M.I.S.E. 55^ EMISSIONE 2022, del 27 Ottobre, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato a NICCOLO’ PAGANINI, nel 240° anniversario della nascita

M.I.S.E. 55^ EMISSIONE 2022, del 27 Ottobre, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “il Patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato a NICCOLO’ PAGANINI, nel 240° anniversario della nascita, con valore indicato B zona 3 50 g, corrispondente ad €4,80.

  • data: 27 ottobre 2022
  • dentellatura: 11 effettuata con fustellatura
  • dimensioni francobollo: 40 x 30  mm
  • stampa: in rotocalcografia
  • tipo di cartabianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 350.010
  • valoreB zona 3 50 g= € 4,80
  • colori: sei
  • bozzettistaF. Di Pietro
  • num. catalogo francobolloMichel 4448 YT 4208 UNIF ________
  • Il francobollo: La vignetta raffigura sullo sfondo di uno spartito, raffigura Niccolò Paganini di profilo intento a suonare il violino. Completano il francobollo la legenda “NICCOLÒ PAGANINI”, le date “1782 – 1840”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B ZONA 3 50 g”.

Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo lo puoi acquistare al prezzo di € 6,50; basta inviare una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

Niccolò Paganini (Genova, 27 ottobre 1782 – Nizza, 27 maggio 1840) è stato un violinista, violista, chitarrista e compositore italiano, fra i più importanti esponenti della musica romantica.

ritratto del musicista

Continuatore della scuola violinistica italiana di Arcangelo Corelli, Pietro Locatelli, Gaetano Pugnani e Giovanni Battista Viotti, è considerato uno dei maggiori violinisti di sempre, sia per la padronanza dello strumento, sia per le innovazioni apportate in particolare allo staccato e al pizzicato. La sua attività di compositore fu legata a quella di esecutore.

Ancora oggi la sua figura è circondata da leggende legate al suo prodigioso genio (talune anche alimentate dall’ambiente del romanticismo ottocentesco) e al famoso patto col diavolo da lui siglato per ottenere la fama e l’abilità necessaria per suonare il violino, contribuendo così a mitizzare la sua figura.

Biografia

Nacque a Genova il 27 ottobre del 1782 da una modesta famiglia originaria di Carro (nell’odierna provincia della Spezia). Il padre Antonio faceva imballaggi al porto ed era appassionato di musica; con la madre Teresa abitavano in Vico Fosse del Colle, al Passo della Gatta Mora, un caruggio di Genova nella zona di via del Colle. Fin dalla più giovane età Niccolò prese dal padre le prime lezioni di musica sul mandolino e, in seguito, fu indirizzato, sempre dal padre, allo studio del violino. Paganini è considerato un autodidatta, in quanto i suoi due maestri furono di scarso valore e non ricevette che una trentina di lezioni di composizione da Gaspare Ghiretti. Malgrado ciò, all’età di 12 anni, già si faceva ascoltare nelle chiese di Genova e diede un concerto nel 1795 al teatro di Sant’Agostino, eseguendo delle sue variazioni per chitarra e violino sull’aria piemontese La Carmagnola.

Ritratto di Niccolò Paganini da giovane

Il padre lo condusse a Parma nel 1796, all’età di 14 anni. Qui Niccolò si ammalò di polmonite e venne curato con il salasso, che lo indebolì e lo costrinse a un periodo di riposo nella casa paterna a Romairone, in val Polcevera, vicino a San Quirico dove studiò anche fino a 10-12 ore al giorno su un violino costruito dal Guarneri, regalatogli da un ammiratore di Parma. Secondo talune fonti, si ritiene che tal strumento possa essere identificato con il Guarneri del Gesù “Carrodus” del 1743, il quale, è stato rinominato “il Violino che Paganini ha perso al gioco”, e che secondo tal logica ha poi portato Paganini a entrare successivamente in possesso, nel 1800 a Livorno, del suo Guarneri del Gesù “il cannone” del 1743, del quale oltretutto (grazie a quanto rivelato da recenti studi effettuati sulle fibre del legno di ambedue gli strumenti), il carrodus risulta esser il violino gemello, poiché ambedue fabbricati con il legno del medesimo albero.

Tale tesi (riguardo l’identifica del primo violino appartenuto al maestro) risulta confermata da plurime circostanze: la prima è quella che riguarda la minor notorietà degli strumenti di Guarneri rispetto a quelli di Stradivari che confermerebbe, a sua volta, l’entrata in possesso del violino nelle mani del giovane Paganini tramite semplice donazione (i Guarneri infatti non erano visti come violini preziosi, come lo erano gli Stradivari), mentre l’altra è quella che si ricollega all’aneddoto che accompagna il suddetto violino del ‘43 (del fatto che fu perso al gioco dal musicista stesso), lasciandolo senza uno strumento di sua proprietà con cui esibirsi, per poi, in un secondo momento, “portarlo a conoscere” quello che sarebbe stato il suo strumento più importante: il cannone del ‘42.

Paganini imitava i suoni naturali, il canto degli uccelli, i versi degli animali, i timbri degli strumenti, come il flauto, la tromba e il corno. In seguito diede dei concerti nell’Italia Settentrionale e in Toscana. Raggiunta una portentosa abilità, andò di nuovo in Toscana, dove ottenne le più calorose accoglienze. Nel 1801, all’età di 19 anni, interruppe la propria attività di concertista e si dedicò per qualche tempo all’agricoltura e allo studio della chitarra. In breve tempo diventò virtuoso anche di chitarra e scrisse molte sonate, variazioni e concerti non pubblicati; insoddisfatto, si mise a scrivere sonate per violino e chitarra, trii e quartetti in unione agli strumenti ad arco. Paganini scriveva per chitarra a sei corde, che in quel periodo soppiantò quella “spagnola” a cinque cori (quattro corde doppie e una singola nella parte alta detta cantino), e questo spiega il suo estro negli scoppiettanti pizzicati sul violino.

Alla fine del 1804, all’età di 22 anni, riapparve a Genova, ma tornò a Lucca l’anno successivo, dove accettò il posto di primo violino solista alla corte della principessa di Lucca e Piombino Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone I. Il 27 dicembre 1808 diresse i musicisti durante la tenuta del Grande Oriente d’Italia per l’affiliazione e l’amicizia col Grande Oriente di Francia, eseguendo un proprio inno massonico composto su parole del fratello Vincenzo Lancetti, scrittore (Cremona 1767 – Milano 1851), e nei verbali della tenuta la sua qualità di massone risulta esplicitamente. Quando Elisa Baciocchi, nominata granduchessa di Toscana, si trasferì a Firenze nel 1809, Paganini la seguì, ma per un banale incidente se ne allontanò e non volle più tornarvi, malgrado i numerosi inviti. A Torino fu invitato a suonare nel castello di Stupinigi da un’altra delle sorelle dell’imperatore francese, Paolina Borghese.

Nella sua vita, Paganini percorse l’Italia tre volte, facendosi applaudire in numerose città. La prima di queste città fu Milano nel 1813, a 31 anni, il 29 ottobre, al teatro Carcano. I critici lo acclamarono primo violinista al mondo. Qui nel giro di diversi anni diede 37 concerti, in parte alla Scala e in parte al Carcano. Nel marzo 1816 trionfò nella sfida lanciatagli da Charles Philippe Lafont e due anni dopo ripeté il trionfo in un confronto con Karol Lipiński. Strinse amicizia con Gioachino Rossini e con Louis Spohr. Nel 1817, a 35 anni, suonò a Roma, suscitando una tale impressione che il Metternich lo invitò a Vienna. Ma, già allora, le precarie condizioni di salute gli impedirono di realizzare quel progetto. Invece andò al Sud, a Palermo, dove il 23 luglio 1825 vide la luce Achille (1825-1895), il figlio avuto con una “mediocre cantante e per giunta nevrotica”, Antonia Bianchi (Como, 1800 – 1874). Paganini convisse con la Bianchi dal 1824 al 1828 prima che lei venisse sposata dal milanese Carlo Felice Brunati. Pur non ufficializzando mai il legame con la madre di suo figlio, Paganini tuttavia si dimostrò affettuoso verso questo bimbo illegittimo, tanto che per averlo con sé dovette sborsare 2 000 scudi alla madre e poi farselo riconoscere manipolando le sue conoscenze altolocate.

Violino appartenuto a Paganini ed esposto a Cremona

Nel 1828 finalmente andò a Vienna, dove le lodi ai suoi concerti furono unanimi. L’imperatore Francesco II lo nominò suo virtuoso di camera. Dopo aver dato 20 concerti a Vienna, si recò a Praga, dove sorsero aspre discussioni sul suo valore. Compose anche dal 1817 al 1830 sei concerti per violino e orchestra (famoso il finale del secondo, detto La campanella); ritornato a Genova nel 1832 incominciò la composizione dei famosi Capricci per violino e, nel 1834, una sonata per la grande viola, variazioni su temi di Süssmayr e Gioachino Rossini, serenate, notturni, tarantelle. La gran viola in questione è uno speciale strumento a cinque corde, andato perduto, che Paganini aveva fatto produrre a Francesco Borghi, liutaio di Forlì, e che divenne nota anche col nome di “controviola Paganini”.

Tra il 1832 e il 1833 si alterna tra Parigi e l’Inghilterra e conosce la giovane Charlotte Watson, figlia del suo accompagnatore al pianoforte, e se ne innamora. A Boulogne fissa un incontro con lei ma vi trova il padre e scoppia uno scandalo. Nel 1833 acquista nei pressi di Parma la grande Villa Gaione, con l’intenzione di trascorrervi i periodi di riposo tra una tournée e l’altra.

La malattia

Il 1834 segna l’inizio dei sintomi più evidenti di una malattia polmonare all’epoca non diagnosticata, segnata da accessi di tosse incoercibile, che duravano anche un’ora, che gli impedivano di dare concerti e che lo spossavano in maniera debilitante, per la quale furono interpellati almeno venti fra i medici più famosi d’Europa, ma che nessuno riuscì a curare. Il dottor Sito Borda, pensionato dell’Ateneo di Pavia, finalmente pose la diagnosi di tubercolosi e lo curò con un rimedio dell’epoca, il latte di asina. Solo in seguito propose medicamenti mercuriali e sedativi della tosse, tipici dell’epoca, con poco risultato e grossi effetti collaterali. I disturbi alla gola si presentarono molto tempo prima che insorgesse la laringite vera e propria e la necrosi dell’osso mascellare. Comunque la reazione di Paganini alla malattia fu molto dignitosa e composta; malgrado non avesse una grande opinione dei medici, che non erano riusciti a curarlo, si rivolgeva sempre con fiducia a qualcun altro, sperando di trovare un medico che potesse aiutarlo.

Nonostante la difficoltà in cui si trovava, non si abbandonò mai alla disperazione e in questi estremi frangenti dimostrò una grande forza d’animo. Al tempo gli diagnosticarono una laringite tubercolare; dagli sforzi della tosse non poteva più parlare e diventò completamente afono. Gli faceva da interprete il figlioletto Achille di 15 anni, che si era abituato a leggergli le parole sulle labbra e quando anche questo non fu più possibile, si mise a scrivere dei bigliettini, che sono stati conservati e sottoposti a esame grafologico. Achille, diventato adulto, cercherà di dare continuità all’opera del padre, continuando a riordinare e a pubblicare le sue opere, autenticandone la firma. In seguito i nipoti, che non avevano conosciuto il nonno Niccolò, venuti in possesso dell’intera opera paganiniana, decideranno di venderla allo Stato e, solo dopo un rifiuto, metteranno l’opera all’asta.

alcuni francobolli emessi da alcune nazioni

Morte e sepoltura

Paganini morì il 27 maggio 1840 a Nizza in casa del presidente del Senato. Il vescovo di Nizza ne vietò la sepoltura in terra consacrata per la sua fama di eretico. Il suo corpo fu quindi imbalsamato con il metodo Gannal e conservato nella cantina della casa dov’era morto. Dopo vari spostamenti, nel 1853 fu sepolto nel cimitero di Gaione e successivamente nel cimitero della Villetta di Parma.

La tecnica

Niccolò Paganini fu il più grande violinista dell’Ottocento. Era dotato di una tecnica straordinaria e le sue composizioni erano considerate ineseguibili da un altro violinista. Era velocissimo, compiva salti melodici di diverse ottave, eseguiva lunghi passi con accordi che coprivano tutte e quattro le corde, alternava velocemente note eseguite con l’arco e note pizzicate alla mano sinistra. Eseguiva anche misteriosi e spettrali armonici artificiali. Ogni tecnica era portata all’eccesso e le sue violente esecuzioni finivano quasi sempre con la volontaria e progressiva rottura delle corde e la conclusione del concerto sull’unica corda superstite, quella di sol.

La leggenda nera di Paganini

Oltre che questa forte componente virtuosistica, a determinare il suo successo era anche il forte alone di mistero che circondava la sua figura. Su Paganini si diffusero infatti leggende infondate, ma credute da molti. Si diceva, per esempio, che avesse ucciso un rivale in amore e che in prigione gli fosse stato concesso di suonare il violino; con il passare del tempo avrebbe perso tutte le corde tranne quella di sol, costretto quindi a suonare solo su quella corda. Da questo aneddoto si faceva derivare la sua particolare bravura sulla corda di sol. Un aneddoto ben più fantasioso e inquietante è quello che raccontava di come Paganini fosse un assassino seriale e ricavasse le corde del suo violino dalle viscere delle sue vittime.

Il patto col diavolo

La figura di Paganini era spesso collegata a Satana: si diceva che avesse stipulato un patto con il diavolo per poter suonare in quel modo. In generale il violino stesso era considerato lo strumento del diavolo  (nonostante fosse stato suonato anche da preti come Antonio Vivaldi, il prete rosso), si veda anche l’esecuzione paganiniana del difficile brano Il trillo del diavolo. Questa associazione con il diavolo era aiutata dalla sua immagine: era scarno, a causa della sifilide, forse anche della sindrome di Marfan, e vestiva quasi sempre interamente di nero. Il viso era cereo e gli occhi rientrati nelle orbite; aveva perso tutta la dentatura a causa del mercurio somministrato per curare la sifilide e la bocca gli era così rientrata, mentre naso e mento si erano avvicinati (come gli anziani senza dentiera). La tubercolosi che lo uccise gli era costata anche la necrosi mascellare, ed era associata popolarmente da sempre anche al vampirismo. Quando Paganini suonava sul palcoscenico pareva a molti sembrare davvero uno scheletro in frac con un violino incastrato sotto la mascella.

Concerti per violino

I concerti per violino e orchestra presentano una singolarità di concezione, che alla loro epoca fu talvolta scambiata per esibizionismo esagerato. Le serie di accordi di difficile impostazione, i trilli e i salti di registro, sono dovuti anche al fatto che Paganini, per questioni economiche, voleva essere l’unico in grado di suonare la propria musica in modo da essere l’unico a potervici lucrare. Volendo mantenere segrete le partiture, le consegnava al direttore d’orchestra solo qualche ora prima dell’esecuzione. Questi aveva quindi la possibilità di studiarle solo per poco tempo; perciò il compositore doveva limitarsi a un’orchestrazione di facile interpretazione (l’orchestra doveva infatti essere in grado di suonare il brano a prima vista). In questo modo, gli assoli di violino risultano maggiormente complicati all’orecchio dell’ascoltatore che nel frattempo si è abituato all’accompagnamento semplificato dell’orchestra. Un esempio di quanto detto lo si trova nel primo e nel secondo concerto per violino e orchestra. In particolare nel secondo, il movimento denominato la Campanella è considerato dalla critica un capolavoro e venne trascritto per pianoforte da Franz Liszt.

“Paganini non ripete”

Questo popolare detto ebbe origine nel febbraio del 1818 al Teatro Carignano di Torino, quando Carlo Felice, dopo aver assistito a un concerto di Paganini, fece pregare il maestro di ripetere un brano. Paganini, che subiva spesso lesioni ai polpastrelli ed amava improvvisare al momento le composizioni, quindi difficilmente ripetibili, gli fece rispondere il suo disappunto «Paganini non ripete». A seguito del rifiuto di concedere il bis gli fu negato il permesso di eseguire un terzo concerto in programma.

La controversia causò l’annullamento dei concerti previsti a Vercelli e Alessandria. In due lettere inviate all’amico avvocato Luigi Guglielmo Germi scrisse: «La mia costellazione in questo cielo è contraria. Per non aver potuto replicare a richiesta le variazioni della seconda Accademia, il Sig. Governatore ha creduto bene di sospendermi la terza…» (il 25 febbraio 1818) e poi, ancora: «In questo regno, il mio violino spero di non farlo più sentire» (l’11 marzo dello stesso anno). Tuttavia nel 1836 tornò a suonare proprio a Torino per ringraziare Carlo Alberto per la concessione di legittimazione del figlio Achille.

«Paganini non ripete» assurse a vulgata usata tutt’oggi per motivare il rifiuto di ripetere un gesto o una frase (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).

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