128-129- e 130^ emissione del 25 Novembre 2024, di n.3 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il Senso Civico” contro ogni forma di terrorismo: STRAGE di PIAZZA della LOGGIA; MARIO SOSSI e STRAGE dell’ITALICUS
128-129- e 130^ emissione del 25 Novembre 2024, di n.3 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il Senso Civico” contro ogni forma di terrorismo: STRAGE di PIAZZA della LOGGIA; MARIO SOSSI e STRAGE dell’ITALICUS, ognuno dal valore indicato in B, corrispondente ad €1,25
- data emissione: 25 Novembre 2024
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 200.025
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: T. Trinca
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura, in primo piano, una bambina che depone dei fiori in Piazza della Loggia a Brescia, dove il 28 maggio 1974 vi fu un attentato terroristico; sullo sfondo i portici con la Torre dell’Orologio. Completa il francobollo la scritta “CONTRO OGNI FORMA DI TERRORISMO”, e la legenda: “STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA” “28 MAGGIO 1974”; la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- nota: la Torre dell’Orologio di Piazza della Loggia di Brescia è raffigurata per gentile concessione del Comune di Brescia.
- data emissione: 25 Novembre 2024
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 x 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 200.025
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: tre
- bozzettista: Maria Carmela PERRINI
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura un ritratto del magistrato Mario Sossi, vittima di un sequestro terroristico a Genova il 18 aprile 1974. Completa il francobollo la scritta “CONTRO OGNI FORMA DI TERRORISMO”, e la legenda: “MARIO SOSSI” “1932 – 2019”; la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- data emissione: 25 Novembre 2024
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 40 X 30 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 200.025
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: due
- bozzettista:
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura
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La strage di piazza della Loggia è stato un attentato terroristico di matrice neofascista con collaborazioni da parte di membri dello Stato italiano dell’epoca, servizi segreti ed altre organizzazioni, compiuto il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale piazza della Loggia: una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista, provocando la morte di otto persone e il ferimento di altre centodue, una persona morirà in seguito alle ferite molto tempo dopo, portando a 9 il numero totale dei decessi.
Dopo molti anni di indagini, depistaggi e processi, furono riconosciuti colpevoli e condannati alcuni membri del gruppo neofascista Ordine Nuovo: quali esecutori materiali furono riconosciuti Maurizio Tramonte (condannato in appello, in qualità di “fonte Tritone” dei Servizi Segreti Italiani), assieme ai già detenuti Carlo Digilio (addetto agli esplosivi) e Marcello Soffiati (che trasportò l’ordigno); come mandante fu condannato, in appello, il dirigente ordinovista Carlo Maria Maggi. Gli altri imputati, tra cui Delfo Zorzi, il generale Francesco Delfino e l’ex segretario del MSI e fondatore del Centro Studi Ordine Nuovo Pino Rauti, furono assolti.
È considerato uno degli attentati più gravi degli anni di piombo, assieme alla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 (diciassette morti), alla strage del treno Italicus del 4 agosto 1974 (dodici morti) e alla strage di Bologna del 2 agosto 1980 (ottantacinque morti).
La bomba
Il 28 maggio 1974, alle dieci del mattino, in piazza della Loggia a Brescia era prevista una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista con la presenza del sindacalista della CISL Franco Castrezzati, dell’On. Adelio Terraroli del PCI e del segretario della camera del Lavoro di Brescia Franco Torri. Centinaia di persone erano scese in piazza a manifestare. Alle 10:12 una bomba contenente almeno un chilogrammo di esplosivo, nascosta in un cestino dei rifiuti, esplose, colpendo moltissime persone: tre di queste morirono sul colpo, altre tre durante il trasporto al nosocomio e due feriti morirono in seguito ad ore di agonia per via delle gravi ferite riportate. Altre centodue persone rimasero ferite.
Nel 2012 i periti balistici della corte d’appello di Brescia, il generale Romano Schiavi e il professor Alberto Brandone, hanno ribadito la loro precedente perizia secondo cui la bomba era costituita da una miscela di gelignite e dinamite, mentre nel 2010 i periti del processo che portò all’assoluzione in forma dubitativa di Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti e Francesco Delfino hanno affermato che la bomba era costituita in gran parte da tritolo.
Tuttavia, nell’ultima sentenza di merito in sede di Corte d’Assise d’Appello di Milano del 22 luglio 2015, viene confermato che l’esplosivo era costituito da gelignite, come ampiamente dimostrato dai rilievi peritali effettuati direttamente sulla scena della strage e da successive prove realizzate dal collegio peritale all’epoca incaricato.
Dalla pagina 336 della sentenza: «[…] ritiene la Corte che l’individuazione del tipo di esplosivo utilizzato in piazza della Loggia nella gelignite non sia una mera ipotesi alternativa a quella formulata dal nuovo Collegio peritale […] quanto un approdo probatorio certo, che consente di coniugare senza contraddizioni tutti i risultati investigativi».
Le vittime
Le vittime furono:
- Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante di francese.
- Livia Bottardi in Milani, 32 anni, insegnante di lettere alle medie.
- Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante di fisica.
- Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante.
- Euplo Natali, 69 anni, pensionato, ex partigiano.
- Luigi Pinto, 25 anni, insegnante.
- Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio.
- Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.
I funerali La camera ardente di sei delle otto vittime venne allestita nel salone Vanvitelliano del municipio. Il funerale si svolse nella stessa Piazza della Loggia, luogo dell’attentato, alla presenza del capo dello stato Giovanni Leone, del presidente del consiglio Mariano Rumor e dei principali leader di partito. La cerimonia venne officiata dal vescovo di Brescia Luigi Morstabilini, gli oratori furono il sindacalista Franco Castrezzati, già presente al momento dell’esplosione, il deputato socialista bresciano Gianni Savoldi del comitato antifascista, il segretario della CGIL Luciano Lama a nome di tutti i sindacati e il sindaco di Brescia Bruno Boni. La cerimonia venne interamente pagata dal comune di Brescia alle famiglie delle vittime e vide la partecipazione popolare di circa 500 000 persone (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le foto da Google).
Testo bollettino
La strage di Piazza della Loggia, avvenuta il 28 maggio 1974 a Brescia, è un evento tragico che ha segnato profondamente la storia italiana.
Nel corso della manifestazione antifascista, organizzata dal Comitato Unitario Permanente Antifascista e dalle Organizzazioni Sindacali Cgil-Cisl-Uil che dichiararono lo sciopero generale provinciale, esplose una bomba causando la morte di otto persone e ferendone oltre cento.
Questo atto di terrorismo di matrice neofascista colpì indiscriminatamente persone che quella mattina, consapevolmente, avevano scelto di essere presenti in Piazza della Loggia.
A quella violenza la città rispose con la forza della democrazia riaffermando i principi Costituzionali.
Manlio Milani
Presidente Casa della Memoria
Mario Sossi (Imperia, 6 febbraio 1932 – Genova, 6 dicembre 2019) è stato un magistrato, avvocato e politico italiano. Pubblico ministero nel processo al Gruppo XXII Ottobre, fu sequestrato dalle Brigate Rosse a Genova il 18 aprile 1974 e rilasciato a Milano il 23 maggio seguente.
Biografia
Origini e formazione
Nato a Imperia nel 1932, Sossi venne chiamato alle armi nel 1953 e fino al 1954 prestò servizio nel corpo militare degli alpini a cui resterà sempre legatissimo. Durante l’università militò nel FUAN, un’associazione studentesca missina. Laureatosi in Giurisprudenza, Sossi entrò in magistratura nel 1957 e aderì all’UMI, l’associazione dei magistrati politicamente più a destra, da cui comunque si dissocerà in seguito per il mancato sostegno dell’associazione, in suo favore, durante il sequestro.
L’attività giudiziaria
Fu sostituto procuratore della procura della Repubblica del tribunale di Genova. Divenne noto all’opinione pubblica per l’inchiesta sugli scioperi negli ospedali psichiatrici di Quarto e Cogoleto, per l’arresto di alcuni edicolanti che avevano esposto al pubblico riviste pornografiche e infine per l’arresto dell’avvocato Giambattista Lazagna, sospettato di aver rubato armi ed esplosivi; quest’ultimo verrà prosciolto in istruttoria. Nel 1973 fu pubblico ministero nel processo che portò alla condanna dei membri del Gruppo XXII Ottobre. Al momento del rapimento da parte delle Brigate Rosse sosteneva l’accusa contro gruppi terroristici.
Il sequestro da parte delle Brigate Rosse
Alle 20.50 del 18 Aprile 1974, Sossi viene sequestrato davanti alla sua abitazione in via del Forte di San Giuliano 2 da un commando composto da due brigatisti: Alfredo Bonavita e Paolo Maurizio Ferrari. Sossi viene quindi incatenato, coperto da un sacco di iuta e fatto salire su un furgone diretto alla “prigione del popolo” ossia una villetta di Tortona, precedentemente acquistata da Franceschini il quale spacciatosi per un ingegnere sempre in giro per il mondo, sosteneva di star cercando una dimora tranquilla e appartata per sé e la sua futura moglie: Mara Cagol. La villetta si sviluppava su due piani, con quello superiore destinato ad accogliere la prigione ricavata in una stanza. Gli unici a conoscenza della prigione di Sossi erano Franceschini, la Cagol e Piero Bertolazzi. Dopo aver percorso qualche centinaio di metri, il furgone si ferma e Sossi viene spostato su una A112 color crema col tettuccio nero guidata da Franceschini, al suo fianco siede Bertolazzi. Prima di imboccare una strada in costruzione e ancora sterrata, la A112 raggiunge una Fiat 128 bianca guidata da Cagol la quale ha il compito di precederli e avvertirli in caso di pericolo (un posto di blocco) tramite una ricetrasmittente. La quale risulterà essere difettosa quindi inefficace. Il pm torinese Bruno Caccia, responsabile dell’inchiesta dopo il rapimento, riporterà:
“Il 18 Aprile, alle 23.20 una Fiat 128 bianca guidata da una donna si fermò a un posto di blocco di carabinieri a Ottone, in provincia di Piacenza; durante il controllo sopraggiunse un Autobianchi A112, color crema, tetto nero targata Milano con due uomini a bordo che forzò il blocco. I carabinieri a causa del forzamento del blocco, non fecero alcun controllo alla 128 e non registrarono la targa; l’auto A112, per quanto subito segnalata non fu più rintracciata.”
Franceschini racconterà così l’evento:
“Attendiamo i segnali di Mara, ma non arrivano: pensiamo che tutto sia tranquillo e ripartiamo. Subito dopo la curva c’è il posto di blocco che temevamo. Io sono alla guida, il Nero (Bertolazzi) è seduto al mio fianco, dietro Sossi sempre chiuso nel sacco. Un carabiniere, con la paletta, fa segno di accostare a destra, io rallento come per obbedire e poi accelero di colpo. Il carabiniere si butta di lato e dallo specchietto vedo la macchina di Mara ferma: le stanno controllando i documenti. Vedo anche un uomo in divisa inginocchiarsi in mezzo alla strada e puntarci contro il mitra. Ci sta sparando addosso e io accelero al massimo zigzagando leggermente. Un’altra curva e siamo fuori tiro”.
Nell’intervista rilasciata a Giovanni Minoli per il programma La storia siamo noi, Sossi ha dichiarato che a seguito della sparatoria, l’auto su cui si trovava, incatenato dentro a un sacco, andò a sbattere contro un albero. Fu in quell’occasione che si procurò l’ecchimosi che è evidente nelle prime foto diffuse dalle BR.
Sossi fu sottoposto a interrogatorio da Alberto Franceschini, coadiuvato da Pietro Bertolazzi. La direzione strategica delle Brigate Rosse si riunì e vi furono divergenze. A quel punto il rapimento fu gestito da Alberto Franceschini, Mara Cagol e Piero Bertolazzi. Sossi fu sottoposto a un processo, al termine del quale i brigatisti decisero di ucciderlo, qualora non fossero state accolte le richieste (“Sossi, fascista, sei il primo della lista!” era uno slogan brigatista). Franceschini affermò poi che Sossi avrebbe potuto essere ucciso come extrema ratio, ma che lui cercò sempre di evitare a ogni costo quella soluzione.
Le Brigate Rosse chiesero quindi come contropartita per la sua liberazione la liberazione di otto terroristi del Gruppo XXII Ottobre e il loro trasporto in un Paese amico, ma i Paesi considerati potenziali benevoli ospitanti declinarono tutti l’asilo politico, prima Cuba, poi Algeria e Corea del Nord.
Nel corso di questo sequestro il giornalista Scialoja poté compiere un’intervista ai brigatisti riguardo il sequestro e il processo a cui sottoposero il sequestrato, confermando che Sossi fu scelto come obiettivo sulla base del processo XXII Ottobre. Nella stessa rivendicarono due azioni, definite perquisizioni, presso la sede dei centri Sturzo di Torino e del CRD (Comitato di resistenza democratica) di Milano e ad una domanda sulla violenta condanna del loro operato espressa dalla sinistra extraparlamentare (Manifesto, Lotta Continua, ecc.) risposero: “Non ci interessa sviluppare una sterile polemica ideologica. Il nostro atteggiamento nei confronti dei gruppi extraparlamentari è innanzitutto determinato dalla loro posizione sulla lotta armata. In realtà nonostante le definizioni che essi si attribuiscono, al loro interno prospera una forte corrente neopacifista con la quale non abbiamo niente a che spartire ed anzi riteniamo che si costituirà al momento opportuno in una forte opposizione all’organizzazione armata del proletariato“. Questa intervista fu pubblicata sul settimanale L’Espresso il 16 Maggio 1974 e in seguito il giornalista venne interrogato dal magistrato incaricato delle indagini.
La corte d’assise d’appello di Genova il 20 maggio 1974 diede parere favorevole alla libertà provvisoria, ma il procuratore generale presso la corte d’appello di Genova Francesco Coco (poi ucciso dalle BR) si rifiutò di controfirmare l’ordinanza di scarcerazione degli otto terroristi, e presentò ricorso in Cassazione. Sossi venne comunque liberato a Milano il 23 maggio 1974. Subito dopo la sua liberazione non cercò di avvisare nessuno, tornò solitario a Genova in treno e infine si presentò alla Guardia di Finanza della sua città. Alcuni mesi dopo Franceschini fu arrestato dai carabinieri insieme con Renato Curcio, mentre Mara Cagol fu uccisa in uno scontro a fuoco un anno dopo.
Due anni dopo il procuratore Francesco Coco verrà assassinato a Genova l’8 giugno 1976, insieme con due uomini della scorta, dalle BR, come “rappresaglia”. Fu il primo magistrato ucciso dal terrorismo rosso.
Il ritorno in magistratura e l’avvocatura
Sossi dopo la liberazione tornò alla procura presso il tribunale. Successivamente, prestò servizio alla procura generale della Repubblica presso la corte di appello di Genova e quindi in corte di cassazione a Roma come presidente di sezione, cessando dal servizio in magistratura il 5 luglio 2006.
Intraprese poi l’attività di avvocato penalista, fino alla sospensione provvisoria dall’Albo, decisa nel 2011 per due anni per una denuncia di calunnia.
L’impegno in politica Nel 2007 si candidò per il consiglio comunale di Genova per Alleanza Nazionale ottenendo il quarto posto (e primo dei non eletti) con 341 voti. Nel settembre 2008 venne eletto coordinatore di Azione Sociale per la Liguria. Alle elezioni europee del 2009 si è candidato da indipendente nella lista di Forza Nuova per la circoscrizione Italia nord-occidentale ottenendo 1 016 voti. Mario Sossi è morto il 6 dicembre del 2019. Era sposato e aveva due figlie (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le foto da Google).
Testo bollettino
Il rapimento Sossi è stato spesso definito il primo attacco delle Brigate Rosse al cuore dello Stato. Per noi figlie un grave attacco a un padre amorevole e alla nostra famiglia. Quei 35 giorni, in balìa di uomini pronti a uccidere, segnarono per sempre la vita di un uomo che svolgeva il suo lavoro con grande onestà e senso del dovere. Nostro padre fa parte di coloro che nel periodo drammatico degli “anni di piombo” non esitarono a mettere a rischio la propria vita per servire lo Stato, contrastando ogni forma di crimine organizzato. Ci uniamo nel ricordo delle tante persone uccise, a cui questi francobolli sono dedicati, e apprezziamo molto ogni iniziativa volta a tener viva la memoria.
Gabriella e Fiorella Sossi
Le figlie
La strage dell’Italicus fu un attentato terroristico neofascista di tipo dinamitardo compiuto nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974 sul treno Italicus, mentre questo transitava presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Nell’attentato morirono 12 persone.
È considerato uno dei più gravi attentati verificatisi negli anni di piombo, commesso da gruppi neofascisti e di estrema destra come anche la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969 , la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 e la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Per la strage dell’Italicus, come per le altre stragi, furono incriminati come esecutori diversi esponenti del neofascismo italiano, ma l’iter processuale si è concluso con l’assoluzione degli imputati.
L’attentato si colloca nella fase finale della strategia stragista portata avanti dall’estrema destra, con l’intento di destabilizzare il paese e favorire un intervento dei militari:
«In primavera, nel momento di maggiore tensione, iniziò una serie di attentati terroristici, via via sempre più gravi, rivendicati da Ordine Nero. In Toscana, il 21 aprile, si ebbe l’attentato di Vaiano, primo attacco alla linea Ferroviaria Firenze-Bologna. Seguì a Brescia la gravissima strage di Piazza della Loggia, poi a Pian del Rascino la sparatoria cui perse la vita Giancarlo Esposti, il quale – secondo quanto Sergio Calore avrebbe appreso dal Signorelli, dal Concutelli e dal Fachini era in procinto di recarsi a Roma per attentare alla vita del presidente della Repubblica, colpendolo spettacolarmente a fucilate durante la parata del 2 giugno.
Può pensarsi che ognuno di questi fatti fosse fine a se stesso? Gli elementi raccolti consentono di dare una risposta decisamente negativa. Gli attentati erano tutti in funzione di un colpo di stato previsto per la primavera-estate ’74, con l’intervento «normalizzatore» di militari in una situazione di tensione portata ai grandi estremi. E valga il vero.
Sergio Calore, nell’interrogatorio del 28 maggio 1985 al giudice istruttore di Bologna, riferisce che il Signorelli dall’autunno ’73 gli aveva parlato di un colpo di stato che avrebbe dovuto aver luogo nella primavera-estate ’74 con l’appoggio di ufficiali «nazionalsocialisti» di stanza nel settore del Nordest»
( Corte d’assise di appello, Sentenza d’appello processo Italicus, 1986.)
A tale strategia, come accertato dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi, se ne sovrapponevano altre che miravano a usare politicamente la paura del golpe.
Stando a quanto affermato nel 2004 dalla figlia Maria Fida, Aldo Moro, all’epoca Ministro degli Esteri, si sarebbe dovuto trovare a bordo del treno, ma pochi minuti prima della partenza venne raggiunto da alcuni funzionari del Ministero che lo fecero scendere per firmare alcuni documenti.
L’attentato
Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974, alle ore 1:23, una bomba ad alto potenziale esplose nella quinta vettura del treno espresso 1486 (“Italicus”), proveniente da Roma e diretto a Monaco di Baviera via Brennero.
L’ordigno era composto da una miscela esplosiva, probabilmente amatolo, e da una miscela incendiaria, quasi certamente la termite (di cui furono rinvenute tracce). La bomba era stata collocata in una valigetta occultata sotto un sedile della quinta carrozza, rivolto contro il senso di marcia. L’esplosivo era collegato a una sveglia di una marca tedesca, Peter, molto comune all’epoca, ritrovata nel corso delle prime perlustrazioni dove era avvenuta l’esplosione. La sveglia aveva modifiche esterne e vi erano inserite in particolare due piastrine di rame, di cui una fissa e l’altra mobile saldata a stagno: tramite la suoneria della sveglia, nell’orario predeterminato, le due piastrine sono venute a contatto, determinando lo scoppio.
La temporizzazione del timer avrebbe dovuto fare esplodere l’ordigno mentre il treno attraversava la Grande galleria dell’Appennino, nei pressi di San Benedetto Val di Sambro. Tuttavia, durante la corsa tra Firenze e Bologna, il treno recuperò tre dei minuti di ritardo accumulati nelle tratte precedenti. La bomba esplose lo stesso all’interno della galleria, ma in un tratto a soli 50 metri dall’uscita.
L’esplosione fece sollevare il tetto della quinta carrozza, che poi cadde frantumandosi in migliaia di schegge, mentre le lamiere si deformavano per la temperatura altissima dell’incendio che divampava (la termite di cui era composto l’ordigno brucia con estrema rapidità, causando l’aumento della temperatura fino a 3000 °C).
Nell’attentato morirono 12 persone (alcune per l’esplosione, altre arse vive dall’incendio) e altre 48 rimasero ferite.
La strage avrebbe avuto conseguenze più gravi, si ipotizza anche nell’ordine di centinaia di morti, se l’ordigno fosse esploso all’interno della Grande Galleria dell’Appennino, come sarebbe avvenuto dieci anni dopo nella Strage del Rapido 904.
Nella tragedia, spicca l’eroismo di un ferroviere conduttore delle Ferrovie dello Stato, il forlivese Silver Sirotti, 24 anni, poi insignito di Medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Sirotti, munito di estintore, si slanciò tra le fiamme per soccorrere i viaggiatori intrappolati nel treno e in questo tentativo perse la vita.
Le indagini
Il 5 agosto 1974 viene rinvenuto in una cabina telefonica a Bologna un volantino di rivendicazione dell’attentato a firma Ordine Nero, che dichiarava:
«Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti.»
Al volantino fanno seguito delle telefonate anonime al Resto del Carlino di analogo tenore: «Con la bomba al tritolo che abbiamo messo sull’Espresso Ro-Fi abbiamo voluto dimostrare alla Nazione che siamo in grado di mettere bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e quando ci pare… Giancarlo Esposti è stato vendicato».
L’autore sia del volantino sia delle telefonate anonime, Italo Bono, viene individuato dalle forze dell’ordine la stessa sera del 5 agosto. Si tratta di un personaggio interno all’estrema destra a Bologna, ma poco considerato nell’ambiente e con problemi psichici evidenti. Le indagini su Bono e su altri estremisti a lui collegati non danno esiti, potendo tutti disporre di un alibi.
Le vittime
- Elena Donatini, anni 58
- Nicola Buffi, anni 51
- Herbert Kontriner, anni 35
- Nunzio Russo, anni 49
- Marco Russo, anni 14
- Maria Santina Carraro in Russo, anni 47
- Tsugufumi Fukuda, anni 32
- Antidio Medaglia, anni 70
- Elena Celli, anni 67
- Raffaella Garosi, anni 22
- Wilhelmus J. Hanema, anni 20
- Silver Sirotti, anni 24
I processi
I processi a seguito della strage hanno avuto esiti diversi, fra molteplici tentativi di depistaggio e due apposizioni del segreto di stato (2 settembre 1982 e 28 marzo 1985), ma non hanno portato a nessun esito giudiziario se non mettere in luce la relazione della strage con:
«… una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana…»; «… con la loggia P2 che svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana, quindi gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus e può considerarsene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale…» (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le foto da Google)
Testo bollettino
La strage dell’Italicus, avvenuta il 4 agosto 1974, è un doloroso esempio di come il terrorismo possa colpire brutalmente e indistintamente persone innocenti. Una bomba esplose a bordo del treno espresso Italicus, durante il tragitto tra Roma e Monaco, causando la morte di dodici passeggeri e il ferimento di altri quarantotto. Questo atto di matrice neofascista, come ricostruito dalla magistratura, colpì ignobilmente individui che stavano semplicemente viaggiando, ignari del destino crudele che li attendeva. La violenza del terrorismo, cieca e indiscriminata, non considera l’umanità delle sue vittime, seminando solo sofferenza e caos. La strage dell’Italicus rappresenta una ferita profonda nella storia italiana, un richiamo costante all’ingiustizia di tali atti. Ricordare queste tragedie è essenziale per costruire un futuro in cui la pace e la sicurezza di ogni individuo siano sempre considerati valori imprescindibili, nel totale rifiuto di ogni forma di violenza e di terrorismo.
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