54^ emissione del 17 giugno 2024, di un francobollo celebrativo dedicati al VIAGGIO: MARCO POLO, nel 700° anniversario della scomparsa
54^ emissione del 17 giugno 2024, di un francobollo celebrativo dedicato al viaggio: MARCO POLO, nel 700° anniversario della scomparsa, dal valore indicato in B Zona 2 50g, corrispondenti ad € 4,00
- data emissione: 17 giugno 2024
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente.
- Grammatura:90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore: tariffa B Zona 2 50g = €4,00
- colori: quadricromia
- bozzettista: a cura del Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ________
- Il francobollo: riproduce il mosaico raffigurante Marco Polo di Enrico Podio custodito presso i Musei di Strada Nuova – Palazzo Tursi di Genova. Completano il francobollo la legenda “MARCO POLO” e le date “1254 – 1324”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B ZONA 2 50 G”.
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Marco Polo (Venezia, 1254 – Venezia, 9 gennaio 1324) è stato un viaggiatore, scrittore, ambasciatore e mercante italiano, cittadino della Repubblica di Venezia.
La relazione dei suoi viaggi in Estremo Oriente è raccolta nell’opera letteraria Il Milione, una vera e propria enciclopedia geografica che riunisce le conoscenze essenziali sull’Asia in Europa alla fine del XIII secolo.
Membro del patriziato veneziano, viaggiò con il padre Niccolò e lo zio paterno Matteo attraverso l’Asia lungo la Via della seta fino alla Cina, allora Catai, dal 1271 al 1295. Consigliere e ambasciatore alla corte del Gran Khan Kubilai, tornò a Venezia nel 1295 con una discreta fortuna che investì nell’impresa commerciale di famiglia. Prigioniero dei genovesi dal 1296 al 1299, dettò le memorie dei suoi viaggi a Rustichello da Pisa, prigioniero pisano che con altri prigionieri letterati aveva fondato uno “scriptorium”, che le scrisse in lingua franco-veneta con il titolo Divisiment dou monde. Ormai ricco e famoso, sposò la patrizia Donata Badoer, dalla quale ebbe tre figlie: Fantina, Belella e Moreta. Aveva anche un’altra figlia, Agnese, nata prima del suo matrimonio con Donata e probabilmente illegittima. Morì nel 1324 e venne sepolto nella chiesa di San Lorenzo a Venezia.
Sebbene non sia stato il primo europeo a raggiungere la Cina, fu il primo a redigere un dettagliato resoconto del viaggio, Il Milione, che fu ispirazione per generazioni di viaggiatori europei, come Cristoforo Colombo, e fornì spunti e materiali alla cartografia occidentale, in primis al mappamondo di Fra Mauro.
Biografia
Origine del soprannome “Milione”
Marco Polo è menzionato negli Archivi della Repubblica di Venezia come Marco Paulo de confinio Sancti Iohannis Grisostomi, cioè Marco Polo della contrada di San Giovanni Grisostomo.
Il titolo dell’opera Il libro di Marco Polo detto il Milione, però, era ambiguo: secondo alcuni studiosi “Il Milione” non era il soprannome del libro, bensì dello stesso Marco Polo.
Infatti l’umanista del XV secolo Ramusio scrive che:
«nel continuo raccontare ch’egli faceva più e più volte della grandezza del Gran Cane, dicendo l’entrata di quello essere da 10 in 15 milioni d’oro, e così di molte altre ricchezze di quei paesi riferiva tutto a milioni, lo cognominarono “messer Marco Milioni”.»
Il letterato del XIX secolo Luigi Foscolo Benedetto, «persuaso che ‘Milione’ sia il nomiglio dell’autore», lo considera un’apocope del diminutivo “Emilione”. Fra Iacopo da Acqui parla di “dominus Marcus Venetus (…) qui dictus est Milionus“. «In ogni caso, il nomigliolo ricorre negli atti pubblici della Repubblica; dove invero, almeno una volta, viene impiegato anche per il padre di Marco.» Non è chiaro se tutti i membri della famiglia Polo del ramo detto Milion appartenessero al patriziato veneziano, certamente lo furono i mercanti Marco “il vecchio”, i suoi fratelli e i suoi discendenti.
La corte seconda del Milion a Venezia si trova accanto alla casa di Niccolò e Matteo Polo, su cui è stato costruito poi l’attuale Teatro Malibran.
Ascendenza
Il primo avo di cui si abbia notizia è l’omonimo prozio, che prese del denaro in prestito e comandò una nave a Costantinopoli. Il nonno di Marco, Andrea, abitava in contrada San Felice ed ebbe tre figli: Marco “il Vecchio”, Matteo e Niccolò, padre di Marco.
Nel 1260, Niccolò e Matteo, a quel tempo in affari a Costantinopoli (allora parte dell’Impero latino d’Oriente e controllata dai veneziani), cambiarono i loro averi in gemme e partirono per un viaggio attraverso l’Asia. Passando per Bukhara e il Turkestan cinese, raggiunsero la Cina, arrivando alla corte del neo-nominato Khagan (imperatore mongolo) Kubilai Khan (regno 1260-1294). L’azzardo dei fratelli Polo fu per loro provvidenziale: nel 1261, infatti, Michele VIII Paleologo riconquistò Costantinopoli, rifondando l’Impero bizantino, ed epurò la città dai Veneziani. Niccolò e Matteo ripartirono per l’Occidente nel 1266, arrivando a Roma nel 1269 con un’ambasciata del Gran Khan, che richiedeva al Papa missionari per la Mongolia.
Infanzia
Nulla si sa della sua infanzia, tranne che quasi certamente la passò a Venezia. Restato orfano di madre (il padre si sarebbe poi risposato con Floradisa Trevisan), venne cresciuto dagli zii. Ricevette un’educazione consona al suo status, imparando a navigare, a far di conto (anche con valuta straniera) e a commerciare. Non è chiaro se conoscesse o meno il latino.
Il viaggio lungo la Via della seta
I fratelli Niccolò e Matteo Polo ripartirono nel 1271 portandosi dietro Marco, «di età variamente indicata da dodici a diciannove anni, secondo le fonti», ma che probabilmente aveva 17 anni.
Durante le prime tappe del viaggio si trattennero alcuni mesi ad Acri e poterono parlare con l’arcidiacono Tedaldo Visconti, futuro papa Gregorio X, che Marco chiama “Tedaldo da Piagenza”. I Polo, in quell’occasione, gli avevano espresso il loro rammarico per la lunga mancanza di un papa, poiché nel loro precedente viaggio in Cina avevano ricevuto da Kublai Khan una lettera per il pontefice, ed erano così dovuti ripartire per la Cina delusi. Durante il viaggio, però, ebbero notizia che, dopo ben 33 mesi di vacanza, finalmente il Conclave aveva eletto il nuovo papa e questi altri non era che l’arcidiacono di Acri. I tre dunque si affrettarono a ritornare in Terrasanta, dove il nuovo papa affidò loro lettere per il Gran Khan, invitandolo a mandare suoi emissari a Roma. Per dare maggior peso a questa missione, mandò con i Polo, come suoi legati, due padri domenicani, Guglielmo da Tripoli e Nicola da Piacenza.
Da quanto riportato poi nel suo resoconto di viaggio, Il Milione, i tre Polo seguirono le varie tappe di quella che solo alcuni secoli dopo sarà chiamata la “Via della seta“.
A conclusione di questo viaggio, durato tre anni e mezzo, arrivarono infine a Chemeinfu, l’odierna Xanadu, città che il Khagan Kublai stava facendo costruire proprio in quegli anni. Una volta arrivato nel Catai, Marco ottenne i favori di Kubilai Khan, divenendone consigliere e in seguito anche ambasciatore, imparando a conoscere la lingua e i costumi dei tartari:
«Quando gli due fratelli e Marco giunsero alla gran città ov’era il Gran Khan, andarono al mastro palagio, ov’egli era con molti baroni, e inginocchiaronsi dinanzi da lui, cioè al Gran Khan, e molto si umigliarono a lui. Egli li fece levare suso, e molto mostrò grande allegrezza, e domandò loro chi era quello giovane ch’era con loro. Disse messer Nicolò: “Egli è vostro uomo e mio figliuolo”. Disse il Gran Khan: “Egli sia il ben venuto, e molto mi piace”.»
(Il Milione di Marco Polo, vol. I, p. 6, Baldelli Boni, Firenze, 1827.)
Onorati e investiti di cariche governative, Marco in particolare «per le sue missioni ufficiali si spinse in India, nel Yunnan, nel Tibet, in Birmania, lungo tragitti che ancora oggi presentano difficoltà per nulla lievi, anche prescindendo dalle condizioni politiche.»
Ritorno a Venezia e prigionia genovese
Marco Polo fece ritorno a Venezia solo 24 anni dopo essere partito, il 9 novembre 1295. Secondo Ramusio, a convincere i parenti, increduli dell’identità dei tre, furono i preziosi nascosti tra gli abiti.
Secondo una diffusa leggenda, il 5 settembre 1298 Marco Polo si trovava su una delle novanta navi veneziane sconfitte dai genovesi nella battaglia di Curzola. Di sicuro fu catturato dai genovesi, anche se non nei pressi di Curzola, come sostenuto da alcuni studiosi influenzati dal Ramusio, ma più probabilmente a Laiazzo in Cilicia, dopo uno scontro navale nel golfo di Alessandretta. Durante la prigionia incontrò Rustichello da Pisa; che fosse “in prigione da quattordici anni o vi venisse come libero frequentatore, fu quasi sicuramente lui a dare forma scritta alle memorie del veneziano” che ebbero rapida fortuna in tutta Europa.
Polo fu finalmente rilasciato dalla prigionia nell’agosto 1299 e ritornò nuovamente a casa a Venezia, dove, nel frattempo, il padre e lo zio avevano acquistato un grande palazzo in contrada San Giovanni Crisostomo (sestiere di Cannaregio), nota come “Corte del Milion”, acquisto reso probabilmente possibile con i proventi del commercio e della vendita delle gemme portate dall’Oriente. La Compagnia Polo continuò le sue attività commerciali e Marco divenne presto un ricco commerciante. Marco e lo zio Matteo finanziarono altre spedizioni, ma probabilmente non abbandonarono mai le province veneziane né tornarono sulla Via della seta o in Asia.
Matrimonio
Nel 1300 sposò la patrizia Donata Badoer, figlia del commerciante Vitale Badoer, dalla quale ebbe tre figlie: Fantina (sposò Marco Bragadin), Belella (sposò Bertuccio Querini) e Moreta.
Il 7 febbraio 2022 un documento d’archivio scoperto da Marcello Bolognari dell’Università Ca’ Foscari dimostra l’esistenza di una figlia sconosciuta di nome Agnese, nata prima del matrimonio con Donata Badoer e che alla sua prematura morte, nel suo testamento redatto il 7 luglio 1319, fa riferimento al padre Marco Polo affidandogli il compito di far pervenire le sue ultime volontà principalmente al marito Nicolò detto Nicoletto, ed ai figli Barbarella, Papon e Franceschino.
Morte
Nel 1323 era malato e inabilitato a muoversi dal letto. L’8 gennaio 1324, in punto di morte, dettò le sue ultime volontà al sacerdote Giovanni Giustiniani di San Procolo, convocato dalle donne di casa Marco divise i suoi averi tra la famiglia, diversi istituti religiosi (tra cui la chiesa di San Procolo e la chiesa di San Lorenzo presso la quale sarebbe stato sepolto) nonché gilde e confraternite a cui apparteneva. Tra le altre cose, compensò con 200 soldi il notaio Giustiniani e affrancò e dotò di 100 lire veneziane un servo tartaro che si era portato dall’Asia, tale Pietro. La data della morte non è certa: la Biblioteca Marciana, presso la quale è conservato il suo testamento (non firmato autografo dall’interessato, ma semplicemente confermato dai testimoni in accordo alla prassi del signum manus), data al 9 giugno il documento e post 9 giugno il decesso; secondo alcuni, invece, morì il giorno stesso in cui il testamento venne redatto.
Le spoglie andarono perdute durante la ricostruzione della chiesa di San Lorenzo alla fine del XVI secolo.
La casa dei Polo andò distrutta durante un incendio nel 1598. Al suo posto, circa un secolo dopo, fu costruito il Teatro San Giovanni Grisostomo, noto oggi come Teatro Malibran. Gli scavi archeologici condotti nel 1998 dalla soprintendenza ai Beni archeologici del Veneto hanno riportato alla luce diversi materiali, fra cui un eccezionale reperto di vetro viola di Murano.
Il Milione
Più volte trascritto e tradotto, sono almeno centocinquanta i manoscritti documentati prima della diffusione della stampa e in seguito le edizioni non si contano. Codici del Milione sono conservati in tutto il mondo. Celebre per le squisite miniature è il 2810 Libro delle meraviglie, conservato alla Biblioteca nazionale di Francia. L’esemplare in latino all’Alcázar di Siviglia esibisce le presunte postille di Cristoforo Colombo.
La fortuna del testo negli ambienti scientifici ebbe inizio nel XV secolo.
Il testo traccia dettagliatamente l’itinerario che i tre Polo seguirono attraverso la Via della seta. Procedettero verso l’interno del continente eurasiatico, attraversando l’Anatolia e l’Armenia. Scesero quindi verso il fiume Tigri, toccando probabilmente Mosul e Baghdad.
Dopo avere attraversato la città di Tabriz in Iran e poi la città di Yazd in Persia, giunsero fino al porto di Ormuz, forse con l’intenzione di proseguire il viaggio via mare. Continuarono invece a seguire la via terrestre entrando nel Dasht-e Lut, per giungere poi nel Khorasan. In questa regione entrarono in contatto con la setta islamica degli “ismailiyyah”, seguaci di Ḥasan-i Ṣabbāḥ, che Marco chiama il Veglio della Montagna.
Nell’odierno Afghanistan descrive la città di Supunga, identificata come l’attuale Sheberghan, poi Tahican, forse l’attuale Taloqan, poi Balkh e il “Balasciam” (Badakhshan). Attraversarono il Kashmir, quindi il Wakhan; superando con questo il Pamir, si diressero verso Samarcanda in Uzbekistan ed entrarono nella “Gran Turchia” (Turkestan). Discesero quindi verso il bacino del Tarim e giunsero nel Tangut, ai confini con il Catai.
Qui arrivarono nella provincia di “Chingitalas”, dove assistettero alla lavorazione di materiale ignifugo. Arrivarono quindi a Zhangye, poi a Caracorum. Quindi proseguirono lungo la parte settentrionale dell’ansa del Fiume Giallo e raggiunsero Xanadu, città che il Gran Khan Kubilai aveva fondato da poco ( articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo bollettino
Nel 2024, il 700° anniversario della scomparsa di Marco Polo, celeberrimo viaggiatore veneziano, ci riporta indietro nel tempo verso un’era di avventura e scoperta. Partito da Venezia nel 1271, all’età di 17 anni, Marco Polo intraprese insieme al padre e allo zio un viaggio epico lungo la Via della Seta, la leggendaria rotta commerciale che collegava l’Europa all’Asia. Con occhi meravigliati, egli raccontò i segreti di un Oriente lontano, prima attraverso la corte di Kublai Khan, grande imperatore mongolo presso cui Marco Polo divenne consigliere di fiducia ed emissario tra Oriente e Occidente, poi attraverso la permanenza in Cina, che lo rese testimone di una civiltà avanzata e sofisticata e che oggi ne celebra insieme a noi l’anniversario.
Con il suo celebre resoconto, “Il Milione”, Marco Polo condivise le sue incredibili esperienze di viaggio e scoperta nell’Asia orientale, aprendo una finestra sulle ricchezze e le meraviglie di terre lontane. Le sue narrazioni di città fiorenti, carovane di spezie e incontri con imperatori hanno incantato generazioni di lettori e contribuito a plasmare la nostra visione dell’Oriente. La sua figura è diventata sinonimo di coraggio, intraprendenza e apertura mentale, ispirando viaggiatori ed esploratori di ogni epoca a seguire le sue orme e ad esplorare mondi sconosciuti. Nei fatti, Marco Polo è stato un esperto mediatore culturale ante litteram.
L’emissione di questo francobollo celebra dunque la straordinaria eredità lasciata da Marco Polo nel mondo del viaggio e dell’esplorazione e accompagna idealmente le tante iniziative culturali organizzate quest’anno, con l’impegno della nostra Ambasciata a Pechino e dei nostri Consolati ed Istituti di Cultura in tutta la Cina. È anche un tributo a un uomo straordinario e alla sua determinazione nel navigare verso l’ignoto, aprendo nuove vie per il commercio, la cultura e la conoscenza. Questo francobollo diventa così un piccolo messaggero, invitando chi lo riceve a esplorare il mondo con occhi curiosi e mente aperta, mantenendo viva la meraviglia dell’avventura e dell’esplorazione che risiede in ognuno di noi.
Ministro Plenipotenziario Alessandro De Pedys
Direttore Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
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