M.I.S.E. 48^-49^-50^-51^ EMISSIONE di n.4 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica “Il patrimonio naturale e paesaggistico” – Serie TURISTICA ( BOLOGNA – NORCIA – MARATEA – LA MADDALENA )

Il Ministero dello Sviluppo Economico, emette il 23 luglio, distribuiti da Poste Italiane, n.4 francobolli ordinario appartenenti alla serie tematica “il Patrimonio naturale e Paesaggistico” – Serie Turistica (Bologna, Norcia, Maratea, La Maddalena, relativi al valore della tariffa B, corrispondenti ognuno ad € 1.10.

Bologna
  • data: 23 luglio 2021
  • dentellatura: 9
  • stampa: rotocalcografia
  • tipo di cartacarta bianca, patinata gommata, autoadesiva, non fluorescente
  • colori: cinque
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 200.000
  • francobollo dimensioni: 48 X 40 mm
  • valoreB = €1.10
  • bozzettistaM.C. PERRINI
  • num. catalogo francobolloMichel_4326 YT _4086_ UNIF _4169_ Sass_4106
  • Il francobollo: La vignetta riproduce uno scorcio di Piazza Maggiore con il Palazzo del Podestà, il Palazzo dei Banchi e la Basilica di San Petronio; sullo sfondo lo skyline della città in cui si evidenziano la cupola della chiesa di Santa Maria della Vita e le Torri degli Asinelli e Garisenda; completa il francobollo la leggenda “BOLOGNA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”. Foto di Bologna: ©Giorgio Bianchi – Comune di Bologna
Norcia
  • data: 23 luglio 2021
  • dentellatura: 9
  • stampa: rotocalcografia
  • tipo di cartacarta bianca, patinata gommata, autoadesiva, non fluorescente
  • colori: sei
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 200.000
  • francobollo dimensioni: 48 x 40 mm
  • valoreB = €1.10
  • bozzettistaT. Trinca
  • num. catalogo francobolloMichel_4327_ YT _4087_ UNIF _4170_Sass 4107
  • Il francobollo: La vignetta riproduce un panorama di Castelluccio di Norcia che svetta sul paesaggio circostante caratterizzato dalla fioritura delle pregiate lenticchie di Castelluccio; completa il francobollo le leggende “NORCIA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
Maratea
  • data: 23 luglio 2021
  • dentellatura: 9
  • stampa: rotocalcografia
  • tipo di cartacarta bianca, patinata gommata, autoadesiva, non fluorescente
  • colori: sei
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 200.000
  • francobollo dimensioni: mm
  • valoreB = €1.10
  • bozzettista: S. Isola
  • num. catalogo francobolloMichel_4328_ YT _4088_ UNIF _4171_Sass 4108_
  • Il francobollo: La vignetta riproduce una veduta dall’alto del porto turistico di Maratea su cui svetta la statua del Cristo Redentore, simbolo della città, opera dello scultore fiorentino Bruno Innocenti posta sulla sommità di Monte San Biagio; completa il francobollo la leggenda “MARATEA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”. Foto di Maratea: ©Guido Alberto Rossi
La Maddalena
  • data: 23 luglio 2021
  • dentellatura: 9
  • stampa: rotocalcografia
  • tipo di cartacarta bianca, patinata gommata, autoadesiva, non fluorescente
  • colori: sei
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura: 200.000
  • francobollo dimensioni: 48 X 40 mm
  • valoreB = €1.10
  • bozzettistaG. MILITE
  • num. catalogo francobolloMichel_4329_ YT _4089_ UNIF _4171_Sass 4109_
  • Il francobollo: La vignetta riproduce una veduta dal mare del piccolo centro abitato e il porto; completa il francobollo la leggenda “LA MADDALENA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”. Foto di La Maddalena: ©Tommaso Gamboni

Se sei interessato all’acquisto di questi francobollo li puoi acquistare al prezzo di € 1.50 cadauno, inviandomi una richiesta alla mia email: protofilia1@gmail.com Inoltre, nei prossimi giorni, sono previsti l’uscita di Cartoline Filateliche e Folder. CONTATTATEMI

Bologna

Bologna è un comune italiano di 394 516 abitanti, capoluogo dell’omonima città metropolitana, a sua volta capoluogo dell’Emilia-Romagna, posta al centro di un’area metropolitana di circa un milione di abitanti. Sede della più antica università del mondo occidentale, ospita numerosi studenti che ne animano la vita culturale e sociale. Nota per le sue torri, i suoi lunghi portici, e un ben conservato centro storico, fra i più estesi d’Italia.

La città, i cui primi insediamenti risalirebbero almeno al I millennio a.C., fu un importante centro urbano dapprima sotto gli Etruschi e i Celti, poi sotto i Romani e, nel Medioevo, come libero comune. Capitale settentrionale dello Stato Pontificio a partire dal Cinquecento, ebbe un ruolo molto importante durante il Risorgimento e, durante la seconda guerra mondiale, fu un importante centro della Resistenza. Nel secondo dopoguerra, come buona parte dell’Emilia, è stata governata quasi ininterrottamente da amministrazioni di sinistra.

Bologna è un importante nodo di comunicazioni stradali e ferroviarie del nord Italia, in un’area in cui risiedono importanti industrie meccaniche, elettroniche e alimentari. È sede di prestigiose istituzioni culturali, economiche e politiche, e di uno dei più avanzati quartieri fieristici d’Europa. Nel 2000 è stata “capitale europea della cultura”, mentre dal 2006 è “città della musica” UNESCO.

Territorio

Bologna è situata nelle propaggini meridionali della pianura Padana, a ridosso dei primi rilievi collinari dell’Appennino tosco-emiliano, fra lo sbocco delle valli del fiume Reno e del torrente Savena, che la bagnano longitudinalmente, rispettivamente a ovest e a est. L’altimetria del territorio comunale spazia dai 29 m s.l.m. del quartiere di Corticella ai 54 del centro del capoluogo, fino ai circa 280 del Colle della Guardia che domina sull’area urbana, e ai circa 390 del Monte Sabbiuno ai confini meridionali del territorio comunale.

Storia antica

La zona di Bologna risulta abitata fin dal III millennio a.C., ma è soprattutto dal IX secolo a.C. che si registrano insediamenti di rilievo, come risulta dagli scavi effettuati a partire da metà Ottocento nella vicina Villanova, frazione di Castenaso. In questo periodo, e fino al VI secolo a.C., la zona dove sorge oggi Bologna era occupata da nuclei insediativi dell’età del ferro appartenenti alla civiltà villanoviana. Nel VII-VI secolo a.C. abbiamo testimonianze di un’apertura ai modelli culturali e artistici dell’Etruria tirrenica, durante la quale la città fu chiamata Felsina (in etrusco Felzna o Felsna).

Successivamente (V-IV secolo a.C.), con la discesa dei Galli nella penisola, gli Etruschi persero il controllo dell’area. Il dominio gallico sulla zona durò fino al 196 a.C., anno in cui i Galli Boi furono soggiogati dai Romani. Nel 189 a.C. questi ultimi fondarono sul sito una colonia di diritto latino a cui diedero il nome di Bononia.

Storia medievale

Dopo la caduta dell’Impero, fu soggetta a Odoacre, a Teodorico il Grande (493-526), a Bisanzio e infine, nel 727, ai Longobardi, per i quali costituì principalmente un centro militare. Nel 774 la città capitolò davanti a Carlo Magno, che la consegnò al papa Adriano I.

Ripopolatasi nel X secolo, Bologna iniziò a nutrire aspirazioni comunali, che riuscì ad affermare alla morte di Matilde di Canossa, nel 1115, ottenendo l’anno successivo una serie di concessioni giurisdizionali ed economiche dall’imperatore Enrico V.

Al 1088 è convenzionalmente fatta risalire la fondazione di quella che è riconosciuta come la prima università del mondo occidentale (lo Studium). Tra i primi maestri vi furono i giuristi Pepone, Accursio e Irnerio, che resero famosa in tutta Europa la scuola di giurisprudenza bolognese.

Il comune partecipò alla lotta contro il Barbarossa, conclusasi con la pace di Costanza nel 1183, dopo la quale conobbe una forte espansione, anche edilizia (periodo delle case-torri): fu uno dei principali centri di scambio commerciale grazie a un avanzato sistema di canali che permettevano il transito di grandi quantità di merci e fornivano l’energia necessaria ad alimentare numerosi mulini industriali. Alla fine del XIII secolo contava 50 000, forse 60 000 abitanti.

Nel XIII secolo Bologna fu coinvolta nelle lotte tra guelfi e ghibellini, con alterne fortune. Nel 1249 i bolognesi riuscirono a catturare Re Enzo di Sardegna, figlio di Federico II di Svevia, il quale fu tenuto prigioniero fino alla sua morte (1272) nell’omonimo palazzo.

Nel 1257, per la prima volta in Italia e forse nel mondo, il podestà Bonaccorso da Soresina promulgò il Liber Paradisus che aboliva la schiavitù e riscattava i servi della gleba, pagando gli ex proprietari con soldi pubblici e a prezzo di mercato.

Fra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo le lotte interne indebolirono le istituzioni comunali e la città andò progressivamente assoggettandosi all’autorità papale. Nel 1327 il legato pontificio Bertrando del Poggetto prese la città, per poi essere cacciato a furor di popolo nel 1334. Nel 1337 ebbe inizio la signoria dei Pepoli. Alla morte di Taddeo Pepoli il governo della città passò ai Visconti di Milano, poi nuovamente alla Chiesa. Dopo un effimero periodo comunale, nel 1401 la signoria della città passò ai Bentivoglio, che la mantennero – fra alterne vicende – fino alla cacciata ad opera di papa Giulio II nel 1506.

Storia moderna

Nel 1507 Bologna passò allo Stato Pontificio e nel 1530 nella Basilica di San Petronio venne celebrata l’incoronazione di Carlo V Imperatore per mano di Papa Clemente VII. La città rimase nello Stato Pontificio fino al 1796, quando con Napoleone arrivarono a Bologna le truppe francesi. Tuttavia, dopo il Congresso di Vienna (1815) la città ritornò allo Stato Pontificio. Vi si stabilirono gli austriaci, per essere poi annessa, con il plebiscito dell’11-12 marzo 1860, al Regno di Sardegna che diventerà Regno d’Italia esattamente dodici mesi dopo.

Seconda guerra mondiale

La città di Bologna fu esposta a numerose azioni di bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Le incursioni aeree ebbero sulla città effetti devastanti, tra i quali la perdita di oltre 3 000 vite, la distruzione di monumenti, lo sconvolgimento della fisionomia di quartieri del centro storico e danni ingenti al principale scalo ferroviario.

Bologna pagò con un forte tributo di sangue la propria opposizione alla Repubblica di Salò e alle truppe naziste d’invasione. L’episodio più celebre della resistenza fu la battaglia di Porta Lame, combattuta il 7 novembre 1944.

La mattina del 21 aprile 1945, in una Bologna ormai abbandonata dai tedeschi, entrarono in città fra il giubilo della popolazione i soldati del II Corpo polacco dell’VIII armata britannica, i reparti avanzati della 91ª e 34ª divisione USA, avanguardie dei Gruppi di Combattimento italiani “Friuli” e “Legnano”, e partigiani della “Brigata Maiella”.

Storia recente

Dal 1945 al 1999 la città ha avuto ininterrottamente sindaci di sinistra, il più famoso dei quali è stato Giuseppe Dozza.

Durante l’amministrazione di Renato Zangheri, il 2 agosto 1980 una bomba esplose alla stazione centrale di Bologna causando ottantacinque morti e oltre duecento feriti: questo avvenimento è passato alla storia come la strage di Bologna. I processi successivi appurarono la matrice del terrorismo nero.

Fra il 1987 e il 1994 imperversò in Emilia-Romagna, e in particolare nel territorio bolognese, la banda della Uno bianca. L’azione più sanguinosa della banda, nota come la strage del Pilastro, avvenne il 4 gennaio 1991, quando vennero uccisi in un agguato tre carabinieri.

Nel 1999 la tradizione dei sindaci di sinistra si interruppe con l’affermazione del candidato civico di centro-destra Giorgio Guazzaloca. Durante il suo mandato, il 19 marzo 2002, venne ucciso dalle Nuove Brigate Rosse il giuslavorista e consulente del lavoro Marco Biagi. L’esperienza del centro-destra terminò nel 2004 quando l’ex sindacalista Sergio Cofferati venne eletto primo cittadino. Il sindaco successivo, Flavio Delbono, eletto nel 2009, si dimise nel gennaio 2010 in seguito a indagini giudiziarie. Nel 2011 venne eletto Virginio Merola, del Partito Democratico, riconfermato nel 2016.

Simboli

Lo Stemma di Bologna è costituito da uno scudo ovato diviso in quattro parti, due contenenti una croce rossa su sfondo bianco sovrastata da un capo d’Angiò e le altre due la scritta color oro LIBERTAS su sfondo azzurro, il tutto sovrastato da una testa di leone posta di fronte.

La bandiera cittadina è una croce rossa in campo bianco, derivata dall’arma del comune, cioè dal primo e quarto quadrante dello stemma cittadino. La bandiera sventola insieme a quella europea e a quella italiana in tutte le sedi istituzionali dell’amministrazione comunale (notizie estrapolate da Wikipedia).

Norcia

Norcia è un comune italiano di 4 763 abitanti della provincia di Perugia in Umbria: posta a 96 km dal capoluogo umbro, a circa 600 m s.l.m. e al limite nord dell’altopiano di Santa Scolastica, un pianoro di origine tettonica collocato nel cuore dell’Appennino umbro-marchigiano e inserito nel comprensorio del parco nazionale dei Monti Sibillini, è il comune più orientale della regione Umbria. Il suo territorio confina con il Lazio e le Marche.

Norcia

Territorio

Dal punto di vista geografico e naturalistico Norcia si trova nel punto di raccordo di due realtà paesaggistiche assai diverse ma contigue: la Valnerina, ovvero il comprensorio della stretta valle fluviale scavata dal fiume Nera e dai suoi affluenti, con le sue pendici montane scoscese ricoperte di vegetazione a foglia caduca, e i Monti Sibillini, la zona montuosa di origine tettonica caratterizzata da vette in grado di raggiungere e superare i 2000 metri di altezza, con pendii erbosi o ricoperti da faggete, arrotondati dall’azione glaciale ed eolica, all’interno della quale si aprono vasti altopiani carsici sfruttati per il pascolo di bovini e di greggi e ricchi di specie floreali montane tra le quali l’artemisia, l’anemone, la genziana e il giglio martagone.

I boschi che circondano la valle sono popolati dal capriolo, dal gatto selvatico e dallo scoiattolo mentre negli anni passati, grazie ad opere di ripopolamento, ha potuto fare la sua ricomparsa anche il cinghiale. Nelle faggete di alta montagna sono segnalati alcuni piccoli branchi di lupo appenninico, che vivono però in difficile equilibrio con la presenza umana legata soprattutto alla pastorizia, ampiamente praticata nella zona. Rara ma presente l’aquila reale, mentre sono relativamente frequenti le specie del falco pellegrino, del picchio rosso e del picchio muraiolo. Nelle acque del Lago di Pilato, un piccolo bacino lacustre dal livello variabile, alimentato dallo scioglimento nevoso, posto in una conca glaciale in prossimità della cima del Monte Vettore, vive una specie endemica di crostaceo: il Chirocefalo del Marchesoni.

I fenomeni carsici sono assai frequenti e in prossimità del centro urbano, a ridosso delle mura cittadine, danno luogo a delle risorgive localmente denominate marcite, ovvero zone in cui l’acqua, raccolta e ridistribuita attraverso un razionale sistema di canali, allaga in maniera continuativa e controllata per lunghi periodi dell’anno ampie zone di terreno, consentendo la raccolta di un fieno abbondante. In alta montagna il fenomeno si manifesta con la presenza di numerosi inghiottitoi che, soprattutto nella parte meridionale dell’altopiano del Castelluccio, sono ben visibili per estensione e morfologia.

L’altopiano di Castelluccio è costituito da un sistema di diversi bacini glaciali svuotatisi in era geologica in seguito ad una serie di sconvolgimenti tettonici. L’altopiano si sviluppa su una direttiva Nord-Sud per una lunghezza complessiva di circa 20 km e prende il nome dal piccolo centro abitato che occupa una delle sue sommità calcaree marginali. Il Pian Grande rappresenta l’altopiano di maggiore estensione (circa 15 km quadrati): ad esso si aggiungono degli altopiani minori (Pian PiccoloPian PerdutoQuarto San Lorenzo e il Pian dei Pantani). Nella tarda primavera l’altopiano è teatro di un particolare fenomeno naturale denominato Fioritura e dovuto appunto alla fioritura contemporanea di decine di specie floreali diverse che danno luogo ad un tappeto multicolore che ricopre tutta la valle.

Storia

Norcia pre-romana

Tracce di insediamenti umani nella valle risalgono al Neolitico, mentre è testimoniata con certezza una presenza umana continuativa a partire dall’VIII secolo a.C. La fondazione della città risale probabilmente al V secolo a.C. per opera dei Sabini, che a Norcia, nella zona oggi identificata con il toponimo di Capolaterra, collocano l’avamposto più settentrionale del territorio da essi controllato. Probabilmente il nome Norcia deve essere posto in relazione con il nome etrusco Northia della dea Fortuna romana.

La conquista romana

La città è conquistata dai Romani all’inizio del III secolo a.C., ottiene la cittadinanza romana nel 268 a.C., venendo aggregata alla tribù Quirina, ed è alleata di Roma nella guerra contro Cartagine. Diviene nel II secolo a.C. prima Prefettura e quindi Municipio nella IV Regione Sabina. Nella guerra civile che vede Ottaviano contrapposto a Marco Antonio Norcia si allea con quest’ultimo e ne condivide la sorte all’indomani della sconfitta patita ad opera del futuro primo imperatore. Publio Virgilio Marone cita Norcia nel VII libro dell’Eneide come patria di Ufente, alleato del re Turno contro i troiani.

Con l’ascesa al potere dell’imperatore di origini sabine Vespasiano, nella seconda metà del I secolo d.C., Norcia, diviene la romana Nursia Valeria. La sua fama in questo periodo è legata ai prodotti della campagna, alla rigidità del clima (che le valse l’epiteto virgiliano di frigida), e a quella dei suoi figli più illustri (Nursina duritia), con il generale repubblicano Sertorio in prima fila e la madre dell’imperatore Vespasiano, Vespasia Polla. Nel 250, la città ospita il vescovo folignate san Feliciano che la converte al Cristianesimo e diventa sede di un’importante diocesi già a partire dal IV secolo.

Alto Medioevo

Con la decadenza dell’Impero Romano d’Occidente e le invasioni che ne conseguono ad opera delle popolazioni barbariche, Norcia viene a più riprese saccheggiata e devastata prima dai Goti e quindi dai Longobardi che nel 572 la sottomettono e l’assoggettano poi al Ducato Longobardo di Spoleto. Proprio in questo periodo, alla fine del V secolo, Norcia vede la nascita del suo cittadino più illustre, San Benedetto fondatore del monachesimo occidentale. Nonostante la sua collocazione in una regione montuosa e non facilmente accessibile la cittadina umbra subisce ripetuti attacchi da parte di pirati Saraceni all’inizio del IX secolo. Durante l’Alto Medioevo Norcia attraversa un periodo di profonda depressione e decadenza economica che la vedono quasi soccombere sotto il peso di un elevatissimo tasso di emigrazione e di un alto indice di mortalità, tanto che nell’890 la città viene abbandonata dalla popolazione. All’inizio del IX secolo un colonia di Franchi si stabilisce nella pianura nursina, a quel tempo pressoché completamente spopolata. L’agricoltura autarchica di sopravvivenza caratteristica di questo periodo storico determina lo sviluppo dell’allevamento del maiale la cui carne, lavorata e rivenduta ai centri urbani vicini, diviene un importante mezzo di sostentamento e di scambio per i contadini della zona, altrimenti privi di altre risorse fondamentali.

Medioevo

Nel corso di tutto il Medioevo Norcia è città guelfa subordinata al dominio papale ma riesce comunque a costituirsi in libero comune all’inizio del XII secolo e a vivere un periodo di relativa floridezza economica. Particolarmente interessante e meritevole di citazione è il connubio che si instaura in questo periodo tra la città e la abbazia benedettina di Sant’Eutizio, collocata nel territorio della odierna Preci. Connubio che tra l’altro dà luogo alla nascita della cosiddetta Schola Chirurgica nella quale le conoscenze anatomiche dei monaci si fondono con le conoscenze empiriche e le pratiche chirurgiche che gli allevatori nursini sono in grado di svolgere con successo sui suini. La scuola chirurgica nursina viene riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa che autorizza un esiguo gruppo di persone, provenienti da alcune famiglie locali, a eseguire interventi chirurgici fino ad ora esclusivamente praticati da religiosi.

Tra il 1200 e il 1300 Norcia è impegnata in continui conflitti con la vicina Accumoli e con Amatrice e Arquata del Tronto per il possesso della Rocca, alleate di Ascoli, che nel 1255 portano Norcia a stipulare il trattato di cessione dei territori di Arquata del Tronto, Accumoli, Tufo, Rocchetta e Capodacqua ad Ascoli.

All’inizio del 1300, Norcia consolida la sua influenza economica e il suo prestigio politico che la vedono, insieme con Visso, ricoprire il ruolo di principale centro urbano nella regione montuosa che la circonda. Vengono costruite delle mura di difesa ma la vicinanza della potente Spoleto la costringe ad una conflittualità costante che alla fine mina irreparabilmente le prospettive di sviluppo e di potere politico.

Nel 1354 è definitivamente assoggettata alla Chiesa, ma già nel dicembre del 1328 a causa di un catastrofico terremoto che distrugge la maggior parte degli edifici pubblici e privati provocando circa 5000 vittime, Norcia subisce un colpo di grazia definitivo alle sue ambizioni territoriali.

Nel 1438 Norcia fu costretta a sottoscrivere presso Capodacqua dei capitoli ad essa sfavorevoli con Francesco Sforza in cambio della sua protezione con la perdita del castello di Cerreto che venne solo temporaneamente recuperata nel 1442 con l’aiuto di Niccolò Piccinino dopo che lo Sforza aveva perso il favore del papa Eugenio IV. Negli anni successivi cessato il dominio dello Sforza la città, soprattutto durante i pontificati di Niccolò V e di Paolo II quando nella vicenda vi si trovano coinvolti Everso II degli Anguillara e i comuni limitrofi, fu traviata dalle lotte tra le fazioni guelfa e ghibellina con messa al bando di alcuni suoi cittadini e scomunica per alcuni di loro.

Il Rinascimento

Nel tardo Rinascimento, i pontefici assegnano a Norcia la sede di una prefettura pontificia con giurisdizione su gran parte dei territori montuosi circostanti, posti da una parte e dall’altra del versante appenninico, consolidano a scopo difensivo la cinta muraria che a tutt’oggi cinge, pressoché intatta, l’antico centro abitato ed erigono, su disegno del Vignola, la fortezza detta “La Castellina” che con il suo stile sobrio ma elegante, domina la piazza centrale della città dedicata a san Benedetto.

Nel corso del XVII secolo Norcia, fortemente vincolata a Roma da una forte dipendenza politica ed amministrativa, vive un interessante periodo di vivacità artistica e culturale, come riflesso allo splendore barocco che le corti papali inaugurarono sulle rive del Tevere in quel periodo infatti si intensificano gli scambi culturali con altre città della penisola e alcuni artisti di fama giungono a Norcia per dipingervi alcune opere. Sorge un’accademia letteraria, vengono aperte delle scuole e fondato un teatro e la città si popola di chiese, conventi e monasteri.

Era moderna

Nel corso del XVIII secolo la città è nuovamente sconvolta da una serie di terremoti catastrofici che ne sconvolgono l’assetto urbanistico. La ricostruzione che si rende necessaria cancella in gran parte la personalità medioevale della cittadina umbra e imposta la struttura tipicamente ottocentesca che è oggi visibile in gran parte del centro storico.

Norcia, fortemente e tradizionalmente filo-papale, respinge dapprima in armi un tentativo di instaurare nella zona un governo filo-francese nel 1798 ma viene successivamente inclusa nella Repubblica che sotto il dominio napoleonico, controlla Italia centrale sino alla Restaurazione, che ristabilisce il potere pontificio sulla regione. Il 1859 è teatro di un nuovo devastante terremoto che, secondo quanto riportato dal sito ufficiale del comune di Norcia, distrugge 600 edifici sui 676 esistenti. L’amministrazione pontificia impone da quel momento delle rigide norme che proibiscono di elevare nella città edifici oltre i tre piani di altezza e prescrivono l’impiego di particolari materiali da costruzione.

Nel 1860, all’indomani dei plebisciti di annessione, Norcia si unisce al nuovo Regno d’Italia ma con l’avvento del XX secolo la città vive uno dei momenti economici più difficili. L’agricoltura tradizionale non riesce a sostenere la concorrenza delle agricolture intensive già preindustriali e le campagne vivono nuovamente un periodo di forte emigrazione in diverse direzioni: verso gli Stati Uniti dove, tra Pennsylvania e Ohio, si stabiliscono colonie numerose di Nursini e soprattutto verso Roma dove gli esperti artigiani nell’arte della lavorazione del maiale impiantano e gestiscono numerose attività commerciali nel settore, il cui nome, norcineria, è fortemente evocativo.

Il fenomeno migratorio prosegue per gran parte del secolo e porta ad un progressivo spopolamento delle campagne e delle piccole frazioni che circondano la cittadina. Negli ultimi mesi del II conflitto mondiale, tra la fine del 1943 e l’estate del 1944, la cittadina nursina, unitamente ad altre località limitrofe e al territorio montuoso che la circonda, diviene teatro di aspri combattimenti che contrappongono le truppe tedesche di occupazione alla Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”, l’unità partigiana operante nella zona.

L’ennesimo terremoto (1979), che provoca il crollo di alcune cavità sotto l’area cittadina facendo sprofondare numerose case sotto il loro peso, sconvolge ulteriormente il territorio e causa seri danni a tutto il patrimonio artistico e alla gran parte degli edifici privati, ma il piano di risanamento e di ricostruzione che prende il via negli anni successivi e si protrae per tutti gli anni ottanta, seppur tra polemiche politiche violentissime e denunce alla magistratura per casi di corruzione e clientelismo, porta ad una rinascita economica della zona, con l’avvio di una piccola attività industriale, l’abbandono della attività agricola di sussistenza e soprattutto con la promozione turistica alberghiera che diventa preponderante nel bilancio economico della cittadina.

Terremoto del 2016

Norcia è stata danneggiata dai terremoti del 24 agosto e del 26 ottobre 2016: quest’ultimo ha fatto crollare gran parte della chiesa di San Salvatore. Il 30 ottobre 2016 una scossa di magnitudo 6.5, alle 07:41 del mattino, ha provocato il crollo della navata centrale e del campanile settecentesco della Basilica di San Benedetto. Sono inoltre crollati i tetti della Concattedrale di Santa Maria Argentea e delle chiese di San Francesco e di Sant’Agostino. Il Santuario della Madonna Addolorata con il suo campanile e porzioni delle mura medievali sono stati totalmente rasi al suolo. Il sisma ha danneggiato lievemente il Palazzo Comunale e la Castellina (notizie estrapolate da Wikipedia).

Maratea

Maratea  è un comune italiano di 4 870 abitanti della provincia di Potenza, unico centro della Basilicata ad affacciarsi sul Mar Tirreno, attraverso il golfo di Policastro.

Il 10 dicembre 1990 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha insignito il comune con il titolo onorifico di “Città”, titolo di cui comunque Maratea già si vantava in base a un decreto del 1531 firmato da Carlo V d’Asburgo.

Maratea

Territorio

Il territorio di Maratea si estende per poco meno di 68 km². Ha per confini indicativi a nord il comune di Sapri in Campania e Rivello, a sud quello di Tortora in Calabria, a est Trecchina e da dopo di essa il resto della provincia di Potenza e a ovest il mare.

Ciò rende Maratea l’unico comune della propria provincia ad affacciarsi sul mare e l’unico della Basilicata sul Tirreno.

La costa si stende per circa 32 km, variegata da insenature, grotte, scogli, secche e spiagge per lo più ciottolose. Grosso modo al centro della costiera si trova il porto. Lungo il tratto meridionale della costa si distingue invece la piccola isola di Santo Janni.

Numerose le grotte sparse nel territorio, a catasto ne risultano 132 tra marine e terrestri. Tra queste si segnala la Grotta di Marina con molte stalattiti e stalagmiti.

Il territorio marateota è per lo più costituito da rilievi, con pochi pianori e terrazzamenti su cui insistono gli insediamenti antropici. Montagne e colline bagnano per lo più i costoni direttamente sul mare, creando pittoreschi panorami e scorci visivi.

Geologia e morfologia

La storia della geologia del territorio di Maratea è iniziata durante l’Anisico e il Miocene inferiore.

Esso evidenzia diverse zone succedute attraverso episodi di metamorfismo durante l’Appiano, i cui depositi terrigeni più antichi si presentano fortemente tettonizzati. Questa conformazione si è originata tra il Langhiano ed il Tortoniano e ha interessato i depositi accostandoli, sovrapponendoli ed elevandoli sino alla formazione della dorsale carbonatica che caratterizza l’area.

I depositi presso la costa sono formati da calcilutiti, calcareniti grigie e brune con marne, e calcari conglomeratici.

La dorsale è allungata in direzione appenninica, da nord-ovest a sud-est, delimitata verso il mare e verso l’interno da versanti ripidi che dalla costa si innalzano sino a raggiungere i 1505 metri con il monte Coccovello.

Orografia

La gran parte del territorio di Maratea è costituito da montagne e colline, con una sola area pianeggiante in prossimità della foce del fiume Noce e del confine con la Calabria.

I rilievi montuosi della zona nord presenta episodi orografici plastici e di alto livello paesaggistico, con i versanti montuosi che calano direttamente sul mare. I rilievi sono costituiti per lo più da calcari dolomitici, e le pareti rocciose presentano caratteristiche variazione cromatiche, passando dal verde boschivo al rosso della nuda roccia calcarea. I principali monti di questo sistema sono:

  • Monte Coccovello: alto 1505 m, è il rilievo più alto del territorio. Il monte poggia su una vallata con il monte Cerrita, detta I Pozzi, di paesaggio tipicamente montano. Il monte allunga un versante verso il mare, con delle punte dette monte Spina e Serra del Tuono, che arrivano ad affacciarsi sulla costiera.
  • Monte Cerrita: alto 1083 m, detto anche Cerreta o Angiuleddi, è un grande rilievo che distende un fianco lungo tutta la vallata del torrente Fiumicello. Il versante meridionale del monte è spoglio di vegetazione, che si riduce a gariga, mentre quello settentrionale ospita qualche piccolo bosco.

La parte centrale è caratterizzata da un sistema montuoso a forma di Y, anch’essi costituiti da formazioni di calcare dolomitico. I rilievi di questo sistema sono:

  • Monte Crivo: alto 1277 m, si distingue per la sua struttura con tre punte, con quella centrale caratterizzata dalla presenza di una croce votiva in ferro battuto. Ai piedi del monte si apre una faglia che con un fenomeno di sackung crea una lenta e costante frana fa scivolare, nel corso dei secoli, la valle sottostante verso il mare.
  • Monte San Biagio: alto 623 m, è il prolungamento sul mare del sistema montuoso del monte Crivo, con la sua caratteristica conformazione allungata verso il mare è l’episodio montuoso più rilevante del territorio di Maratea. Sebbene non altissimo, la sua posizione, al centro del territorio, rende la sua cima un notevole punto panoramico sulla costa e sull’entroterra. Sulla sua cima ospita le rovine dell’antica Maratea detta «Castello», la grande statua del Redentore e la basilica del santo da cui prende il nome.
  • Serra Capeddera: alta 1067 m, sovrasta il settentrione della frazione Brefaro.
  • Serra Pollino: alta 1099 m, sulla cima ospita il santuario della Madonna di Trecchina.
  • Monte Maiorino: alto 1003 m, poco distante dal precedente. Ha dei versanti molto boscosi.

La parte più meridionale del territorio apre grandi vallate attraversate da torrenti alluvionali. Le formazioni montuose, di grande valore paesaggistico, costituiscono tre piani di visione: la costa rocciosa, con al largo le isolette della Matrella e di Santo Janni, la zona costiera quasi pianeggiante, caratterizzata da un verde boschivo e le pareti rocciose perpendicolari alla costa. Solo due gli episodi montuosi notevoli:

  • Monte Rotonda: alto 852 m, si trova tra Massa e Brefaro. La cima del monte ospita un piccolo bosco.
  • Serra di Castrocucco: alta 743 m, ha una caratteristica forma a piramide. Sul lato nord, che ospita per lo più gariga e una solitaria pineta. Il lato ovest, più boscoso, posa sul mare due promontori: uno ospita un bosco di cedri, l’altro la Torre Caina. Il versante sud ospita, su un costone roccioso, il Castello di Castrocucco. La parte settentrionale del monte si prolunga in piccole vette.

Storia

Il territorio di Maratea è abitato almeno sin dal Paleolitico medio, epoca a cui risalgono le prime testimonianze archeologiche. Un primo insediamento stabile nacque sul promontorio di Capo la Timpa, a ridosso del moderno Porto, dove è stato ritrovato un villaggio dell’età del Bronzo.

Contemporaneamente alla colonizzazione magnogreca, gruppi indigeni di cultura enotria continuarono ad abitare almeno la costa e da qui intrattennero rapporti di scambio e commercio con i navigatori del Mediterraneo. Il modello insediativo cambiò con la conquista romana, nel III secolo a.C., quando ai villaggi indigeni si sostituirono le villae patrizie. I commerci perdurarono: le villae producevano prodotti agricoli e ittici e li smistavano attraverso l’approdo naturale costituito dall’isola di Santo Janni, sui cui fondali esiste il più grande sito archeologico subacqueo di epoca romana del Mediterraneo.

Nel Medioevo, le esigenze difensive e la nuova centralità di agricoltura e pastorizia spinsero le popolazioni a fissare dimora sulla cima dei monti. Sulla cima del monte San Biagio nacque il centro di Marathia, attestato per la prima volta nella storia scritta nel 1079. All’epoca probabilmente il paese era già passato dal dominio bizantino a quello normanno, e nel 1131 confluì nel Regno di Sicilia e Puglia.

Subentrati gli Angioini agli Svevi, durante la guerra del Vespro Maratea resistette a numerosi attacchi da parte degli almugaveri aragonesi. Alla fine del conflitto il paese rientrò nel Regno di Napoli.

La cittadina fortificata sul monte (poi chiamata popolarmente Castello) non era però in grado di soddisfare i ritrovati stimoli commerciali offerti dal mare in epoca moderna. Un secondo centro sorse su un versante della stessa montagna: è l’attuale centro storico, detto anche Borgo. Qui si concentrò gradualmente la vita economica e culturale della comunità e qui si raccoglievano e smistavano le merci provenienti o diretti da Napoli e dall’entroterra lucano, garantendo a Maratea una florida economia.

Alla conquista napoleonica del Regno di Napoli, Maratea subì un drammatico assedio al suo Castello, difeso eroicamente da Alessandro Mandarini, colonnello borbonico marateota egli stesso. Dopo sei giorni di resistenza, Mandarini ottenne l’armistizio e la vita salva per tutti gli insorti.

Dopo la Restaurazione e la nascita del Regno delle Due Sicilie, la scena della vita culturale e politica della comunità di Maratea fu calcata da numerosi patrioti, martiri del Risorgimento, tra cui si segnala Costabile Carducci, deputato di Capaccio ucciso da sicari borbonici sulla spiaggia di Acquafredda nel 1848.

Nel 1860 Maratea venne coinvolta nei moti della Basilicata per l’Unità e nel 1861 con essa entrò a far parte del Regno d’Italia. Anche nel nuovo scenario unitario Maratea vantò uomini di profilo nazionale, quale fu, nel panorama ecclesiastico, il cardinale Casimiro Gennari.

Maratea entrò nel XX secolo con debole modernizzazione: nel 1894 era arrivata la ferrovia, nel 1921 l’energia elettrica. Maratea divenne però una stazione balneare già prima delle guerre mondiali, e, a partire dal Dopoguerra, entrò nel panorama nazionale quale meta turistica ambita e rinomata.

Il 10 agosto 2015 il comune di Maratea ha formalizzato la propria candidatura per entrare a far parte della lista dei patrimoni dell’Umanità UNESCO.

Simboli

Lo stemma civico di Maratea fu adottato nel XVI secolo, in sostituzione di uno più antico, che raffigurava una sirena sdraiata nuda sugli scogli. Lo stemma attuale è disegnato come:

«D’azzurro di cielo, alle tre torri di argento, murate di nero, merlate alla guelfa di quattro, finestrate di due, di nero, chiuse dello stesso, munite di due forti marcapiani, fondate sulla pianura di azzurro, mareggiata di argento, la torre centrale cimata dall’aquila bicipite, di nero. Ornamenti esteriori da Città.»
(Blasonatura dello stemma comunale secondo la Repubblica Italiana)

Il nuovo e l’antico stemma comunale sono stati sintetizzati nell’artistica fontana de La Sirena, opera in bronzo dello scultore Alessandro Romano, che troneggia al centro di piazza Vitolo.

Lo stemma è completato dal motto «Regia Civitas, Marisque Dea», che ricorda lo stato storico di Città Regia goduto da Maratea sin dal XV secolo e ricorda l’antico stemma della sirena (che si può considerare una dea del mare). Lo stato di Città Regia è ribadito anche dalla corona, e il legame della città con il mare dal fatto che le torri poggiano proprio sulle onde.

Diverse sono invece le interpretazioni sull’identità delle torri. Tutte poste nel Borgo, secondo alcune fonti sarebbero state costruite nel 1573 per difendere l’abitato che era privo di mura difensive, ma questa tesi non mette d’accordo tutti gli storici. Quella centrale è molto probabilmente la torre inglobata nel corpo della Chiesa di Santa Maria Maggiore, quella di destra viene identificata con la torre del Palazzo Eredi Picone, mentre quella di sinistra è stata identificata con la Torre d’Alitto, posta nel rione Galata, ai piedi dell’abitato ( notizie estrapolate da Wikipedia).

La Maddalena

La Maddalena  è un comune italiano di 10 825 abitanti della provincia di Sassari (il più a nord della Sardegna) costituito dall’arcipelago di La Maddalena formato da varie isole e isolotti, tra cui: l’omonima isola La Maddalena, Caprera, Santo Stefano, Spargi, Budelli, Santa Maria, Razzoli. La città di La Maddalena iniziata a popolarsi attorno al 1770, sorge a sud dell’isola principale e si affaccia verso il comune di Palau.

Storia

Le prime tracce di frequentazione umana risalgono al neolitico (vi sono stati ritrovamenti nei tafoni verso le spiagge di Spalmatore). Nel medioevo il suo territorio, appartenente al giudicato di Gallura, fu abitato solo da alcuni monaci, per poi essere abbandonato fino al XVII secolo, quando vi si stabilirono dei pastori còrsi provenienti dall’Alta Rocca.

Ancora poco popolato, il ministro sabaudo Bogino lo fece occupare, nel 1767, da un distaccamento militare: tre anni più tardi nacque il primo agglomerato urbano a Cala Gavetta e così, in venti anni, si assistette a un significativo sviluppo in tutto l’arcipelago.

Il 23 febbraio 1793 l’isola dovette fronteggiare il tentativo d’invasione dell’esercito francese al cui comando c’era un giovanissimo ufficiale corso di nome Napoleone Buonaparte. I francesi vennero fermati dalla flotta sarda comandata dal maddalenino Domenico Millelire, che divenne la prima medaglia d’oro al valor militare della marina italiana. Allorché i francesi attaccarono la Sardegna, una squadra di 32 navi comparve nel febbraio a La Maddalena e ne bombardò il forte e il borgo, difesi da circa 500 uomini. Napoleone, che faceva parte del corpo di spedizione, tentò uno sbarco e vi riuscì occupando l’isola di Santo Stefano; ma i sardi lo contrattaccarono e lo costrinsero a ripiegare e ad imbarcarsi, finché la squadra francese dovette desistere dall’impresa.

All’inizio del XIX secolo l’isola fu scelta come base per il blocco contro i francesi deciso dall’ammiraglio inglese Horatio Nelson.

Nel 1856 l’isola di Caprera divenne dimora di Giuseppe Garibaldi.

Monumenti e luoghi d’interesse

Architetture religiose

  • Chiesa di Santa Maria Maddalena
  • Chiesa della Madonna della Pace

Luoghi di interesse naturalistico

La Maddalena e l’intero arcipelago sono compresi all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, un’area protetta marina e terrestre di interesse nazionale e comunitario. Rinomata località turistica, ha nel suo territorio molte spiagge, come la celebre Spiaggia Rosa, arenile a massima protezione ambientale situato a nord ovest dell’Arcipelago nell’isola di Budelli, famosa per essere stata il set del film Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni.

Luoghi di interesse storico

L’arcipelago è noto anche per essere stato l’ultima dimora dell’Eroe dei Due Mondi Giuseppe Garibaldi che costruì, a Caprera la famosa “Casa bianca”, oggi casa Museo aperta al pubblico. Nel sito è possibile visitare la tomba dove riposa il Generale, figura simbolo del Risorgimento Italiano.

Stemma La Maddalena

Economia

La piazzaforte militare ha rappresentato la principale risorsa economica per almeno un secolo ma oggi ha perso molta della sua importanza strategica considerato anche che la base statunitense di appoggio sommergibili presente sull’isola di Santo Stefano è stata dismessa definitivamente il 25 gennaio 2008. Tuttavia, l’isola ospita ancora una Scuola Sottufficiali della Marina Militare Italiana, oltre a essere sede di Compartimento Marittimo e dell’importante centro di controllo del traffico marittimo delle Bocche di Bonifacio.

Molto importante per l’economia maddalenina è stata per quasi due secoli la cava di granito situata presso Cala Francese, rinomata per la qualità del materiale: infatti le ‘opere’ realizzate dagli scalpellini maddalenini venivano richieste in tutto il mondo, a lungo una leggenda metropolitana, poi smentita, ha fatto ritenere che la base in granito della Statua della Libertà fosse fatta proprio di granito maddalenino. Importante è stato anche il Mercato di La Maddalena, situato vicino al comune, che negli anni ha perso molti negozi interni.

La pesca è poco praticata e quasi esclusivamente con nasse e reti a causa della zona scogliosa e del parco protetto.

Turismo

Il turismo balneare e naturalistico grazie anche al parco marino transfrontaliero, rappresenta senz’altro il futuro di questo arcipelago. La Maddalena è rinomata in tutto il mondo per le sue spiagge e per la limpidezza e la trasparenza delle sue acque che ricordano quelle caraibiche. Le più importanti spiagge maddalenine sono:

  • Bassa Trinita
  • Spalmatore
  • Monti d’a Rena (che prende il nome dalla montagna di sabbia sul lato destro)
  • Carlotto (Cala Francese)
  • Cala Lunga
  • Punta Tegge (con la sua ampia scogliera)
  • Nido d’Aquila
  • Abbatoggia (le spiagge del Morto, dello Strangolato e altre piccole insenature) (notizie estrapolate da Wikipedia)

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