48^ emissione del 10 giugno 2024, di un francobollo commemorativo di GIACOMO MATTEOTTI, nel centenario della scomparsa
48^ emissione del 10 giugno 2024, di un francobollo commemorativo di GIACOMO MATTEOTTI, nel centenario della scomparsa, dal valore indicato in B, corrispondente ad €1,25
- data emissione: 10 giugno 2024
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente.
- Grammatura:90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 250.020
- valore: tariffa B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: M.Hermo
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ________
- Il francobollo: raffigura un ritratto di Giacomo Matteotti, autorevole politico italiano, più volte deputato alla Camera nel 1919, 1921 e 1924. Completano il francobollo la legenda “GIACOMO MATTEOTTI” e le date “1885 – 1924”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo, lo puoi acquistare, al prezzo di €1,80, inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com
Questi sono alcuni prodotti correlati all’emissione del francobollo e precisamente: Folder, Cartolina Filatelica, Tessera filatelica e Bollettino Illustrativo. Se siete interessati ad uno o più di questi prodotti, contattatemi alla email: protofilia1@gmail.com e vi sarà confermato la disponibilità del prodotto
Giacomo Matteotti (Fratta Polesine, 22 maggio 1885 – Roma, 10 giugno 1924) è stato un politico, giornalista e antifascista italiano, segretario del Partito Socialista Unitario, formazione nata da una scissione del Partito Socialista Italiano al Congresso di Roma dell’ottobre 1922.
Fu rapito e assassinato il 10 giugno 1924 da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini, a causa delle sue denunce delle illegalità commesse dalla nascente dittatura di Benito Mussolini. Il corpo di Matteotti fu ritrovato circa due mesi dopo l’omicidio, il 16 agosto 1924.
Il 3 gennaio 1925, di fronte alla Camera dei deputati, Benito Mussolini si assunse pubblicamente la «responsabilità politica, morale e storica» del clima nel quale l’assassinio si era verificato. A tale discorso fece seguito, nel giro di due anni, l’approvazione delle cosiddette leggi fascistissime e la decadenza dei deputati che avevano partecipato alla secessione dell’Aventino come protesta per il delitto Matteotti.
Biografia
La famiglia
Giacomo Lauro Matteotti nacque in provincia di Rovigo a Fratta Polesine venerdì 22 maggio del 1885, da Girolamo Stefano Matteotti (1839-1902) e Elisabetta Garzarolo (1851-1931), detta Isabella. La famiglia Matteotti era originaria di Comasine in Val di Peio, in Trentino, e già nel 1837 il bisnonno di Giacomo, Stefano Matteotti, era attivo nella compravendita di rame e ferro ad Arquà Polesine nel Regno Lombardo-Veneto. Il nonno di Giacomo, Matteo Matteotti e la moglie Caterina Sartori, con cui si era sposato nel 1813, si trasferirono definitivamente a Fratta Polesine nel 1845 portando avanti l’attività del padre. Matteo Matteotti morì nel 1858 a soli quarantasette anni a causa delle ferite dovute a una lite, e suo figlio Girolamo portò avanti e ampliò l’attività paterna aprendo due botteghe: la prima a Fratta Polesine e la seconda a Costa di Rovigo. Negli anni sessanta Girolamo investì il suo capitale nell’acquisto dei terreni espropriati alle parrocchie, dando così inizio anche all’attività di prestito ad interesse raggiungendo un’invidiabile posizione economica. Girolamo sposò Isabella a Fratta Polesine il 7 febbraio 1875. I due ebbero sette figli, quattro dei quali (Ginevra, Dante, Aquino e Giocasta) morirono in tenera età: degli adulti, Giacomo fu il secondogenito tra Matteo (1876-1909) e Silvio (1887-1910) e l’unico a sopravvivere ai fratelli, morti ancor giovani di tisi. Tutti si impegnarono in politica nelle file del Partito Socialista Italiano (PSI), seguendo l’esempio del padre che era stato consigliere comunale di Fratta Polesine tra il 1896 e il 1897. Nel 1912, mentre si trovava in vacanza nell’Abetone si innamorò di Velia Titta, una poetessa di ventidue anni profondamente religiosa e sorella del baritono Titta Ruffo. Nel gennaio 1916 i due di sposarono con rito civile, ebbero poi tre figli: Giancarlo (1918-2006), Gianmatteo (1921-2000), entrambi deputati socialisti, e Isabella (1922-1994).
La formazione e la militanza giovanile
Dopo aver frequentato le scuole elementari pubbliche di Lendinara venne iscritto al liceo ginnasio “Celio” di Rovigo, diplomandosi il 15 dicembre 1903 all’età di diciotto anni. Poco interessato all’attività i famiglia, Giacomo si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all’Università di Bologna, laureandosi il 7 novembre 1907 con 110 e lode presentando una tesi sulla recidiva scritta in collaborazione col professore Alessandro Stoppato. Per la scrittura della tesi Giacomo viaggiò in Olanda, Belgio, Austria, Germania, Francia e Inghilterra, arrivando ad apprendere il francese, l’inglese e il tedesco. Giacomo rielaborò poi la sua tesi nel 1910, pubblicando con la Fratelli Bocca Editori a Torino La recidiva. Saggio di revisione critica con dati statistici, e compiendo nel corso dello stesso anno un viaggio a Oxford per l’approfondimento del sistema penale britannico. Tra il 1909 e il 1910 Giacomo perse a causa della tubercolosi prima il fratello Matteo e poi Silvio, rimanendo l’unico figlio superstite.
Seguendo l’esempio del fratello Matteo, Giacomo si avvicinò fin da giovanissimo alle idee socialiste aderendo alla giovanile del Partito Socialista Italiano nel 1898 a soli tredici anni, e scrivendo nel 1901 il suo primo articolo per La Lotta, un settimanale locale di ispirazione socialista. Alla sua prima esperienza politica, il 26 gennaio 1908 a ventidue anni Giacomo Matteotti fu eletto con 86 preferenze consigliere comunale a Fratta Polesine, mentre nell’agosto del 1910 durante la sua permanenza a Oxford fu eletto consigliere provinciale a Rovigo. In seguito alla guerra di Libia la corrente riformista a cui faceva riferimento Matteotti, nel corso del XIII Congresso del Partito Socialista Italiano del 1912 passò per la prima volta in minoranza dietro ai massimalisti, quando su proposta del direttore dell’Avanti! Benito Mussolini, fu espulsa la destra riformista di Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, i quali fondarono il Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI); seguendo le orme di Filippo Turati, Matteotti rimase però fedele al partito. Il 3 ottobre 1912 Matteotti fu eletto sindaco del piccolo comune di Villamarzana e sfruttando la possibilità di essere eletto in tutti i comuni in cui si pagavano le tasse, Matteotti entrò anche nei consigli comunali di Villanova del Ghebbo, San Bellino, Castelguglielmo, Lendinara, Badia Polesine, Fiesso Umbertiano, Pincara, Boara Polesine. Inoltre, fu nominato vicesindaco a Fratta Polesine e assessore a Frassinelle Polesine. Il 7 luglio 1914 Matteotti viene riconfermato al consiglio provinciale.
L’accusa di aver costruito la propria fortuna anche prestando denaro a interesse, rivoltagli dalla stampa cattolica locale avversaria, risulta da un’ampia documentazione d’archivio.
Durante la prima guerra mondiale, in cui non fu arruolato in quanto unico figlio superstite di madre vedova, si dimostrò un convinto sostenitore della neutralità italiana. Le sue posizioni antimilitariste e il suo attivismo contro la guerra gli costarono l’allontanamento dal Polesine per tre anni e il confino in una zona montagnosa nei pressi di Messina.
Il socialismo e l’elezione a deputato
Matteotti fu eletto in Parlamento per la prima volta nel 1919 nel collegio di Ferrara e fu poi rieletto nel 1921 e nel 1924. Venne soprannominato “Tempesta” dai suoi compagni di partito per il suo carattere battagliero e intransigente. In pochi anni, oltre a preparare numerosi disegni di legge e relazioni, intervenne 106 volte in Aula, con discorsi su temi spesso tecnici, amministrativi e finanziari. Per il carattere meticoloso e l’abitudine allo studio, passava ore nella Biblioteca della Camera «a sfogliare libri, relazioni, statistiche, da cui attingeva i dati che gli occorrevano per lottare, con la parola e con la penna, badando a restare sempre fondato sulle cose». Dopo i fatti del dicembre 1920 a Ferrara, Matteotti divenne il nuovo segretario della Camera del Lavoro cittadina e questo produsse un rinnovato impegno nella sua lotta antifascista, con frequenti denunce delle violenze che venivano messe in atto.
Nel 1921 pubblicò una famosa Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, in cui si denunciavano, per la prima volta, le violenze delle squadre d’azione fasciste durante la campagna elettorale delle elezioni del 1921.
Nell’ottobre del 1922 Matteotti fu espulso dal Partito Socialista Italiano con tutta la corrente riformista legata a Filippo Turati; i fuoriusciti fondarono il nuovo Partito Socialista Unitario, di cui Matteotti divenne segretario.
Nel 1924 venne pubblicata a Londra, dove Matteotti si era recato in forma strettamente riservata nell’aprile di quell’anno, la traduzione del suo libro Un anno di dominazione fascista, col titolo: The Fascists exposed; a year of Fascist Domination, in cui riportava meticolosamente gli atti di violenza fascista contro gli oppositori. Nell’introduzione del libro, Matteotti ribatteva puntualmente alle affermazioni fasciste, in particolare a quelle che affermavano l’uso della violenza squadrista utile allo scopo di riportare il Paese a una situazione di legalità e “normalità” col ripristino dell’autorità dello Stato dopo le violenze socialiste del biennio rosso, affermando la continuazione delle spedizioni squadriste contro gli oppositori anche dopo un anno di governo fascista. Inoltre, sosteneva che il miglioramento delle condizioni economiche e finanziarie del Paese, che stava lentamente riprendendosi dalle devastazioni della prima guerra mondiale, era dovuto non all’azione fascista, quanto alle energie popolari; tuttavia, ancora secondo Matteotti, a beneficiarne sarebbero stati solo gli speculatori e i capitalisti, mentre il ceto medio e proletario ne avrebbe ricevuto una quota proporzionalmente bassa a fronte dei sacrifici.
La contestazione delle elezioni del 1924
Alle elezioni del 6 aprile 1924 Matteotti fu rieletto, il PSU raccolse il 5,9% risultando il secondo partito di opposizione dietro il 9% del Partito Popolare Italiano. La consultazione si svolse in un grave clima di intimidazione e da ripetute violenze da parte delle squadre d’azione del Partito Nazionale Fascista, il risultato fu quindi ampiamente favorevole alla lista governativa, con l’elezione di tutti i suoi 356 candidati.
Al momento di convalidare le decisioni della Giunta delle elezioni, diversi parlamentari di minoranza segnalarono proteste per le modalità di voto in alcune circoscrizioni (Abruzzi, Campania, Calabria, Puglie e Sicilia). Giacomo Matteotti, insieme agli onorevoli Enrico Presutti e Arturo Labriola presentarono allora la richiesta per il rinvio degli atti alla Giunta. Il 30 maggio 1924 Matteotti prese la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni denunciando le violenze, le illegalità e gli abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni :
«[…] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. […] L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. […] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà… […] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse» (Giacomo Matteotti)
Terminato il discorso disse rivolgendosi a Giovanni Cosattini seduto accanto a lui, indirettamente ai suoi compagni di partito:
«Io, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me. »
La proposta di Matteotti di far invalidare l’elezione almeno di un gruppo di deputati – secondo le sue accuse, illegittimamente eletti a causa delle violenze e dei brogli – venne respinta dalla Camera con 285 voti contrari, 57 favorevoli e 42 astenuti. Il 1º giugno Il Popolo d’Italia pubblicò in prima pagina un articolo, nel quale era indicato esplicitamente Matteotti come principale oppositore. L’articolo non era firmato, ma fu scritto da Mussolini; una copia del manoscritto venne conservata dal suo segretario Fasciolo, che nel 1926 fu sanzionato proprio per i «documenti di carattere riservato sottratti al Capo del Governo».
«Mussolini ha trovato fin troppo longanime la condotta del governo, perché l’on. Matteotti ha tenuto un discorso mostruosamente provocatorio che avrebbe meritato qualcosa di più tangibile che l’epiteto di “masnada” lanciato dall’on. Giunta. »
Pochi giorni dopo, il 4 giugno 1924, durante una discussione alla Camera, Matteotti ebbe un battibecco con Mussolini, ricordandogli l’approvazione data nel 1919 da Il Popolo d’Italia al decreto di amnistia per i disertori.
L’assassinio
Intorno alle 16:00 del 10 giugno 1924 Matteotti uscì di casa dirigendosi verso la Camera dei deputati per preparare il suo intervento sull’autorizzazione dell’esercizio provvisorio del bilancio statale. Giunto sul lungotevere incrociò una Lancia Trikappa nera in sosta con a bordo alcune persone: ad attenderlo era la squadra fascista di Amerigo Dumini, che rapì il deputato caricandolo in auto per poi accoltellarlo durante il pestaggio avvenuto nell’abitacolo. La mattina del giorno successivo la moglie Velia, preoccupata dalla prolungata assenza del marito, decise di avvisare i suoi più stretti compagni di partito tra cui Filippo Turati e Giuseppe Emanuele Modigliani, che la sera dell’11 giugno denunciò la scomparsa di Matteotti al questore Cesare Bertini, già avvertito dell’accaduto dal capo della polizia Emilio De Bono. Nello stesso momento fu avvertito dell’accaduto anche Benito Mussolini, e nel pomeriggio del giovedì 12 giugno la notizia divenne di pubblico dominio. Il giorno successivo Mussolini tentò di rassicurare l’aula sull’accaduto, ma le opposizioni in segno di protesta diedero inizio all’astensione dai lavori parlamentari.
Due copertine di quotidiani con il titolo dell’omicidio di Matteotti
Il 14 giugno iniziarono i primi arresti, per poi proseguire nei giorni successivi, in particolare durante gli interrogatori Albino Volpi confermò l’assassinio del deputato e raccontò che durante la lotta nell’abitacolo Matteotti pronunciò la famosa frase:
«Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai. »
Il 27 giugno le opposizioni commemorarono ufficialmente la morte di Matteotti dando ufficialmente inizio alla “secessione dell’Aventino”, e in tutta Italia molti lavoratori si astennero dal lavoro per circa dieci minuti. Il corpo di Matteotti fu ritrovato solo il 16 agosto nelle campagne del comune di Riano, a circa 20 km dal centro di Roma, e il 21 agosto la salma arrivò a Fratta Polesine dove si svolsero i funerali (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Due francobolli emessi dedicati a Matteotti: a Sx -Italia 1955 e a DX – San Marino 2012
Testo bollettino
Giacomo Matteotti nasce a Fratta Polesine (Rovigo) il 22 maggio 1885. I genitori sono agiati commercianti e proprietari terrieri.
Compie gli studi superiori a Rovigo e si laurea in giurisprudenza, ramo penalistico, nel 1907, iniziando una promettente carriera universitaria con la pubblicazione della tesi di laurea dal titolo La recidiva, Torino 1910.
Le condizioni miserabili del Polesine di allora e un innato senso di ribellione lo avvicinano al socialismo fin dagli anni del liceo. Nel 1910 entra nel Consiglio provinciale di Rovigo e in numerose amministrazioni comunali della provincia. Da allora l’attività politica e amministrativa lo assorbe totalmente. La capacità dialettica, la cultura, l’innato ascendente ne fanno in fretta il leader del socialismo polesano.
Allo scoppio della guerra assume posizioni rigorosamente antinterventiste, subendo anche un processo per disfattismo a causa di alcuni discorsi contro la guerra pronunciati nel Consiglio provinciale. Benchè riformato, viene richiamato alle armi e confinato per tutto il periodo bellico, 1916 – 1919, in una lontana caserma della Sicilia, a Messina perché ritenuto “pervicace, violento agitatore”. In questi anni riprende gli studi di diritto e pubblica una decina di saggi penalistici su importanti riviste giuridiche.
Nel 1916 sposa con solo rito civile Velia Titta, sorella minore del cantante Titta Ruffo, dalla quale avrà tre figli.
Nel 1919 viene eletto deputato per il Partito socialista. Sarà rieletto nel 1921 e nel 1924.
Con brillanti interventi in Parlamento si afferma come una delle figure più interessanti della nuova stagione politica. Vicino a Turati e alle posizioni riformiste, nel 1922 esce dal Psi e aderisce al Partito Socialista Unitario, di cui diviene segretario.
Conduce una strenua battaglia contro il fascismo nel Parlamento e nel paese, a causa della quale viene selvaggiamente assassinato a Roma il 18 giugno del 1924. Il suo cadavere, ritrovato a metà agosto, è trasferito nel paese natale, a Fratta, dove viene sepolto il 21 agosto.
Giuseppe Tasso
Sindaco di Fratta Polesine
Presidente Comitato Provinciale Polesano
per le celebrazioni del Centenario della morte di Giacomo Matteotti
Se sei interessato all’acquisto di questo francobollo, lo puoi acquistare, al prezzo di €1,80, inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com