M.I.S.E. 63^ EMISSIONE 2022, del 08 Novembre, di un francobollo celebrativo della seconda Battaglia di El Alamein, nel 80° anniversario della ricorrenza

M.I.S.E. 63^ EMISSIONE 2022, del 08 Novembre, di un francobollo celebrativo della seconda Battaglia di El Alamein, nel 80° anniversario della ricorrenza, con valore indicato in B, corrispondente ad €1.20

  • data: 08 novembre 2022
  • dentellatura: 11  effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 30 x 40  mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 300.015
  • valoreB
  • colori: quadricromia
  • bozzettistaa cura dello Stato Maggiore della Difesa e ottimizzato dal Centro Filatelico della Direzione Operativa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel 4456 YT 4216 _ UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta raffigura il Sacrario Militare italiano di El Alamein in Egitto, realizzato su progetto dell’ingegner Paolo Caccia Dominioni, che si erge dove ebbero luogo alcune battaglie della Seconda guerra mondiale e custodisce le spoglie di 4.634 caduti. Completano il francobollo le legende “EL ALAMEIN” e “1942 – SECONDA BATTAGLIA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo lo puoi acquistare al prezzo di € 1,80; basta inviare una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

La prima battaglia di El Alamein fu uno scontro combattuto durante la seconda guerra mondiale, nello scacchiere del Nordafrica, che vide contrapposte le forze italo-tedesche, guidate da Erwin Rommel, e l’8ª Armata britannica al comando di Claude Auchinleck.

Prologo

Dopo la penetrazione in Egitto delle forze dell’Asse e la imminente conquista di Marsa Matruh che avverrà il 27 giugno, le forze alleate comandate dal tenente generale Neil Ritchie si erano ritirate fino alla Linea di El Alamein, un fronte di 65 chilometri dove il deserto si restringe a formare un collo che va dal mare alla Depressione di Bab el Qattara. Tra El Qattara ed il mare vi sono due costoni che si ergono offrendo posizioni dominanti, e che Auchinkeck decise si sfruttare per la difesa: Miteiriya (o Miteriya) e Ruweisat. Il primo è leggermente più ad ovest di El Alamein, il secondo direttamente a sud a circa 15 km. Poi si trovano vari piccoli rilievi, detti in arabo Tell, come Tell el Eisa, collinette che possono essere sfruttate per controllare il terreno e che in un deserto piatto possono essere utilizzati come riferimenti per la navigazione e l’artiglieria.

Dal lato italo-tedesco, Rommel da parte tedesca e Navarini da parte italiana in ottimi rapporti reciproci, il secondo a capo di Delease (l’emanazione del Comando Supremo Italiano in Africa Settentrionale) mentre stava per subentrargli Barbasetti, stavano organizzando il prosieguo dell’offensiva con obbiettivo il delta del Nilo. Il 25 giugno le avanguardie delle forze italo-tedesche avevano raggiunto Marsa Matruh, dove il comandante inglese Claude Auchinleck — Comandante in Capo del Middle East Command — aveva predisposto un blocco con unità del X e XIII Corpo d’armata. Una seconda postazione per rallentare la marcia dell’Asse era stata predisposta a Fuka. Le unità britanniche, anche per problemi di coordinamento, si ritirarono senza effettivamente riuscire a rallentare la marcia delle unità italo-tedesche. Le forze italo-tedesche erano logorate dalla veloce avanzata e dagli incessanti combattimenti, tanto che il XX corpo motocorazzato contava tremila uomini in tutto tra le tre divisioni, ArieteLittorio e Trieste, che dovevano averne 7500 in organico, mentre i mezzi erano ridotti a “34 carri, 50 cannoni, 100 autocarri e 20 autoblindo”; la RAF effettuava incessanti attacchi non solo su autocolonne e bersagli di rilievo ma su tutto ciò che si muovesse, e la mattina del 26 giugno una squadra di cacciabombardieri colpisce due auto su cui viaggiavano il generale Baldassarre, comandante del XX corpo, e il suo stato maggiore, mentre dirigevano la caccia alla 7ª divisione corazzata britannica; Baldassarre, che ferito aveva subito affidato il comando al generale De Stefanis, e quattro dei suoi ufficiali muoiono.

Il 26 giugno Auchinleck sollevò dal comando Ritchie ed assunse direttamente il comando anche dell’Ottava Armata. Le fanterie britanniche e del Commonwealth prepararono delle postazioni di difesa costituite da zone trincerate e circondate da campi minati, senza poter occupare estensivamente tutta la linea del fronte; queste postazioni vennero denominate boxes, scatole, e i loro campi minati successivamente integrati dai genieri italiani e tedeschi saranno la base della cintura minata denominata giardini del diavolo che assumerà una notevole importanza nelle fasi successive. I tre box così creati presidiavano ognuno una delle direttrici di accesso verso Alessandria, ma le forze a disposizione dei britannici il 1 luglio erano molto ridotte rispetto a quelle con cui avevano affrontato Rommel a Tobruk e Gazala. Le uniche divisioni a ranghi completi erano la 2ª di fanteria Neozelandese e la 1ª divisione corazzata britannica. Poi vi era la 1ª divisione di fanteria sudafricana del generale Pienaar, molto provata e ridotta negli effettivi, due gruppi di combattimento a livello brigata, la 9ª e la 18ª indiane, ed altri gruppi da combattimento formati partendo da divisioni in quel momento incomplete, la 7ª divisione corazzata (Desert rats, i topi del deserto), la 50ª di fanteria britannica ancora in addestramento nella zona del Delta e che arriverà nelle parti finali della battaglia e la 5ª divisione di fanteria indiana; la 9ª divisione di fanteria australiana si stava avvicinando al fronte.

Precisamente, il primo box nell’area del XXX corpo d’armata era posto vicino alla stazione di El Alamein, e presidiato dalla 1ª divisione sudafricana con la 18ª brigata indiana posta a Deir El Sheyn, tra il costone di Miteriya e quello di Ruweisat; la 1ª divisione corazzata fulcro del X corpo era subito dietro vicino alle propaggini est di Ruweisat; il secondo box di competenza del XIII corpo d’armata era ad est di Bab el Qattara, presidiato dalla 6ª brigata neozelandese in posizione avanzata rispetto al resto della divisione che era scaglionato a una quindicina di km ad est; la 9ª brigata della 5ª divisione indiana era nel terzo box a Naqb Abu Dweis, all’estremità nord della depressione di Qattara, e la 5ª brigata motorizzata pattugliava lo spazio tra secondo e terzo box.

La 9ª divisione australiana era ben fornita in uomini ma sotto organico in mezzi: carri vecchi e in numero insufficiente, pezzi anticarro solo da 2 libbre, ma nessuno da 6 libbre, pochi camion; la divisione faceva parte dapprima delle forze di difesa del Cairo, poi della Delta Force, le unità a difesa del Delta, che i britannici ritenevano in pericolo tanto da iniziare a predisporre la partenza delle unità della Mediterranean Fleet verso porti più sicuri mentre al Cairo come raccontato dal generale De Guingand si bruciavano documenti e il 30 giugno secondo il generale australiano Morshead si predisponeva lo spostamento del Middle East Headquarters verso luoghi più sicuri. Arrivata al Delta, la 24ª brigata e la 26ª brigata si disponevano a cavallo del lago Maryut a pochi km da Alessandria tra la costa e la località di El Amiriya, preparando postazioni difensive nel caso che la linea di El Alamein venisse superata e predisponendo anche piani di inondazione selettiva per ridurre l’area da difendere. I pareri dei comandanti britannici erano variegati ed andavano da quello del generale Norrie del XXX corpo che riteneva El Alamein l’ultima spiaggia (“Do or Die” letteralmente) anche se in seguito scrisse al generale Pienaar che avrebbe preferito trincerarsi dietro il Canale di Suez a quello di altri come quello del generale Gott che avrebbe preferito salvare l’Ottava Armata a scapito di Suez e dell’Egitto.

In Marsa Matruh entrarono i battaglioni X e XI del 7º Reggimento bersaglieri del colonnello Ugo Scirocco, e una compagnia del XXXII Battaglione genio guastatori, facendo 6.500 prigionieri. Il 1º luglio l’Afrika Korps attaccò: la linea alleata nei pressi di El Alamein non venne travolta fino a sera, e questa resistenza mise in stallo l’avanzata delle forze dell’Asse.

Il quartier generale di Rommel era in una grotta naturale a Marsa Matruh. Il 2 luglio Rommel concentrò le sue forze a nord, intendendo sfondare nei pressi di El Alamein. Auchinleck ordinò un contrattacco al centro delle linee dell’Asse, ma l’attacco fallì. Gli Alleati attaccarono con più successo anche a sud, contro le truppe italiane. Come risultato della resistenza Alleata, Rommel decise di riorganizzarsi e di difendere la linea conquistata.

La seconda battaglia di El Alamein (o terza battaglia di El Alamein per quegli autori che chiamano la battaglia di Alam Halfa seconda battaglia di El Alamein) fu combattuta tra il 23 ottobre e il 5 novembre 1942 durante la campagna del Nordafrica della seconda guerra mondiale. Lo scontro vide fronteggiarsi le forze dell’Asse dell’Armata corazzata italo-tedesca comandate dal feldmaresciallo Erwin Rommel, e l’8ª Armata britannica del generale Bernard Law Montgomery.

La battaglia ebbe inizio con l’offensiva generale britannica (nome in codice: Operation Lightfoot) e continuò per alcuni giorni con intensi combattimenti dall’esito alterno e pesanti perdite per entrambe le parti. L’Armata corazzata italo-tedesca del feldmaresciallo Rommel fu infine costretta a ripiegare con i pochissimi mezzi rimasti, di fronte alla netta superiorità numerica e materiale britannica. Interi reparti dell’Asse, soprattutto italiani, furono costretti alla resa perché sprovvisti di veicoli adeguati. Il ripiegamento venne inoltre ritardato dagli ordini di Adolf Hitler che imponevano una resistenza estrema sul posto, nonostante il parere contrario del feldmaresciallo Rommel. Nonostante ciò i soldati italiani tennero la posizione e la difesero fino all’ultimo mentre i tedeschi si ritirarono.

La vittoria britannica in questa battaglia segnò il punto di svolta nella campagna del Nordafrica, che si concluse nel maggio 1943 con la resa definitiva delle forze dell’Asse in Tunisia.

Nel luglio del 1942 l’Armata corazzata italo-tedesca (ACIT) agli ordini del feldmaresciallo Erwin Rommel, costituita dal Deutsches Afrikakorps e da due corpi d’armata italiani, uno di fanteria e uno meccanizzato, dopo la vittoria di Gazala e l’aver costretto la guarnigione anglo-australiana di Tobruch alla capitolazione, era penetrata profondamente in Egitto con l’obiettivo di troncare la vitale linea di rifornimenti britannica del canale di Suez ed occupare i campi petroliferi del Medio Oriente.

In netta inferiorità numerica, indebolito da una catena di approvvigionamento troppo allungata, dalla mancanza di rinforzi e consapevole del massiccio afflusso di nuovi reparti e mezzi all’8ª armata britannica, Rommel decise di colpire con rapidità prima che il rapporto degli effettivi divenisse ancor più svantaggioso.

L’Ottava armata ebbe il tempo di imbastire un’incompleta linea difensiva a El Alamein e, dopo una serie di scontri confusi e inconcludenti noti come prima battaglia di El Alamein, l’attacco italo-tedesco sferrato il 30 agosto 1942 presso Alam Halfa si risolse in uno scacco: impossibilitato a lanciare un’altra offensiva e in attesa dell’inevitabile contrattacco del nemico, Rommel preferì attestarsi e trincerare il proprio esercito.

Tra il 13 e il 14 settembre gli Alleati tentarono l’operazione Agreement, volta a scompaginare il sistema di rifornimenti dell’Asse, che si concluse in un clamoroso fallimento aggravato da forti perdite. Le forze alleate persero varie navi, tra cui l’incrociatore HMS Coventry e i cacciatorpediniere HMS Sikh e HMS Zulu della classe Tribal a causa dell’efficace tiro delle batterie costiere e degli attacchi aerei italiani. Anche i reparti a terra furono contrastati e respinti, in particolare dalla fanteria di marina di guarnigione a Tobruch.

Forze in campo

Dopo sei settimane di continui rifornimenti di uomini e materiali l’8ª armata al comando del generale Montgomery era pronta a colpire secondo il piano operativo previsto dall’operazione Lightfoot: circa 200 000 uomini e 1 000 carri armati (i numeri variano secondo le fonti) di modello recente, tra cui circa 250/300 M4 Sherman di fornitura statunitense, si mossero contro i circa 100 000 uomini (di cui poco più di 29 000 tedeschi in condizioni di combattere sui 46 000 che avrebbero dovuto essere in organico) e circa 490 carri, dei quali 211 tedeschi (compresi 38 Panzer IV) e 279 italiani di tipo M14/41, più 35 semoventi 75/18 che, sebbene concepiti come artiglierie mobili, venivano usati in funzione anticarro con buoni risultati. La superiorità britannica nelle forze corazzate era tuttavia ancor più netta per la qualità del materiale: gli Sherman e gli M3 Grant che Montgomery aveva in linea potevano essere contrastati solo dalla quarantina di Panzer IV e dagli altrettanti semoventi da 75/18, mentre le armi controcarro delle fanterie italo-tedesche erano impotenti contro il 66% dei mezzi corazzati alleati, quasi tutti con corazze frontali spesse 75 mm. Anche i 554 cannoni controcarro alleati da 2 libbre non erano molto efficaci contro i carri tedeschi, ma gli 849 pezzi da 6 libbre erano molto più potenti e in grado di arrecare seri danni, così come i 52 cannoni medi e gli 832 obici da 25 libbre che componevano l’artiglieria pesante. Al momento dell’inizio dell’operazione Lightfoot, inoltre, gli Alleati vantavano il dominio dei cieli grazie alla preponderanza numerica della Desert Air Force della RAF (un migliaio tra caccia e bombardieri moderni, in confronto ai 198 della Luftwaffe e della 5ª Squadra aerea), alla vicinanza delle principali basi aeree egiziane e alla pressoché illimitata disponibilità di rifornimenti e carburante.

Sul fronte italo-tedesco infatti, delle 6 000 tonnellate di carburante promesse il 18 agosto dal Comando supremo italiano, in particolare dal maresciallo d’Italia Ugo Cavallero per il 30 ottobre, non ne erano arrivate che 1 000: il resto era andato perduto con l’affondamento della petroliera Sanandrea (2 411 tonnellate di carburante) e il grave danneggiamento della Panuco (1 650 tonnellate), costretta a rientrare in patria. Secondo altre fonti questi dati potrebbero non essere esatti in quanto il 23 agosto 1942 era arrivata a Tobruch la pirocisterna Alberto Fassio con 2 749 tonnellate di carburante; la stessa nave ripeteva senza incidenti il trasporto di combustibile a Tobruch il 28 agosto 1942 con 2 040 (per altra fonte 2 635) tonnellate di carburante; ancora il 15 settembre la nave forzò il blocco britannico con 2 265 tonnellate di benzina. Comunque, poiché a metà agosto le due divisioni corazzate tedesche (15. e 21. Panzer-Division) disponevano di riserve per soli 170 chilometri di autonomia, era evidente che permaneva un serio problema di rifornimenti che avrebbe compromesso le capacità di manovra.

Anche la Luftwaffe venne meno all’impegno, preso con Rommel, di consegnare 500 tonnellate di carburante al giorno e così, al 2 settembre, le truppe tedesche disponevano di una sola giornata di rifornimenti. I britannici, che si avvalevano delle informazioni decrittate da Ultra per conoscere i movimenti navali italiani, affondarono il 27 ottobre la cisterna Proserpina e poco dopo il trasporto Tergestea; più avanti sarebbe toccato alle cisterne Luisiana e Portofino (quest’ultima giunta a Bengasi con 2 200 tonnellate di benzina ma affondata in porto da un bombardamento). Questo rese la mobilità delle truppe italo-tedesche alla vigilia della battaglia assai limitata, di fatto inesistente in uno scenario come quello desertico. Lo stato di salute di Rommel, già malato, peggiorò al punto di richiederne il ritorno in Germania, e il comando dell’Afrikakorps passò il 22 settembre al generale Georg Stumme, un esperto di truppe corazzate; comunque, prima di rientrare, Rommel passò per Roma a riferire della precaria situazione delle truppe impegnate nel deserto, ma senza risultati di maggiore impegno. Alla data del 15 ottobre, il confronto di forze era quindi di 150 000 uomini per l’8ª armata contro i 96 000 dell’ACIT, dei quali 24 000 tedeschi. Gli aerei e le navi di base a Malta, che non era stata neutralizzata come previsto dall’operazione C3 perché gli aerei necessari a quest’ultima erano stati trattenuti in Africa proprio da Rommel per appoggiare l’offensiva, falcidiavano sistematicamente del 50% i convogli di rifornimenti italiani. In effetti, a causa del rinvio dell’attacco a Malta (poi definitivamente annullato), due reparti d’élite, la divisione paracadutisti “Folgore” e la brigata paracadutisti tedesca Ramcke, verranno inviati a rinforzare l’armata italo-tedesca. La Folgore era un’unità molto addestrata e disciplinata, priva di qualunque mezzo di trasporto e dotata per quanto riguarda l’artiglieria solo di cannoni anticarro da 47 mm. La brigata tedesca, reduce dall’aviosbarco di Creta e classificata come 1ª Fallschirmjägerbrigade dalla Luftwaffe, alla quale apparteneva come tutte le unità paracadutiste germaniche, prendeva il nome dal suo comandante Hermann-Bernhard Ramcke (soprannominato “sorriso d’acciaio” perché aveva una dentiera di quel metallo, avendo perso i denti in un lancio); anch’essa non era motorizzata e si basava molto su quanto riusciva a reperire sul campo, di solito a spese dell’avversario; il suo simbolo era un aquilone con una “R” al centro (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

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