5^ EMISSIONE 2023, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, del 24 Febbraio, di un francobollo celebrativo dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, nel 60° anniversario dell’istituzione
5^ EMISSIONE 2023, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, del 24 Febbraio, di un francobollo celebrativo dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, nel 60° anniversario dell’istituzione, dal valore indicato in B, corrispondente ad €1.20.
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura
- dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
- stampa: in rotocalcografia
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente; grammatura: 90 g/mq; supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq; adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco)
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 300.015
- valore: B
- colori: sei
- bozzettista: a cura del Centro Filatelico della Produzione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
- num. catalogo francobollo: Michel 4496 YT 4256 UNIF ________
- Il francobollo: il francobollo riproduce il logo del 60° anniversario dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, seguito dal claim “IL DOVERE DELLA VERITÀ”, delimitato, in alto e in basso, da due particolari dell’opera di Luigi Vigevano dal titolo “Allegoria sul mondo dei giornali”, esposta nella Sala Ocera della sede del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Completano il francobollo la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo lo puoi acquistare al prezzo di €1,80; basta inviare una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com
L’Ordine dei giornalisti è un ente pubblico italiano non economico a struttura associativa fondato nel 1963. L’Ordine è il soggetto collettivo che rappresenta la categoria professionale. Gestisce l’Albo dei giornalisti, l’iscrizione al quale è obbligatoria per l’esercizio della professione, e ha funzioni di vigilanza e di tutela sull’operato degli iscritti. Ha sede in Roma, Via Sommacampagna n.19 e l’attuale Presidente è il Dott. Carlo Bartoli: dal 2 dicembre 2021.
Storia
L’istituzione dell’albo professionale
Nel 1925 il contratto di lavoro nazionale dei giornalisti previde, per la prima volta, l’istituzione di un «Albo generale dei giornalisti professionisti». Era il riconoscimento sindacale-contrattuale dell’Albo. Successivamente avvenne il passaggio parlamentare. Il 31 dicembre dello stesso anno il legislatore approvò definitivamente i decreti sulla stampa del 1923 e 1924 e la regolamentazione della professione. La nuova legge istituì l’Albo dei giornalisti, disponendo che «l’esercizio della professione giornalistica è consentito solo a coloro che siano iscritti negli albi stessi» (art. 7). Altro requisito indispensabile per esercitare la professione era possedere un certificato di buona condotta politica rilasciato dal prefetto. Ogni quotidiano o periodico inoltre doveva avere un direttore responsabile; solo i giornalisti professionisti potevano salire alla direzione di una testata. Ogni nuova nomina di direttore doveva ottenere il placet del procuratore generale presso la Corte d’appello. Il giornale stesso doveva essere sottoposto, prima della sua pubblicazione, all’autorizzazione della procura generale della Corte d’appello nella cui giurisdizione era stampato.
In attesa del regolamento attuativo, l’albo fu depositato presso le sedi delle Corti d’appello (undici in tutto il Paese). Nel 1928 l’albo divenne operativo (R.D. 26 febbraio, n. 384) e la sua gestione passò a un comitato di cinque membri nominato dal Ministero di Grazia e Giustizia di concerto con il Ministero dell’Interno e delle Corporazioni. L’Albo era composto da tre elenchi: professionisti (cioè coloro che da almeno 18 mesi esercitavano esclusivamente la professione giornalistica e avevano compiuto i 21 anni di età), praticanti (coloro che pur esercitando esclusivamente la professione non avevano raggiunto l’anzianità di 18 mesi o i 21 anni di età) e pubblicisti (coloro che esercitavano, oltre all’attività retribuita di giornalista, anche altre attività o altre professioni).
Un anno dopo la caduta del fascismo il comitato fu sostituito da una commissione con sede a Roma (decreto legislativo luogotenenziale 23 ottobre 1944, n. 302, istitutivo della “Commissione unica per la tenuta degli Albi professionali dei giornalisti”. I membri della commissione erano nominati dal governo sulla base di una lista fornita dal sindacato dei giornalisti. Parallelamente iniziava il processo di epurazione dei giornalisti compromessi con il passato regime. Il decreto legislativo luogotenenziale (D.L.Lgt.) 27 luglio 1944, n. 159 istituì le Commissioni per la revisione dell’albo dei giornalisti. In ciascuna regione si sarebbe dovuta insediare una commissione che avrebbe svolto effettivamente l’incarico.
Solo quattro organismi videro la luce: quelli di Roma, Napoli, Bari e Palermo. Di questi quattro, solo a Roma (direttore Mario Vinciguerra) si produsse un elenco di giornalisti che, nel corso del 1945, vennero cancellati dall’Albo. Nel 1946 l’orientamento del governo nazionale cambiò: l’attività delle commissioni fu sospesa, in vista delle consultazioni per l’elezione dell’Assemblea costituente. La successiva amnistia Togliatti (22 giugno 1946) reintegrò nell’Albo tutti i giornalisti estromessi, chiudendo di fatto la stagione dell’epurazione.
L’istituzione dell’Ordine
L’attuale Ordine dei giornalisti è stato istituito con la legge n. 69 del 3 febbraio 1963, detta «legge Gonella», che disciplina la professione giornalistica. Contestualmente fu sciolta la Commissione unica. Il regolamento di esecuzione (D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115) è entrato in vigore il 12 marzo 1965. L’articolo 2 della legge precisa che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica”, mentre “è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”. La legge reintroduce l’Albo professionale e il conseguente obbligo d’iscrizione per chi vuole esercitare la professione di giornalista. Come nell’ordinamento precedente, gli elenchi sono tre:
- professionisti (definiti “coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista”);
- pubblicisti (“coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi”);
- l’elenco speciale, che raccoglie chi, pur non essendo giornalista, ricopre la carica di direttore responsabile di periodici sindacali, aziendali o tecnico/scientifici.
L’iscrizione all’elenco speciale coincide con la durata della direzione. A differenza dell’ordinamento precedente, non è più possibile il passaggio dall’elenco dei pubblicisti a quello dei professionisti. La legge prevede l’alta vigilanza del ministro della Giustizia sull’Ordine: il ministro può sciogliere un consiglio regionale, sentito il parere del consiglio nazionale.
Un’altra novità è stata l’introduzione della prova d’idoneità professionale, a cui si ha diritto dopo 18 mesi di praticantato. L’idoneità è acquisita attraverso un esame di stato. I primi esami si sono svolti tra il 25 novembre 1965 (prova scritta) e il 31 gennaio 1966 (prova orale). Nel 1965 è entrato in vigore l’Albo professionale. Nel 1967 il Tribunale di Torino e il pretore di Catania sollevano questione di illegittimità costituzionale dell’Ordine dei giornalisti. La questione viene rigettata l’anno seguente dalla Consulta. Nel 1976 si estende la possibilità di iscrizione all’Albo ai fotoreporter e ai telecineoperatori. Nel 1990 l’ammissione all’Ordine è estesa ai cittadini degli Stati membri della CEE (oggi Unione europea), che possono iscriversi senza alcuna formalità aggiuntiva rispetto ai cittadini italiani.
In occasione dei referendum del 1997, promossi dai Partito Radicale, fu prospettata l’abolizione dell’ordine professionale, mediante l’abrogazione delle norme istitutive. La consultazione del 15 giugno 1997 si chiuse senza esito, per questo quesito, per mancato raggiungimento del quorum.
La riforma degli anni 2000
Il 22 dicembre 2005 il Consiglio dei ministri approva la cosiddetta “Bozza Siliquini” (dal nome dell’allora sottosegretario alla Pubblica Istruzione Maria Grazia Siliquini) che modifica le norme di accesso alla professione giornalistica, inizialmente fissate nel 1928 e poi confermate dalla legge 3 febbraio 1963, n. 69. Il disegno di legge prevedeva che per essere ammessi all’esame di Stato per diventare professionisti non si dovrà più effettuare necessariamente due anni di praticantato in una struttura editoriale, ma si dovrà conseguire una laurea almeno triennale presso un’Università, più una specializzazione a scelta tra le seguenti:
- due anni di pratica e studio in uno degli istituti di formazione al giornalismo promossi dall’Ordine;
- un master biennale tra quelli istituiti con convenzioni fra Università e Ordine;
- una laurea specialistica, con il vincolo del cinquanta per cento di attività pratica in redazione nei due anni di corso.
In tutti i casi, l’Ordine ha potere di controllo e di verifica sui percorsi di formazione.
Il provvedimento non è stato convertito in legge dalle Camere, pertanto la bozza Siliquini rimane tale e le modalità di accesso alla professione giornalistica rimangono invariate e disposte dal Titolo II, Capo I, ex artt. 26-36, legge 3 febbraio 1963 n. 69. Il 17 ottobre 2008 il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha deliberato all’unanimità il documento d’indirizzo per la riforma dell’Ordine. Per il consiglio nazionale, i punti cardine della riforma dell’Ordine sono i seguenti:
- accesso con percorso universitario;
- sensibile diminuzione dei componenti del consiglio nazionale;
- commissione deontologica ristretta;
- istituzione di un giurì di vigilanza sulla correttezza dell’informazione.
Il 22 aprile 2009 è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge, la n. 2393 concernente Modifiche alla Legge 3 febbraio 1963 n. 69, in materia di ordinamento della professione giornalistica.
Con la legge n.233 del 31 dicembre 2012, si inizia a essere regolamentato dallo Stato l'”Equo compenso nel settore giornalistico”.
Organi
Il vertice dell’organizzazione è rappresentato dal Consiglio nazionale. Struttura collegiale, il Consiglio nazionale ha la rappresentanza dell’Ordine. Il Consiglio nazionale è composto da 60 membri, in ragione di due professionisti e un pubblicista per ogni Ordine regionale. Elegge al proprio interno: presidente, vicepresidente, segretario, tesoriere e collegio dei revisori. All’interno del Consiglio vi sono quattro commissioni consultive che si occupano di materie specifiche: cultura; amministrazione; diritto; ricorsi. Oltre alla struttura collegiale centrale vi sono una serie di strutture collegiali periferiche, i Consigli regionali, aventi natura di persone giuridiche di diritto pubblico. Gli organi degli Ordini regionali sono:
- l’assemblea (è composta da tutti i giornalisti iscritti – professionisti e pubblicisti -; si riunisce almeno una volta all’anno per approvare il bilancio, e ogni tre anni per eleggere il consiglio);
- il consiglio (composto da sei professionisti e tre pubblicisti, i cui componenti restano in carica per tre anni, elegge il presidente, il vice, il segretario e il tesoriere);
- il presidente (che ha la rappresentanza dell’Ordine, convoca e presiede l’assemblea);
- il collegio dei revisori dei conti (ha tre componenti; controlla la gestione dei fondi e verifica i bilanci predisposti dal consiglio);
- il consiglio di disciplina (gestisce l’attività disciplinare e commina le sanzioni previste dalla legge istitutiva dell’Ordine).
Funzioni
Gestione dell’Albo
Ogni consiglio tiene l’albo professionale di categoria, che è ripartito dal 1963 in due elenchi (art. 1):
- giornalisti professionisti: “coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista”;
- giornalisti pubblicisti: “coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi”.
Annessi all’albo dei giornalisti sono alcuni elenchi speciali, in cui vengono iscritti (art. 28):
- giornalisti stranieri che operano in Italia;
- direttori che, pur non esercitando l’attività di giornalista, assumono la qualifica di direttore responsabile di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici.
I praticanti, cioè «coloro che intendano avviarsi alla professione giornalistica», vengono iscritti in un apposito “registro dei praticanti” (art. 33), e devono svolgere il praticantato per 18 mesi «presso un quotidiano, o presso il servizio giornalistico della radio o della televisione, o presso un’agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno 4 giornalisti professionisti redattori ordinari, o presso un periodico a diffusione nazionale e con almeno 6 giornalisti professionisti redattori ordinari» (art. 34).
Responsabilità disciplinare
La legge del 1963 dedica l’intero Titolo III alla “disciplina degli iscritti”, ma di fatto fornisce solamente delle linee generali. Specifica che il Consiglio prende adeguati provvedimenti per gli iscritti «che si rendano colpevoli di fatti non conformi al decoro e alla dignità professionale, o di fatti che compromettano la propria reputazione o la dignità dell’Ordine» (art. 48), ma non stabilisce quali siano questi “fatti”.
Le sanzioni disciplinari sono previste dall’art. 51 e contenute negli artt. 52-55, e sono:
- avvertimento: rilievo della mancanza commessa e richiamo del giornalista all’osservanza dei suoi doveri;
- censura: biasimo formale per la trasgressione accertata;
- sospensione: non inferiore a 2 mesi e non superiore a 1 anno, nei casi di compromissione della dignità professionale;
- radiazione: nei casi in cui la dignità professionale viene compromessa al punto da rendere incompatibile la presenza dell’iscritto nell’Albo.
A partire dal 14 dicembre 2012 le competenze in materia disciplinare sono esercitate dai Consigli di disciplina. Il procedimento disciplinare inizia davanti al Consiglio territoriale, presente in ogni sede regionale dell’ordine, e prosegue davanti al Consiglio nazionale di disciplina, quale organo di seconda istanza.
Il giornalista professionista
Possono divenire giornalisti professionisti solo coloro che hanno svolto almeno 18 mesi di praticantato in una redazione dove lavorano già altri professionisti (almeno tre), inquadrati e retribuiti secondo il contratto nazionale di lavoro giornalistico. Successivamente devono superare un esame di idoneità professionale. La prova, obbligatoria per l’ammissione nell’elenco dei giornalisti professionisti, si tiene a Roma in due sessioni, organizzate dall’Ordine. Secondo la forma attuale, in vigore dal 1973, l’esame consiste in una prova scritta, della durata di 8 ore, e una prova orale. La commissione esaminatrice è presieduta da un magistrato.
Dal 2005 è fissato l’obbligo della formazione per i praticanti ammessi all’esame di Stato. Vi sono alcune scuole post universitarie, a numero chiuso, che permettono di sostenere la prova di idoneità professionale senza effettuare il praticantato. Nel 2012 il Parlamento ha istituito l’obbligo della formazione professionale continua per tutti gli iscritti a un Albo professionale. Dal 1º gennaio 2014 tale obbligo è entrato in vigore per i giornalisti attivi (sia professionisti che pubblicisti).
Contratto nazionale di lavoro giornalistico (CNLG)
L’esigenza di un contratto collettivo di lavoro, legato alla professione giornalistica, nasce in primis dal fatto che si tratta quasi sempre di un rapporto di lavoro dipendente. Le parti contraenti sono da un lato gli editori (rappresentati dalla FIEG), dall’altro i giornalisti che prestano un’attività continua e con rapporto di dipendenza (rappresentati dalla FNSI). L’ultimo contratto nazionale è stato firmato a Roma l’11 aprile 2001 (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia).
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