 anni, nella sua casa di Milano, a causa di un cancro. È la prima donna ad essere sepolta nel famedio del cimitero monumentale di Milano.

Vita privata

Nel 1964 si sposò con il regista Beppe Menegatti, dal quale ebbe nel 1969 il figlio Francesco. Il marito si occupò della regia di quasi tutte le creazioni da lei interpretate (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Carla Fracci, mia mamma, è considerata una delle più grandi ballerine del ventesimo secolo. Da parte mia quello che mi ha sempre colpito e reso fiero di essere suo figlio è la sua affermazione: “Ho sempre cercato di portare la danza dappertutto, nei grandi teatri e anche in quelli piccoli, nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze, nelle carceri, ho cercato di portare la bellezza ovunque. Sono stata una pioniera del decentramento. Sono arrivata alla scuola di danza della Scala per caso, su consiglio di un’amica di famiglia, sono arrivata lì dalla campagna dove non avevamo nulla, eppure eravamo felici lo stesso.  Forse è stata anche questa, la mia forza”. 

Questa frase meglio di qualsiasi altra la descrive, non mi vorrei soffermare sulla sua forza di volontà o sulla sua forza fisica, mia mamma era atleta formidabile. Piuttosto la vorrei ricordare come mamma amorosa capace di donare bellezza a tutti, indistintamente, non solo dalle scene dei più grandi teatri del mondo ma nella vita di tutti i giorni, bellezza e granitica consapevolezza. Ne parlavamo spesso assieme delle sue origini “Sono cresciuta tra i contadini, nelle campagne vicino Cremona, libera, tra molti affetti e necessità concrete. E proprio lì, ben piantate nella terra, ci sono le mie radici”. Così mi ha insegnato.

Mio nonno Luigi Fracci dopo la guerra, nella quale fu sergente maggiore degli alpini in Russia e dalla quale tornò a piedi salvandosi miracolosamente, divenne impiegato dell’azienda tranviaria milanese ATM come conducente e tutte le mattine passando sotto le finestre delle sale da ballo del teatro alla Scala con il suo tram, suonava tre volte la campanella per farsi riconoscere. In quelle sale da ballo la mamma all’inizio non capiva “il senso degli esercizi ripetuti, del sacrificio, dell’impegno mentale e fisico”, ma poi fu fondamentale per lei l’incontro con Margot Fonteyn che le permise di cogliere il senso di tutto quel lavoro. Mia madre ha plasmato negli anni il suo corpo e la sua arte con la forza della volontà: “La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.”

Le compagnie dove mamma ballò, il Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet, il Royal Swedish Ballet, l’American Ballet Theatre, il Teatro alla Scala e i palcoscenici di tutto il mondo erano la sua seconda casa, ospitavano i suoi rituali sempre uguali prima dell’inizio dello spettacolo. La preparazione del camerino, il riscaldamento prima del ‘chi è di scena’ che sanciva l’inizio vero e proprio della rappresentazione.  I suoi più grandi partner sono stati Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Gheorghe Iancu, Vladimir Vasiliev, Paolo Bortoluzzi, Niels Kehlet, Amedeo Amodio, James Urbain e tanti altri, amici con i quali ha condiviso il suo meraviglioso cammino, uno straordinario mondo colorato di umanità sempre in movimento per la bellezza. 

Francesco Menegatti

  • data: 25 novembre 2022
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB
  • colori: cinque
  • bozzettistaM.C. Perrini
  • num. catalogo francobolloMichel 4471 YT 4226 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta raffigura un ritratto di Monica Vitti su cui campeggia, a sinistra, la sua firma autografa. Completa il francobollo la legenda “MONICA VITTI” “1931 – 2022”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: per la foto di Monica Vitti © Roberto Russo

Monica Vitti, pseudonimo di Maria Luisa Ceciarelli (Roma, 3 novembre 1931 – Roma, 2 febbraio 2022), è stata un’attrice italiana.

La sua caratteristica voce roca e l’innata verve l’hanno accompagnata per quasi quarant’anni di carriera cinematografica, dalle sue interpretazioni drammatiche nella “tetralogia dell’incomunicabilità” di Michelangelo Antonioni (L’avventuraLa notteL’eclisse e Deserto rosso) che le diedero fama internazionale, a quelle in ruoli brillanti (da La ragazza con la pistola a Io so che tu sai che io so) che la fecero considerare l’unica “mattatrice” della commedia all’italiana, tenendo ottimamente testa ai colleghi uomini Alberto SordiUgo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni.

Ha ottenuto numerosi premi, tra cui cinque David di Donatello come migliore attrice protagonista (più altri quattro riconoscimenti speciali), tre Nastri d’argento, dodici Globi d’oro (di cui due alla carriera), un Ciak d’oro alla carriera, un Leone d’oro alla carriera a Venezia, un Orso d’argento alla Berlinale, una Concha de Plata a San Sebastián e una candidatura al premio BAFTA.

Biografia

Nata a Roma da padre romano, Angelo Ceciarelli, e da madre bolognese, Adele Vittiglia, da bambina ha vissuto a Messina per circa otto anni a causa del lavoro del padre, un Ispettore del Commercio Estero. In quel periodo fu soprannominata scherzosamente dai familiari “setti vistìni”, per via della sua freddolosità che la portava a indossare i vestiti l’uno sull’altro. Sette sottane, traduzione del nomignolo infantile, diventò poi il titolo del suo primo libro autobiografico, edito nel 1993, seguito da Il letto è una rosa (1995).

Trasferitasi a Napoli, nel quartiere Vomero, a 12 anni scoprì la passione per il teatro durante i bombardamenti della guerra, mentre – racconta lei stessa – giocava nei ricoveri antiaerei sotterranei inscenando i burattini con il fratello Giorgio per dilettare i rifugiati, distraendoli così da un periodo molto buio. Perciò, tornata a Roma dopo la distruzione del suo palazzo a Napoli, a 14 anni entrò in teatro.

L’Accademia e il cambio del nome

Nel 1953 si diplomò all’Accademia nazionale d’arte drammatica, allora diretta dal suo maestro Silvio D’Amico e intraprese quella che sarà una breve ma formativa attività teatrale, in cui diede prova della sua versatilità recitando in Shakespeare e Molière. Particolarmente significativa fu la sua esperienza accanto a Sergio Tofano – suo insegnante in Accademia – negli allestimenti delle commedie sul personaggio di Bonaventura, firmate dallo stesso Tofano con lo pseudonimo “Sto”; qui offrirà le sue prime prove di versatilità nella comicità, che contraddistinguerà gran parte della sua carriera.

Su consiglio di Tofano, in quegli anni fu invitata ad adottare un nuovo nome e cognome, più artistico. Allora si mise a tavolino, e scelse metà del cognome di sua madre, Vittiglia, alla quale fu molto legata e che perse in giovane età.] Al cognome associò il nome “Monica”, che aveva appena letto in un libro e le suonava meglio. Nel 1955 esordì come Mariana ne L’avaro di Molière con la regia di Alessandro Fersen al Teatro Olimpico di Vicenza, e l’anno seguente, sempre sulla scena palladiana, sostenne il ruolo di Ofelia in Amleto di Riccardo Bacchelli. Nel 1956 fu anche protagonista di Bella di Cesare Meano al Teatro del Convegno di Milano con la regia di Enzo Ferrieri. A Roma si esibì in una serie di atti unici comici al Teatro Arlecchino (ora Teatro Flaiano).

Il cinema, Antonioni e l’alienazione

Dopo qualche ruolo di secondo piano in alcune pellicole comiche, venne notata dal regista Michelangelo Antonioni, con il quale intrecciò una relazione artistica e sentimentale. Il regista ne fece la sua musa e la Vitti divenne così protagonista della cosiddetta “tetralogia dell’incomunicabilità”. Interpretò la tormentata Claudia in L’avventura (1960), la tentatrice Valentina di La notte (1961), la misteriosa e scontenta Vittoria di L’eclisse (1962) e la nevrotica Giuliana in Deserto rosso (1964).

Il doppiaggio

Lavorò, anche se saltuariamente, come doppiatrice: diede la voce al personaggio Ascenza nel film Accattone di Pasolini; a Rossana Rory in I soliti ignoti di Monicelli e a Dorian Gray nel film Il grido di Antonioni; è la voce inoltre di Dalila (Daphne) nel film Senti chi parla adesso! (1993), sostituendo la voce di Diane Keaton nella versione originale, insieme a Renato Pozzetto, voce del cane Scag (in originale Rocks), originalmente doppiato da Danny DeVito. È stata doppiata a sua volta da Vittoria Febbi in La pacifista (1970) di Miklós Jancsó, anche se dello stesso film esiste una versione in cui Vitti doppia sé stessa (sono disponibili entrambe nel DVD Cinekult, mentre solo il doppiaggio con la Febbi è presente nell’edizione Alan Young).

Attrice brillante

Fu Mario Monicelli, su proposta del produttore Fausto Saraceni, a metterne in risalto la sorprendente verve di attrice comica, dirigendola nella commedia La ragazza con la pistola (1968), dove Vitti interpretò il ruolo di Assunta Patanè, una ragazza siciliana che insegue fino in Scozia l’uomo che l’ha “disonorata” (Carlo Giuffré) con l’intento di vendicarsi. Il film ebbe un grande successo e contribuì notevolmente a ridefinire la carriera dell’attrice romana, soprattutto agli occhi del pubblico.

Questo significativo e di fatto definitivo mutamento dell’immagine cinematografica di Vitti fu in qualche modo anticipato, nel 1964, dal film Il disco volante di Tinto Brass e nel 1966, dal film di produzione britannica Modesty Blaise – La bellissima che uccide di Joseph Losey, al quale partecipò anche Rossella Falk, e da altre commedie italiane del 1967, tra cui Ti ho sposato per allegria di Luciano Salce e La cintura di castità di Pasquale Festa Campanile, ove ebbe come partner rispettivamente Giorgio Albertazzi e Tony Curtis. Nel 1966 rifiutò un ruolo in Grand Prix di John Frankenheimer, ove sarebbe stata inserita in un cast internazionale guidato da James Garner, Toshirō Mifune e Yves Montand.

Nel maggio del 1968 venne nominata presidente della giuria al XXI festival del cinema di Cannes, ma le contestazioni del maggio francese raggiunsero la kermesse. Vitti si dimise dal suo incarico e verrà imitata da Louis Malle, Roman Polański e Terence Young. Come conseguenza, nessun premio cinematografico verrà ufficialmente attribuito.

Lasciate alle spalle le esperienze internazionali, sia pure episodiche, e una volta confermato il suo talento brillante, tra gli altri, in Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) (1970) di Ettore Scola, Gli ordini sono ordini (1972) di Franco Giraldi e La Tosca (1973) di Luigi Magni, Vitti, durante gli anni settanta, sarà protagonista di numerose pellicole del filone della commedia all’italiana. L’esperienza accanto ad Alberto Sordi nei film con lui interpretati per la regia di quest’ultimo sarà quella che l’avvicinerà maggiormente al grande pubblico, nel senso più nazional-popolare del termine.

Nel frattempo, anche all’estero molti registi di prestigio la vogliono sul set. Oltre al già citato Miklós Jancsó, recitò per Jean Valère in La donna scarlatta (1969), Luis Buñuel in Il fantasma della libertà (1974) e André Cayatte in Ragione di stato (1978). Nel 1974 inoltre si esibisce con Raffaella Carrà e Mina nel varietà televisivo Milleluci, cantando con loro Bellezze al bagno e inscenando una simpatica coreografia balneare, con citazioni anche dal suo film di successo Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa (1970) di Marcello Fondato. Nel 1978 recitò sempre per la televisione nella commedia Il cilindro di Eduardo De Filippo. Nel 1979, con la commedia Un amore perfetto o quasi di Michael Ritchie, recitò nel suo ultimo film di produzione straniera.

Negli anni ottanta tornò a lavorare con Michelangelo Antonioni in Il mistero di Oberwald (1980) e Alberto Sordi in Io so che tu sai che io so (1982). Nel 1981 affiancò Vittorio Gassman in Camera d’albergo di Mario Monicelli. Nel 1983, con la pellicola Flirt dell’esordiente Roberto Russo, ricevette il premio dell’attrice al Festival di Berlino del 1984; la collaborazione con Russo, suo futuro marito, continuò con Francesca è mia (1986): entrambi i film furono sceneggiati anche dalla stessa Vitti. In quel periodo recitò a teatro in La strana coppia (1987) e Prima pagina (1988). Nel giugno del 1984 prese parte al picchetto d’onore ai funerali del segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, insieme ad altri esponenti del cinema italiano come Federico Fellini e Marcello Mastroianni. Nel 1988, il prestigioso quotidiano francese Le Monde commise una clamorosa gaffe nei suoi confronti, pubblicando in prima pagina la notizia della sua morte, “avvenuta per suicidio con barbiturici”. L’attrice, con grande eleganza e senso dell’umorismo, si limitò a smentire la notizia, ringraziando i responsabili della gaffe per averle allungato la vita. Nello stesso anno fu protagonista con Orazio Orlando del videoclip Ma chi è quello lì, brano eseguito da Mina, tratto dall’album Rane supreme, e composto da Pino D’Angiò.

In alcuni suoi film degli anni sessanta e settanta operò quale sua controfigura un’ancora sconosciuta Fiorella Mannoia, cantante che proviene da una famiglia di stuntman.

Dopo aver esordito anche nella regia col film Scandalo segreto (1990), da lei anche scritto e interpretato, nel 1992 recitò nella miniserie TV Ma tu mi vuoi bene? accanto a Johnny Dorelli: le sue ultime due interpretazioni. Alla Mostra del cinema di Venezia del 1995 ricevette infine il Leone d’oro alla carriera.

Le ultime apparizioni e il ritiro dalle scene

Il 15 giugno 2000 prese parte ai festeggiamenti per gli ottant’anni di Alberto Sordi, mentre il 24 giugno, assieme ad altri colleghi, festeggiò la sceneggiatrice Suso Cecchi D’Amico per la consegna dei Globi d’oro a Cinecittà. A dicembre del 2000 nella basilica di San Pietro in Vaticano, celebrò il Giubileo, assieme a molti personaggi del mondo dello spettacolo. Nell’aprile 2001 venne ricevuta al Quirinale assieme ai premiati del David di Donatello. Sempre nello stesso mese, partecipò alla convention dell’Ulivo insieme al marito Roberto Russo.

Già allontanatasi dalle scene da diverso tempo e prima di ritirarsi definitivamente a vita privata, a causa delle sue condizioni di salute, si mostrò al pubblico per l’ultima volta nel marzo del 2002, alla prima teatrale italiana di Notre-Dame de Paris al GranTeatro di Roma. Nello stesso periodo concesse anche l’ultima intervista. Verrà immortalata dai fotografi per le ultime volte, dapprima in giro per le vie di Roma e poi a Sabaudia, in compagnia del marito.

Il 6 novembre 2003 viene ricoverata all’Ospedale Fatebenefratelli per una frattura del femore.

Alla sesta edizione del Festival del Cinema di Roma, nell’ottobre del 2011, le venne dedicata una mostra in occasione della quale fu presentato il volume La dolce Vitti, ideato e realizzato da Cinecittà Luce a cura di Stefano Stefanutto Rosa.

Nel 2016, il marito Roberto Russo ha rotto il silenzio, dichiarando false le voci che circolavano sulla presunta degenza dell’attrice presso una clinica svizzera, e confermando che viveva nella casa romana in cui ha sempre vissuto, accudita proprio da lui stesso e da una badante, dichiarazione da lui ribadita nel 2020, per l’89º compleanno dell’attrice.

Nel 2021, in occasione dei suoi novant’anni, le è stato dedicato il docufilm Vitti d’arte, Vitti d’amore, diretto da Fabrizio Corallo e promosso dalla Rai, che è stato presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma 2021 e poi trasmesso su Rai 3 il 5 novembre 2021.

La morte e i funerali

Monica Vitti si è spenta nella sua abitazione romana il 2 febbraio del 2022, tre mesi dopo aver compiuto 90 anni, a causa della demenza da corpi di Lewy che la affliggeva dal 2002; il 4 febbraio successivo viene allestita una camera ardente al Campidoglio ed il giorno seguente vengono celebrati i funerali religiosi, trasmessi in diretta tv su Rai 1, ai quali presenziano volti della politica e del cinema nonché molta gente comune, nella basilica di Santa Maria in Montesanto in Piazza del Popolo; dopo la cerimonia funebre, il feretro viene tumulato nel Cimitero del Verano di Roma (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

Testo bollettino

Monica Vitti è una donna della quale l’Italia può essere orgogliosa. Era una grande attrice e una persona speciale. Aveva un talento naturale, che nasceva in primo luogo dalla sua intelligenza e dalla sua simpatia.

Ha cominciato a recitare da bambina, quando con il fratello inscenava degli spettacoli di burattini per alleviare l’ansia delle persone nascoste nei rifugi della Napoli che viveva sotto i bombardamenti. Poi ha studiato teatro, ha recitato i classici, ha conosciuto alcuni dei più grandi talenti della recitazione italiana come Sergio Tofano.

Ciò che ha cambiato la sua vita artistica è stato l’incontro con Michelangelo Antonioni che la fece divenire il volto enigmatico e sofferto di alcuni dei suoi film più belli. In quelle pellicole, definite della “incomunicabilità”, Monica Vitti seppe dare ai quattro personaggi, Claudia, Valentina, Vittoria e Giuliana, una grande forza espressiva. Laureatasi così nel cinema drammatico, prestazioni che le valsero unanimi riconoscimenti nel mondo, Monica decise, su proposta di Mario Monicelli, di cambiare completamente genere passando alla commedia. Anche in questa nuova dimensione la Vitti dimostrò tutto il suo talento e la sua maestria nel recitare. “La ragazza con la pistola”, “Dramma della gelosia”, “Tosca” e i numerosi film con Alberto Sordi la consacrarono come una grande attrice comica.

Ma la Vitti era anche autrice e scrisse con il compagno della sua vita, Roberto Russo, che ne fu regista, due film, con uno dei quali, “Flirt”, vinse il premio per la migliore interpretazione al Festival di Berlino del 1984. È stata diretta da registi come Buñuel, Jancsó, Cayatte.

La Vitti ha interpretato, lungo vari decenni, la vena migliore del cinema italiano, la capacità di essere, allo stesso tempo, popolare e di qualità. Ha frequentato la televisione senza farsi fagocitare dalla logica e dagli stereotipi del piccolo schermo e non ha mai smesso di coltivare il suo primo amore, il teatro.

Gli italiani l’hanno sempre amata e rispettata. E le sono stati grati per i pensieri e i sorrisi che Monica è stata capace di liberare nell’aria e nel tempo.

Ringrazio Walter Veltroni per l’affettuoso ricordo di Monica.

Roberto Russo

Il marito

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