132-133-134 e 135^ emissione del 27 Novembre 2024, di n.4 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” lo Sport ” dedicati al ciclismo e ai ciclisti italiani campioni del mondo: LIBERO FERRARIO, ERCOLE BALDINI, VITTORIO ADORNI e FELICE GIMONDI

132-133-134 e 135^ emissione del 27 Novembre 2024, di n.4 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” lo Sport ” dedicati al ciclismo e ai ciclisti italiani campioni del mondo: LIBERO FERRARIO, ERCOLE BALDINI, VITTORIO ADORNI e FELICE GIMONDI, ognuno dal valore indicato con la lettera A, corrispondente ad €2,90

  • data emissione: 27 Novembre 2024
  • dentellatura:  9 effettuata con fustellatura.
  • dimensioni francobollo: 40 x 48 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
  • Grammatura: 90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura : 200.004
  • valore tariffa:  A = €2,90
  • colori: sei
  • bozzettistaF. Abbati
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
  • Il francobollo: raffigura il ciclista italiano campione del mondo ritratto, entro cornici colorate, in sella alla sua bicicletta: Libero Ferrario: primo italiano a vincere il Campionato del Mondo nel 1923; ogni vignetta è delimitata, in basso, da una banda caratterizzata dai colori blu, rosso, nero, giallo e verde, ripresi dalla maglia iridata indossata dai campioni del mondo. Suggella la composizione, in alto a destra, la bandiera italiana. Completa il francobollo la rispettiva legenda: “LIBERO FERRARIO” “1901 – 1930”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “A”.
  • data emissione: 27 Novembre 2024
  • dentellatura:  9 effettuata con fustellatura.
  • dimensioni francobollo: 40 x 48 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
  • Grammatura: 90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura : 200.004
  • valore tariffa:  A = €2,90
  • colori: sei
  • bozzettistaF. Abbati
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
  • Il francobollo: raffigura il ciclista italiano campione del mondo ritratto, entro cornici colorate, in sella alla sua bicicletta: Ercole Baldini: primo italiano a vincere il Campionato del Mondo nel 1958; ogni vignetta è delimitata, in basso, da una banda caratterizzata dai colori blu, rosso, nero, giallo e verde, ripresi dalla maglia iridata indossata dai campioni del mondo. Suggella la composizione, in alto a destra, la bandiera italiana. Completa il francobollo la rispettiva legenda: “ERCOLE BALDINI” “1933 – 2022”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “A”. 
  • data emissione: 27 Novembre 2024
  • dentellatura:  9 effettuata con fustellatura.
  • dimensioni francobollo: 40 x 48 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
  • Grammatura: 90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura : 200.004
  • valore tariffa:  A = €2,90
  • colori: sei
  • bozzettistaF. Abbati
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
  • Il francobollo: raffigura il ciclista italiano campione del mondo ritratto, entro cornici colorate, in sella alla sua bicicletta: Vittorio Adorni: primo italiano a vincere il Campionato del Mondo nel 1968; ogni vignetta è delimitata, in basso, da una banda caratterizzata dai colori blu, rosso, nero, giallo e verde, ripresi dalla maglia iridata indossata dai campioni del mondo. Suggella la composizione, in alto a destra, la bandiera italiana. Completa il francobollo la rispettiva legenda: “VITTORIO ADORNI” “1937 – 2022”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “A”. 
  • data emissione: 27 Novembre 2024
  • dentellatura:  9 effettuata con fustellatura.
  • dimensioni francobollo: 40 x 48 mm
  • tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
  • Grammatura: 90 g/mq.
  • Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
  • Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
  • stampato: I.P.Z.S. Roma
  • tiratura : 200.004
  • valore tariffa:  A = €2,90
  • colori: sei
  • bozzettistaF. Abbati
  • num. catalogo francobolloMichel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
  • Il francobollo: raffigura il ciclista italiano campione del mondo ritratto, entro cornici colorate, in sella alla sua bicicletta: Felice Gimondi: primo italiano a vincere il Campionato del Mondo nel 1973; ogni vignetta è delimitata, in basso, da una banda caratterizzata dai colori blu, rosso, nero, giallo e verde, ripresi dalla maglia iridata indossata dai campioni del mondo. Suggella la composizione, in alto a destra, la bandiera italiana. Completa il francobollo la rispettiva legenda: “FELICE GIMONDI” “1942 – 2019”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “A”.

Se sei interessato all’acquisto di questi francobolli, li puoi acquistare, al prezzo di € 5,00 cadauno S.V.V., oppure l’intera serie ad €20,00, inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com

Libero Ferrario (Parabiago, 24 giugno 1901 – Parabiago, 14 febbraio 1930) è stato un ciclista su strada italiano. Fu il primo italiano a vincere il campionato del mondo su strada, titolo che vinse nel 1923.

Liberio Ferrario in una foto d’epoca dopo il titolo di Campione del Mondo

Carriera

Grande appassionato di sport vari durante l’infanzia e l’adolescenza, veniva ricordato dai concittadini come un giovane aitante e si narrano alcune imprese semi-leggendarie su di lui come, quando ancora diciassettenne, riuscì a domare a mani nude un bue inferocito che creò panico per le viuzze del paese natio, Parabiago.

Si appassionò successivamente al ciclismo e durante il servizio di leva (1919-1920), vinse a Bari il campionato militare a squadre. Nel 1920 si iscrisse all’Unione Sportiva Legnanese. Le prime vittorie importanti furono due edizioni della Coppa Bernocchi (1922 e 1923).

Il 25 agosto del 1923, partecipò e vinse a Zurigo, su una Gloria, la prova in linea dei Campionati del mondo Dilettanti. L’anno successivo corse a Parigi nuovamente per i Campionati del mondo, classificandosi quarto nella prova in linea su strada, ed in agosto vinse la Tre Valli Varesine.

Un murales dedicato al corridore nel suo paese natale Parabiago

Morì a causa della tisi nel 1930, all’età di 29 anni non ancora compiuti. A  Parabiago viene ancora ricordato: lo stadio comunale porta il suo nome; nel cimitero sulla sua tomba vi è una scultura bronzea che ritrae il suo busto (rubata da ignoti tra il 4 e 17 aprile 2021); per le vie della città ogni anno si corre una gara Memorial a suo nome (la Targa Libero Ferrario) e vi è un traguardo volante della Coppa Bernocchi a lui intitolato (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).

Ercole Baldini (Forlì, 26 gennaio 1933 – Forlì, 1º dicembre 2022) è stato un ciclista su strada e pistard italiano.

Professionista dal 1957 al 1964, nel triennio tra il 1956 e il 1958 si aggiudicò il record dell’ora, un Grand Prix des Nations (in quegli anni era l’equivalente del campionato mondiale a cronometro), un campionato italiano su pista, due campionati italiani su strada, un campionato del mondo su pista, un campionato mondiale su strada, un titolo olimpico in linea ed un Giro d’Italia. Corridore completo, dotato di caratteristiche di passista-scalatore e cronoman, era soprannominato “il Treno di Forlì”. Vanta il record di essere l’unico ciclista nella storia ad aver vinto una medaglia d’oro olimpica, un campionato mondiale ed un Grande Giro. Nel 2016 è stato inserito nella Hall of Fame del Giro d’Italia.

Carriera

Nelle categorie allievi e dilettanti

Quarto di sei fratelli, tutti maschi, lasciò gli studi all’età di 17 anni: intrapresa l’attività ciclistica, nel 1951 si classificò terzo al Campionato italiano allievi, passando dilettante l’anno successivo. Pur non cogliendo molte vittorie, si mise in luce nei tre anni successivi, arrivando a stabilire il record dell’ora di categoria verso la fine del 1954, percorrendo km 44,870. Dopo aver svolto il servizio militare nel 1955, nel 1956 diventò campione italiano dell’inseguimento superando il già campione mondiale dilettanti Leandro Faggin e, nonostante non avesse grande confidenza con le discipline su pista, sfiorando – pur con un voluto rallentamento nel finale – di un solo decimo di secondo il record mondiale. Due mesi dopo si laureò addirittura campione mondiale dell’inseguimento dilettanti, sconfiggendo a Copenaghen, sul velodromo di Ordrup, di nuovo Faggin.

Sempre in quell’annata straordinaria si preparò a battere nuovamente il record dell’ora. Dopo essersi allenato sui 10 e 20 chilometri (di cui divenne nuovo primatista), migliorò la prestazione assoluta mondiale, pur essendo un dilettante: nell’occasione strappò il primato a Jacques Anquetil dopo aver completato km 46,393 nell’affollatissimo e festante Vigorelli di Milano. Sempre di questi anni è il brano a lui dedicato dal maestro Secondo Casadei (autore di “Romagna mia”), “Il treno di Forlì”. A coronamento della stagione arrivò il trionfo ai Giochi olimpici di Melbourne, nella prova su strada ai primi di dicembre, quando con grande sorpresa staccò tutti sulla salitella finale del tracciato. Addirittura non si trovava il disco con la registrazione dell’inno di Mameli, tanto che l’inno nazionale fu cantato dai tanti emigrati italiani presenti in Australia.

Professionismo

Nel 1957 passò professionista con la Legnano, e oltre ad ottenere sei importanti vittorie, tra cui il Trofeo Baracchi in coppia con Fausto Coppi (ultimo prestigioso successo del Campionissimo) e il Giro di Romagna, si laureò campione italiano su strada. Al Giro d’Italia vinse quindi la prova a cronometro di Forte dei Marmi con una media così elevata che una sessantina di corridori, poi in parte riammessi, finirono fuori tempo massimo; concluse la “corsa rosa” al terzo posto, a 5’59” dal vincitore Gastone Nencini.

Nel 1958 vinse il Giro d’Italia prevalendo su Charly Gaul, poi terzo, sia in salita – nella tappa dolomitica e in quella di Bosco Chiesanuova – che a cronometro (a Comerio e a Viareggio); si aggiudicò inoltre per la seconda volta la maglia tricolore di campione italiano su strada. Rinunciò quindi a correre il Tour de France per essere competitivo al campionato del mondo su strada di Reims. In quella gara fu subito protagonista uscendo dal gruppo a 250 km dal traguardo per andare a riprendere i tre fuggitivi, Louis Bobet, Gastone Nencini e Gerrit Voorting, a loro volta partiti approfittando del disaccordo tra i due favoriti, i belgi Rik Van Steenbergen e Rik Van Looy; li staccò poi uno per uno – l’ultimo a cedere fu Bobet – e andò a vincere per distacco la corsa iridata.

 Elogiato per l’eleganza in bicicletta, venne presto etichettato come un “nuovo Coppi”: altrettanto presto, però, la sua carriera entrò in fase discendente. Negli anni successivi al 1958, infatti, Baldini non riuscì a ripetere le imprese delle stagioni precedenti, soprattutto per problemi di peso causati da alcune disfunzioni fisiche mai chiarite, forse derivanti dalle complicazioni di un intervento chirurgico per appendicite cui si era sottoposto nella primavera del 1959. Arrivarono per lui pochi ulteriori risultati di livello, nel luglio del 1959 la tappa alpina di Saint-Vincent al Tour de France, nel 1962, al Giro di Lombardia, il record di scalata assoluto nel durissimo Muro di Sormano, con il tempo di 9’24”. Il 4 novembre 1964, dopo essersi classificato secondo al Trofeo Baracchi in coppia con Vittorio Adorni, annunciò l’addio all’attività agonistica.

Dopo essere stato direttore sportivo per alcune formazioni professionistiche (tra cui, per quattro anni, la Scic), è stato scelto come Presidente dell’Associazione Ciclisti e infine Presidente della Lega. È stato poi anche collaboratore del presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale Hein Verbruggen.

Muore il 1º dicembre 2022 a Villanova di Forlì, dove viveva, all’età di 89 anni (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).

 

Vittorio Adorni (San Lazzaro Parmense, 14 novembre 1937 – Parma, 24 dicembre 2022) è stato un ciclista su strada, dirigente sportivo e conduttore televisivo italiano. Professionista dal 1961 al 1970, vinse il Giro d’Italia 1965 e il campionato del mondo 1968.

due scatti sorridenti di Vittorio Adorni

Carriera

Ciclista

Esordì fra i professionisti nel 1961. Adorni corse negli anni in cui esplose la rivalità Gimondi-Merckx (e fu anche compagno di squadra di entrambi, prima di Gimondi alla Salvarani e poi di Merckx alla Faema), ma nonostante ciò nel corso della sua carriera, durata dieci anni, raccolse numerosi successi.

Nel suo palmarès figura tra gli altri il Giro d’Italia del 1965, quando batté di 11’26” Italo Zilioli e di 12’57” proprio Gimondi; da allora simili vantaggi nella corsa rosa non si sono più ripetuti.

Tre anni più tardi, nel 1968, arrivò la sua vittoria più prestigiosa, il campionato mondiale su strada di Imola, dove, pur non presentandosi nel lotto dei favoriti, riuscì a trionfare con un tentativo da lontano a novanta chilometri dal traguardo, che lo portò al successo con un vantaggio di 9’50” su Herman Van Springel e 10’18” su Michele Dancelli. Quella fu l’unica vittoria di rilievo di Adorni in una gara in linea, nelle quali ottenne tuttavia molti piazzamenti di prestigio (ha concluso fra i primi dieci almeno un’edizione di tutte le classiche monumento, salendo sul podio una volta alla Milano-Sanremo e tre volte alla Liegi-Bastogne-Liegi).

Una bella immagine di Adorni impegnato in una tappa

In totale in carriera ha vinto 60 corse professionistiche e vestito complessivamente per 19 giorni la maglia rosa di leader del Giro.

Dopo il ritiro

Già durante la carriera agonistica incominciò ad avere contatti col mondo della televisione. A differenza dei suoi colleghi, Adorni appariva spigliato e a suo agio davanti alle telecamere, cosa che ne accrebbe la popolarità tra il pubblico e gli spettatori; durante il vittorioso Giro del 1965 Sergio Zavoli lo volle come opinionista fisso al Processo alla tappa, mentre nell’anno del successo mondiale diventò conduttore, assieme a Liana Orfei, del telequiz Ciao mamma sulla Seconda Rete. Per via della sua competenza e capacità di linguaggio nell’analisi delle corse, viene considerato un precursore dei successivi commentatori tecnici.

Vittorio Adorni, premiato nella Hall of fame

Lasciata l’attività agonistica, proseguì per un certo periodo la professione di commentatore televisivo. Per due anni fu poi direttore sportivo alla Salvarani, mentre nel 1973 ebbe lo stesso incarico alla Bianchi-Campagnolo. Ha in seguito ricoperto la carica di presidente del Consiglio del ciclismo professionistico all’interno dell’Unione Ciclistica Internazionale, nonché dal 2006 al 2009 quella di assessore allo Sport del Comune di Parma.

Ciao Vittorio!

È morto a Parma, all’età di 85 anni, nel giorno della vigilia di Natale del 2022; è stato sepolto presso il Cimitero Monumentale della Villetta a Parma (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google) .

 

Felice Gimondi (Sedrina, 29 settembre 1942 – Giardini-Naxos, 16 agosto 2019) è stato un ciclista su strada, pistard e dirigente sportivo italiano.

Felice Gimondi impegnato in un “duello” con il suo avversario di sempre Eddy Merckx

Professionista dal 1965 al 1979, ottenendo complessivamente 139 vittorie, è stato un campione completo, capace di tenere sul passo, di vincere in salita, a cronometro e anche in volata, sia in grandi corse a tappe che in corse in linea di un giorno. È uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri, cioè Giro d’Italia (per tre volte, nel 1967, 1969 e 1976), Tour de France (nel 1965) e Vuelta a España (nel 1968), mentre tra le corse di un giorno si aggiudicò un campionato del mondo su strada (nel 1973) e alcune classiche monumento (una Parigi-Roubaix, una Milano-Sanremo e due Giri di Lombardia); suo è il record di podi, nove, al Giro d’Italia, corsa in cui ottenne anche sette vittorie di tappa.

Nonostante la sua carriera sia coincisa in gran parte con quella del rivale “cannibale” Eddy Merckx, è stato in grado di ottenere numerosi successi avendo avuto, rispetto al belga, anche una maggiore longevità ad alti livelli, dalla vittoria del Tour de France del 1965 a quella del Giro d’Italia del 1976.

Carriera

Gli esordi

Nato a Sedrina, in provincia di Bergamo, figlio di un camionista, Mosé Gimondi, e di una postina, Angela Salvi, cominciò a gareggiare nel ciclismo nel 1959, da allievo, ottenendo la prima vittoria il 1º maggio 1960, nella Bergamo-Celana. Nel 1962 passò nella categoria dilettanti: in tre stagioni riuscì ad aggiudicarsi sedici corse, fra cui il Tour de l’Avenir nel 1964; nello stesso anno rappresentò anche l’Italia ai Giochi olimpici di Tokyo, classificandosi trentatreesimo nella prova su strada vinta dal connazionale Mario Zanin.

Gimondi con la fatidica maglia della Salvarani

1965-1972: Salvarani

Debuttò tra i professionisti all’inizio del 1965 con la Salvarani di Luciano Pezzi, squadra in cui rimase fino alla fine della stagione 1972. La sua carriera da professionista iniziò subito con il secondo posto alla Freccia Vallone e il terzo al Giro d’Italia, vinto dal compagno di squadra Vittorio Adorni davanti a Italo Zilioli. In luglio partecipò quindi al Tour de France in sostituzione del gregario Battista Babini, con l’obiettivo di aiutare il suo capitano Adorni: in quella corsa colse invece una prestigiosa vittoria finale, vestendo ininterrottamente già dopo la terza tappa (eccetto che per due giorni) la maglia gialla di leader, e diventando in tal modo il quinto italiano capace di vincere la Grande Boucle. In quel Tour vinse la terza frazione, con arrivo a Rouen (primo successo da professionista in carriera), seppe resistere agli attacchi di Raymond Poulidor sul Mont Ventoux e nelle altre tappe di montagna, e si impose quindi nelle ultime due prove a cronometro, quella in salita al Mont Revard e quella finale a Parigi.

Il 1966 lo vide per la prima volta vittorioso nelle classiche, con i successi ad aprile alla Parigi-Roubaix e alla Parigi-Bruxelles, nonché, nel finale di stagione, nella Coppa Agostoni, nel Giro di Lombardia (in volata su Eddy Merckx, Poulidor e Jacques Anquetil) e nella Coppa Placci. Quell’anno Gimondi si classificò inoltre quinto al Giro d’Italia, dopo aver vinto il tappone dolomitico con arrivo a Belluno e lottato contro Anquetil, Adorni, Italo Zilioli e Gianni Motta, vincitore finale, e undicesimo nel suo primo mondiale su strada professionisti, al Nürburgring.

Nella stagione seguente conquistò per la prima volta il Giro d’Italia. Decisiva in quella “Corsa rosa” fu l’azione condotta da Gimondi nella terzultima tappa, quella con il Tonale, l’Aprica e l’arrivo a Tirano: dopo aver attaccato con Gianni Motta sul Tonale, sull’ultima ascesa il bergamasco riuscì a staccare la maglia rosa Anquetil e a giungere sul traguardo precedendolo di 4’09”, strappandogli così definitivamente il primato. Gimondi partecipò quell’anno anche al Tour de France, con l’obiettivo di ottenere il successo finale. Rimasto a lungo nelle prime posizioni, nella sedicesima tappa, sui Pirenei, andò incontro a problemi intestinali e dovette staccarsi: concluderà solo settimo in classifica, dopo essersi comunque aggiudicato in solitaria la frazione con arrivo sul Puy-de-Dôme.

Nel 1968 si aggiudicò la Vuelta a España dopo aver strappato il primato a José Pérez Francés a poche frazioni dal termine, diventando il secondo ciclista dopo Jacques Anquetil in grado di far suoi i tre Grandi Giri di tre settimane. Al Giro d’Italia di quell’anno, in cui aveva concluso inizialmente terzo (a 9’05” dal vincitore Merckx), fu invece declassato perché trovato positivo all’anfetamina in un controllo antidoping effettuato al termine della ventunesima tappa. Successivamente riuscì a dimostrare di aver assunto fencamfamina, stimolante ancora non proibito, e per questo venne reintegrato negli ordini d’arrivo. Sul finire di stagione si aggiudicò il Giro di Romagna valido anche come Campionato italiano, il Grand Prix des Nations e il Trofeo Baracchi. Nel 1969, dopo una primavera delle classiche in cui concluse secondo al Giro delle Fiandre e quarto alla Parigi-Roubaix, conquistò il Tour de Romandie e quindi il suo secondo Giro d’Italia, grazie soprattutto alla squalifica di Eddy Merckx, avvenuta al termine della tappa con arrivo a Savona. Al Tour de France, dominato dallo stesso Merckx, fu invece quarto, mentre in autunno si aggiudicò, tra le classiche italiane, il Giro dell’Appennino.

Nel 1970 dovette subire il dominio dei corridori belgi nelle grandi classiche. Arrivò in forma al Giro d’Italia, ma dovette arrendersi ancora a Eddy Merckx, così come nella Milano-Sanremo 1971 e ai campionati del mondo dello stesso anno (fu invece secondo alle spalle di Franco Bitossi al Giro di Lombardia 1970). Nel 1972 non ottenne risultati importanti nelle classiche di primavera e al Giro d’Italia fece molta fatica, classificandosi ottavo, superato nel finale anche da Roger De Vlaeminck, specialista delle classiche. In giugno vinse per la seconda volta il Giro dell’Appennino, valido come campionato nazionale, e al Tour de France subito seguente chiuse in seconda posizione (battuto sempre da Merckx); in autunno concluse quindi terzo al Giro di Lombardia.

1973-1979: Bianchi

Nel 1973 Gimondi passò alla Bianchi-Campagnolo, formazione diretta da Giancarlo Ferretti, già suo gregario alla Salvarani. In stagione si classificò terzo alla Milano-Sanremo e secondo, a più di sette minuti da Merckx, al Giro d’Italia. In settembre a Barcellona il bergamasco conquistò quindi il titolo mondiale su strada. Quella gara iridata venne corsa in una giornata torrida sul Circuito del Montjuïc, da percorrere diciassette volte, per un totale di 248,6 km. All’undicesimo giro Merckx lanciò l’attacco, Gimondi fu capace di rispondergli portandosi a ruota gli spagnoli Luis Ocaña e Domingo Perurena, il compagno di squadra Giovanni Battaglin, l’olandese Joop Zoetemelk e il belga Freddy Maertens; un ulteriore allungo di Merckx al quindicesimo giro ridusse a quattro (il “Cannibale”, Maertens, Gimondi e Ocaña) il novero dei pretendenti alla vittoria. Sul rettilineo finale Gimondi, che sembrava battuto, riuscì a superare sul filo di lana il veloce Maertens, impegnato a lanciare lo sprint a Merckx; quest’ultimo, forse per stanchezza o forse perché Maertens aveva avviato la volata con troppo impeto, perse l’attimo buono per lo sprint finale, favorendo così il successo dell’italiano.

Gimondi sorride nel vedere la sua foto con la maglia del Campione del Mondo

Al successivo Giro di Lombardia Gimondi arrivò secondo, a 4’15” dal vincitore Merckx; grazie però alla squalifica di quest’ultimo per positività agli stimolanti (efedrina), un mese dopo la gara venne dichiarato vincitore. In maglia iridata (e complice l’assenza di Merckx) si impose anche nella Milano-Sanremo 1974, andando all’attacco a San Lorenzo al Mare e staccando al traguardo il secondo, Eric Leman, di 1’53”. Concluse poi terzo al Giro d’Italia di quell’anno, a soli 33″ dal vincitore Merckx ma preceduto anche da Gianbattista Baronchelli, come anche terzo al Giro 1975, staccato di oltre 6′ dalla coppia Fausto Bertoglio-Francisco Galdós.

Al Tour de France 1975, in cui aveva chiuso quinto, risultò nuovamente positivo ad un controllo antidoping, per cui venne penalizzato di 10′ in classifica generale (scivolando al sesto posto finale), squalificato per un mese, e costretto a pagare una multa. Al Giro d’Italia 1976, forte di tre podi ottenuti negli anni precedenti, si presentò tra i favoriti e riuscì a vincere battendo Johan De Muynck, Francesco Moser, futuri vincitori della “Corsa rosa”, ed Eddy Merckx, ottavo. Fu quello il suo nono podio al Giro, un record ineguagliato; nelle quattordici edizioni del Grande Giro italiano cui prese parte, vestì la maglia rosa in totale per ventiquattro frazioni e ventuno giorni. Fu anche uno degli ultimi grandi trionfi di Gimondi, che nello stesso anno vincerà la sua seconda Parigi-Bruxelles e l’anno successivo la Sei giorni di Milano.

L’ultimo Giro d’Italia corso da Gimondi fu quello del 1978: si piazzò undicesimo, ma contribuì in maniera decisiva al successo finale di Johan De Muynck, cioè di colui che aveva battuto due anni prima, ora diventato suo compagno di squadra. Gimondi concluse la carriera su strada nell’ottobre 1978 partecipando al Giro dell’Emilia. Sotto contratto da professionista con la Bianchi-Faema anche nel 1979, ottenne come ultimo piazzamento, nel febbraio di quell’anno, il terzo posto nel campionato italiano di omnium indoor. Nelle quindici stagioni da pro vinse in totale 139 corse e rappresentò l’Italia in undici edizioni dei Campionati del mondo professionisti.

Dopo il ritiro

Dopo il ritiro fu direttore sportivo della Gewiss-Bianchi nel 1988, e successivamente, nel 2000, presidente della Mercatone Uno-Albacom, la squadra di Marco Pantani. È stato anche assicuratore e titolare dell’Agenzia Assicurazioni Milano, e responsabile dell’attività sportiva oltreché consulente del reparto corse per la Bianchi, storica azienda milanese di biciclette. Dal 1996 in suo onore si tiene, nel bergamasco, la “Granfondo Internazionale Felice Gimondi”, patrocinata da Bianchi.

anche dopo il ritiro imbraccia la sua bici

Per l’essersi spesso piazzato alle spalle di Eddy Merckx, è stato a volte soprannominato “l’eterno secondo”: lo stesso Gimondi ammise di aver capito troppo tardi — nel Giro di Catalogna del 1968, quando il belga vinse l’ultima cronometro, specialità dell’italiano — quanto Merckx fosse più forte di lui. Tuttavia questa nomea è stata poi cancellata nel tempo, grazie alle tante vittorie ottenute da Gimondi nella sua lunga carriera, alcune delle quali proprio davanti al “cannibale” Merckx; gli si deve indubbiamente riconoscere di essere stato tra i più tenaci avversari del belga, insieme con gli spagnoli Luis Ocaña e José Manuel Fuente. Agli epici duelli con Merckx sono dedicate le canzoni Gimondi e il cannibale di Enrico Ruggeri e Sono Felice di Elio e le Storie Tese. Gianni Brera, che ne descrisse le imprese, coniò per lui i soprannomi Felix de Mondi e Nuvola Rossa.

Felice Gimondi morì il 16 agosto 2019 a 76 anni, mentre nuotava in vacanza a Giardini-Naxos. Dopo i funerali svoltisi a Paladina, Gimondi fu cremato presso il Cimitero monumentale di Bergamo; le ceneri sono conservate dai familiari (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).

 

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