17^ e 18^ emissione del 08.03.2025, di n.2 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” i valori sociali ” dedicati a MARIA LISA CINCIARI RODANO e a ERNESTINA PAPER




17^ e 18^ emissione del 08.03.2025, di n.2 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” i valori sociali ” dedicati a MARIA LISA CINCIARI RODANO e a ERNESTINA PAPER, ognuno dal valore indicato con la lettera B, corrispondente ad €1.25

- data emissione: 08 marzo 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 X 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B
- colori: cinque
- bozzettista: Mattias HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS __4541___
- Il francobollo: raffigura Ernestina Paper, prima donna a laurearsi in medicina e chirurgia in Italia nel 1877 dopo l’unificazione del Paese, ritratta alla scrivania con i suoi strumenti di lavoro e un libro di anatomia umana aperto su un leggio. Completano il francobollo le legende “ERNESTINA PAPER”, “PRIMA DONNA LAUREATA IN MEDICINA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA”, “1846 – 1926”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.

- data emissione: 08 marzo 2025
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B
- colori: quadricromia
- bozzettista: Claudia GIUSTO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS __4540___
- Il francobollo: raffigura un ritratto in primo piano di Maria Lisa Cinciari Rodano, partigiana e politica italiana, prima donna a ricoprire, dal 1963 al 1968, la carica di vicepresidente della Camera dei deputati, affiancata ad un ramo di mimosa, a ricordare il suo contributo alla scelta di questo fiore come simbolo della Giornata internazionale delle donne, celebrata l’8 marzo. Completano il francobollo le legende “MARIA LISA CINCIARI RODANO”, “PARTIGIANA E POLITICA”, “1921 – 2023”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.


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Maria Lisa Cinciari, coniugata Rodano, detta Marisa (Roma, 21 gennaio 1921 – Roma, 2 dicembre 2023), è stata una partigiana e politica italiana, esponente del Partito Comunista Italiano, deputata, senatrice e parlamentare europea.

È stata l’ultima parlamentare vivente della I legislatura della Repubblica Italiana ed a lei si deve la scelta della mimosa come simbolo della festa della donna, l’8 marzo di ogni anno.
Biografia
È nata a Roma il 21 gennaio 1921, lo stesso giorno della fondazione del Partito Comunista Italiano. Suo padre è Francesco Cinciari, che dal maggio 1923 al dicembre 1925 fu podestà fascista di Civitavecchia. Sua madre è di famiglia ebraica. Nel 1938, con le leggi razziali fasciste, il padre abbandona moglie e figlia. Maria Lisa Cinciari studia al Liceo classico Ennio Quirino Visconti e alla facoltà di lettere dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Durante la guerra, ha partecipato alla cospirazione antifascista nei licei e nell’Università di Roma. Arrestata nel maggio 1943 per attività contro il fascismo e detenuta nel carcere di Regina Coeli, ha partecipato alla Resistenza romana (settembre 1943 – giugno 1944) nelle file del Movimento dei Cattolici Comunisti e nell’attività dei Gruppi di difesa della donna (GDD). Nel settembre 1944, dopo la liberazione della Capitale, è stata tra le fondatrici dell’Unione donne in Italia (UDI) di cui è stata dirigente con vari incarichi (tra i quali Presidente del Comitato Provinciale di Roma); componente del Comitato nazionale dell’UDI dalla fondazione fino al 1970. È stata Presidente nazionale dell’UDI dal 1956 al 1960 ed è tuttora iscritta all’UDI.

Dopo lo scioglimento nel 1945 di Sinistra Cristiana (filiazione del Movimento dei cattolici comunisti), si è iscritta al Partito Comunista Italiano nel 1946 ed è stata eletta nel Comitato centrale del PCI nel 1956 e vi è rimasta fino al 1989. È stata consigliera comunale di Roma dal 1946 al 1956.
Al Parlamento italiano
Eletta deputata nel 1948, viene più volte riconfermata e resta a Montecitorio fino al 1968. È stata la prima donna nella storia italiana a venir eletta alla carica di vice presidente della Camera dei deputati, carica che ha ricoperto dal 1963 al 1968. Eletta al Senato nel 1968, vi resta fino al 1972, poi è consigliere provinciale di Roma dal 1972 al 1979.
All’Europarlamento
Nel 1979 è eletta europarlamentare, e confermata nel 1984, fino al 1989. È stata componente della Commissione ad hoc sulla condizione della donna del Parlamento Europeo (1979-1981), presidente e relatrice generale della Commissione d’inchiesta del Parlamento Europeo sulla “Situazione della donna in Europa” (1981-1984) e vicepresidente della Commissione dei diritti delle donne del Parlamento Europeo (1984-1989).
Oltre alla relazione sulla situazione della donna in Europa, ha presentato al Parlamento Europeo relazioni sulle famiglie monoparentali, sulla parità previdenziale, sulla parità nell’acquisizione della cittadinanza ecc. È stata relatrice sulla politica comunitaria verso le donne in numerosi convegni internazionali (Atene, Bad Godesberg, Madrid, Pisa, Opatja, ecc). Componente dell’Assemblea paritetica CEE-ACP (assemblea composta da parlamentari europei e rappresentanti dei paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico, associati alla CEE con la Convenzione di Lomé), ha fatto parte dei gruppi di lavoro che hanno predisposto le relazioni, poi adottate dall’Assemblea paritetica, su “Donne e cooperazione allo sviluppo” e su “Donne e demografia”.
È stata rappresentante del Parlamento Europeo alla Conferenza del decennio della donna dell’ONU a Nairobi (1985). Ha fatto parte della delegazione italiana alla Conferenza mondiale della donna dell’ONU a Pechino (1995) e alla Commissione per lo Status della donna dell’ONU a New York nel 1996, 1997, 1998, 1999, 2000. Ha partecipato nel giugno 1999 per il governo italiano al Seminario sui problemi di genere dell’OSCE a Vienna. Ha fatto parte della Commissione nazionale di parità presso la Presidenza del Consiglio, dove ha seguito, tra l’altro, le tematiche connesse con la dimensione di genere nella cooperazione allo sviluppo.

È stata tra le promotrici del “Caucus” delle donne italiane. Ha fatto parte fino al 1994 del Comitato Centrale del PDS. Eletta il 4 luglio 1991 Presidente dell’Assemblea delle donne del PDS, ha anche fatto parte della Commissione delle donne del Partito del Socialismo Europeo. Nel Congresso del PDS del 1994 è stata eletta nel Consiglio dei Garanti e rieletta nel gennaio 2000. Dopo il Congresso dei Democratici di Sinistra di Pesaro non ha ricoperto più alcun incarico di partito. Dopo il Congresso di Firenze dei DS, che ha deciso la confluenza nel Partito Democratico, non è iscritta ad alcun partito. È stata segretaria dell’Associazione di solidarietà con il popolo del Sahara occidentale dal 1989 al 2010. Il 22 aprile 2012 al teatro “La Nuova Fenice” di Osimo è stata insignita del Premio Renato Benedetto Fabrizi.
Vita privata
Si sposò nel 1944 con Franco Rodano, influente pensatore cattolico e ascoltato consigliere del Partito Comunista Italiano, in particolare di Enrico Berlinguer. Ebbero cinque figli (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo bollettino
Maria Lisa Cinciari Rodano, nata a Roma nel 1921, è stata una protagonista illustre della Repubblica italiana. Giovanissima sceglie l’antifascismo e diviene partigiana nel Movimento dei Cattolici Comunisti. In quegli anni è tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane, partecipando alla scelta della mimosa come fiore simbolo dell’8 marzo, iniziando così la battaglia, che caratterizzerà la sua vita, per i diritti sociali e civili delle donne e per la loro libertà. Il suo impegno politico e sociale continua ininterrotto, con l’adesione e la militanza nel PCI e il lavoro nelle organizzazioni femminili, fino alla fine della sua vita. Anche negli ultimi suoi anni è stata tra le fondatrici di Noi Rete Donne. Ha sempre ispirato la sua attività ai principi e ai valori costituzionali e operato per affermare uguaglianza e giustizia, esprimendo convinzione nelle proprie idee e grande capacità di ascolto. Donna delle Istituzioni, è stata consigliera comunale e provinciale a Roma, poi deputata, prima vice presidente della Camera e parlamentare europea. Costante la sua attenzione e azione di trasmissione storica dei valori fondanti della cultura democratica e il valore della memoria della storia della nostra Repubblica, nata dalla Resistenza e nutrita dalla partecipazione e dalle lotte per la giustizia.
Noi Rete Donne
Daniela Carlà e Mirella Ferlazzo

Ernestina Paper, nata Ernestine Puritz-Manassé (Odessa, 1846 – Firenze, 14 febbraio 1926), è stata un medico italiano, prima donna laureata in Italia dopo la nascita dello stato unitario, conseguendo nel 1877 la laurea in medicina e chirurgia presso l’Istituto di Studi Superiori Fiorentino.

Biografia
Ernestina Puritz-Manassé nacque ad Odessa nel 1846 da una famiglia agiata della borghesia commerciale ebraica di origine russa (i Puritz-Manassé). Ernestina non dichiarò il cognome Puritz Manassè, menzionato invece al momento dell’iscrizione all’università di Pisa, ma adottò il cognome del marito Giacomo Paper, un avvocato che sposò a Odessa e che, pare, morì a Pietroburgo nel 1881. Si presume, inoltre, avesse una figlia «Paper Elisa figlia di Giacomo, nata a Pisa nel 1875». A Firenze fu Sara Ritter a inaugurare il foglio di famiglia in cui Ernestina rimase iscritta fino alla morte.
La formazione
Dopo aver trascorso la sua adolescenza ad Odessa e terminati gli studi scolastici, Ernestina Puritz si iscrisse alla facoltà di medicina all’Università di Zurigo che frequentò per tre semestri, tra l’8 ottobre del 1870 e il gennaio 1872 e dove, 10 anni prima, si era laureata la ventiquattrenne Nadeschda Suslowa, la prima donna medico europea.
All’università di Zurigo intraprese un percorso universitario che era molto comune per le studentesse russe, in quanto questa università fu la prima ad aprire le porte alle donne. L’Impero zarista, infatti, nei suoi vasti territori (tra cui l’Ucraina), praticava una rigorosa discriminazione nell’accesso agli studi universitari: numero chiuso per gli ebrei (maschi), divieto puro e semplice per le donne, qualunque fosse la loro appartenenza religiosa. L’istruzione superiore, si diceva, era inutile e dannosa per adempiere il ruolo familiare a cui le donne erano destinate. Per questo motivo si ebbe la migrazione di “suddite imperiali” verso la Svizzera, la nazione che, allora, aveva aperto alle donne le sue università (a tutte le sue facoltà, anche quelle tecniche).
La Facoltà di medicina in Toscana
Nel 1872 Ernestina Puritz si trasferì in Italia dove visse fino alla morte, escluso il periodo 1897-1905 quando fece ritorno a Odessa. Nello stesso 1872 si iscrisse all’Università di Pisa, dove frequentò la Facoltà di medicina per tre anni, spostandosi poi a Firenze per frequentare l’ultimo biennio di pratica clinica presso il regio Istituto di Studi Superiori di Firenze e dove conseguì il primo livello di laurea nel 1875 (ASP).
La carriera
Una volta laureata intraprese una carriera professionale, come indica un’inserzione pubblicitaria apparsa nel marzo 1878 sul quotidiano «La Nazione» di Firenze: alla terza pagina, viene citata l’apertura di uno studio medico “per malattie delle donne e dei bambini” al civico 12 di via Venezia. All’epoca, infatti, per svolgere la professione medica una volta ottenuto il diploma di laurea non era necessaria l’iscrizione ad un ordine professionale, ma era sufficiente trasmettere al Comune, in cui si intendeva aprire il proprio esercizio, la certificazione della regolarità del titolo conseguito rilasciata dall’università. Puritz praticò la professione privatamente e spesso gratuitamente.

Le donne e la medicina nell’800
Nel XIX secolo, l’idea che una dottoressa potesse svolgere la sua attività all’interno degli ospedali pubblici non veniva facilmente accettata e per questo motivo le donne si dedicarono alla libera professione privata, proprio come Ernestina. In quegli anni, la motivazione che portava le donne a laurearsi in medicina era da ricercarsi in una loro naturale predisposizione verso le sofferenze degli ammalati, tuttavia la scelta ricadeva maggiormente in alcuni ambiti della medicina, quali pediatria e ginecologia. Infatti, solo la ginecologia e la pediatria erano le specializzazioni che la società medica ammetteva per le prime “dottoresse”. Queste erano ritenute più accettabili rispetto ad altre branche della medicina, in quanto la cura dei bambini appariva come il proseguimento delle cure materne e le visite ginecologiche da parte di una donna potevano suscitare meno disagio. La professione di medico sembrava richiamare la figura di benefattrice ottocentesca: la disposizione verso il lavoro di cura veniva intesa come una naturale predisposizione del carattere femminile. Queste considerazioni agevolarono e resero accettabili gli studi medici delle donne, nonostante l’opposizione di coloro che ritenevano il loro cervello troppo piccolo, quindi inadatto per studi scientifici, e troppo alta la loro emotività per reggere la vista del sangue.
Gli anni della professione
Nel 1881, in occasione del censimento, Puritz si dichiarò tuttavia ‘dottoressa non esercente’: non erano anni in cui una medichessa, termine dell’epoca, potesse assicurarsi una clientela regolare, come lamentava ancora nel 1902 la collega fiorentina Aldina Francolini.
In quegli anni, al primo piano del civico 6 di via Venezia, Ernestina risiedeva con la madre, la figlia, alcune cugine e il cugino Giacomo Puritz, anch’egli nato a Odessa, laureato in medicina a Firenze e attivo nei circoli sociali e politici. La moglie di quest’ultimo era Mary Nathan, figlia del politico anglo-italiano e sindaco di Roma, Ernesto Nathan (1845-1921). Mary Nathan ed Ernestina Puritz Manassé sono state attive nella Federazione femminile toscana (emanazione del Consiglio nazionale delle donne italiane), della cui Sezione di igiene lei risulta essere stata presidente almeno fino al 1921. Attraverso Mary Nathan, Puritz conobbe Amelia Pincherle Rosselli, della quale curò i figli Nello e Carlo (attivi nella campagna politica antifascista) e con la quale fu in contatto almeno fino al 1911. I Nathan e i Rosselli erano imparentati e soci in affari in Inghilterra.
Nel 1886 Ernestina ottenne un incarico pubblico, in quanto la Direzione compartimentale dei telegrafi di Firenze le affidò il compito di effettuare le visite mediche al proprio personale dipendente di sesso femminile.
L’attività scientifica
Ci sono poche testimonianze dell’attività scientifica di Puritz. Nel 1884 furono riportati, nei dettagli, due casi di amenorrea guariti da Puritz con l’utilizzo dell’elettricità e nel 1894, in occasione di un congresso medico internazionale, fu tra i “membri e aderenti”.
Una delle attività più interessanti di Puritz fu la divulgazione medica, d’igiene e scientifica, nella quale coinvolse diversi docenti universitari e che la portò, nel 1911, a mettere a disposizione una scuola per bambinaie, aperta anche a ‘signore e signorine’, che ebbe un buon successo per diversi anni.
Nel 1913 Elena French Cini, presidente della Federazione femminile toscana, e Puritz, presidente della sezione d’igiene, scrissero al sindaco per proporgli di aiutare le madri povere del quartiere S.Croce, con un progetto che prevedeva anche l’assistenza sanitaria gratuita offerta dalle dottoresse Puritz e Carmela Daddi. Nel 1922 Ernestina era ancora attiva come presidente della sezione d’igiene della FFT (Federazione Femminile Toscana).
Contributo sociopolitico
Donne ed università in Italia ed Europa
Diversamente da altri Paesi europei e dal Nord America, in Italia non risulta siano mai state introdotte norme che escludessero le donne dall’università: a tenerle lontane dalla formazione scolastica e superiore bastarono le radicate consuetudini culturali e religiose.
Nello Statuto Albertino e nella Legge Boncompagni (1848) erano assenti esplicite discriminazioni a danno delle donne, non per la volontà di sancire l’uguaglianza dei diritti personali, politici e civili ma, al contrario, perché eventuali rivendicazioni femminili, anche in campo educativo, apparivano un fatto impensabile. L’accesso delle donne a livelli di istruzione che andassero oltre quelli minimi richiesti dallo stare in società era ostacolato dallo scetticismo circa le loro reali capacità intellettuali e dai dubbi circa l’opportunità di una più approfondita istruzione, che rischiava di distoglierle dai doveri connessi al loro sesso, suscitando nelle giovani menti futili ambizioni personali. Inoltre, dalla seconda metà dell’Ottocento, con l’ingresso delle donne nella formazione superiore, all’antico pregiudizio nei confronti del loro intelletto si aggiunse il timore di possibili turbamenti nei consolidati privilegi economici e di potere maschili in ambito professionale.
La battaglia delle donne per praticare la professione medica fu una delle più difficili tra le molte combattute per la parità dei diritti. Il riconoscimento ufficiale del diritto per le ragazze di frequentare ogni tipo di scuola superiore era già stato però preceduto, sorprendentemente, da quello della possibilità per loro di iscriversi all’università, previo conseguimento, da privatiste, della licenza liceale. Infatti ciò era previsto nel regolamento Borghi (1875), che, per la prima volta, esplicitamente, ammetteva le donne all’università, alle stesse condizioni degli uomini. Prima di allora esse potevano accedere occasionalmente alle aule universitarie, solo se esplicitamente invitate ad ascoltare prolusioni, ad assistere a lezioni di illustri professori o per iscriversi ad alcuni corsi, frequentandoli come uditrici. Potevano anche sostenere esami, dai quali però ricavavano un attestato che non aveva valore legale, ma che poteva valere come prestigiosa referenza per un posto da istitutrice o per assunzione nei tanti istituti privati per l’educazione delle signorine.
L’ammissione a pieno titolo delle ragazze all’università aprì loro uno scenario completamente nuovo e forse anche in parte imprevisto: innanzitutto, per frequentare l’università, occorreva conseguire il diploma di Liceo classico, rimasto rigorosamente maschile fino a quel momento, e questo, necessariamente, doveva implicare la possibilità di iscriversi ai licei che però fu sancita solo nel 1883; inoltre, conseguita la laurea, avrebbe dovuto aprirsi per loro la possibilità di esercitare una libera professione retribuita, con una conseguente indipendenza economica e controllo sulla propria vita che avrebbe modificato anche i tradizionali equilibri sociali.
La Firenze di Puritz
Negli anni settanta del XIX secolo l’ambiente intellettuale fiorentino era stato vivacizzato dalla presenza di personaggi di rilievo nel campo delle arti e delle scienze, italiani e stranieri, attratti non solo dal fascino della tradizione associata alla città ma anche dai fermenti innescati dal pur breve periodo nel quale essa fu scelta come capitale del Regno. Tra il 1877, anno di approvazione della Legge Coppino e il 1878, quando proprio a Firenze Ernestina Paper divenne la prima laureata in Italia, si avviò un confronto sulla questione dell’istruzione superiore delle donne che trovò spazio sulle pagine del quotidiano locale La Nazione. In questi anni di accese discussioni a proposito del diritto delle donne di poter accedere all’istruzione superiore, Puritz fece parte di un comitato promotore per l’apertura a Firenze di un liceo femminile. Poiché la possibilità di creare licei misti non era stata neppure contemplata, presero il via, in diverse città italiane, numerose iniziative per aprire licei femminili. Al comitato fiorentino, di cui si fece promotore Bartolomeo Zandonella, professore di greco e latino al liceo “Dante” della città, aderirono Pasquale Villari, Gaetano Cammarota, provveditore agli studi, Torello Sacconi, prefetto della Biblioteca Nazionale, alcune signore fiorentine, altre di famiglia ebraica, anche straniere, fra le quali appunto la dottoressa Paper.
Così, nell’Italia liberale, qualche rara giovane cominciò a iscriversi all’università, incoraggiata dal nuovo regolamento del 1876 che ricordava in termini chiari che anche alle donne era consentito iscriversi. In quegli anni ebbero un ruolo importante, nell’attirare le prime giovani agli studi superiori, i dibattiti nazionali e internazionali sui diritti delle donne, le cronache giornalistiche che riportavano quanto accadeva oltralpe e l’importante presenza sulla stampa di accesi dibattiti sulla riforma dell’educazione. Furono quegli stimoli a dare alle donne, in Italia, il coraggio di entrare in quel mondo interamente di uomini.
Un femminismo moderato e laico
Puritz si mosse in ambiti alto borghesi, spesso di cultura ebraica e internazionale, sostenitori di un femminismo laico impegnato soprattutto in attività assistenziali e benefiche: un femminismo sostenuto anche da uomini con solidi contatti politici e massonici, orientato in chiave emancipazionista, sebbene con prudenza. Ella si dichiarò convinta che la donna “è nata specialmente per essere moglie e madre”, un compito a suo parere da assolvere con una solida formazione di ‘igiene’ e conoscenza dei ‘fenomeni naturali’; tuttavia riteneva allo stesso tempo che “certe carriere professionali” dovessero essere “agevolate alla donna”, soprattutto per coloro che “vogliono o siano in necessità di prescegliere un modo di vita e di lavoro diverso da quello della generalità delle donne”.
Nel corso della prima guerra mondiale fu contraria al servizio civile obbligatorio femminile, dichiarando che “per il bene della famiglia “la donna dovesse rimanere vicina “il più possibile al focolare domestico”, ma aggiungendo poi che sarebbe stato peraltro impossibile convincere “4 o 5 milioni di donne a questo servizio, visto che solo con delle leggi severissime si ottiene che gli uomini facciano il servizio militare” (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo bollettino
Ernestina Paper fu la prima donna a laurearsi in medicina in Italia nel 1877, segnando un passo storico per l’istruzione femminile e l’accesso alle professioni scientifiche.
Nata a Odessa nel 1846, studiò a Zurigo, una delle poche università europee aperte alle donne, poiché in Russia la legge vietava loro l’accesso. In Italia, le tradizioni culturali e religiose ostacolavano la formazione femminile, ma Ernestina Paper riuscì a proseguire gli studi a Pisa e Firenze, diventando un riferimento per le donne nella medicina.
Esclusa dagli ospedali pubblici, aprì uno studio privato, dedicandosi alla cura di donne e bambini, spesso gratuitamente. Nel 1913, come presidente della sezione d’igiene della Federazione Femminile Toscana, promosse un programma di assistenza sanitaria per le madri indigenti e contribuì alla formazione di una scuola per bambinaie.
In un’epoca di forti pregiudizi, Ernestina Paper dimostrò che talento e determinazione potevano abbattere ogni ostacolo. Scomparsa nel 1926 a Firenze, il suo esempio resta un’eredità di progresso e ispirazione.
Lisa Romanò
Scrittrice con lo pseudonimo di Andelon Curse


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