137^ emissione del 29 Novembre 2024, di n.1 francobollo commemorativo dedicato a GIACOMO PUCCINI, nel centenario della scomparsa

137^ emissione del 29 Novembre 2024, di n.1 francobollo commemorativo dedicato a GIACOMO PUCCINI, nel centenario della scomparsa, dal valore indicato in B 50 g, corrispondente ad €2,75

  • data emissione: 29 Novembre 2024
  • dentellatura:  11 effettuata con fustellatura.
  • dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
  • Grammatura: 90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura : 250.020
  • valore tariffa: B 50 g
  • colori: quadricromia
  • bozzettistaa cura del Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
  • Il francobollo: riproduce un particolare di un’opera pittorica di Luigi De’ Servi realizzata all’inizio del Novecento raffigurante Giacomo Puccini, conservata presso il Puccini Museum – Casa natale Lucca. Completano il francobollo la legenda “GIACOMO PUCCINI” e le date “1858 – 1924”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B 50 G”.
  • nota: l’opera pittorica di Luigi De’ Servi è riprodotta per gentile concessione della Fondazione Giacomo Puccini.

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Giacomo Puccini (Lucca, 22 dicembre 1858 – Bruxelles, 29 novembre 1924) è stato un compositore italiano, considerato uno dei maggiori e più significativi operisti di tutti i tempi.

Giacomo Puccini

Le sue prime composizioni erano radicate nella tradizione dell’opera italiana del tardo XIX secolo. Tuttavia, successivamente Puccini sviluppò con successo il suo lavoro in una direzione personale, includendo alcuni temi propri del Verismo musicale, un certo gusto per l’esotismo e studiando l’opera di Richard Wagner sia sotto il profilo armonico sia orchestrale e per l’uso della tecnica del leitmotiv. Ricevette la formazione musicale presso il conservatorio di Milano, sotto la guida di maestri come Antonio Bazzini e Amilcare Ponchielli. Al Conservatorio fece inoltre amicizia con Pietro Mascagni.

Le opere più famose di Puccini, considerate di repertorio per i maggiori teatri del mondo, sono La bohème (1896), Tosca (1900), Madama Butterfly (1904) e Turandot (1924). Quest’ultima non fu completata perché il compositore si spense, stroncato da un tumore alla gola (Puccini era un fumatore accanito), prima di poter terminare le ultime pagine. All’opera furono poi aggiunti finali diversi: quello di Franco Alfano (il primo, coevo alla prima assoluta ed ancor oggi più eseguito); successivamente nel XXI secolo quello a opera di Luciano Berio, abbastanza rappresentato. Non mancano altre proposte e studi di nuovi completamenti.

Biografia

La prima formazione

Nacque a Lucca il 22 dicembre 1858, sestogenito dei nove figli di Michele Puccini  e di Albina Magi.  Da quattro generazioni i Puccini erano maestri di cappella del Duomo di Lucca e fino al 1799 i loro antenati avevano lavorato per la prestigiosa Cappella Palatina della Repubblica di Lucca. Il padre di Giacomo era, già dai tempi del Duca di Lucca Carlo Lodovico di Borbone, uno stimato professore di composizione presso l’Istituto Musicale Pacini. La morte del padre, avvenuta quando Giacomo aveva cinque anni, mise in condizioni di ristrettezze la famiglia. Il giovane musicista fu mandato a studiare presso lo zio materno, Fortunato Magi, che lo considerava un allievo non particolarmente dotato e soprattutto poco disciplinato (un «falento», come giunse a definirlo, ossia un fannullone senza talento). In ogni caso, Magi introdusse Giacomo allo studio della tastiera e al canto corale. Alemanno Cortopassi discepolo del celebre maestro Michele Puccini, al cui figlio Giacomo impartì le prime nozioni musicali, lo iniziò, ancora adolescente, ai primi studi, facendolo poi proseguire a Lucca e a Milano.

Giacomo inizialmente frequentò il seminario di San Michele e successivamente quello della Cattedrale dove iniziò lo studio dell’organo. I risultati scolastici non furono certo eccellenti; in particolare dimostrava una profonda insofferenza per lo studio della matematica. Del Puccini studente è stato detto: “entra in classe solo per consumare i pantaloni sulla sedia; non presta la minima attenzione a nessun argomento, e continua a tamburellare sul suo banco come fosse un pianoforte; non legge mai”. Terminati in cinque anni, uno in più di quelli necessari, gli studi di base, si iscrisse all’Istituto Musicale di Lucca dove il padre era stato, come detto, insegnante. Ottenne ottimi risultati con il professor Carlo Angeloni, già allievo di Michele Puccini, mostrando un talento concesso a pochi. A quattordici anni Giacomo poté già cominciare a contribuire all’economia familiare suonando l’organo in varie chiese di Lucca e in particolare alla parrocchia di Mutigliano. Inoltre intratteneva al pianoforte gli avventori del “Caffè Caselli”, situato in Via Fillungo, strada principale della Città.

Nel 1874 prese in carico un allievo, Carlo della Nina, tuttavia non si dimostrò mai un buon insegnante. A questo periodo risale la prima composizione conosciuta attribuibile a Puccini, una lirica per mezzosoprano e pianoforte denominata “A te“. Nel 1876 assistette al Teatro Nuovo di Pisa all’allestimento di Aida di Giuseppe Verdi, un avvenimento che si dimostrò decisivo per la sua futura carriera, facendo convogliare i suoi interessi verso l’opera.

A questo periodo risalgono le prime composizioni note e datate, tra cui spiccano una cantata (I figli d’Italia bella, 1877) e un mottetto (Mottetto per San Paolino, 1877). Nel 1879 scrisse un valzer, oggi perduto, per la banda cittadina. L’anno successivo, all’ottenimento del diploma presso l’Istituto Pacini, compose come saggio finale la Messa di gloria a quattro voci con orchestra, che, eseguita al Teatro Goldoni di Lucca, suscitò l’entusiasmo della critica lucchese.

Un ritratto di Puccini su uno spartito

Il conservatorio e gli esordi operistici

Milano, all’epoca, era la destinazione privilegiata per i musicisti alla ricerca di fortuna e proprio in quegli anni stava attraversando un’epoca di forte crescita, dopo essersi lasciata alle spalle la recessione che l’aveva colpita così duramente. Vista la predisposizione musicale del figlio, Albina Magi tentò con ogni forza di far ottenere a Giacomo una borsa di studio per frequentare il conservatorio meneghino. Dapprima tentò ripetutamente con le autorità cittadine, ottenendo tuttavia un diniego probabilmente a causa delle magre casse pubbliche. Non sconfitta, la preoccupata madre si rivolse alla duchessa Carafa, che le consigliò di rivolgersi alla regina Margherita per ottenere il finanziamento che talvolta i regnanti concedevano alle famiglie bisognose. Anche grazie all’intercessione della dama di compagnia della regina, marchesa Pallavicini, la richiesta venne accolta seppur parzialmente. Ci volle, infine, l’intervento del dottor Cerù, un amico di famiglia, che integrò il sussidio reale affinché Giacomo potesse finalmente garantirsi il perfezionamento musicale.

Così, nel 1880 Puccini si trasferì a Milano e iniziò a frequentare il Conservatorio. Nei primi due anni il giovane compositore fu affidato agli insegnamenti di Antonio Bazzini e, nonostante si applicasse, la sua produzione musicale fu assai scarsa, a eccezione di un quartetto di archi in re, l’unica composizione che si possa assegnare a questo periodo con certezza. Nel novembre del 1881 Bazzini prese il posto del defunto direttore del conservatorio e dovette quindi abbandonare l’insegnamento. Puccini diventò così alunno di Amilcare Ponchielli, il cui influsso si ritroverà costantemente nei futuri lavori del compositore. Grazie, seppur indirettamente, al nuovo maestro, Giacomo fece conoscenza di Pietro Mascagni con cui porterà avanti una sincera e duratura amicizia, nonostante i due caratteri opposti (riservato il primo, collerico e irrefrenabile il secondo) ma accomunati dai gusti musicali ed in particolare per il comune apprezzamento dei lavori di Richard Wagner.

Di questo ultimo biennio passato al conservatorio i principali lavori che possono essere citati furono un Preludio sinfonico, eseguito il 15 luglio 1882 in occasione del concerto organizzato dal conservatorio per presentare i lavori degli studenti ed un Adagetto per orchestra datato l’8 giugno dell’anno successivo che sarà il primo lavoro pucciniano ad essere pubblicato. Il 13 luglio 1883 avviene la prima assoluta del Capriccio sinfonico, diretta da Franco Faccio, composta da Puccini come suo compito d’esame finale. E così terminò la formazione al conservatorio del giovane musicista, che si diplomò quello stesso anno con un punteggio di 163 su 200, sufficiente a ricevere anche la medaglia di bronzo. Ponchielli ricorderà il suo celebre allievo come uno dei suoi migliori studenti, anche se ebbe spesso a lamentarsi di una non proprio ferrea assiduità allo studio e alla composizione.

Nell’aprile 1883 partecipò al concorso per opere di soggetto a scelta del concorrente in un atto indetto dall’editore musicale Sonzogno e pubblicizzato sulla rivista Il Teatro Illustrato. Ponchielli presentò a Puccini il poeta scapigliato Ferdinando Fontana e tra i due vi fu subito intesa tanto che quest’ultimo si occuperà di scrivere il libretto di Le Villi. L’esito del concorso fu fortemente negativo, tanto che non venne nemmeno citato dalla commissione. Nonostante ciò Fontana non si arrese e riuscì ad organizzare una rappresentazione privata in cui Puccini poté suonare le musiche dell’opera davanti, tra gli altri, a Arrigo Boito, Alfredo Catalani e Giovannina Lucca riscuotendo questa volta un vivo apprezzamento. Così il 31 maggio 1884 fu rappresentata al Teatro dal Verme di Milano sotto il patrocinio dell’editore Giulio Ricordi, concorrente di Sonzogno, dove ricevette un’accoglienza entusiastica sia dal pubblico sia dalla critica.

Il successo consentì a Puccini di stipulare un contratto con l’editore Casa Ricordi dando luogo ad una collaborazione che sarebbe continuata per tutta la vita del compositore. La felicità per il decollo della sua carriera durò, tuttavia, ben poco tempo, infatti il 17 luglio dello stesso anno Puccini dovette piangere la morte della madre Albina: un duro colpo per l’artista.

Rincuorato dal vivo successo de “Le Villi“‘, Ricordi commissionò, fortemente convinto dell’impellenza, una nuova opera al duo Puccini-Fontana: “se io insisto, è perché bisogna battere il ferro mentre è caldo… et frappér l’imagination du public“, scrisse l’editore. Ci vollero ben quattro anni perché si completasse il l’Edgar, il cui libretto è basato sull’opera La coupe et les lèvres di Alfred de Musset. Finalmente il lavoro andò in scena, sotto la direzione di Franco Faccio, il 21 aprile 1889 al Teatro alla Scala di Milano raccogliendo, suo malgrado, solo un successo di stima mentre la risposta del pubblico si dimostrò particolarmente fredda. Nei decenni successivi l’opera andò incontro a radicali rimaneggiamenti senza tuttavia mai entrare in repertorio. Nel frattempo, nel 1884, Puccini aveva cominciato una convivenza (destinata a durare, tra varie vicissitudini, tutta la vita) con Elvira Bonturi, moglie del droghiere lucchese Narciso Gemignani. Elvira portò con sé la figlia Fosca, e tra il 1886 e il 1887 la famiglia visse a Monza, in corso Milano 18, dove nacque l’unico figlio del compositore, Antonio detto Tonio, e dove Puccini lavorò alla composizione dell’Edgar. Una lapide, posta sull’abitazione (ancora oggi esistente), ricorda l’illustre inquilino.

Chiatri, Torre del Lago e Uzzano

Puccini però non amava la vita in città, appassionato com’era di caccia e avendo indole essenzialmente solitaria. Quando, con Manon Lescaut ebbe il primo grande successo e vide aumentare le sue disponibilità economiche, pensò quindi di tornare verso la terra natale e, acquistato un immobile sulle colline tra la città di Lucca e la Versilia, ne fece un elegante villino che considerò per qualche tempo luogo ideale per vivere e lavorare. Purtroppo la compagna Elvira mal sopportava il fatto che per raggiungere la città si doveva andare a piedi o a dorso d’asino, fu quindi giocoforza per Puccini spostarsi da Chiatri verso il sottostante lago di Massaciuccoli.

Nel 1891 Puccini si trasferì dunque a Torre del Lago (ora Torre del Lago Puccini, frazione di Viareggio): ne amava il mondo rustico, la solitudine e lo considerava il posto ideale per coltivare la sua passione per la caccia e per gli incontri, anche goliardici, tra artisti. Di Torre del Lago il maestro fece il suo rifugio, prima in una vecchia casa affittata, poi facendosi costruire la villa che andò ad abitare nel 1900. Puccini la descrive così:

«Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, «turris eburnea», «vas spirituale», reggia… abitanti 120, 12 case. Paese tranquillo, con macchie splendide fino al mare, popolate di daini, cignali, lepri, conigli, fagiani, beccacce, merli, fringuelli e passere. Padule immenso. Tramonti lussuriosi e straordinari. Aria maccherona d’estate, splendida di primavera e di autunno. Vento dominante, di estate il maestrale, d’inverno il grecale o il libeccio…»

Il maestro la amava a tal punto, da non riuscire a distaccarvisi per troppo tempo, e affermare di essere «affetto da torrelaghìte acuta». Un amore che i suoi familiari rispetteranno anche dopo la sua morte, seppellendolo nella cappella della villa. Qui furono composte, almeno in parte, tutte le sue opere di maggior successo, tranne Turandot.

Uzzano e Pescia

Uzzano ha ospitato per alcuni mesi il compositore che proprio qui compone il secondo e il terzo atto della Bohème. Nella primavera del 1895 scrive più volte da Milano alla sorella Ramelde e al cognato Raffaello Franceschini, che vivono a Pescia, chiedendo loro di aiutarlo a trovare un luogo tranquillo dove poter portare avanti la stesura della sua nuova opera, tratta dal romanzo d’appendice Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger. Dopo varie ricerche, la sistemazione adatta viene individuata in villa Orsi Bertolini, sulle colline uzzanesi, in località Castellaccio. Circondata da ulivi, cipressi e da un grande giardino con al centro una vasca dove Puccini s’immerge sovente, la villa del Castellaccio si rivela l’ambiente consono ad ispirargli il prosieguo del lavoro, come testimoniano le due scritte autografe che egli lascerà su una parete: “Finito il 2° atto Bohème 23-7-1895” “Finito il 3° atto Bohème 18-9-1895”. Prima di lasciare Uzzano, Puccini inizia anche il quarto atto.

Successivamente il musicista continuerà a frequentare la Valdinievole. A Pescia, grazie alla sorella Ramelde, frequentatrice di ambienti culturali, Puccini conosce personalità locali di spicco e coltiva la passione per la caccia, tanto che nel 1900 diventerà presidente onorario della neonata Società Venatoria di Valdinievole. A Montecatini, dove si reca regolarmente per sottoporsi alle cure termali, incontra musicisti, librettisti e letterati provenienti da tutta l’Italia e dall’estero.

Il successo: le collaborazioni con Illica e Giacosa

Dopo il mezzo passo falso di Edgar, Puccini rischiò l’interruzione della collaborazione con la Ricordi se non fosse stato per la strenua difesa dello stesso Giulio Ricordi. Su consiglio di Fontana il compositore lucchese scelse il romanzo Histoire du chevalier Des Grieux et de Manon Lescaut di Antoine François Prévost per la sua terza opera. Presentata, dopo una lunga e travagliata composizione, il primo febbraio 1893 al teatro Regio di Torino Manon Lescaut si dimostrò un successo straordinario (la compagnia venne chiamata più di trenta volte alla ribalta), forse il più autentico della carriera di Puccini. L’opera segnò inoltre l’inizio di una fruttuosa collaborazione con i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, il primo subentrato a Domenico Oliva nella fase finale della genesi, il secondo in un ruolo più defilato.

La collaborazione con Illica e Giacosa fu certamente la più produttiva della carriera artistica di Puccini. A Luigi Illica, drammaturgo e giornalista, spettava prevalentemente il compito di abbozzare una «tela» (sorta di sceneggiatura) e definirla poco per volta, discutendola con Puccini, fino ad approdare alla stesura di un testo completo. A Giuseppe Giacosa, autore di commedie di successo e professore di letteratura, era riservato il delicatissimo lavoro di mettere in versi il testo, salvaguardando sia le ragioni letterarie sia quelle musicali, compito che svolgeva con grande pazienza e notevole sensibilità poetica. L’ultima parola spettava comunque a Puccini, al quale Giulio Ricordi aveva affibbiato il soprannome di «Doge», a indicare il predominio che esercitava all’interno di questo gruppo di lavoro. Lo stesso editore contribuiva personalmente alla creazione dei libretti, suggerendo soluzioni, talvolta persino scrivendo versi e soprattutto mediando tra i letterati e il musicista in occasione delle frequenti controversie dovute all’abitudine pucciniana di rivoluzionare a più riprese il piano drammaturgico durante la genesi delle opere.

Illica e Giacosa avrebbero scritto poi i libretti delle successive tre opere, le più famose e rappresentate di tutto il teatro pucciniano. Non sappiamo con precisione quando iniziò la seconda collaborazione dei tre, ma di certo nell’aprile del 1893 il compositore era al lavoro. Il nuovo libretto nasce, dunque, dal soggetto di Scènes de la vie de Bohème, un romanzo a puntate di Henri Murger. La realizzazione dell’opera richiese più tempo di quello preventivato da Ricordi dovendo, Puccini, intervallare la scrittura ai suoi numerosi viaggi per le varie messe in scena di Manon Lescaut, che lo portarono tra l’altro a Trento, Bologna, Napoli, Budapest, Londra… e le battute di caccia a Torre del Lago. Durante questo tempo, l’opera subì sostanziali rimaneggiamenti, come testimoniano le numerose lettere intercorse tra Ricordi e gli autori in questi tormentati mesi di scrittura. Il primo quadro venne terminato l’8 giugno mentre il compositore si trovava a Milano, mentre il 19 del mese successivo portò a termine l’orchestrazione del “Quartiere Latino“, il secondo quadro. Scrisse il 2° ed il 3° atto della Bohème nell’estate del 1895, durante il suo soggiorno presso la villa del Castellaccio, sita in comune di Uzzano (PT). L’opera venne conclusa alla fine di novembre mentre Puccini soggiornava a casa del conte Grottanelli a Torre del Lago, tuttavia i ritocchi conclusivi si protrassero fino al 10 dicembre. Tra i capolavori del panorama operistico tardoromantico, La bohème è un esempio di sintesi drammaturgica, strutturata in 4 quadri (è indicativo l’uso di questo termine in luogo del tradizionale “atti”) di fulminea rapidità. La prima, tenutasi il 1º febbraio 1896, ricevette il favore di un pubblico entusiasta, un giudizio che però non venne pienamente condiviso dai critici che, seppur dimostrando di apprezzare l’opera, non si dimostrarono mai troppo soddisfatti. Ormai celebre e benestante, Puccini tornò a coltivare l’idea di musicare La Tosca un dramma storico a tinte forti di Victorien Sardou. Tale pensata venne al compositore già prima di Manon Lescaut grazie al suggerimento di Fontana che aveva avuto la possibilità di assistere alle rappresentazioni di La Tosca a Milano e a Torino. Puccini fu fin da subito entusiasta dell’idea di musicare il dramma tanto che scrisse a Ricordi che “in questa Tosca vedo l’opera che ci vuole per me, non di proporzioni eccessive né come spettacolo decorativo né tale da dar luogo alla solita sovrabbondanza musicale”. Nonostante ciò, allora, il drammaturgo francese si dimostrò riluttante nel consegnare il suo lavoro ad un compositore senza una solida reputazione. Ma ora, dopo La Bohéme le cose erano decisamente cambiate e i lavori per quella che sarà Tosca poterono iniziare. Giacosa e Illica si misero subito al lavoro nonostante accusassero difficoltà nel rendere un tale testo idoneo ad un’opera lirica. Puccini, invece, iniziò ad entrare nel vivo del lavoro solo agli inizi del 1898. Il primo atto di Tosca fu composto, nel 1898, nella seicentesca Villa Mansi di Monsagrati, ove Puccini, ospite dell’antica famiglia patrizia, lavorava essenzialmente durante le fresche notti estive che caratterizzano quella località della Val Freddana posta a una decina di chilometri da Lucca. Poco dopo, trovandosi a Parigi, su richiesta di Ricordi, si recò da Sardou per suonargli un’anteprima della musica fino ad allora composta dell’opera. Il lavoro continuò senza sosta, se si fa eccezione per un viaggio a Roma per assistere alla prima di Iris dell’amico Mascagni e per la scrittura di Scossa elettrica, una marcetta per pianoforte e la ninna-nanna E l’uccellino vola, su testo di Renato Fucini. Il riscontro alla prima, messa in scena il 14 gennaio 1900, fu paragonabile a quello di Boheme, ottimo (anche se inferiore alle aspettative) accoglimento da parte del pubblico ma alcune riserve sollevate dalla critica. Il musicologo Julian Budden scrisse: “Tosca è un’opera d’azione e in questo stanno sia la sua forza che i suoi limiti. Nessuno la proclamerebbe il capolavoro del compositore, le emozioni che provoca sono per lo più ovvie, ma come trionfo di puro teatro rimarrà ineguagliato fino alla Fanciulla del West…” Dopo il debutto di Tosca, Puccini trascorse un periodo di scarsa attività musicale in cui si dedicò al completamento della sua residenza a Torre del Lago e ad assistere alle riprese della sua ultima opera. In occasione della prima al Covent Garden di Londra, il maestro si intrattenne nella capitale britannica ben sei settimane. Alla fine di marzo del 1902 iniziarono i lavori per Madama Butterfly (basata su un dramma di David Belasco) che sarà la prima opera esotica di Puccini. Il maestro passò tutto il resto dell’anno a scriverne la musica ed in particolare a ricercare delle melodie originali giapponesi al fine di ricreare le atmosfere in cui l’opera è ambientata. Frattanto, il 25 febbraio 1903, Puccini ebbe un incidente stradale; soccorsi gli occupanti del mezzo da un medico che abitava poco vicino, il compositore riportò una frattura alla tibia e diverse contusioni che lo costrinsero a sopportare una lunga e penosa convalescenza di oltre quattro mesi. Rimessosi in sesto, a settembre partì con Elvira per Parigi per assistere alle prove di Tosca. Tornato in Italia, proseguì con la musica di Madama Butterfly che concluse il 27 dicembre. Il 3 gennaio 1904 sposò Elvira, dopo che ella era rimasta vedova nel marzo dell’anno precedente. Poco più di un mese dopo, il 17 febbraio, finalmente Butterlfy poté esordire alla Scala dimostrandosi, tuttavia, un solenne fiasco, tanto che il compositore descrisse la reazione del pubblico come “Un vero linciaggio!”. Dopo alcuni rimaneggiamenti, in particolare l’introduzione del celeberrimo coro a bocca chiusa, l’opera fu presentata il 28 maggio al Teatro Grande di Brescia, dove raccolse un successo pieno, destinato a durare fino a oggi (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).

 

Testo bollettino

La Fondazione Giacomo Puccini, in linea con il proprio mandato statutario che prevede la tutela, la salvaguardia e la promozione del patrimonio culturale pucciniano, si adopera per rafforzare la propria posizione in Italia e nel mondo. Al contempo lavora in sinergia con i principali soggetti di un territorio testimone non solo della nascita ma anche della prima formazione, delle prime composizioni e scambi culturali e musicali di Giacomo Puccini. Tra Puccini e Lucca emerge un legame forte e indissolubile, d’arte e di terra.

L’uscita di un francobollo commemorativo di Giacomo Puccini nel centenario della scomparsa, rappresenta una ulteriore occasione per celebrare un’eccellenza del Patrimonio culturale italiano e mondiale.

La vignetta riproduce il ritratto di Puccini (1903), dipinto da Luigi De’ Servi. Il quadro, come accordato con il Maestro, restò di proprietà della famiglia fino alla sua morte e poi donato alla sua città natale. Oggi è custodito presso il Puccini Museum – Casa natale Lucca.

Mario Pardini

Sindaco di Lucca e Presidente della Fondazione Giacomo Puccini

 

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