19^ emissione del 13.03.2025, di un francobollo commemorativo di SERGIO RAMELLI, nel 50° anniversario della scomparsa


19^ emissione del 13.03.2025, di un francobollo commemorativo di SERGIO RAMELLI, nel 50° anniversario della scomparsa, dal valore indicato con la lettera B, corrispondente ad €1,25
- data emissione: 13 marzo 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 200.025
- valore tariffa: B = 1,25
- colori: tre
- bozzettista: a cura del Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS __4542___
- Il francobollo: riproduce un ritratto, ispirato a un’opera di Daniele Dell’Orco, raffigurante Sergio Ramelli, scomparso all’età di 18 anni nel 1975, vittima della tragica stagione di violenza e terrorismo che ha caratterizzato l’Italia durante gli anni Settanta. Completano il francobollo le legende “SERGIO RAMELLI”, “1956 – 1975”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- nota: il ritratto pittorico raffigurante Sergio Ramelli, ispirato a un’opera di Daniele Dell’Orco, è riprodotto per gentile concessione dell’autore.

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L’omicidio di Sergio Ramelli fu un crimine commesso a Milano nel 1975 durante gli anni di piombo. La vittima fu uno studente milanese di diciannove anni (nato l’8 luglio 1956) militante del Fronte della Gioventù, formazione politica di estrema destra neofascista, aggredito il 13 marzo da alcuni militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia operaia. Il giovane, a causa dei traumi riportati, morì il 29 aprile, oltre un mese e mezzo dopo l’aggressione. I responsabili furono identificati dieci anni dopo l’accaduto e, dopo un’iniziale condanna per omicidio preterintenzionale in primo grado, furono riconosciuti colpevoli di omicidio volontario al termine dei tre gradi di giudizio del processo, durato dal 1987 al 1990.

Storia
L’omicidio
Nei primi mesi del 1975 l’ITIS “Ettore Molinari” di Milano, presso il quale Ramelli studiava chimica industriale, era teatro di accesi scontri politici tra studenti estremisti di destra e di sinistra, situazione comune a molte scuole superiori e università italiane. L’edificio, risalente ai primi anni sessanta, non permetteva un adeguato controllo dell’ordine pubblico interno e per questo si era guadagnato la reputazione di luogo a rischio.
Le posizioni politiche di Sergio Ramelli, fiduciario del Fronte della Gioventù, erano ben note nell’istituto in quanto da lui stesso più volte professate in pubblico e gli procurarono due aggressioni in un breve lasso di tempo che lo spinsero, nel febbraio 1975, a lasciare il “Molinari” per proseguire l’anno scolastico in un istituto privato. Secondo quanto reso noto in seguito da sua madre, Ramelli in un tema scolastico aveva espresso posizioni di condanna delle Brigate Rosse, aggiungendovi una nota di biasimo verso il mondo politico per il mancato cordoglio istituzionale di fronte alla morte di due militanti del MSI, Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, uccisi durante l’assalto alla sede del MSI di Padova avvenuto l’anno precedente (17 giugno 1974). Il tema, dopo essere stato sottratto al professore, fu affisso in una bacheca scolastica e usato come “capo d’accusa” in una sorta di “processo politico” scolastico, istituito contro Ramelli da studenti che lo accusavano di essere fascista.
Il 13 marzo 1975, Ramelli stava ritornando a casa, in via Amadeo a Milano; parcheggiato il suo motorino poco distante, in via Paladini, si incamminò verso casa. All’altezza del civico 15 di via Paladini, fu assalito da un gruppo di extraparlamentari comunisti di Avanguardia operaia armati di chiavi inglesi, e con queste colpito più volte al capo; a seguito dei colpi, Ramelli perse i sensi e fu lasciato esangue al suolo.

Pochi minuti dopo l’aggressione, un commesso vide il corpo coperto di sangue e allertò la portinaia del palazzo di via Amadeo, dove il giovane abitava. La portinaia, riconosciutolo, avvertì la polizia e i soccorsi medici; un’ambulanza lo portò all’Ospedale Maggiore, precisamente all’ex padiglione «Beretta» specializzato in neurochirurgia, dove il ragazzo fu sottoposto a un intervento chirurgico della durata di circa cinque ore, nel tentativo di ridurre i danni causati dai colpi inferti alla calotta cranica. Il decorso post-operatorio fu caratterizzato da periodi di coma alternati ad altri di lucidità; le complicazioni cerebrali indotte dall’aggressione lasciavano i sanitari dubbiosi sul recupero delle piene funzionalità fisiche.
Nel corso dell’assemblea consiliare al Comune che fece seguito all’aggressione, l’allora sindaco Aldo Aniasi dovette fronteggiare una turbolenta seduta nel corso della quale, a fronte della condanna istituzionale dell’aggressione e alle risentite stigmatizzazioni dell’accaduto dei partiti di destra, vi fu, tra il pubblico presente, chi applaudì alla notizia del fatto e rivolse fischi al rappresentante del MSI Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse che aveva in quel momento la parola. All’applauso presero parte anche diversi consiglieri comunali di sinistra.

Mentre Ramelli era ancora in coma, a Milano seguirono altre aggressioni e scontri tra i gruppi di destra e sinistra. Il 16 aprile un gruppo di estremisti di sinistra assalì tre giovani del FUAN che stavano effettuando un volantinaggio. Antonio Braggion, iscritto anche ad Avanguardia Nazionale, sparò contro gli aggressori con la pistola, detenuta illegalmente, che aveva in auto, uccidendo con un colpo alla schiena lo studente Claudio Varalli. Il 17 aprile fu aggredito l’avvocato Cesare Biglia, allora consigliere provinciale del MSI, che per questo subì un delicato intervento chirurgico. La moglie, che era con lui, fu ferita a una gamba.
Il 18 aprile il sindacalista della CISNAL Francesco Moratti, ex combattente della RSI e invalido di guerra, fu anch’egli ricoverato in ospedale dopo essere stato picchiato e lasciato in terra mentre i locali in cui si trovava venivano dati alle fiamme. Anche il cameriere Rodolfo Mersi, il panettiere Rinaldo Guffanti e il giovane liberale Pietro Pizzorno furono ricoverati in ospedale, al reparto craniolesi, dopo aver subito aggressioni con chiavi inglesi.
Il 28 aprile, un giorno prima che Ramelli morisse, un gruppo staccatosi da un corteo della sinistra si recò presso la casa della famiglia Ramelli, dove lasciò scritte sui muri e affisse un manifesto nel quale si minacciava il fratello Luigi di morte se non fosse sparito entro quarantotto ore.
Subito dopo aver saputo che Ramelli era in coma, alcuni membri del commando – tra cui Montinari, principale pentito al processo – smisero la militanza. Altri invece, l’anno seguente, Il 31 marzo 1976 avrebbero assaltato il bar Porto di Classe, ritenuto un abituale ritrovo della destra. Per l’occasione, al servizio d’ordine di Avanguardia Operaia si aggregarono anche i Comitati antifascisti. Il locale fu devastato e incendiato, tutte le vetrine infrante e feriti sette avventori, tre dei quali furono ridotti in gravi condizioni: uno di loro restò invalido per tutta la vita. All’assalto parteciparono anche Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo.

Ramelli morì il 29 aprile 1975, quarantasette giorni dopo l’aggressione. I funerali ebbero luogo nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo: il feretro giunse in chiesa quasi di soppiatto poiché le autorità locali avevano vietato il corteo funebre e gli estremisti di sinistra avevano minacciato di usare chiavi inglesi contro eventuali partecipanti. Il presidente della Repubblica Giovanni Leone inviò una corona di fiori e alle esequie presenziò l’allora segretario del MSI Giorgio Almirante. Nel corso della celebrazione, quattro militanti di destra furono denunciati per apologia del fascismo in ragione di saluti romani rivolti al feretro e a cerimonia conclusa circa trenta giovani, inneggiando alla figura del Duce, cercarono di raggiungere una vicina sede del PCI, ma furono dispersi dalla polizia. A seguito degli scontri con le forze dell’ordine, altri tre militanti furono incriminati per manifestazione sediziosa e apologia del fascismo.
Nel frattempo, dalle finestre delle aule della facoltà di Medicina che davano su piazzale Gorini, alcuni giovani con i volti coperti da fazzoletti rossi avevano fotografato i partecipanti al funerale: molte delle foto scattate quel giorno sarebbero poi state ritrovate nel cosiddetto “covo di viale Bligny”. Ramelli fu inumato nella tomba di famiglia presso il Cimitero maggiore di Lodi (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo bollettino
Sergio Ramelli era un ragazzo che viveva i suoi 18 anni diviso tra lo studio, la passione per il calcio, la fidanzata e… la militanza politica nel Fronte della Gioventù. Frequentava l’Istituto tecnico Molinari di Milano, quando fu bollato con il marchio di “fascista” solo per aver scritto un tema in cui biasimava gli omicidi delle Brigate Rosse. Erano gli anni Settanta, durante i quali vigeva la barbara legge dell’“antifascismo militante”, in base alla quale chiunque non professasse idee comuniste era considerato un nemico da colpire e, possibilmente, da abbattere. Fu così che Sergio dovette subire un “processo popolare” nella sua scuola, indifeso dai professori e dal preside. Poi, ancora aggressioni che lo costrinsero a lasciare la scuola, senza che nessuno intervenisse. Ma non bastava, perché la sua foto fu trasmessa al “servizio d’ordine” di Avanguardia Operaia. Così, il 13 marzo 1975, lo aggredirono in otto, sotto casa, sfondandogli il cranio a colpi di chiave inglese. Morì dopo 47 giorni di agonia.
Guido Giraudo
Giornalista

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