46 – 53^ emissione del 21.05.2025 di n.8 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica “le eccellenze del patrimonio culturale italiano” dedicati alle rievocazioni storiche: PALIO di SIENA, PALIO di ASTI, PALIO dei NORMANNI di PIAZZA ARMERINA, GIOSTRA del SARACINO di AREZZO, GIOSTRA della QUINTANA di FOLIGNO, GIOSTRA della QUINTANA di ASCOLI PICENO, PALIO di LEGNANO e PALIO del GOLFO della SPEZIA










46 – 53^ emissione del 21.05.2025 di n.8 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica “le eccellenze del patrimonio culturale italiano” dedicati alle rievocazioni storiche: PALIO di SIENA, PALIO di ASTI, PALIO dei NORMANNI di PIAZZA ARMERINA, GIOSTRA del SARACINO di AREZZO, GIOSTRA della QUINTANA di FOLIGNO, GIOSTRA della QUINTANA di ASCOLI PICENO, PALIO di LEGNANO e PALIO del GOLFO della SPEZIA, tutti dal valore indicato con la lettera B, corrispondenti ad €1.30

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: quattro
- bozzettista: a cura del Comune di Siena e del Consorzio per la Tutela del Palio e ottimizzato dal Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4569____
- Il francobollo: Riproduce un frame del manifesto realizzato dall’illustratore Dario Neri nel 1928 per il Palio di Siena, storica “Festa di Popolo” in cui le diciassette Contrade di Siena si sfidano, due volte all’anno, in una corsa di cavalli che si svolge nella famosa Piazza del Campo. Completa il francobollo la legenda “IL PALIO DI SIENA”, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: quadricromia
- bozzettista: a cura della classe 5A a.s. 2024-25 del Liceo Artistico “B. Alfieri” di Asti e ottimizzato dal Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4570____
- Il francobollo: Raffigura, in grafica stilizzata, torri e mura rappresentative della città di Asti affiancate a un cavallo in corsa con il suo fantino che concorre al Palio di Asti, manifestazione considerata tra le più antiche d’Italia con i suoi 750 anni. Completano il francobollo le legende “PALIO DI ASTI” e “DAL 1275”, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: quadricromia
- bozzettista: M. C. PERRINI
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4571____
- Il francobollo: Raffigura un particolare del Palio dei Normanni, rievocazione storica medievale in costume di un episodio storico accaduto circa mille anni fa, che va in scena nei giorni 12, 13 e 14 agosto a Piazza Armerina, nel cuore della Sicilia. Sullo sfondo svetta maestosa la Cupola della Cattedrale di Maria Santissima delle Vittorie a cui è dedicato lo storico Palio le cui origini risalgono al XVII secolo. Completano il francobollo le legende “PALIO DEI NORMANNI” e “PIAZZA ARMERINA”, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: quadricromia
- bozzettista: F. ABBATI
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4572____
- Il francobollo: Riproduce un particolare del manifesto della Giostra del Saracino di Arezzo, opera dell’artista Vittorio Novarese del 1934, raffigurante il cavaliere aretino con il vessillo della città, immagine iconica e tradizionale di questa storica rievocazione della città toscana. Sullo sfondo è ripetuto a tappeto un cavaliere ispirato al manifesto, mentre, a sinistra, è riprodotto il logo della manifestazione. Completa il francobollo la legenda “AREZZO”, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: cinque
- bozzettista: F. ABBATI
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4573____
- Il francobollo: Raffigura un particolare del sontuoso corteo storico in costumi barocchi che precede la Giostra della Quintana di Foligno, una delle più importanti rievocazioni storiche dell’Umbria e dell’Italia che ripropone, due volte l’anno a giugno e a settembre, un antico torneo cavalleresco seicentesco. In alto, a destra, è riprodotto il logo della Giostra, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: quadricromia
- bozzettista: M. HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4574____
- Il francobollo: Raffigura un cavaliere dei sei sestieri, ciascuno rappresentante di un quartiere di Ascoli Piceno, che danno vita a una gara di destrezza e abilità durante la Giostra della Quintana lanciandosi al galoppo con una lancia per colpire il bersaglio del saraceno. Sullo sfondo s’intravede il pubblico in costumi medioevali. In alto, a sinistra, è riprodotto il logo della manifestazione, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: cinque
- bozzettista: F. ABBATI
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4575____
- Il francobollo: Raffigura un carroccio trainato da sei buoi bianchi che ospita, sul piano, l’altare con la Croce di Ariberto, tre figuranti in vestiti religiosi e sei musici con chiarine. Il carroccio è scortato dai fanti ed è seguito dalla compagnia della morte formata da cavalieri in costume guidati dal loro capitano. A sinistra, è presente il logo del Palio, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.035
- valore tariffa: B= €1.30
- colori: quadricromia
- bozzettista: T. TRINCA
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _4576____
- Il francobollo: Raffigura la simbologia della storica gara remiera del Palio del Golfo della Spezia che va in scena nelle acque antistanti la passeggiata a mare del capoluogo ligure; da 100 anni evento catalizzatore della prima domenica di agosto. A destra, svetta il Gonfalone del Palio e, in primo piano, sventolano le tredici bandiere rappresentative delle rispettive borgate marinare che attualmente partecipano alla storica competizione. In alto, a sinistra, è riprodotto il logo del centenario del Palio, una prua che fende le onde con le stelle ed i colori delle tredici borgate, completa la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 21.05. 2025
- dimensioni foglietto: 185 x 135 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura: 100.000
- valore tariffa: 8 francobolli B= €10.40
- colori: sei
- bozzettista: Fabio ABBATI
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: Raffigura dei particolari di stendardi, al centro sullo sfondo la forma della penisola italiana, i dentellati offrono un ideale viaggio filatelico e storico lungo l’Italia tra le più importanti e rappresentative manifestazioni storiche folkloristiche. Completa il foglietto la legenda “RIEVOCAZIONI STORICHE”. In basso, a sinistra, è riprodotto il logo MIMIT monocromatico e, a destra, è presente il codice a barre per la rilevazione automatica dei francobolli.








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Il Palio di Siena è una competizione fra le diciassette Contrade di Siena nella forma di una giostra equestre di origine medievale.

La “carriera”, come viene tradizionalmente chiamata la corsa si svolge normalmente due volte l’anno: il 2 luglio si corre il Palio in onore della Madonna di Provenzano e il 16 agosto quello in onore della Madonna Assunta.
In occasione di avvenimenti eccezionali, di ricorrenze cittadine o nazionali ritenute rilevanti e pertinenti (come il centenario dell’Unità d’Italia), la comunità senese può decidere di effettuare un “Palio straordinario”.

Contrade
Le contrade che corrono il Palio di Siena sono 17:
- Aquila – Bruco – Chiocciola – Civetta – Drago – Giraffa – Istrice – Leocorno – Lupa – Nicchio – Oca – Onda – Pantera – Selva – Tartuca – Torre e Valdimontone
Storia
Origini
Fin dal 1200 si ha testimonianza di una corsa di cavalli a Siena, e documenti anteriori al XII secolo ricordano di un “Palio di San Bonifazio”, ossia il santo titolare dell’antica cattedrale, che prima della fondazione di quella attuale sorgeva in Castelvecchio. Proprio al sagrato del Duomo nuovo, in quel periodo fu posta l’insegna del Comune a segnare l’arrivo della corsa dei barberi. Quando Siena divenne una delle più ricche e colte città dell’Europa del Medioevo, il Palio fu l’evento ludico e il momento conclusivo delle feste annuali in onore di Maria Vergine Assunta patrona di Siena e del suo Stato. Il momento culminante delle feste era la cerimonia dell’offerta dei ceri e dei censi in cattedrale, rito insieme religioso e politico, atto di devozione alla Madonna dei senesi e di sudditanza ai reggitori del Comune di Siena.
Per l’organizzazione del Palio, il Comune nominava annualmente i “Deputati della Festa”, menzionati regolarmente nei documenti del Trecento, con ampi compiti e attribuzioni. A correre il Palio erano i nobili e i notabili sui loro cavalli; si correva “alla lunga”, cioè in linea su un percorso che andava da fuori le mura al Duomo, dall’esterno all’interno. Il premio era un pallium: una lunga pezza di stoffa preziosa, talvolta cucito a bande verticali e foderato da centinaia di pelli di vaio.
Il più antico documento sul Palio è del 1238.
Questi primi Palii furono disputati dai nobili. Le Contrade parteciparono, invece, ai crudi giochi le cui grandi masse di contendenti si opponevano su base territoriale. Siena, infatti, era nata su tre colli, e le Contrade presero vita e forma all’interno di questa tripartizione.
La carriera
Partecipanti
La corsa si svolge nella piazza centrale Piazza del Campo: a ogni Palio partecipano 10 contrade tra le 17 totali, scelte a sorte e secondo un particolare regolamento che consente la costante rotazione delle partecipanti. Corrono di diritto le 7 contrade che non hanno corso il Palio corrispondente dell’anno precedente, e un mese prima del Palio (l’ultima domenica di maggio per quello di luglio, e la prima domenica dopo il Palio di luglio per quello di agosto) vengono estratte a sorte le 3 contrade mancanti; l’annuncio al popolo è dato attraverso le bandiere delle tre contrade estratte che vengono issate alle finestre di Palazzo Comunale. Vengono inoltre estratte le altre 7 contrade rimanenti, per stabilire l’ordine di sfilata nel corteo storico; esse parteciperanno di diritto al corrispondente Palio dell’anno successivo. In caso di Palio straordinario, avviene un sorteggio tra tutte le contrade per determinare le dieci partecipanti.

Prossime carriere
- Correranno di diritto il Palio del 2 luglio 2025:
Tartuca, Chiocciola, Drago, Selva, Istrice
- Correranno di diritto il Palio del 16 agosto 2025:
Pantera, Tartuca, Drago, Bruco, Giraffa, Aquila
Le fasi della “mossa”
Nel pomeriggio, prima della corsa, dal Duomo si snoda la passeggiata storica durante la quale sfilano i mazzieri, i figuranti e i cavalieri rappresentanti il Comune e le istituzioni storiche cittadine, oltreché le “comparse” delle contrade, i cui figuranti indossano le “monture”, ossia i costumi con i colori delle rispettive contrade.
Dopo il corteo storico (alle 19:30 a luglio, alle 19 ad agosto), i fantini escono a cavallo dall’entrone del Palazzo Comunale, ricevono il nerbo (tendine di bue essiccato per sollecitare il cavallo) e si portano nella zona della partenza, chiamata “mossa”. Il punto di partenza si trova all’altezza del vicolo della Costarella dei Barbieri, cioè nel tratto precedente alla Fonte Gaia. A questo punto il “mossiere”, giudice unico della validità della partenza situato su un palco detto “verrocchio”, riceve una busta contenente l’ordine di allineamento ai canapi, ossia due lunghe corde che delimitano la zona di partenza. Per accedere alla zona tra i due canapi, la corda posteriore è più corta ed è sorretta da un meccanismo chiamato “verrocchino”; in questo modo viene lasciato uno spazio attraverso il quale i cavalli fino al nono possono entrare e quello sorteggiato “di rincorsa” può determinare il momento di partenza.
L’ordine di ingresso è segreto fino all’ultimo momento e viene determinato con un meccanismo automatico chiamato “fiasca”. Esso è composto da un tubo verticale che termina dentro un serbatoio. Prima che i cavalli escano dall’entrone, i “Deputati della Festa” (i fiduciari del Comune nominati di Palio in Palio, garanti e responsabili del corretto svolgimento di tutte le operazioni legate alla corsa) pongono dieci sfere di legno, detti “bàrberi”, raffiguranti i colori delle contrade partecipanti dentro il serbatoio, sul quale attaccano il tubo verticale dotato di dieci fori numerati. La “fiasca” viene poi agitata, così da far disporre casualmente le sfere, che vengono fatte scivolare nel tubo (nel frattempo coperto); il tutto viene poi sigillato. Nel momento in cui i cavalli e i fantini raggiungono la curva del Casato, il tubo viene scoperto e i sigilli vengono rimossi: l’ordine viene così appuntato su un foglio, fatto recapitare dal comandante della Polizia municipale direttamente al “mossiere” in piazza.
A questo punto il “mossiere” chiama le contrade dentro i canapi secondo l’ordine stabilito. La decima contrada resta fuori, essendo quella “di rincorsa”, che potrà entrare tra i canapi già al galoppo passando nello spazio fra il verrocchino e il lato esterno della pista, e dare così il via alla corsa. Di conseguenza chi decide il momento di inizio della corsa non è il “mossiere” ma il fantino del cavallo “di rincorsa”. La capacità del “mossiere” sta nel riuscire a percepire per tempo l’azione della rincorsa e sganciare con un pedale il canape anteriore posto davanti alla linea degli altri nove cavalli con il giusto tempismo; giudice insindacabile è il mossiere stesso.
Durante questa fase, è comune tra i fantini adottare strategie, porre veti incrociati, tentare di raggiungere accordi. I momenti prima della partenza sono infatti quelli in cui i fantini possono chiedere e cercare collaborazioni o aiuti ad altri fantini. Tutta questa attività è detta “fare i partiti”. Ogni fantino sa che deve cercare non solo le migliori condizioni per una buona partenza del proprio cavallo, ma anche cercare le condizioni sfavorevoli per le contrade rivali. Pertanto, una delle preoccupazioni della “rincorsa” è quella di partire nel momento in cui le contrade rivali sono nelle condizioni peggiori al canape. Tali operazioni di partenza a volte risultano molto lunghe e si possono protrarre anche fino al calare della sera. Se la mossa si protrae a lungo e la visibilità diminuisce eccessivamente, il Palio può essere rinviato al giorno successivo, come accaduto ad esempio nel luglio 1991; in questo caso viene esposta una bandiera verde dalla finestra del Palazzo Pubblico.
Immediatamente dopo la mossa (se valida) il mossiere abbandona la piazza e quindi non assiste alla corsa. Ciò avviene per ragioni di ordine pubblico.
La corsa
Una volta entrata la “rincorsa”, se considerata valida la partenza, prende il via la corsa. Il Palio viene vinto dal cavallo, con o senza fantino, che per primo abbia compiuto tre giri della piazza in senso orario; la linea d’arrivo, segnalata da un bandierino, è nella stessa zona della partenza, pur non coincidendo esattamente (è leggermente più avanti rispetto alla mossa). In caso di arrivo di cavallo senza fantino, si parla di cavallo scosso. I fantini e i cavalli corrono con addosso rispettivamente il giubbetto e la “spennacchiera” con i colori della contrada.

Dopo la vittoria, i contradaioli festanti si precipitano sotto il palco dei Capitani a ritirare il drappellone, che sarà dapprima portato in chiesa (in luglio presso la Collegiata di Santa Maria in Provenzano, in agosto presso il Duomo) e poi conservato per sempre nel museo di Contrada. La Contrada festeggerà a partire dalla sera stessa e per settimane con una serie di cortei e cene nel proprio territorio (“cenini”).
Rapporti tra le contrade
Nella plurisecolare storia del Palio di Siena si sono consolidati rapporti fra Contrade di varia natura, codificati in tre tipologie: di alleanza formale, di rivalità e di “mancanza di rapporti formali”.

Le alleanze
Una alleanza fra Contrade viene sancita da un accordo, che comporta non solo obblighi formali come scambi di doni e di visite o festeggiamenti in caso di vittorie della contrada alleata, ma anche trattamenti di favore in occasione delle lunghe trattative, più o meno segrete, fra le diverse Contrade per la vittoria del Palio (quelli che in gergo paliesco vengono chiamati “partiti”) (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo bollettino
Il Palio è una Festa di Popolo profondamente vissuta dai senesi. Il cuore sono le Contrade, comunità nate nel Medioevo e che ancora conservano il senso di appartenenza e la struttura del tempo. Ogni Rione persegue finalità sociali e aggregative; numerosi sono gli interventi dei Contradaioli a sostegno delle zone colpite da calamità naturali, oltre all’impegno nella donazione del sangue. Le Contrade quindi vivono quotidianamente, tramandando tradizioni e antichi mestieri.
Il Palio di Siena, che si tiene il 2 luglio ed il 16 agosto di ogni anno, è composto dal Corteo Storico, con cui si celebra l’Antico Stato Senese, e dalla Corsa.
Le celebrazioni “paliesche” iniziano tre giorni prima con diversi riti mentre il Popolo è in festa.
Nicoletta Fabio
Sindaco di Siena

Il Palio di Asti o Palio Astese è una festa tradizionale astigiana che ha radici medievali, nata nell’ambito delle celebrazioni patronali di San Secondo, e culmina con una corsa di cavalli montati a pelo, ovvero senza sella.

La festa per il patrono si svolge ininterrottamente dal XII secolo e le prime notizie della corsa, citate dal cronista Guglielmo Ventura, risalgono al terzo quarto del XIII secolo; anch’essa si svolge ininterrottamente, salvo due interruzioni di settanta anni nel XIX secolo e di trenta nel XX secolo.
La gara, che un tempo si teneva durante le feste patronali del mese di maggio e che si correva “alla lunga” attraverso la Contrada Maestra (l’attuale Corso Alfieri), dal 1967 si disputa all’interno di un circuito apposito (o “al giro”); fino all’edizione del 2017 il Palio si è disputato la terza domenica di settembre. Dal 2018, come ufficializzato nel Consiglio del Palio del 23 ottobre 2017, il Palio si disputa la prima domenica di settembre.
Dal 1988 la corsa si disputa nella centrale piazza Alfieri di Asti.
Etimologia
Il termine palio, derivante dal latino pallium (telo di stoffa rettangolare indossato come soprabito sopra la tunica romana), indicava in origine solamente la pezza di stoffa preziosa che era posta al punto d’arrivo e che era assegnata al vincitore della tenzone.
In seguito il significato venne allargato alla festa in generale, intendendo per palio l’insieme dei riti e delle consuetudini strettamente collegate alla corsa vera e propria.
La storia
Le origini
«Signor Capitano, vi do licenza di correre il Palio nell’anno del Signore… Andate, e che San Secondo vi assista!»
Gli astigiani hanno sempre lottato con perseveranza per mantenere il privilegio di far correre il Palio nel giorno della loro festa patronale, dedicata al martire astigiano san Secondo. La corsa è citata infatti in tutti i trattati, in tutte le alleanze e in tutti i capitoli delle convenzioni con i vari reggenti, padroni o dominatori.
La prima notizia certa della corsa risale al 1275: il cronista locale Guglielmo Ventura riporta che gli astigiani, «sicut fieri solet Ast, in festo Beati Secundi», corsero il Palio per dileggio sotto le mura della nemica città di Alba, devastando le vigne circostanti.
Quindi se già nel 1275 la “Corsa del Palio” era definita una consuetudine, è probabile che la sua origine debba collocarsi dopo l’anno 1000, con regole codificate già dal XIII secolo (periodo coincidente anche con il periodo di massimo splendore del Comune di Asti).
In questo periodo, e fino alla prima metà del XIV secolo, la corsa si svolse “alla tonda”, in un percorso circolare demaniale pressappoco corrispondente all’area delle attuali piazze Alfieri e Libertà, chiamata già in epoca longobarda e carolingia ” curriculum “.
Gian Galeazzo Visconti, divenuto signore di Asti nel 1382, per rafforzare militarmente la città fece costruire una nuova cittadella fortificata proprio in corrispondenza del curriculum.
Questo comportò lo spostamento della corsa non più alla tonda, ma su un percorso lineare (cioè “alla lunga”) di circa due chilometri e mezzo lungo l’arteria principale della città (l’attuale corso Alfieri).
Inoltre, il Visconti stabilì che la corsa continuasse a tenersi “…il giorno della festa di san Secondo, come da giusta consuetudine e rifiutata ogni obiezione”.
Nei documenti conservati nell’Archivio storico del Comune di Asti si nota che nelle spese sostenute per la corsa sono sempre indicati due palii, di cui uno offerto alla chiesa di San Secondo ed uno da consegnare al vincitore. Questo particolare mostra anche la caratteristica natura devozionale della corsa.
Lo storico astigiano Niccola Gabiani, nei suoi appunti storici sulla corsa, parla di un antichissimo palio di velluto cremisi arricchito da tre gigli dorati conservato presso la Collegiata di Asti e suppone che fosse stato donato dai duchi d’Orleans durante la loro signoria nel XV secolo.
Alcuni documenti del fondo della Tesoreria orleanese informano che il palio per il 1462 venne confezionato presso la bottega dei fratelli Lupi, nel 1476 e 1477 dal genovese Gregorio della Torre, nel 1501 da Antonio Pugliese e nel 1517 da Bernardo Capello di Santa Vittoria d’Alba.


I Savoia
Quando Emanuele Filiberto assunse la reggenza della città (20 maggio 1545), confermò e codificò le antiche consuetudini della festa patronale e si impegnò per sé e per i suoi successori a fornire i palii: uno di 12 rasi per la corsa, l’altro di 9 rasi per l’offerta al santo patrono.
Si legge, inoltre, che potevano presentare cavalli alla Corsa del Palio «tanto la città di Asti, che tutte le Chiese della medesima, comprese tanto quelle de’ Regolari quanto delle Confraternite, Collegio, Università, Società e cittadino della medesima, tanto a nome proprio che di dette Chiese e Cappelle, il tutto conforme all’antico stile, consuetudini e privilegi di detta Città».
Nel XVIII secolo compare il “sendallo“, un labaro di tela rettangolare istoriata, generalmente azzurra, confezionata in un tessuto misto seta/cotone, detta di zendale o “sangallo”. Il sendallo era ornato dagli stemmi di Casa Savoia, del Comune, del Governatore e del Podestà ed era unito nella sua parte terminale, il palio vero e proprio, solitamente arrotolato e conservato in una cassettina di legno.
Più tardi l’immagine di San Secondo a cavallo fece la sua apparizione sul labaro del Palio dedicato alla chiesa e, sul finire del XIX secolo, anche su quello per la corsa.
La corsa in origine si svolgeva il 30 marzo di ogni anno, in occasione della festa di san Secondo. A partire dal XV secolo, però, venne spostata, al pari della celebrazione del santo, al primo giovedì dopo la domenica in Albis. Nei primi anni del XIX secolo la corsa si tenne la seconda domenica dopo Pasqua.
Nel 1818 la celebrazione di san Secondo venne nuovamente spostata al primo martedì di maggio e conseguentemente anche la corsa venne spostata in tale data. Nel 1861 venne pubblicato il nuovo «Regolamento per la Corsa dei Cavalli in giro sulla nuova Piazza del Mercato» (l’attuale piazza Campo del Palio), cambiando radicalmente la tradizione della corsa astigiana, che si era svolta fino ad allora sempre «in lungo», cioè lungo un percorso rettilineo che partiva dalla pietra romana che diede il nome a viale Pilone, passava per Porta San Pietro e, percorrendo il ponte su Rio Valmanera, proseguiva su Contrada Maestra, (attuale corso Alfieri) fino ai palazzi Gabuti di Bestagno e Ramelli di Celle, uniti successivamente a formare l’attuale Palazzo Ottolenghi nel 1754.
Nel 1863 la corsa divenne una comune corsa di cavalli, perdendo il suo tradizionale significato religioso.
Il Palio di Asti in dettaglio
La stima del Palio a maggio
L’anno paliesco si apre la prima settimana di maggio in occasione dei festeggiamenti patronali di san Secondo.
I due sendalli commissionati dal comune di Asti ogni anno, il sabato antecedente il primo martedì di maggio vengono “stimati” da tre notabili rappresentanti dell’antica corporazione dei drappieri, che ne saggiano la buona manifattura e le misure. Al termine i due labari vengono presentati alla popolazione con l’esposizione sul balcone del comune.
Nella stessa giornata avviene il “giuramento dei rettori” (ovvero dei 21 rappresentanti degli altrettanti rioni, borghi e comuni partecipanti al Palio) che, di fronte al sindaco, al capitano del Palio ed ai magistrati, fanno solenne promessa di lealtà verso i riti della festa.
Il primo martedì di maggio, festa di San Secondo, con una solenne sfilata di tutti i partecipanti al Palio, avviene l’offerta dei due sendalli alla Collegiata, presso la cappella di san Secondo.

I riti di settembre
Il Palio di Asti, come altri palii italiani, vede nella corsa il culmine dei propri festeggiamenti.
Nei due giorni precedenti alla corsa si tengono le prove ufficiali. In molte edizioni si è corso il “Palio degli scudieri”, un torneo minore destinato a favorire il ricambio generazionale dei fantini. La sera della vigilia della corsa, nelle sedi dei rioni, borghi e comuni partecipanti, si tengono le “cene propiziatrici”.
Il giorno della corsa, al mattino, si svolgono le benedizioni dei cavalli e dei fantini che correranno per difendere i colori delle proprie parrocchie, con la consueta formula di:
«Va’ e torna vincitore!»
Il corteo storico
Nel primo pomeriggio ha inizio il corteo storico che, partendo dalla cattedrale di Santa Maria Assunta, si snoda poi per le vie del centro storico e si conclude in piazza Alfieri, dove attualmente si tiene la corsa. Il corteo si apre con il gruppo a cavallo del Capitano del Palio e dei magistrati. Al Capitano spetta la supervisione della manifestazione, con il potere di infliggere squalifiche in caso di comportamenti irregolari da parte dei fantini durante lo svolgimento della corsa.
Immediatamente dopo il gruppo di testa, sfilano i vincitori dell’ultima edizione del Palio, seguiti dagli altri partecipanti. Al termine del corteo è posto il Carroccio, antico simbolo dei liberi Comuni, che reca con sé il sendallo raffigurante san Secondo a cavallo e le insegne del Comune di Asti. La committenza ogni anno è affidata a un maestro della pittura contemporanea di fama internazionale.
In passato, i fantini (chiamati all’epoca “paggi”) partivano ciascuno dal proprio albergo o contrada della città, dalla Confraternita, Collegio od associazione per cui correvano. Di solito erano accompagnati da altri uomini a cavallo (anch’essi con i medesimi colori) e dalla folla degli aderenti e simpatizzanti, al suono di trombe, tamburi e corni da caccia. Il punto di incontro era il cosiddetto “Pilone”, un tempo deputato alla partenza della corsa “alla lunga”.
Nel 1930 i borghi, rioni e comuni partecipanti adottarono l’uso di costumi del XVI secolo, in segno di omaggio e di gratitudine verso Emanuele Filiberto di Savoia che, come detto, provvide alla conferma e alla codificazione delle regole del Palio.
Dal secondo dopoguerra in poi, il corteo storico del Palio mette in scena ogni anno più di 1200 figuranti, attraverso la rappresentazione di episodi importanti della storia medievale della città (XII-XV secolo), all’epoca in cui Asti splendeva per ricchezza e vitalità.
Dal 1983 la miglior presenza nel corteo storico tra rioni, borghi e comuni del Palio viene premiata dal “Soroptimist club di Asti” con la Pergamena d’Autore: un’opera d’arte su pergamena.
La corsa
Prima della corsa vera e propria, il capitano del Palio si rivolge al sindaco, chiedendo licenza di correre
«Signor Sindaco, il palio è schierato in campo con uomini, cavalli e insegne. E attende gli ordini!»
Il sindaco, secondo la tradizione, dà licenza di correre sotto la protezione di san Secondo, allorché il capitano, seguito dai magistrati e dai cavalieri del Palio, percorre tutta la pista annunciando:
«Si corre il palio! Si corre il palio! Si corre il palio!»
Si arriva così alla corsa, strutturata in tre batterie da sette partecipanti ciascuna. I primi tre classificati di ogni batteria accedono così alla corsa finale, che decide l’assegnazione del Palio.
I partecipanti sorteggiati di ogni batteria si allineano dietro il canapo (una grossa fune che delimita la linea di partenza). L’inizio della corsa viene sancito dal mossiere, che decide a sua discrezione il miglior allineamento dei cavalli. In caso di ripetute false partenze, il mossiere può decidere di comminare una penalità al responsabile, punizione che di solito consiste in un arretramento nei blocchi di partenza.
Una volta partiti, i cavalli devono percorrere tre giri di piazza, per un totale di circa 1.350 m. Il Palio viene vinto dal cavallo, con o senza fantino (scosso), che arriva per primo al “bandierino” del traguardo.
Attualmente sono 21 i partecipanti ammessi, ripartiti fra rioni, borghi cittadini e comuni della provincia di Asti.
Dall’edizione del 2017 la corsa si disputa, a differenza dagli anni precedenti, con cavalli mezzosangue (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
Nel 2025 la città di Asti celebra con orgoglio il 750º anniversario del suo leggendario Palio, una delle corse di cavalli più antiche d’Italia. Questa ricorrenza rappresenta non solo una competizione, ma un viaggio nel tempo che unisce passato e presente in un abbraccio carico di emozioni. In questa giornata, ventuno tra Rioni, Borghi e Comuni si sfidano sulla pista nella storica Piazza Alfieri, dove il battito degli zoccoli dei cavalli riecheggia come un antico tamburo, scandendo il ritmo di una tradizione che resiste da sette secoli e mezzo. Gli occhi degli spettatori sono rapiti dalla tensione della gara, mentre i fantini, senza sella, guidano i loro destrieri con maestria e coraggio, incarnando lo spirito indomito dei loro antenati. Come da tradizione, il Maestro del Palio realizza nei mesi invernali due drappi che vengono assegnati rispettivamente al vincitore della corsa e alla Collegiata di San Secondo. Le opere, ogni anno uniche e diverse, raccontano attraverso forme e colori la storia e l’identità del Palio di Asti, omaggiando il patrono San Secondo, la città e il suo legame con questa secolare manifestazione. Il Palio di Asti non è solo una corsa, ma un’esperienza che coinvolge l’intera comunità. Le strade si animano di sfilate storiche, con oltre 1200 figuranti in abiti medievali che trasformano la città in un affresco vivente del passato. Le cene propiziatorie riempiono l’aria di profumi antichi, mentre le bandiere degli sbandieratori danzano nel cielo, raccontando storie di gloria e tradizione. Il 7 settembre, giorno in cui si correrà il Palio 2025, Asti rinnoverà il proprio legame con la storia, la competizione e la passione per questa corsa antica, mantenendo viva una tradizione che continua a coinvolgere generazioni di appassionati.
Riccardo Origlia Maurizio Rasero Assessore al Palio Città di Asti Sindaco Città di Asti

Il Palio dei Normanni è una rappresentazione in costume di un fatto storico accaduto circa mille anni fa. Si tiene ogni anno nella città italiana di Piazza Armerina, nel cuore della Sicilia, nei giorni 12, 13 e 14 agosto, dal 1952, quando venne realizzata la prima edizione sotto questo nome. Infatti la manifestazione che oggi conosciamo affonda le sue origini tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, quando le allora dodici confraternite della città organizzarono per la prima volta un corteo storico in occasione dei festeggiamenti in onore di Maria Santissima dell’Assunta, oggi “Maria Santissima delle Vittorie”, noto come la “Cavalcata”, appellativo che ancora oggi è usato dagli abitanti per indicare il Palio.

Il Palio dei Normanni di Piazza Armerina è la più importante rappresentazione in costume folcloristico del Sud Italia, con oltre 600 figuranti.
Il contesto storico
L’evento trae ispirazione dalla guerra di conquista della Sicilia Musulmana per opera dei Normanni guidati da Ruggero I di Sicilia, figlio più giovane di Tancredi d’Altavilla. La conquista Normanna ha inizio nel 1061, con lo sbarco a Messina avvenuto con l’appoggio del fratello di Ruggero, Roberto il Guiscardo e soprattutto grazie all’emiro arabo di Siracusa Ibn al Thumna. Infatti quest’ultimo, essendo in contrasto con gli altri emiri di Sicilia e in particolare con il cognato Ibn al-Ḥawwās, signore di Castrogiovanni, nel 1061 si recò a Mileto da Ruggero I d’Altavilla, al quale giurò e promise il suo appoggio contro i musulmani in Sicilia. L’azione di Ruggero e Roberto era stata ufficialmente autorizzata da papa Niccolò II nel famoso Concilio di Melfi del 1059, a seguito della vittoria Normanna sulle truppe pontificie a Civitate, nel 1053, che aveva messo a serio rischio l’autorità papale di Leone IX. I Normanni, dopo averlo preso in ostaggio, lo lasciarano in libertà a patto che egli riconoscesse tutte le conquiste Normanne del Sud Italia, compresa quella futura della Sicilia. Riconoscimento che avvenne con il Trattato di Melfi, siglato durante l’omonimo concilio, nel 1059. In questo modo i Normanni si facevano paladini della cristianità prima per aver risparmiato la vita al Pontefice e poi giustificando le loro mire espansionistiche con il pretesto di liberare la Sicilia dagli infedeli Saraceni, forti anche dell’appoggio di Ibn al Thumna. Sbarcati dunque a Messina nel 1061, presero nello stesso anno Troina e in seguito buona parte della Sicilia centrale e nord-orientale. Il crocevia della conquista fu segnato nel 1063, sulle alture dei Nebrodi, dove venne strenuamente combattuta e vinta la celebre battaglia di Cerami (della quale abbiamo un dettagliato racconto di Goffredo Malaterra, nel suo libro “De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius” ove narra le tappe dell’impresa Normanna).
Qui la storia delle conquiste Normanne si lega con la tradizione della città di Piazza Armerina.
Alla fine della battaglia di Cerami, vinta grazie all’aiuto divino, Ruggero I di Sicilia inviò, in segno di riconoscenza, parte del bottino di guerra e quattro cammelli a Papa Alessandro II (succeduto a Niccolò II nel 1061). Quest’ultimo, per ricambiare il favore concesse l’indulgenza plenaria al Conte e gli donò a sua volta un vessillo con le insegne papali, che leggenda vuole, raffiguri la Madonna con Gesù Bambino e che si dice accompagnò il Conte durante le sue vittorie in Sicilia (per questo ribattezzata Maria Santissima delle Vittorie, oggi patrona della città e della Diocesi di Piazza Armerina). Essendo noto che al momento dell’eventuale passaggio di Ruggero, l’antica Piazza Armerina non era ancora stata fondata, sempre la leggenda narra che il conte Ruggero, al termine della conquista della Sicilia (avvenuta nel 1091 con la presa di Noto), volle che il Vessillo Mariano fosse donato alla città normanna di Platia (in latino, ma anche Platza in bizantino e Iblatasah in arabo) e custodito nella chiesa madre. L’esistenza dell’antica Piazza Armerina è attestata, e compare come nome latino Platea o Placia nella diplomatica intorno al 1122, mentre il nome greco Platza e quello latino Placea in due diplomi di Simone Del Vasto, uno del 1141 e l’altro del 1148. Sempre di questo periodo (1140) si conoscono le descrizioni ne “Il libro di Ruggero” del geografo e botanico arabo Al Idrisi, a servizio di Ruggero II, il quale narra che: “Iblatâsah è un ben munito fortilizio, da cui dipende un vasto contado con terre da semina benedette. Famoso è il suo mercato, abbondanti le derrate, gli alberi, la frutta.” Un tratto peculiare della città di Piazza Armerina è proprio quello di fare parte dei cosiddetti comuni lombardi di Sicilia. Infatti, durante la conquista, i Normanni ripopolarono o fondarono molti centri della Sicilia centro-orientale anche con gente proveniente dal Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia) grazie all’alleanza con la famiglia degli Aleramici (Marchesi di Saluzzo, Monferrato e Savona), suggellata dal matrimonio nel 1087 tra Adelasia Del Vasto e lo stesso Ruggero I. Egli affidò, nel 1092, il controllo della Contea di Paternò e della Contea di Butera al fratello di Adelasia, Enrico Del Vasto (padre del sopra citato Simone Del Vasto, il quale lo succederà alla guida delle Contee di Butera e Paternò).
L’afflusso della gente “lombarda” in centri quali Piazza Armerina, Aidone, Nicosia, Sperlinga, San Fratello, ha fatto sì che si sviluppasse in queste zone della Sicilia una parlata molto diversa da quella del resto dell’isola tanto da formare una vera e propria lingua, il cosiddetto dialetto gallo-italico, che sopravvive ancora oggi tra le viuzze medievali di questi meravigliosi centri (appunto detti lombardo-siculi). L’antica città di Platia doveva quindi rivestire un ruolo di rilevante importanza all’interno della Contea di Butera e Paternò, tanto da meritarsi l’appellativo di “noblissimum lombardorum oppidum” (nobilissima città lombarda) conferitogli dallo storico normanno Ugo Falcando, vissuto nella seconda metà dell’XII secolo, nel suo libro “Liber de Regno Siciliae”, che narra la storia del Regno Normanno durante gli anni 1154-1169, quando era Re Guglielmo I detto il Malo. Furono proprio questi gli anni che però videro la fine dell’antica città di Platia. In quel tempo, infatti, si era determinata una pericolosa contrapposizione tra il potere reale e le colonie lombarde di Sicilia a causa della politica filo-islamica del sovrano e favorevole alle forze borghesi emergenti. Nel marzo 1161 fallì la rivolta popolare promossa a Palermo da Matteo Bonello contro il re Guglielmo I e i musulmani che ancora vivevano in Sicilia, considerati usurpatori. Fallita la rivolta, alcuni degli sconfitti si rifugiarono nei territori Aleramici dell’isola a Butera e Piazza Armerina (Platia) ; da queste posizioni, Ruggero Sclavo (figlio illegittimo di Simone Del Vasto), appena nominato conte di Butera, alleatosi con Tancredi d’Altavilla, conte di Lecce e futuro re di Sicilia, scagliò i suoi uomini contro i numerosi casali saraceni vicini (ancora oggi molte contrade della zona portano nomi di derivazione araba): saccheggiarono il territorio e fecero un massacro della popolazione musulmana. Il re Guglielmo I rispose mettendo insieme un esercito di Saraceni e si diresse verso Piazza Armerina e Butera, che conquistò e rase al suolo nell’estate del 1161.

Dopo la distruzione dell’antica Platia, fu concessa sempre da Guglielmo il Malo, nel 1163, la ricostruzione della città in un luogo diverso da quello fino allora conosciuto. Il luogo individuato fu il Colle Mira (che oggi corrisponde al Quartiere Monte) e lì la città fu ricostruita. Il Re in persona, venendo per la posa della prima pietra, né approvò l’impianto urbano, la cui topografia è il classico esempio dell’insediamento di matrice normanna, che appare ancora oggi come una vera e propria roccaforte, come città militare, la cui struttura a “lisca di pesce” col suo decumano (oggi via Monte), nel quale confluiscono da destra e da sinistra le varie strade, tutte parallele tra loro. La prima chiesa edificata nella nuova città fu dedicata a San Martino, santo caro ai Re e patrono delle milizie normanne.
In questo ampio scenario storico si colloca il Palio dei Normanni, come massima espressione simbolica della consegna del Vessillo di Maria Santissima, oggi “delle Vittorie”, alla città di Platia, che nel corso dei secoli sarà al centro delle leggende popolari della città. Infatti si racconta che nella funesta circostanza della distruzione, nel 1161, alcuni fedeli custodi del Vessillo pontificio dell’Assunta, chiusero l’icona in una cassa di legno e la seppellirono in un luogo sicuro e da pochi conosciuto, sull’eremo dove ora sorge la chiesetta di S. Maria di Piazza Vecchia ma dove fin dall’epoca bizantina esisteva un cenobio di monaci basiliani sopravvissuti al dominio islamico, del quale oggi restano poche tracce. Proprio in questo luogo fu ritrovata più tardi, nel 1348, anno della grande peste che decimò le popolazioni di tutta Europa. Il ritrovamento miracoloso della Sacra icona della Vergine fu reso possibile, secondo la tradizione, da un sogno rivelatore del sacerdote Giovanni Candilia che abitava nella contrada Piazza vecchia (è certo che già nel 1148 la località era già denominata Piazza vecchia, senza che ancora esistesse la nuova, e veniva donata con tutto il piano Armerino dal Conte Simone, nel diploma suddetto, all’Ordine del Santo Sepolcro, insieme alla chiesa di Sant’Andrea). Il 3 di Maggio del 1348 l’icona ritrovata fu portata in trionfo dall’eremo di campagna alla Chiesa Madre di Piazza (San Martino) dai cittadini scampati alla pestilenza. Ancor oggi in ricordo dell’evento, ogni anno nell’ultima domenica di aprile, i piazzesi si portano all’eremo di Piazza Vecchia per partecipare al trasporto in pellegrinaggio di una copia dell’icona in città, mentre il 3 di Maggio successivo avviene il pellegrinaggio inverso.

Il Palio diventa quindi una miscela unica di storia e leggenda, di devozione popolare e tradizione storica, e che lo rende unico e incredibilmente affascinante.
Il programma della manifestazione
12 agosto – Consegna delle armi
Nel primo pomeriggio del 12 di agosto, dalla chiesa madre di ogni quartiere (Canali in rosso, Casalotto in verde, Castellina in blu e Monte in giallo), si snoda il corteo in costume che percorre le vie della città, riunendosi qualche ora dopo in Piazza Semini (Teatro Garibaldi). Qui, ilGran Magistrato, quale rappresentante del potere giudiziario e di governo della città, con un atto rituale consegna le armi ai Cavalieri giostranti dei quattro quartieri e il pubblico Bando al Banditore di Platia. Dopo questa cerimonia, l’intero corteo storico si porta nella Basilica Cattedrale per la cerimonia religiosa della benedizione dei Cavalieri giostranti e dei Quartieri, e la donazione da parte del Gran Magistrato di una lampada votiva che viene posta ai piedi del fercolo che custodisce la Sacra immagine di Maria SS. delle Vittorie. È bene sottolineare che il primo giorno non sono presenti le truppe dell’esercito Normanno, le quali, insieme alla figura del Conte Ruggero, sfileranno il 13 e 14 agosto.
13 agosto – Consegna delle chiavi
Il giorno 13, dalla chiesa madre dei quattro quartieri si dipartono i relativi cortei di figuranti in costume che si dirigono al piazzale antistante la cattedrale dove avverrà la rappresentazione simbolica dell’incontro con il Conte Ruggero. Fra squilli di trombe e rullo di tamburi, si ha l’ingresso trionfale del Conte Ruggero, al comando delle sue truppe. Qui, dopo la simulazione della celebre pugna contro i Saraceni, il conte riceve l’omaggio del Gran Magistrato che gli porge simbolicamente le chiavi della città. Terminata la cerimonia, il corteo si ricompone e sfila per le vie della città tra la folla plaudente.
14 agosto – Quintana del Saraceno
Il giorno 14, prende luogo il Palio vero e proprio presso l’attuale campo sportivo della città. Qui si svolgono le gare cavalleresche che vedono destreggiarsi i cavalieri in costume, in rappresentanza dei quattro quartieri storici della città. La squadra che totalizzerà il maggior punteggio vincerà il Palio e riceverà in premio l’antica immagine della Madonna delle Vittorie, la cui effigie verrà esposta per tutto l’anno presso la chiesa parrocchiale del rione vincitore.
La Quintana del Saraceno
La Quintana (o Giostra) del Saraceno è, come detto, il momento culminante dei tre giorni di Palio. I quartieri, dalle loro chiese madre, sfileranno nel primo pomeriggio per recarsi all’Arena devota a Sant’Ippolito. Qui, la folla sugli spalti, acclama i cinque Cavalieri di ogni quartiere che si sfideranno di lì a poco per la conquista simbolica del Vessillo. La Quintana si compone di quattro prove:
1ª Prova: Colpire con la lancia da gara lo scudo del Saraceno
Ogni cavaliere giostrante dovrà partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara eseguendo un percorso prestabilito, dovrà colpire con la lancia in resta preventivamente inchiostrata il bersaglio posto sullo scudo del Saraceno (un “pupo”). Il punteggio attribuito varia in base al punto colpito e va da 2 a 20 pt.
2ª Prova: Colpire con la mazza da gara lo scudo del Saraceno
Ogni cavaliere giostrante dovrà partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara e, seguendo un percorso prestabilito, dovrà colpire con una mazza di legno preventivamente inchiostrata il bersaglio posto sullo scudo del Saraceno. Il punteggio realizzato è ricavato dall’impronta lasciata dalla mazza sul bersaglio e varia da 2 a 20 pt.
3ª Prova: Centrare e prendere con la lancia da gara un anello posto sul Saraceno
Ogni cavaliere giostrante dovrà partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara e con la lancia in resta dovrà centrare e prendere un anello (sul quale sono stati preventivamente applicati dei nastrini colorati per facilitarne la localizzazione) posto sul braccio destro del Saraceno. Il punteggio di 20 pt è ricavato dalla presa dell’anello.
4ª Prova: Lanciare un giavellotto attraverso un anello posto su una forca
Ogni cavaliere giostrante dovrà partire al galoppo da una linea di partenza indicata sul campo di gara e dovrà lanciare il giavellotto facendolo passare attraverso un anello di carta appeso ad una forca posta a5 metri d’altezza. Il punteggio realizzato (25 pt) si ottiene a confermata foratura dell’anello. Dato l’elevato punteggio della prova, essa diventa spesso l’ago della bilancia dal quale dipende il risultato finale del Palio.
Conclude la serata una sfilata con tutti i figuranti guidati dai cavalieri rappresentanti il quartiere vincitore (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
Il Palio dei Normanni, che si svolge annualmente dal 12 al 14 agosto a Piazza Armerina, che quest’anno raggiunge la settantesima edizione, rappresenta una delle più antiche ed importanti rievocazioni medievali del Sud Italia. Oltre 800 figuranti in costume d’epoca animano le vie cittadine, rievocando l’ingresso delle truppe normanne guidate da Ruggero d’Altavilla per la liberazione della Sicilia dai Saraceni. L’evento che culmina con la “Quintana”, una sfida cavalleresca tra i quattro quartieri storici, che si sfidano in quattro prove di abilità e destrezza, celebra la storia, la fede e l’identità locale, tra mito e leggenda.
Dino Vullo
Coordinatore Generale

La Giostra del Saracino è un torneo equestre che si tiene due volte all’anno, a giugno e a settembre, ad Arezzo.

Pur con origini medievali, si disputa in era moderna dal 1931 e contrappone i quattro quartieri in cui è suddivisa la città: il quartiere di Porta Crucifera (conosciuto anche come “Colcitrone”), il quartiere di Porta del Foro (conosciuto anche come “quartiere di Porta San Lorentino”), il quartiere di Porta Sant’Andrea e il quartiere di Porta Santo Spirito (noto anche come “quartiere della Colombina” e corrispondente all’antico quartiere di Porta del Borgo).
La Giostra del saracino
La Giostra del Saracino si disputa nella Piazza Grande di Arezzo due volte l’anno:
- il penultimo sabato del mese di giugno, in notturna, dedicata a San Donato, patrono di Arezzo, e per questo definita “Giostra di San Donato”;
- la prima domenica del mese di settembre, di giorno, dedicata alla sacra immagine della Madonna del Conforto, protettrice di Arezzo, e per questo detta “Giostra della Madonna del Conforto”.


La storia della Giostra
Le origini della Giostra
La Giostra è oggi disputata in costume medievale (XIV secolo), a memoria della sua magnificenza al tempo del libero comune, ma presumibilmente ad Arezzo si svolgeva già dal XIII secolo.
Si tratta di un’antica competizione cavalleresca, che affonda le sue origini nel Medioevo e che consiste nel colpire un bersaglio, posto sullo scudo che Buratto (un automa girevole che impersona il “Re delle Indie”) tiene sul braccio sinistro, con un colpo di lancia al termine di una veloce carriera a cavallo. Il tutto deve avvenire senza farsi colpire dal mazzafrusto, tenuto dal Buratto stesso nel braccio destro, il quale viene azionato da un meccanismo a molla che aumenta l’azione di rotazione già impressa dal colpo del cavaliere.
In principio, probabilmente, questo cavalcare contro un fantoccio era un esercizio militare, che lentamente avrebbe assunto i connotati di manifestazione nella quale si sfidavano i cavalieri durante particolari celebrazioni o semplicemente per dimostrare la propria abilità.
Risale al 1260 la più antica testimonianza di un torneo cavalleresco in Piazza Grande, indetto a celebrazione dell’investitura a cavaliere dell’ordine dello Speron d’oro di Ildebrandino Giratasca.
Anche nel XVII secolo sono ricordate varie giostre, con la differenza che era sovente la nuova classe borghese a cimentarvisi. Quindi, nel XIX secolo, sono documentate giostre disputate nel 1810 e nel 1811, in onore di Napoleone Bonaparte, nonché nel 1813 e nel 1838, tenutesi al “Prato” di Arezzo.
A testimonianza della continuità e del radicamento della Giostra ad Arezzo, a partire almeno dalla fine del Settecento e per gran parte del XIX secolo esistono memorie di Giostre “popolane”: difatti il popolino dei sobborghi aveva sviluppato un proprio modello “povero” (senza cavallo) per festeggiamenti rionali.
Sempre al Prato si svolse, il 22 luglio 1904, un’ulteriore giostra, in occasione delle celebrazioni in onore di Francesco Petrarca, durante la quale si esibirono anche i Dragoni di casa Savoia.
I quartieri nel medioevo
Dagli Statuti del 1327 apprendiamo che in quell’anno Arezzo era suddivisa in quarti, il cui nome derivava dalle maggiori porte della cinta muraria: il quartiere di Porta Crucifera, il quartiere di Porta Sant’Andrea, il quartiere di Porta del Foro e il quartiere di Porta Burgi (il cui territorio corrisponde a quello dell’attuale Porta Santo Spirito, e non dell’omonimo quintiere che prenderà parte alla sola edizione del 1931). La suddivisione amministrativa in quarti interessava la vita politica, giudiziaria, civile e anche religiosa e si estendeva anche oltre le mura cittadine, arrivando al limes dello Stato di Arezzo, il cui territorio era diviso in tre fasce concentriche.
Le prime due erano le “Camparie“, che rappresentavano la zona subito fuori le mura, e le “Cortine“, che si estendevano all’incirca per cinque miglia. Queste prime due ripartizioni prendevano direttamente il nome dalle quattro porte di appartenenza. Porta Crucifera controllava le Camparie e le Cortine a nord-est, Porta Sant’Andrea a sud-est, Porta del Foro a nord-ovest e Porta Burgi a sud-ovest. Poi vi era la terza fascia, formata da cinque “Viscontarie” che inglobavano quel territorio comprendente gli altri comuni e comunelli facenti parte del comitato aretino.
Le Viscontarie erano chiamate di Montagna, di Verona, di Cegliolo, del Piano d’Arezzo e della Valdambra:
- Porta Crucifera aveva giurisdizione su quella di Verona, ovvero l’alta Valle del Tevere;
- Porta Sant’Andrea aveva competenza su quella di Cegliolo, fascia sub-appenninica e collinare che andava dal cortonese fino alle pendici meridionali dell’Alpe di Catenaia, delimitata nel suo lato a sud-ovest dalle paludi della Val di Chiana;
- Porta del Foro aveva sfera d’azione sulla Viscontaria di Montagna (il Casentino) e sulla parte quella di Valdambra a destra dell’Arno;
- Porta Burgi, infine, aveva capitolo sul Piano d’Arezzo, sulla Valdichiana oltre le paludi (da Civitella a Foiano) e sulla Visconteria di Valdambra, per il lato di sinistra dell’Arno.
Nella loro porzione di Camparie, Cortine e Viscontarie, le quattro porte avevano potestà in materia civile, di giustizia e di pagamento dei dazi.
Le casate di città e quelle del contado
Il corteo che oggi anticipa la Giostra vede sfilare anche gli emblemi e i cavalieri di alcune delle principali famiglie nobili della città e del contado che nei territori abbinati ai quartieri possedevano la dimora o avevano avuto feudi e consorterie, quindi peso politico e militare al tempo del libero Comune:
- il quartiere di Porta Crucifera porta in piazza le casate di città dei Bacci, dei Bostoli, dei Brandaglia e dei Pescioni; per quanto riguarda il contado, i nobili della Faggiuola e i Conti di Montedoglio;
- il quartiere di Porta Sant’Andrea le famiglie cittadine dei Conti di Bivignano, i Guillichini, i Lambardi da Mammi e i Testi e i consortati nobiliari dei Barbolani Conti di Montauto e dei Marchesi Bourbon del Monte Santa Maria.
- a Porta del Foro fanno capo i Grinti di Catenaia, i Sassoli, i Tarlati di Pietramala, gli Ubertini e le consorterie dei Conti Guidi di Romena e dei Cattani della Chiassa;
- a Porta Santo Spirito, infine, le casate urbane degli Albergotti, degli Azzi, dei Camaiani e dei Guasconi e quelle del contado dei Pazzi del Valdarno e dei Tolomei del Calcione.
La Giostra in età moderna
La prima edizione dell’era moderna si svolse il 7 agosto 1931, data in cui ricorre la festa del patrono d’Arezzo, San Donato. Secondo l’aneddotica, la tradizionale manifestazione fu riproposta in seguito al ritrovamento, ad opera dal giornalista de La Nazione Alfredo Bennati nel 1930 presso la biblioteca civica, dei capitoli della Giostra corsa nel 1677. Si narra che il giornalista aretino fosse alla ricerca della ricetta di un dolce e che incappò casualmente in documenti medievali riguardanti giostre medievali e del suddetto regolamento. La giostra avrebbe avuto quale scopo quello d’allenare i cavalieri aretini nel combattere i predoni che dalle coste si avventuravano fino nell’entroterra. Per questo si raffigurava il Buratto come “Re delle Indie” e con fogge mediorientali.

Il 7 agosto 1931, su impulso del podestà Pier Lodovico Occhini, ad Arezzo si tornò a ricorrere la Giostra.
Nei secoli la manifestazioni aveva avuto molti significati: dalla festa alla ricorrenza, dalla dimostrazione di magnificenza e della potenza della città alla legittimazione delle differenze di classe.
Con la giostra contemporanea si pensò di introdurre direttamente nell’organizzazione e in competizione tra loro i quartieri che in passato vi partecipavano solo indirettamente. Questa fu anche l’occasione per darle una cadenza fissa e ricorrente.
Il “sapersi adattare e mutare, conservando le sue peculiarità, caratteristiche e carattere” può essere considerata una specifica e motivo di tanto successo della secolare vita della tradizione della Giostra del Saracino di Arezzo.

Il popolo cittadino venne così suddiviso in cinque zone, dette “quintieri”: Porta Crocifera (colori bianco e verde), Porta Fori (giallo e cremisi), Porta Santo Spirito (azzurro e oro), Saione (verde, rosso e bianco) e Porta Burgi (verde e rosso e oro). A quest’ultimo rione andò la vittoria della giostra così rivista. È appunto sulla base di questa nuova struttura e tra i suoi contendenti che si fa partire il conto delle vittorie. La suddivisione proposta rappresentava le realtà territoriali contemporanee, che sommavano quindi a realtà storiche anche quartieri e persino, come nel caso di Saione, circoscrizioni moderne.
Considerato però un anacronismo rispetto all’ambientazione medievale, nei mesi dell’inverno tra il 1931 e il 1932 si decise di attenersi alla suddivisione territoriale della città in Quarti. Porta Crocifera e Porta Fori mutarono i propri nomi in quelli attuali di quartiere di Porta Crucifera e quartiere di Porta del Foro. Il rione di Saione fu inglobato da Porta Santo Spirito, mentre la zona assegnata l’anno prima a Porta Burgi venne in gran parte assorbita da Porta Crucifera, con unione anche degli emblemi invertendo il bipartito e aggiungendo i tre monti all’italiana sormontati dalla croce sul lato sinistro e spostando l’immagine della Pieve affiancata da due torri sul lato destro. Porta Crucifera cedette lo stemma usato nel 1931 e parte del suo territorio alla ripristinato quartiere di Porta Sant’Andrea.
L’unica dissonanza rispetto al Medioevo venne mantenuta dal quartiere di Porta Santo Spirito (denominazione di età più tarda), che non ha mai sostituito la propria denominazione in quartiere di Porta Burgi nell’abbinamento alla parte sud-ovest di Arezzo ( articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
La Giostra del Saracino è un antico gioco cavalleresco che affonda le sue radici nel Medioevo. Ripristinata nel 1931, questa spettacolare rievocazione storica ambientata nel XIV secolo si svolge ad Arezzo il penultimo sabato di giugno in notturna e la prima domenica di settembre di pomeriggio. Un variopinto corteo storico, con oltre 400 figuranti in abiti d’epoca, sfila per le vie della città prima di fare ingresso nella preziosa cornice di Piazza Grande, cuore dell’evento. Qui, i cavalieri dei Quartieri di Porta Crucifera, Porta del Foro, Porta Sant’Andrea e Porta Santo Spirito si preparano alla sfida. Tra squilli di chiarine, rullio di tamburi, evoluzioni equestri e giochi di bandiere mozzafiato, i giostratori si lanciano al galoppo, lancia in resta, contro il temibile Buratto, Re delle Indie, automa corazzato che rappresenta un saraceno armato di mazzafrusto. Vince la coppia di cavalieri che realizza il maggior punteggio colpendo lo scudo del Saracino. Il Quartiere vincitore riceve in premio l’ambita “Lancia d’Oro”, prezioso trofeo che tradizionalmente porta la firma di artisti locali e internazionali. Uno spettacolo unico ed emozionante, un’esperienza da vivere circondati dal fascino, dalla storia e dalla bellezza di Arezzo.
Ing. Alessandro Ghinelli
Sindaco della Città di Arezzo

La Giostra della Quintana è un torneo cavalleresco e una manifestazione storica in costume che si svolge ogni anno a Foligno. I 10 binomi cavallo-cavaliere, in rappresentanza dei rispettivi rioni, si sfidano 2 volte l’anno: la sera del secondo o terzo sabato di giugno si svolge la giostra della sfida mentre nel pomeriggio della seconda o terza domenica di settembre si svolge la giostra della rivincita.

Gli stemmi dei 10 rioni. Seguendo l’ordine dell’immagine: Ammanniti; Badia; Cassero; Contrastanga; Croce Bianca; Giotti; La Mora; Morlupo; Pugilli; Spada
La denominazione dei dieci Rioni, che dal 1946 si sfidano e dal 1979 si contendono due volte l’anno il Palio, ricalca sostanzialmente quella di una parte dei diciassette Rioni in cui Foligno è stata suddivisa tra il XIII e il XVIII secolo, mentre le relative insegne sono tratte da fonti iconografiche elaborate nella tarda età moderna.
- Ammanniti, Badia, Cassero, Contrastanga, Croce Bianca, Rione Giotti, La Mora, Morlupo, Pugilli, Spada.
Eventi pre-giostra
Le 2 giostre (sfida e rivincita) sono solo l’atto finale di una mobilitazione cittadina che ha il suo inizio circa 2 settimane prima con l’apertura delle taverne rionali, che, fino al sabato precedente la giostra, servono menù basati sulla cucina umbra e folignate. In queste 2 settimane si svolgono eventi che coinvolgono l’intera popolazione folignate, attraverso sfide goliardiche e rievocazioni storiche.
La fiera dei soprastanti ripropone un antico mercato che si svolgeva nella città fino al 1816, quando Foligno era sotto il controllo dello stato pontificio e la sua importanza commerciale era elevata. Su banchi attentamente controllati, vengono esposte merci che devono essere adatte al periodo storico che la quintana vuole rievocare (prima metà del XVII secolo), personaggi in costume (i Soprastanti, le “forze dell’ordine” dell’epoca), musici e giocolieri allietano i visitatori che potranno acquistare le merci esclusivamente pagando con la moneta appropriata: il Quattrino di Foligno[10], al cui cambio è deputato l’Ufficiale Depositario.
Il palio di San Rocco è una sfida goliardica in cui i popolani appartenenti ai vari rioni gareggiano in sella ad asini, per la precisione ogni rione presenta al via 3 popolani e un somarello.
Il Segni Barocchi festival comprende spettacoli musicali, teatrali, cinematografici e mostre in qualche modo improntate al barocco. La ricerca di questo stile nelle arti non si limita al solo ‘600, ma ai suoi influssi o riprese posteriori e contaminazioni. La manifestazione si accompagna a feste in costume, giostre e giochi. Si svolge durante il periodo della Giostra di Settembre e fino ad ora ha compreso otto edizioni della “Notte Barocca”, durante la quale restano aperti negozi, ristoranti, musei e taverne dei Rioni della Giostra della Quintana, che saranno animate con giochi, spettacoli e gruppi musicali itineranti.
Altri eventi coinvolgono i tamburini dei rioni, i quali si sfidano in piazza sotto l’occhio (e l’orecchio) attento della giuria, gli sbandieratori e i bambini, che vengono avvicinati al mondo quintanaro durante la giornata denominata “pony…amo la quintana a cavallo”.
Il corteo storico
La sera che precede la giostra, le strade del centro della città vengono invase dal corteo storico: le rappresentanze rionali sfilano davanti alla popolazione sfoggiando gli abiti tipici del periodo barocco. I costumi, confezionati nelle sartorie rionali, sono di proprietà del rione che li porta nel corteo e rispettano in ogni dettaglio le mode sfarzose tipiche del 1600 folignate. In rappresentanza di ogni rione sfilano (in ordine di apparizione):

- Il porta-targhe che mostra lo stemma del rione, insieme all’alfiere rionale;
- Il Gruppo Politico, ovvero il Priore con i suoi consiglieri;
- Il Gruppo Nobiliare, principale attrazione della sfilata poiché comprende gentiluomini, dame e soprattutto la Dama di Giostra, massima espressione della bellezza femminile di ogni rione;
- Il Gruppo Equestre, che comprende il cavaliere (in sella al suo cavallo) che il giorno successivo parteciperà alla giostra, con il padrino, il porta-lancia, il porta-nome e il seguito di paggi;
- Ogni rappresentanza rionale è accompagnata da un seguito di sbandieratori, trombettieri e tamburini, i quali aiutano a rendere spettacolare e godibile ogni momento della sfilata grazie alle loro esibizioni. È tipico della sfilata il frastuono dei tamburi che risuona per tutta la sera nel centro storico della città.
Infine sfila il Comitato Centrale, ovvero Presidente, vicepresidente e i dieci magistrati del Consiglio dell’Ente insieme al Sindaco e alcuni assessori. Sono inoltre presenti in questo contesto il gonfalone dell’ente e della città. Accompagna il comitato centrale la Madrina della giostra, massimo esempio di bellezza della Quintana. Questo particolare ruolo è da anni affidato a Federica Moro.
Al termine del corteo, in Piazza della repubblica, viene letto il bando di gara, i cavalieri vengono formalmente iscritti alla sfida e ricevono la benedizione del vescovo. Infine viene sorteggiato l’ordine di partenza per la giostra del giorno successivo.
La giostra
La tenzione tra i cavalieri ha luogo nello stadio denominato “Campo de li Giochi”, intitolato a Marcello Formica e Paolo Giusti: le tribune che accolgono popolani, cittadini e le massime cariche rionali circondano un percorso di gara dalla caratteristica forma a 8 delimitato da una serie di bandierine. Al centro dell’8 è posta la statua del Dio Marte al cui braccio destro è agganciato un anello. La giostra si articola in 3 tornate.

Ad ogni tornata i cavalieri effettuano, uno dopo l’altro, il percorso nel minor tempo possibile evitando di abbattere le bandierine e passando sotto la statua per 3 volte. Ad ogni passaggio tentano di rimuovere l’anello usando la propria lancia (2 giurati hanno il compito di posizionare sulla statua un nuovo anello non appena il cavaliere lo ha sfilato); una volta tagliato il traguardo il cavaliere deve mostrare alla giuria i 3 anelli sfilati. Ogni anello sfilato e presentato ai giurati vale 30 punti mentre ogni bandierina abbattuta comporta una penalità di 10 punti, ne consegue che il massimo punteggio ottenibile in una singola tornata è di 90 punti. Tutti i cavalieri che non hanno totalizzato 90 punti nella tornata vengono automaticamente esclusi da quella successiva.
La prima tornata prevede anelli di 6 cm di diametro, mentre la seconda e la terza prevedono rispettivamente anelli di 5.5 e 5 cm di diametro, incrementando così la difficoltà del percorso con il procedere della sfida.
Al termine delle 3 tornate, si sommano tempi e punteggi di tutti i cavalieri: colui che avrà totalizzato il più alto punteggio nel minor tempo totale è proclamato vincitore della giostra e al suo rione viene consegnato un palio quale segno di vittoria ( articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
La Giostra della Quintana è il simbolo di Foligno e dell’Umbria, una delle rievocazioni storiche più affascinanti d’Italia. Nata nel 1946 da un documento del 1613, è oggi un evento che fonde tradizione, competizione e passione. Il cuore della Quintana è la gara equestre: una giostra all’anello di straordinaria difficoltà, considerata l’“Olimpiade” dei giochi di antico regime. Per i cavalieri di tutta Italia la vittoria alla Quintana di Foligno significa eccellenza assoluta. Ma la Quintana è molto più di una gara. Ogni anno, a giugno e a settembre per oltre due settimane, la città si veste di storia, portando in scena la magia del Seicento con il Corteo delle Rappresentanze Rionali con centinaia di figuranti in costumi d’epoca, la Fiera dei Soprastanti, la riproposizione di un mercato barocco e il Gareggiare dei Convivi, la riproduzione storica di un convivio, mentre le taverne rionali offrono piatti della tradizione enogastronomica folignate. La Quintana di Foligno è una grande festa di popolo, un viaggio nel passato che unisce spettacolo, cultura e identità: un appuntamento imperdibile per chi ama la storia e le emozioni senza tempo.
Cav. Domenico Metelli
Presidente Giostra della Quintana di Foligno

La Giostra della Quintana di Ascoli Piceno è una rievocazione storica di origine medievale con giostra equestre.

Vi partecipano i sei Sestieri della città: Piazzarola, Porta Maggiore, Porta Romana, Porta Solestà, Porta Tufilla, Sant’Emidio.
Essa si tiene due volte l’anno, a luglio e ad agosto. L’edizione di luglio (introdotta in modo stabile dal 1997) è dedicata alla Madonna della pace e si svolge la sera del secondo sabato, mentre l’altra (chiamata anche “della tradizione”) nel pomeriggio della prima domenica di agosto in occasione della festa di Sant’Emidio, patrono e primo vescovo storicamente attestato della città, in onore della quale è corsa.
L’intera manifestazione della Quintana si compone di vari eventi che hanno svolgimento a partire dal mese di giugno. In ordine cronologico sono: sestieri all’erta, il Giuramento dei Consoli, la Lettura del Bando (che viene effettuata per entrambe le edizioni della Giostra), il Palio degli Sbandieratori e Musici, il Saluto alla Madonna della Pace, la Giostra di luglio, preceduta dal corteo, il Palio degli Arcieri, l’Offerta dei Ceri, ed infine la Giostra di agosto, anch’essa preceduta dallo stesso corteo che si svolge a luglio, in onore del patrono della città.
Per la città di Ascoli rappresenta l’espressione e la sintesi delle tradizioni, della sua storia e dell’indissolubile legame al territorio ricordato dagli antichi patti di alleanza di cui alla Quintana se ne rievoca la memoria.
Storia
Le radici della Giostra della Quintana sono antichissime, alcuni le fanno risalire al IX secolo, quando i Saraceni invasero il territorio dei Piceni. Questo spieghererebbe la presenza del busto da colpire, posto sul campo di gioco, che rappresenta il moro, nemico della fede.
Dal punto di vista etimologico si considera valida l’ipotesi che la parola quintana derivi dal francese quintaine o dalla parola latina quintus.
Riferire l’origine alle storia romana trova giustificazione nell’abitudine dei legionari di allenarsi, con la spada o con il giavellotto, a colpire un palus, alto circa 6 piedi, ancorato al terreno della strada dell’accampamento destinata al mercato ed alle esercitazioni militari; tale strada era la via quintana, divideva il quinto ed il sesto manipolo e da cui deriverebbe il nome della competizione.
Gli Statuti Ascolani redatti nel 1377, stampati nel 1496, assicurano che già allora fosse consolidata abitudine che questo torneo concludesse la giornata del 5 agosto in cui si tenevano i festeggiamenti in onore di Sant’Emidio.
Anticamente la Quintana si svolgeva in Piazza Arringo e vi partecipavano i cavalieri della oligarchia magnatizia cittadina ed anche altri, pervenuti da diverse località, su invito degli ascolani. L’epoca esatta di origine di questo e degli altri giochi nella città di Ascoli è ignota, tuttavia la presenza di una scultura ascrivibile al XIII secolo collocata sulla facciata di un edificio di origine medievale nella parte orientale di Corso Mazzini, raffigurante un combattimento di due cavalieri che si affrontano con due lance, offre la suggestione che già nel Duecento ad Ascoli vi fosse una tradizione consolidata di giochi equestri.
La quintana faceva parte di una serie di giochi “apparecchiati” in occasione delle feste patronali, di cui costituivano l’elemento civile e ludico di maggiore interesse. Le cronache ci riferiscono infatti che la mattina del 5 agosto era dedicata alle varie funzioni religiose, mentre nel pomeriggio venivano allestiti tali giochi, che interessavano sia la piazza che la città. Le gare erano aperte dalla giostra dell’anello, che si disputava tra cavalieri a cavallo che, dopo una lizza al galoppo, avrebbero dovuto infilare, con una lancia, un anello appeso ad una catenina, fissata ad un palo posto in mezzo alla piazza. Esso era in argento, dal peso di quattro once e dal diametro di 10 cm circa, e costituiva anche il premio per il vincitore. Questa giostra fu disputata almeno fino al 1541.
Piazza Arringo era il luogo dove si concludeva anche la corsa, che fu peraltro la manifestazione che si svolse con maggiore continuità nei secoli, arrivando alle soglie della II guerra mondiale, quando venne definitivamente sospesa, poiché ritenuta eccessivamente pericolosa. La “mossa” veniva data a Porta Romana e i cavalli percorrevano per intero il Corso (che derivò il suo nome proprio da tali gare), terminato il quale, svoltavano per dirigersi verso la piazza dove era collocato il traguardo, costituito da un pregiato drappo di velluto, premio per chi lo avesse toccato per primo. Analogamente alla quintana dunque, anche in questo caso il premio era un drappo di velluto rosso cremisi, in omaggio al martire Emidio, acquistato dal Comune ascolano sui maggiori mercati italiani. La corsa dei cavalli risulta inoltre essere quella che ci ha restituito i maggiori documenti, sui quali è possibile leggere, quasi annualmente e soprattutto relativamente al Cinquecento, i nomi dei cavalli, dei cavalieri, ed anche i vari componimenti poetici che venivano composti in loro onore.
Ai giochi riservati all’aristocrazia si affiancava anche la corsa a piedi, riservata ai ceti popolari, che aveva come premio finale, per i primi tre posti, un maiale, uno scudo ed una spada.
L’antica Quintana, sospesa in un anno imprecisato del XVI secolo, è stata ripresa, nella sua edizione moderna, nel 1955 quando, dopo un periodo di assenza della disputa dei giochi a cavallo in onore di Sant’Emidio, durato solo qualche decennio dall’ultima edizione della corsa al Palio, ebbe nuovamente luogo su iniziativa di storici come Carlo Cardarelli, Carlo Baiocchi, Giuseppe Fabiani, dello scenografo Danilo Ciampini, del professore Alberto Costantini, di Giulio Franchi, Aldighiero Batini, Nazzareno Peci ed Alvaro Pespani. Le prime due edizioni si svolsero il 5 agosto, così come avveniva dal Medioevo, successivamente fu presa la decisione di collocarla la prima domenica di agosto.
Ogni edizione ha visto l’aggiungersi di nuovi costumi e nuove figure fino a raggiungere l’attuale composizione (più di 1500 figuranti) dell’imponente e sfarzoso corteo storico che precede le due giostre e che si muove, con il passo cadenzato dell’antica arte militare, accompagnato, per tutto il percorso della sfilata, dallo squillo delle chiarine, dal rullo dei tamburini e dagli sbandieratori che si esibiscono quasi ininterrottamente lungo il percorso di sfilata.
Il Corteo
Il corteo storico della Quintana, di dimensioni imponenti, è costituito da circa 1.400 figuranti che sfilano indossando costumi ispirati al XV secolo, in ricordo degli Statuti Ascolani, del 1377, che ne disciplinano e ne citano la consuetudine. Partecipano le massime autorità cittadine, la Giunta Comunale ed il Sindaco che impersona il ruolo del Magnifico Messere, colui che un tempo era “il capo” della città stessa. Si aggiungono dame, damigelle, nobili, paggi, armigeri, musici, sbandieratori, arcieri, balestrieri, consoli ed altri personaggi appartenenti ai singoli sestieri. Sono presenti le rappresentanze delle Terre e dei Castelli del circondario ascolano che aderirono ai patti di alleanza con Ascoli.

I “quintanari” si distinguono per ruoli sociali e per appartenenza ai sestieri in base al colore dei loro abbigliamento. Ogni sestiere utilizza cromie diverse e la ricchezza ed i particolari degli abiti differenziano la posizione sociale nella realtà cittadina.
L’eleganza dei costumi trae origine dalle accurate rappresentazioni degli artisti che operarono ad Ascoli nel Quattrocento, primo fra tutti Carlo Crivelli. Alcuni degli abiti portano la firma di alcuni stilisti italiani molto noti come Pizzi, Guidetti e Martini. Insieme con i Palii, la gran parte dei costumi è conservata presso le sedi dei Sestieri, una piccola parte è nella sede dell’ufficio Quintana al piano terra del palazzo dell’Arengo, visitabile.
Alle 14.30 (le 19.30 a luglio), dopo che i figuranti si sono ammassati, la sfilata prende avvio da Piazza Ventidio Basso, verso cui giungono in sfilata dalle rispettive sedi i Sestieri, per dirigersi verso il Campo dei Giochi, percorrendo alcune delle strade più importanti del centro storico della città. I figuranti attraversano Via Cairoli, Via del Trivio, Corso Mazzini, Piazza del Popolo, Via Cino del Duca, Corso Trento e Trieste, piazza Arringo e Corso Vittorio Emanuele, fino a giungere, dopo un percorso di poco meno di 1,5 km, al Campo dei Giochi, dove essi effettuano un giro di campo fino ad attestarsi sul campo di gara.

La sfilata è aperta, come di consuetudine, dal Gruppo Comunale, nel personaggio del Capitano del Popolo, seguito dal gonfalone, dal Mossiere e dal Provveditore di Campo. Giunto in Piazza del Popolo, il corteo si ferma momentaneamente, mentre il portone del Palazzo dei Capitani si apre, per far uscire il Palio che verrà assegnato al vincitore; subito dopo si aggiungono al corteo il Magnifico Messere, gli Anziani, impersonati da alcuni assessori e consiglieri comunali in carica, i quattro nobili accompagnati da altrettante nobildonne in rappresentanza dei quattro quartieri in cui era suddivisa la città, secondo gli Statuti. Tali figure sino al 2016 erano sostituite da quelle di Sant’Orsola e della Maddalena, personaggi fedelmente ripresi da due polittici crivelleschi. Essi attendono l’arrivo della testa del corteo dall’interno del cortile. Una volta posizionati all’interno del corteo, questo riprende con i musici e gli armati del Gruppo Comunale. Successivamente seguono le delegazioni dei Castelli e delle Terre soggetti ad Ascoli, anche questi rappresentati dalle autorità in carica. Dopo il Gruppo Comunale, prendono parte al corteo storico i castelli di Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Castorano, Folignano, Monte Passillo, Monte San Pietrangeli, Montegallo, Montemonaco, Monteprandone, Patrignone, Porchia, Ripaberarda, Roccafluvione, Venarotta. Successivamente poi sfilano tutti i sestieri della città secondo l’ordine della classifica dell’ultima edizione della Giostra.
La Lettura del Bando di Sfida
Questa consuetudine trova la sua origine nel periodo medioevale, quando la “lettura del bando”, per le vie della città, serviva ad annunciare l’inizio dello svolgersi delle solenni celebrazioni per le festività del Santo Patrono.
Nelle celebrazioni attuali, la lettura prima della Giostra della Tradizione (quella di Agosto che si corre in onore del patrono Sant’Emidio) si tiene nel pomeriggio della festa calendariale di Sant’Anna, 26 luglio, quando cominciano i festeggiamenti civili e religiosi in onore di sant’Emidio. Il banditore, accompagnato da un corteo formato dai musici del Gruppo Comunale e dai gonfaloni dei sei Sestieri, che muove dal cortile del palazzo dell’Arengo alle 19.00, legge ad alta voce il testo del bando, prima in piazza Arringo, successivamente il piccolo corteo raggiunge Piazza del Popolo, dove viene compiuto lo stesso gesto. Tale cerimonia avviene anche per l’edizione della Quintana di luglio, nelle stesse modalità, il primo sabato di luglio, esattamente una settimana prima della giostra.
L’Offerta dei Ceri
La cerimonia dell'”offerta dei ceri” si tiene sul sagrato della cattedrale di Sant’Emidio, in piazza Arringo. Ha luogo nel tardo pomeriggio del giorno che precede la Giostra della Quintana e nel suo svolgimento è tirato a sorte l’ordine di gara dei cavalieri che parteciperanno, il giorno successivo, alla giostra nel campo.
Il corteo che presiede questo evento si avvia dal chiostro Maggiore di San Francesco, nei pressi di piazza del Popolo. Questo si compone delle autorità cittadine con a capo il Magnifico Messere, preceduti dai musici ed il gonfalone civico, dai valletti e dal palio destinato al vincitore. A seguire i notabili, i banditori, il Maestro di Campo e gli armigeri, tutte le delegazioni dei Castelli e delle Terre con i loro gonfaloni, le rappresentanze di tutti i Sestieri cittadini precedute ognuna dal cavaliere giostrante con il cavallo ed i Consoli.
Il corteo, una volta giunto alle soglie del sagrato del duomo attende l’uscita del vescovo e del Capitolo dei Canonici che avviano la cerimonia.
L’inizio solenne dei musici reca il saluto, poi ogni Sestiere, il Comune e tutte le categorie degli antichi mestieri offrono, per mano dei valletti, mazzi di ceri al Vescovo che saranno utilizzati durante tutto l’anno per essere arsi sulla tomba del santo patrono.
Il “cero grosso”, quello che per tradizione è il più grande di tutti, è regalato del Comune in nome della cittadinanza.
Terminata l’offerta dei ceri, il vescovo benedice i cavalieri ed il palio, subito dopo il banditore da lettura del proclama che annuncia ufficialmente il torneo della Quintana.
Questa cerimonia si conclude con la designazione dell’ordine di uscita dei cavalieri giostranti seguendo l’antico rituale di scrivere i nomi dei Sestieri su bigliettini di carta che, una volta arrotolati, sono raccolti all’interno dell’elmo del Capitano degli Armigeri. Secondo il Regolamento il Provveditore di Campo ne cura l’estrazione. A garanzia dell’onesto e trasparente svolgimento di questa operazione vi sono il Magnifico Messere, il Capitano degli Armigeri ed il Mossiere.
La traduzione degli Statuti Ascolani, del 1377, descrive questa cerimonia come un corteo che si avviava verso la cattedrale ascolana, partendo dal palazzo dei Capitani, in piazza del Popolo.
Aprivano la sfilata i valletti seguiti dai musici con il gonfalone, si incolonnavano in successione gli Anziani, i Consiglieri dell’Ordine, i Rettori, gli Ufficiali, i rappresentanti delle corporazioni delle 12 Arti quali medici, avvocati, mercanti, cacciatori, pellicciai, calzolai, muratori, ebanisti, lapicidi, tessitori, ferrai, sarti, tutti con i ceri accesi, ed infine il popolo.
Il Palio
Il Palio è il premio che riceve il cavaliere vincitore della giostra della Quintana. Esso consiste in uno stendardo realizzato in ricercato tessuto dipinto che, dopo la consegna, è conservato nella sede del sestiere vincitore. Come da consuetudine viene esposto, successivamente alla sua presentazione, nei giorni che precedono il torneo nel cortile interno del palazzo dei Capitani, da dove viene prelevato per ciascuno dei cortei.

La storia di questo trofeo riconduce ai tempi compresi tra il medioevo e l’età rinascimentale quando questo premio era un drappo di grandi dimensioni di tessuto pregiato da cui poter confezionare cotte, tende, tovaglie, abiti. Dal 1800 in poi si consolidò l’uso di assegnare al primo classificato uno stendardo dipinto. All’interno della Pinacoteca Civica di Ascoli ad esempio sono custoditi alcuni bozzetti disegnati da Giulio Gabrielli, (1832-1910), per il Palio di Sant’Emidio.
Nella Quintana dell’era moderna esso è stato realizzato da importanti artisti del panorama artistico italiano ed internazionale.
La Giostra
Essa si tiene all’interno del terreno del campo di gara allestito presso lo stadio Squarcia, situato tra Forte Malatesta e la chiesa di San Vittore. Consiste in una disputa di cavalieri a cavallo i quali percorrendo, per tre tornate, la pista del campo, devono colpire con la lancia il bersaglio posto sul braccio sinistro del saraceno, detto anche moro, posto all’intersezione nord delle diagonali. Il bersaglio da colpire è posizionato sullo scudo fissato al braccio sinistro del busto, mentre sul braccio destro, originariamente era posto un flagello. Partecipano tutti i cavalieri dei Sestieri ascolani e competono tra loro gareggiando uno alla volta. Prima dell’inizio della gara i sei cavalieri giostranti percorrono un giro di campo e sostano sotto il palco del Magnifico Messere per porgere il saluto alle dame. Queste annodano un fazzoletto, con i colori del Sestiere di appartenenza, all’asta del cavaliere che avrà cura di annodarlo al braccio, ed indossarlo per tutto lo svolgimento della gara, quale segno di buon auspicio.
I cavalieri giostranti, già dal punto di partenza, lanciano al galoppo sfrenato i loro cavalli e compiono la tornata. La loro abilità sta nel colpire il bersaglio cercando di realizzare più centri possibili impiegando il minor tempo.
Il percorso di gara si sviluppa in due corsie costituite dalle diagonali del campo e raccordate tra loro su due fronti opposti, creando una pista sul terreno, composta da una particolare miscela di sabbia, a forma di otto. La lunghezza del percorso misura 720 metri, ed è delimitata da siepi a cordoli che formano quattro “gocce” di erba.
Nelle prime edizioni dell’era moderna se il cavaliere era troppo lento nella corsa all’assalto il saraceno, avvitandosi a seguito della spinta ricevuta dalla lancia, lo colpiva alle spalle col flagello.
Il bersaglio è ripartito in cinque aree concentriche che assegnano punteggi diversi, decrescenti verso l’esterno.
Il centro vale 100 punti, a seguire 80, 60, 40 e 20 punti. Il totale del risultato realizzato da ogni cavaliere è computato sommando i punteggi ottenuti nei tre assalti al saraceno ed aggiungendo anche la conversione, in punti, dei secondi utilizzati per compiere la tornata. Prendendo ad esempio come tempo base 60 secondi, esso è pari ad un valore di 200 punti, a cui vanno sommati o sottratti 2 punti per ogni decimo in più o in meno che si impiega per coprire il percorso. Chi ottiene il punteggio maggiore, che pertanto è il risultato del punteggio al tabellone combinato con quello abbinato al tempo viene proclamato vincitore e si aggiudica il Palio, consegnato dalle mani dal Magnifico Messere ( articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
Il secondo sabato di luglio e la prima domenica d’agosto, ad Ascoli Piceno, si svolge la Giostra della Quintana, rievocazione rinascimentale. Il corteo con più di mille figuranti in cui sfilano splendide dame, armigeri, musici tra lanci di bandiere e squilli di chiarine, giunge al campo, dove si dà il via al momento per il quale si è lavorato per tutto un anno: la Giostra. Al vincitore va il palio, un drappo di velluto, simbolo della vittoria.
Marco Fioravanti
Sindaco di Ascoli Piceno

Il palio di Legnano è una festa tradizionale che si svolge annualmente a Legnano dal 1935 per commemorare l’omonima battaglia combattuta il 29 maggio 1176 nei dintorni della città tra le truppe della Lega Lombarda e l’esercito imperiale di Federico Barbarossa. Il territorio di Legnano, comune italiano della città metropolitana di Milano, in Lombardia, è diviso in otto contrade storiche che si sfidano, all’ultima domenica di maggio, in una corsa ippica che chiude la manifestazione.

Fino al 2005 il palio di Legnano era chiamato “Sagra del Carroccio“, denominazione che prese già dalla sua seconda edizione, nel 1936. Dal 1954 è ufficialmente annoverato tra le manifestazioni storiche italiane. Tra gli eventi collegati al palio di Legnano trovano anche spazio una sfilata storica e “La Fabbrica del Canto”, manifestazione musicale corale internazionale nata nel 1992 su iniziativa dell’Associazione Musicale Jubilate. Nel 2002 la sfilata storica del palio di Legnano è stata riproposta al Columbus Day di New York.

Le premesse
Le celebrazioni più antiche
Le commemorazioni più antiche della battaglia di Legnano di cui si abbia traccia documentata si sono svolte il 28 maggio 1393 a Milano nella basilica di San Simpliciano. Nel documento, che è costituito da un decreto di quattro pagine emanato dal podestà, dal vicario e dai Dodici di provvisione del comune di Milano, si prescriveva ai magistrati della città di predisporre una processione solenne a completamento della cerimonia civile che si sarebbe dovuta concludere alla basilica di San Simpliciano; all’epoca ogni celebrazione civile era infatti accompagnata da una funzione religiosa. Nell’occasione fu decretato che il 29 maggio, data della battaglia di Legnano, fosse giorno di festività civile e religiosa in tutto il contado milanese.
Nel 1499, con l’occupazione del Ducato di Milano da parte dell’esercito francese, la festività venne prima soppressa, poi ripristinata da san Carlo Borromeo nel 1596, e infine nuovamente sospesa dal 1784.
Il 29 maggio tornò ad essere commemorato durante il Risorgimento quale simbolo della lotta degli italiani contro l’invasore straniero. Le commemorazioni più importanti furono quelle del 29 maggio 1848 a Milano durante la primavera dei popoli, che avvenne solennemente nella basilica di Sant’Ambrogio, e quelle del 1876 a Milano e a Legnano in occasione del settimo centenario della battaglia. Per il settimo centenario della battaglia giunsero a Legnano oltre 40.000 persone da tutta Italia e 197 stendardi rappresentanti tutte le province e molti comuni della Penisola.
A Legnano, dagli anni seguenti, sull’onda dei festeggiamenti del settecentesimo anniversario, vennero saltuariamente organizzate dalla popolazione commemorazioni della battaglia. La svolta si ebbe il 29 giugno 1900, con l’inaugurazione del monumento al Guerriero di Legnano di Enrico Butti, che sostituì una precedente statua realizzata per il VII centenario della battaglia da Egidio Pozzi: da questa data i festeggiamenti ufficiali della battaglia vennero trasferiti da Milano a Legnano, con i legnanesi che iniziarono a ricordare lo scontro militare tra il Barbarossa e la Lega Lombarda con cadenza annuale.
Per quanto riguarda la celebrazione religiosa alla basilica di San Simpliciano, ancora nel XXI secolo, all’ultima domenica di maggio, la battaglia del 29 maggio 1176 viene ricordata con una processione e con una funzione religiosa che comprende la veglia di una copia della croce di Ariberto da Intimiano: a questa celebrazione partecipa anche una delegazione della città di Legnano e delle sue contrade.
Il tentativo del 1926
La prima proposta di organizzare un evento con il contributo dell’Amministrazione comunale fu ipotizzata nel 1926 da Carlo De Giorgi, giornalista ed esponente locale del Partito Nazionale Fascista. De Giorgi, fondatore del periodico locale Lo Specchio, cercò di tradurre in pratica questa idea per commemorare il 750º anniversario della battaglia, che cadeva proprio nel 1926. Le 50.000 lire preventivate comprendevano 35.000 lire da destinare al pagamento del prestito di 400 abiti medievali, e 15.000 lire per i cavalli destinati alla corsa ippica e per i buoi che avrebbero dovuto trainare la copia del Carroccio. Questo sarebbe stato un impegno economico assai cospicuo: facendo un paragone, per restaurare interamente il campanile della basilica di San Magno di Legnano, sempre nel 1926, vennero spese 48.000 lire.
La festa del Carroccio del 1932
La prima manifestazione predisposta ufficialmente dalle autorità cittadine legnanesi, che ebbe luogo nel 1932, fu ancora su iniziativa di Carlo De Giorgi. Questa volta il proposito di organizzare una manifestazione che commemorasse la battaglia di Legnano ebbe seguito perché il clima politico era nel frattempo cambiato: il fascismo, già da tempo, era impegnato a stimolare la nascita di eventi che celebrassero l’orgoglio nazionale anche con l’elargizione di importanti finanziamenti.
Storia
Gli anni trenta
La prima edizione
Il Palio di Legnano, nella sua versione moderna, venne organizzato per la prima volta il 26 maggio 1935 tra le dieci contrade sopra menzionate, in seguito ridotte a otto. Il palio nacque quindi durante l’epoca fascista, in un contesto storico in cui le autorità statali erano impegnate a promuovere coercitivamente tutti gli aspetti legati al nazionalismo italiano richiamando, dove necessario, gli avvenimenti che segnarono in modo vittorioso la storia patria.
Nelle prime edizioni prebelliche la vittoria al palio non era determinata solamente dalla gara ippica, ma anche da altre tre competizioni: una corsa a piedi, da una gara ciclistica e una competizione automobilistica.

Le altre edizioni del decennio
La prima edizione della corsa ippica venne disputata al campo Brusadelli, mentre in seguito la gara fu trasferita nello stadio cittadino di via Pisacane, dove viene organizzata tuttora. Il trasferimento allo stadio cittadino non fu la sola novità di quell’anno: dal canapo si passò ai nastri di partenza, e la monta a pelo venne sostituita dalla cavalcatura con la sella. Il canapo fu poi reintrodotto nel 1952 per poi essere sostituito dai nastri nell’anno successivo, mentre dal 1961 al 1963 la partenza dei cavalli venne decretata dall’apertura di gabbie. Nel 1963 furono reintrodotti i nastri di partenza, che furono sostituiti nel 1974, questa volta definitivamente, dal canapo.
Già dalla seconda edizione (1936) il nome della manifestazione mutò in “Sagra del Carroccio”: ciò fu dovuto ad un ordine diretto di Benito Mussolini, che obbligò gli organizzatori della manifestazione legnanese a cambiare il nome dell’evento in modo tale che il termine “palio” fosse associato, in via esclusiva, solo all’omonima manifestazione di Siena. Il 5 giugno 1935, poco dopo il termine della prima edizione della manifestazione, Galeazzo Ciano, sottosegretario del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia con delega alla Stampa e alla Propaganda, inviò un telegramma al prefetto di Milano, immediatamente inoltrato al commissario prefettizio di Legnano, che riportava il seguente ordine:
Gli anni cinquanta
La Sagra del Carroccio non venne ripresa che nel maggio del 1952 per iniziativa dell’associazione Famiglia Legnanese, del prevosto della città e del comune di Legnano, questa volta totalmente sganciata dai significati politici imposti prima della guerra dal regime fascista; i fondi necessari per realizzare la sagra vennero messi a disposizione dall’Amministrazione comunale e da un prestito della Banca di Legnano.
La sfilata storica
Nel pomeriggio del giorno del palio, poco prima della corsa ippica, per le strade della città si tiene una sfilata storica che è formata da più di 200 cavalli e 1.000 figuranti in costume medievale i cui abiti, scudi, armi, ecc., rispecchiano scrupolosamente quelli del XII secolo. Le contrade, la cui iscrizione alla corsa ippica è facoltativa, sono invece obbligate a partecipare alla sfilata ippica con un numero massimo di centodieci figuranti e di sedici cavalli. Tutti i cavalli impiegati nella sfilata sono condotti a mano da esperti palafrenieri.

Come già accennato, gli abiti utilizzati nei primi decenni della manifestazioni provenivano dal Teatro alla Scala di Milano, dov’erano perlopiù impiegati nell’opera La battaglia di Legnano di Giuseppe Verdi. Con la scelta di creare una collezione di abiti autonoma, venne deciso di focalizzarsi sui 50 anni prima e sul mezzo secolo dopo il celebre scontro armato del 29 maggio 1176. Vennero quindi compiuti studi approfonditi per riuscire a realizzare abiti il più possibile conformi alle fogge utilizzate in questo periodo storico: in particolare, fu di grande aiuto la collezione di sculture creata da Benedetto Antelami, artista contemporaneo alla battaglia di Legnano che realizzò un gran numero di statue, opere che sono ricchissime di dettagli, in special modo dei vestiti.
La sfilata inizia con i cortei delle singole contrade, che dal proprio maniero si dirigono nel centro della città per la sfilata vera e propria. Quest’ultima si apre con un corteo formato dalle bande musicali delle municipalità un tempo coalizzate nella Lega Lombarda. I loro componenti indossano la divisa del corpo musicale d’appartenenza e portano il gonfalone del proprio comune (quello di Legnano chiude questa parte del corteo). Il tipo di musica suonata è di carattere militare.
La parte centrale della sfilata è costituita da figuranti provenienti dalle contrade che sono vestiti in abiti medioevali. Ogni rione storico sfila seguendo un tema preciso; la contrada che chiude questa parte del corteo è quella che ha vinto il palio dell’anno precedente, mentre le altre sfilano, partendo dalla testa del corteo, in ordine crescente di vittorie. A parità di numero di vittorie, la più lontana dalla testa della sfilata è quella con l’ultima vittoria più recente. I soggetti rappresentati dalle otto contrade, che sono stati introdotti nel 1996 per meglio rappresentare l’atmosfera medioevale, sono:
- La Flora: la guerra;
- Legnarello: la forza e il lavoro;
- San Bernardino: il trionfo per la cattura delle armi;
- San Magno: la nobiltà e il clero;
- San Martino: la musica e la danza;
- Sant’Ambrogio: i cortigiani;
- Sant’Erasmo: l’astrologia e la caccia.
La sfilata storica per le vie cittadine termina con il passaggio del Carroccio trainato da sei buoi bianchi e dal transito del suo seguito armato che è formato, tra l’altro, dai figuranti che interpretano i cavalieri della Compagnia della Morte. Il corteo si snoda tra le vie di Legnano per finire allo stadio Giovanni Mari, nell’occasione addobbato con una scenografia di stile medievale.
Sul Carroccio è sistemata la copia della croce di Ariberto di Intimiano (ambìto premio della corsa ippica), un altare e la “martinella”, ovvero dalla campana che in epoca medievale aveva la funzione di richiamare i soldati intorno al carro (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
Il Palio di Legnano è l’insieme delle manifestazioni culturali, religiose, rievocative e comunitarie che commemorano e celebrano la battaglia del 29 maggio 1176 tra l’esercito della Lega Lombarda e l’imperatore Federico I di Svevia, detto il Barbarossa. Simbolo del Palio di Legnano è il Carroccio, un carro militare trainato da buoi e dotato di un altare con pennone e vessilli della città. Dal Risorgimento si diffonderà anche la presenza della Croce monumentale del vescovo milanese Ariberto da Intimiano.
Lorenzo Radice
Sindaco di Legnano
Luca Roveda
Presidente della Fondazione Palio di Legnano

Il palio del golfo è una sfida remiera che viene disputata ogni anno, la prima domenica di agosto, nel mare del golfo della Spezia. Il palio rientra nell’ambito della festa del mare spezzina, e vi partecipano le imbarcazioni delle tredici borgate marinare che si affacciano sul golfo dei Poeti.la gara remiera piu bella di sempre.
La Festa del mare
Il Palio del Golfo è l’evento principale della Festa del mare della Spezia, una manifestazione che si tiene nella città per celebrare lo stretto rapporto tra essa e l’elemento ambientale più vicino. Il protocollo della festa del mare prevede anche, oltre l’evento sportivo del palio, una manifestazione allegorica a tema, alla quale tutte le borgate partecipano sfilando in maschera per le vie del centro cittadino della Spezia, solitamente 2 giorni precedenti la disfida remiera.
Prima della gara c’è il tradizionale lancio dei paracadutisti acrobatici del reparto COM.SUB.IN. della Marina Militare e la commemorazione dei caduti del mare, con il lancio di una corona di fiori nelle acque del golfo. Il suggestivo momento è suggellato dal suono del “silenzio”, eseguito dal trombettiere della marina, seguito dal saluto di tutte le imbarcazioni presenti nel golfo con suoni di tromba.
La sera della gara, infine, la festa si conclude con uno spettacolo pirotecnico, particolarmente godibile dalle colline circostanti il golfo.
Storia
Il palio venne disputato per la prima volta nel 1925, allorquando le località rivierasche del golfo si sfidarono in una gara rematoria fatta con imbarcazioni usate normalmente per la pesca in mare. Secondo le cronache dell’epoca, tuttavia, pare che già nel 1878 si fosse svolta una simile manifestazione in occasione del varo della regia nave Dandolo.
Volendo guardare indietro nel tempo alle origini della disfida, la tradizionale regata altro non era che una sfida tra gli equipaggi delle barche cariche di pesce o mitili (detti anche muscoli, in dialetto locale).
Non si trattava quindi di una vera e propria gara a carattere sportivo, ma una sorta di competizione commerciale: chi fosse rientrato per primo in porto avrebbe presumibilmente ottenuto maggiori ricavi rispetto alle altre imbarcazioni. Fu solo dal 1934 in poi che si cominciarono ad utilizzare scafi appositamente pensati e realizzati in funzione della gara, in sostituzione delle tradizionali imbarcazioni usate per la pesca.
Nel 1945 il palio del golfo venne disputato a San Terenzo, poiché la passeggiata Morin alla Spezia e l’area circostante erano state rese impraticabili a causa dei violentissimi bombardamenti subìti nel corso dalla Seconda guerra mondiale. In quella occasione fu proprio la borgata di San Terenzo a conquistare la vittoria per la prima volta nella sua storia.
La sfilata
Il venerdì sera antecedente la disputa delle gare, tutte la borgate, sotto l’egida del comitato delle Borgate, sfilano per le strade della Spezia. Ogni borgata sceglie un tema, stabilito dal presidente o da appositi incaricati, che può essere relativo al quartiere o alla città intera. Con l’aiuto dei tifosi, la borgata realizza i vestiti, costruisce carri e inventa le coreografie.
Il venerdì sera tutte le borgate sfilano per le vie del centro della città (il percorso solitamente prevede la sfilata in Corso Cavour, via Chiodo ed arrivo in piazza Europa), presentando i loro temi, che vengono giudicati da una giuria composta da tredici giurati (ognuno in rappresentanza di una delle tredici borgate).
Il lunedì successivo la gara, in piazza Europa viene effettuata la premiazione, sia della sfilata che del palio propriamente detto.
La gara
La gara ha luogo all’interno della diga foranea nel golfo della Spezia, nello specchio d’acqua immediatamente antistante il capoluogo, compreso tra il molo Italia e la passeggiata Morin. Le imbarcazioni, i cui equipaggi sono composti da quattro vogatori ed un timoniere, percorrono un totale di due chilometri, girando così per tre volte le boe che delimitano il percorso di gara, in un tempo di poco superiore ai dieci minuti.
Il palio del golfo è una competizione che in una sola sfida raccoglie e completa l’intera stagione del canottaggio spezzino. Oltre alla tradizionale categoria seniores, a partire dal 1964 è stato istituito il palio anche per la categoria juniores, con l’intento di dare spazio ai giovani vogatori delle borgate, riuscendo così a creare un vivaio di vogatori per gli armi seniores. Dal 1995, infine, si disputa anche il palio categoria unica femminile.
Formalmente la disfida remiera del palio è stata per lungo tempo inserita nel calendario agonistico della Federazione Italiana Canottaggio Sedile Fisso. Dal 2002 invece le borgate svolgono le loro gare sotto l’egida della Lega Canottaggio a Sedile Fisso della UISP.
Al palio d’agosto si affiancano, a dicembre e a marzo, due competizioni dette rispettivamente palio di Natale e palio di San Giuseppe. Entrambe le competizioni vengono svolte nel contesto di altre prove dette “prepalio” e, di fatto, non valgono per l’assegnazione del palio vero e proprio.
Le borgate
Le borgate che partecipano al palio sono tredici. A ognuna di esse è assegnato un numero fisso che appare sullo scafo dell’imbarcazione. Le borgate attuali, partendo dall’estremità ovest per arrivare all’estremità est del Golfo, sono nell’ordine: Portovenere, Le Grazie, Fezzano, Cadimare, Marola, La Spezia Centro (dal 2020 nuovo nome di C.R.D.D.), Canaletto, Fossamastra, Muggiano, San Terenzo, Venere Azzurra, Lerici, Tellaro ( articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo Bollettino
Il Palio del Golfo della Spezia si svolge ogni anno la prima domenica d’agosto nelle acque antistanti la città ed è una gara remiera tra 13 imbarcazioni in rappresentanza delle Borgate del Golfo. Il week-end del Palio inizia il venerdì sera con la sfilata per la città dei 13 carri allegorici, al termine della quale, vengono restituiti al Sindaco della Spezia i Gonfaloni che il giorno successivo verranno consegnati agli equipaggi vincitori della Disfida. Alle 19.30 della giornata del Palio nell’irreale silenzio degli oltre trentamila spettatori, lo sparo del via… che, al termine della gara, esplode nella festa dei colori vincitori, con i tifosi che alzano la barca in segno di vittoria. L’edizione 2025 del Palio del Golfo sarà la centesima di questa manifestazione radicata nella storia del Golfo; un compleanno che verrà festeggiato in grande stile dando il giusto onore a questa importante tradizione.
Pierluigi Peracchini
Sindaco della Spezia
Francesca Micheli
Comitato delle Borgate









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