65^ emissione del 14 luglio 2024, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica ”il patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato al Festino di SANTA ROSALIA, nel 400° anniversario

65^ emissione del 14 luglio 2024, di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica ”il patrimonio artistico e culturale italiano” dedicato al Festino di SANTA ROSALIA, nel 400° anniversario, dal valore indicato in B, corrispondente ad €1.25.

  • data emissione: 14 luglio 2024
  • dentellatura:  9 effettuata con fustellatura.
  • dimensioni francobollo: 40x 48 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente.
  • Grammatura:90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura : 200.004
  • valoretariffa B = €1,25
  • colori: quadricromia
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ________SASS __4446____
  • Il francobollo: raffigura il momento topico del Festino di Santa Rosalia in cui il corteo e il Carro trionfale con il simulacro della Patrona di Palermo, a metà del suo percorso, giunge ai Quattro Canti. Il Festino, che si svolge ogni anno la sera del 14 luglio e si sviluppa lungo il Cassaro, l’asse principale del centro storico cittadino, rappresenta la rievocazione dell’esposizione delle spoglie mortali della Santa, ritrovate nel 1624 sul Monte Pellegrino, che portò alla liberazione della città dalla peste. Completano il francobollo le legende « “U FISTINU” DI SANTA ROSALIA», “400° ANNIVERSARIO” e “PALERMO”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
  • nota: la foto del Carro trionfale è riprodotta per gentile concessione del Comune di Palermo. Il Carro trionfale raffigurato è stato realizzato da Luigi Marchione nel 2005 ed è riprodotto per gentile concessione dello stesso autore.

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Rosalia Sinibaldi (Palermo, 1130 – Palermo, 4 settembre 1170) è venerata come santa dalla Chiesa cattolica. Patrona di Palermo, il suo culto è uno dei più diffusi di tutta la città e dell’intera Sicilia. Il tradizionale Festino di Santa Rosalia, celebrato in onore della Santa, coinvolge centinaia di migliaia di persone provenienti da tutta la Sicilia. Le sue reliquie sono conservate presso la Cattedrale di Palermo, a lei dedicata assieme alla Vergine Assunta.

Statua di Santa Rosalia

Biografia

Rosalia Sinibaldi nacque nel 1130, presumibilmente a Palermo, dal conte Sinibaldo Sinibaldi, signore di Monte delle Rose e Quisquina, membro della famiglia dei Berardi, noti come Conti dei Marsi, famiglia discendente diretta dell’imperatore Carlo Magno, e dalla nobile Maria Guiscardi, nipote del re Ruggero II di Sicilia. È nota per essere stata altresì pronipote dei cardinali Berardo dei Marsi, Giovanni di Tuscolo, Leone Marsicano ed Oderisio di Montecassino.

Quanto alla sua nascita, è stato tramandato che nel 1128 il re Ruggero II di Sicilia, mentre osservava il tramonto dal Palazzo Reale con la moglie Elvira di Castiglia, vide apparirgli una figura che gli disse: «Ruggero, io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine». Per tale motivo, poco tempo dopo, quando nacque, la bambina fu chiamata Rosalia, da un’etimologia popolare latina secondo cui il nome Rosalia sarebbe composto da rosa e lilium, ovvero rosa e giglio. Esiste un’altra tradizione che vede spettatori della visione Guglielmo I di Sicilia e sua moglie Margherita di Navarra, ma tale avvenimento non può essere accaduto poiché Rosalia nacque nel 1130, mentre Guglielmo regnò dal 1154 al 1166.

Da giovane Rosalia visse in ricchezza presso la corte di Ruggero e la villa paterna, ubicata nell’attuale quartiere di Olivella. Rosalia, educata a corte, per la sua bellezza e gentilezza nel 1149 divenne damigella d’onore della regina Sibilla di Borgogna.

Un giorno il conte (o secondo altri principe) Baldovino (erroneamente identificato con Baldovino III di Gerusalemme) salvò il re Ruggero da un animale selvaggio, un leone secondo la leggenda, che lo stava attaccando; il re allora volle ricambiarlo con un dono e Baldovino chiese in sposa Rosalia. Il giorno antecedente le nozze, Rosalia, mentre si specchiava, vide riflessa nello specchio l’effige di Gesù. La ragazza, il giorno seguente, si presentò a corte con le bionde trecce tagliate, declinando l’offerta e preferendo abbracciare la fede, cui si era già dedicata da fanciulla. A quindici anni abbandonò quindi il Palazzo Reale, il ruolo di damigella e la casa paterna e si rifugiò a Palermo presso la Chiesa del Santissimo Salvatore, all’epoca monastero, ma ben presto anche quel luogo fu troppo stretto a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dal suo intento.

Dopo aver scritto e consegnato una lettera in greco con una croce di legno alle monache, decise quindi di trovare rifugio presso una grotta situata nei possedimenti del padre, presso Santo Stefano Quisquina, dove visse per 12 anni, documentando la propria scelta di vita con un’epigrafe latina scritta all’ingresso della grotta. Successivamente la regina Sibilla consentì a Rosalia di far ritorno a Palermo e di occupare un’altra grotta, quella posta sul Monte Pellegrino, dove morirà dormendo, in pace e in solitudine, il 4 settembre 1170, all’età di 40 anni.

Un dipinto del pittore Van Dyck raffigurante la Santa

Culto

Il culto della Santa è attestato da diversi documenti (Codice di Costanza d’Altavilla depositato presso la Biblioteca Regionale di Palermo; antica tavola lignea del XIII secolo che la rappresenta in veste di monaca basiliana oggi custodita presso il Museo Diocesano di Palermo). A partire dal 1196 il suo culto era ben noto. La si pregava, e prega, con il semplice versetto “Sancta Rosalia – ora pro nobis“, e le erano state costruite due chiese, o cappelle, a Palermo: una sul Monte Pellegrino, chiamata Chiesa di Santa Rosolea, vicino o davanti alla grotta stessa, l’altra nell’attuale quartiere di Olivella, dove sorgeva la casa di Sinibaldo, padre di Rosalia; di tale casa oggi rimane solo l’antico pozzo, internato nel pavimento del cortile del seicentesco Oratorio di Santa Caterina, che a sua volta sorge dove vi era l’antica chiesa di Rosalia. Nel XX secolo, una nuova chiesa dedicata a lei fu progettata da Ernesto Basile vicino al Giardino Inglese.

Vi sono inoltre numerosi dipinti medievali che la raffigurano insieme ad altri santi oppure come soggetto unico, una statua marmorea di Antonello Gagini, una volta posta all’interno della Tribuna della Cattedrale, realizzata dal Gagini stesso ed oggi denominata “Santa Caterina da Bologna”, e infine una statua-reliquiario cinquecentesca di Scuola Gaginiana che la raffigura in abiti francescani (anche se la santa non appartenne a tale ordine bensì all’antica regola basata sulla spiritualità di San Basilio Magno, che oggi si trova al Palazzo Abatellis).

Culto a Palermo

La storia ci dice che nel 1625 la Santa salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, esautorando, difatti, gli altri patroni della città, tra cui Agata, Cristina, Ninfa e Oliva. Infatti mentre infuriava la terribile epidemia arrivata in città il 7 maggio 1624 da una nave proveniente da Tunisi, presso l’antico altare dedicato alla Santa, accanto ad una grotta sul Monte Pellegrino, avvenne un fatto straordinario: venne rivelato in visione a Girolama La Gattuta il luogo dove si trovavano i resti mortali della Santa e questi, trovati il 15 luglio, furono portati nella camera del cardinale Giannettino Doria, arcivescovo di Palermo.

Santuario di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino (PA)

In seguito, il 13 febbraio 1625, la Santa apparve al povero “saponaro” Vincenzo Bonelli, abitante dell’antico quartiere di Panneria, che viveva barattando mobili vecchi. Avendo perso la giovane consorte quindicenne a causa della peste, era salito sul Monte Pellegrino sul far della sera con l’intento di gettarsi giù dal precipizio prospiciente il mare (zona Addaura) per farla finita, causa la sua disperazione per la prematura scomparsa della giovane moglie. Al momento di mettere in atto il suo triste intento, gli apparve innanzi una splendida figura di giovane donna pellegrina, bella e di grande splendore, che lo dissuase dal suo proposito, portandolo giù con sé al fine di mostrargli la sua grotta; infatti lo condusse nei pressi dell’antica Chiesa di Santa Rosolea, già allora esistente e dove la si venerava da antica data, nei pressi della famosa grotta che ella gli indicò come la sua “cella pellegrina”. Scese con lui dalla cosiddetta “Valle del Porco” verso la città, esortandolo a pentirsi; inoltre lo invitò ad informare Giannettino Doria che non si facessero più «dispute e dubbi» sulle sue ossa e che, infine, venissero portate in processione per Palermo, poiché lei, Rosalia, aveva già ottenuto la certezza, dalla gloriosa Vergine Madre di Dio, che, al passaggio delle sue ossa durante il canto del Te Deum laudamus, la peste si sarebbe fermata. Rosalia gli disse inoltre: «E per segno della verità, tu, in arrivare a Palermo, cascherai ammalato di questa infermità [la peste] e ne morrai, dopo aver riferito tutto ciò al cardinale: da ciò egli trarrà fede a quanto gli riferirai». Tutto questo il Bonelli lo raccontò al suo confessore, padre Don Pietro Lo Monaco, parroco della Chiesa di Sant’Ippolito, che glielo fece riferire subito al cardinale di Palermo, il quale – constatando che realmente il Bonelli si era improvvisamente ammalato di peste e ne stava di lì a breve morendo – gli diede credito e, il 9 giugno fece fare una solenne processione con le reliquie ritrovate l’anno prima, liberando immediatamente durante la processione delle sante reliquie di Rosalia la città di Palermo dalla peste.

Poiché la memoria della Santa palermitana nel XVII secolo lasciava ancora qualche residuo nelle litànie (si narra infatti che, durante una delle processioni che invocavano i vari santi per liberare la città dal contagio, due diaconi pronunciassero il nome di Santa Rosalia contemporaneamente, segno che fece riaffiorare l’interesse in città per il suo culto “sòpito”), la riscoperta del suo corpo glorioso sul Monte Pellegrino incastonato in un involucro di roccia cristallina (che poco dopo si scoprì essere calcarenite) e la successiva rivelazione al cardinale Doria del racconto del Bonelli con conseguente liberazione della città dall’epidemia, ne sancì il definitivo e popolare patrocinio, ratificato a Roma sotto il pontificato di Papa Urbano VIII.

Il culto è ancora oggi particolarmente vivo a Palermo, dove ogni anno, il 14 e il 15 luglio, si ripete il tradizionale “Festino” che culmina nello spettacolare gioco pirotecnico del 14 notte e nella processione in suo onore il 15.

Locandina del400° Festino di SANTA ROSALIA

Il 4 settembre, invece, la tradizionale acchianata (‘salita’ in lingua siciliana) a Monte Pellegrino conduce i devoti al Santuario in circa un’ora di scalata a piedi. Nella città metropolitana di Palermo il culto è presente a Campofelice di Roccella, in quanto importato dal principe palermitano fondatore dell’abitato attuale nel 1699, mentre in altri centri delle Madonie se ne trovano solo scarse tracce. A Bisacquino, feudo dell’arcivescovo di Monreale, il culto deriva da una reliquia della santa donata nel 1626 dall’arcivescovo di Palermo.

In relazione alla profonda devozione dei palermitani, al Museo Diocesano di Palermo sono state raccolte nella Sala Verde molte pitture dal XIII al XIX secolo che raffigurano Santa Rosalia. Tra queste spicca la prima presunta immagine che la ritrae in una tavola del XIII secolo e il primo ritratto ufficiale, voluto dal Senato di Palermo nel 1624.

Curiosamente la Santuzza (così è conosciuta tradizionalmente dai palermitani) è oggetto di speciale venerazione anche da parte della numerosa comunità di tamil originari dello Sri Lanka, presente nella città ed in gran parte di fede induista ( articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).

Testo bollettino

Palermo, quest’anno, ricorda il quattrocentesimo Festino in onore della sua Santa Patrona. Era, infatti, il 15 luglio 1624 quando Geronima La Gattuta trovò, dentro la grotta di monte Pellegrino, il corpo di Santa Rosalia. La città, intanto, dal 7 maggio precedente, era stata colpita dalla peste. Mentre i palermitani cercavano un segno, dalle rivelazioni celesti arrivò la speranza invocando l’antica romita, che visse al tempo dei Normanni. Il ritrovamento delle reliquie riaccese l’identità comunitaria e il barocco fu terreno fertile per la riproposizione di valori ideali e municipali: il Festino, infatti, celebrò il trionfo della Santa e allo stesso tempo la magnificenza del Senato. Un evento tra realtà storica ed eventi sovrannaturali non basta a spiegare come, nel tempo, questa devozione sia diventata un sentimento così profondo: Rosalia è Palermo e Palermo è Rosalia.

La festa si snoda a partire dal 10 luglio, con la tradizionale offerta della cera da parte del Sindaco e di tutto il popolo. La sera del 14 luglio, invece, l’intero asse principale di Palermo diventa il palcoscenico più grande del mondo e un chilometro di luminarie accompagnano il tragitto del carro trionfale: pittori, scultori, architetti, attori, attrici, trapezisti, danzatori, musicisti, insomma, una vera e propria kermesse d’arte. La prima tappa è il Palazzo Reale – residenza della Santa prima della vita eremitica – dove si ricorda l’arrivo della peste. La seconda tappa è la Cattedrale Arabo-Normanna, luogo dove sono custoditi i resti della Santuzza; qui, ogni anno, viene rievocato il miracolo. Cuore del corteo e della città è, invece, la terza tappa, “i quattro canti”; qui, il primo cittadino offre a nome di tutti un mazzo di rose e, al grido “viva Palermo e Santa Rosalia”, una pioggia di petali scende dal cielo. L’ultima tappa, infine, Porta Felice, luogo della liberazione dal male e dei tradizionali fuochi d’artificio. Il 15 luglio, la tradizionale processione religiosa con le reliquie custodite dentro la prestigiosa urna argentea. Il carro, le luminarie, il caldo, i sapori, le voci, le reliquie, l’incenso, l’anguria, le tradizionali lumache, il popolo: la festa di santa Rosalia è un insieme di elementi che rendono unica la città di Palermo nel cuore dell’estate.

L’amministrazione comunale, per questo evento, ha scelto il tema della Speranza, da cui è possibile trarre diverse riflessioni a partire proprio dal senso comunitario: Rosalia che libera dalla peste è, in ogni tempo, la guarigione dalla malattia, dall’individualismo soffocante, è la salvezza nutrita dalla fiducia e dalla speranza, soprattutto nella prospettiva dello stare insieme e sentirsi un’unica comunità variopinta da diverse culture e sintesi della vita mediterranea. La Santuzza è l’immagine dell’accoglienza e della speranza, china verso i suoi devoti, attenta ai bisogni, così come è stata raffigurata in scultura in occasione di questo quarto centenario.

Filippo Sapienza

Storico dell’arte

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