123-124-125-126 e 127^ emissione del 24 Novembre 2024, di n.5 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il Senso Civico” dedicati agli Ospedali Storici: OSPEDALE SS. GIOVANNI e PAOLO di VENEZIA, CA’ GRANDA OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO di MILANO, OSPEDALE SANTO SPIRITO in SASSIA di ROMA, OSPEDALE S. MARIA del POPOLO degli INCURABILI – MAS di NAPOLI
123-124-125-126 e 127^ emissione del 24 Novembre 2024, di n.5 francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica ” il Senso Civico” dedicati agli Ospedali Storici: OSPEDALE SS. GIOVANNI e PAOLO di VENEZIA, CA’ GRANDA OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO di MILANO, OSPEDALE SANTO SPIRITO in SASSIA di ROMA, OSPEDALE S. MARIA del POPOLO degli INCURABILI – MAS di NAPOLI, tutti dal valore indicato in B, corrispondente ad €1,25 cadauno
- data emissione: 24 Novembre 2024
- dentellatura: 9 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 48 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: M. HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura l’Ospedale Santo Spirito in Sassia di Roma: e precisamente raffigura le Corsie Sistine risalenti al XV secolo. Completa il francobollo la rispettiva legenda “OSPEDALE SANTO SPIRITO IN SASSIA” “ROMA” , la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- data emissione: 24 Novembre 2024
- dentellatura: 9 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 48 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: M. HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura l’ Ospedale Civile Ss. Giovanni e Paolo di Venezia: e precisamente raffigura il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia, 1485 – 1495. Completa il francobollo la rispettiva legenda “OSPEDALE CIVILE SS. GIOVANNI E PAOLO” “VENEZIA”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- data emissione: 24 Novembre 2024
- dentellatura: 9 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 48 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: M. HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura l’ Ospedale S. Maria del Popolo degli Incurabili – MAS di Napoli: e precisamente raffigura la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747 – 1751. Completa il francobollo la rispettiva legenda “OSPEDALE S. MARIA DEL POPOLO DEGLI INCURABILI – MAS” “NAPOLI”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- data emissione: 24 Novembre 2024
- dentellatura: 9 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 48 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: M. HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura l’Ospedale Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: raffigura la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico. Completa il francobollo la rispettiva legenda “CA’ GRANDA OSPEDALE MAGGIORE POLICLINICO” “MILANO”; la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”., la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- data emissione: 24 Novembre 2024
- dentellatura: 9 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 48 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, con imbiancante ottico.
- Grammatura: 90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: cinque
- bozzettista: M. HERMO
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: raffigura una prospettiva interna dell’Ospedale storico precisamente: Ospedale S. Maria Nuova di Firenze: raffigura il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio. Completa il francobollo la rispettiva legenda “OSPEDALE S. MARIA NUOVA” “FIRENZE”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
Se sei interessato all’acquisto di questi francobolli, li puoi acquistare, al prezzo di € 1,90 cadauno S.V.V., oppure l’intera serie al prezzo di €10,00 inviando una richiesta alla email: protofilia1@gmail.com
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L’Arcispedale di Santo Spirito in Saxia è un antico ospedale (ora anche centro congressi) nel rione di Borgo, a Roma. Situato nei pressi di Città del Vaticano, esso è adiacente al moderno Ospedale di Santo Spirito, che ne prosegue l’opera e la tradizione. L’ospedale fu istituito nel sito dove in antichità risiedeva la “Schola dei Sassoni” (latino: Schola Saxonum). Esso è l’ospedale più antico d’Europa.
Premessa
La fraternità Cristiana
Il Cristianesimo fece nascere negli uomini un nuovo sentimento filantropico, così come è testimoniato dalle parole di Tertulliano: ” Noi siamo come fratelli per diritto di natura, nostra comune Madre”.Lo stesso Tertulliano inveisce contro i pagani e il loro modo di curare gli infermi, per la maggior parte lasciati al loro ingrato destino. E così il sentimento di amore, di carità, di pietà e di sollecitudine verso i malati ricevette un salutare e vivissimo impulso con il cambiamento di prospettiva offerto dalla religione Cristiana. È ragionevole, quindi, attribuire la nascita degli ospedali alla spinta data dalla Cristianità che, anche nelle tenebre delle Catacombe, non mancava di “essere verso i più bisognosi.” Questo sentimento si tramutò finalmente in pratica nel 325 d.C. con il Concilio di Nicea I in Bitinia dove i 300 e oltre vescovi riuniti stabilirono che “in ogni città si costruiscano abitazioni dette Xenodochi ed ospizi per i pellegrini, per i poveri e per gli infermi.” Tali abitazioni furono affidate ai vescovi delle varie diocesi: ognuno di essi era considerato “padre dei poveri” e a tal proposito nelle Costituzioni Apostoliche troviamo ”O vescovo, abbi cura dei poveri, quale ministro di Dio, distribuendo a tempo il necessario a ciascuno, alle vedove, agli orfani, ai derelitti, agli infermi e ai disgraziati”. Dopo il Concilio di Nicea I la Chiesa si impegnò fortemente nella realizzazione di Brefotrofi per gli infanti esposti, Orfanotrofi, Gerontocomi per gli anziani non autosufficienti, nonché Xenodochi e Nosocomi, per i pellegrini.
Storia
Dalla Schola dei Sassoni alla nascita dell’Ospedale
L’edificio originario dell’ospedale Santo Spirito in Saxia fu la Schola, eretta anticamente con l’indirizzo di Nosocomio per volontà del re del Wessex, Ina (689-726). All’inizio dell’VIII secolo la Schola era stata concepita per ospitare il grande numero di pellegrini anglosassoni che visitavano annualmente Roma ed in particolare i suoi innumerevoli luoghi santi, come la tomba del Principe degli Apostoli. Lo stesso Beda ricorda che “Dalla Britannia venivano nobili e plebei, uomini e donne, guerrieri e artigiani, giovani e vecchi”. Fu un pellegrinaggio che durò per secoli; in quel periodo Roma ebbe una tale notorietà che si contano non meno di dieci sovrani in pellegrinaggio ad limina Apostolorum“: ad esempio, il primo celebre ospite romano fu Cedwalla, Re dei Sassoni occidentali (685-688). A seguito della fondazione della Schola, l’intero quartiere assunse una fisionomia esotica tanto da essere rinominata “città dei Sassoni”; ancora oggi, infatti, il rione sulla riva destra del Tevere vicino a San Pietro è chiamata “Borgo”. Sul principio del Pontificato di Leone IV un violento incendio, reso celebre dalla pittura di Raffaello, L’incendio di Borgo, invase la contrada dei Sassoni, danneggiando anche le Scholae dei Frisoni, dei Longobardi, dei Franchi e degli stessi Sassoni, fino a toccare la Basilica di San Pietro. Un così vasto incendio non poteva non essere doloso; difatti risulta che fosse stato appiccato dai Saraceni, penetrati per via fluviale. Fu lo stesso Papa Leone IV che curò la ricostruzione della chiesa di Santa Maria in Saxia e della Schola dei Sassoni e in questo ritrovo di pellegrini molti Re dell’Europa del nord come Burgredo dei Merci, Boerredo o il principe Alfredo il Grande trovarono riposo dopo un viaggio stancante.
Seguì un periodo di florida vita; ma a causa di avvenimenti storici come l’invasione dei Normanni in Inghilterra nel 1066 e l’inizio delle crociate, che convogliarono le masse di pellegrini ad altre mete, l’istituzione decadde e di essa non rimase che il nome. In seguito alla occupazione di Gerusalemme da parte dei Turchi, i Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme che avevano ampliato e gestito l’Ospedale di San Giovanni, nel 1291 dovettero rifugiarsi a Cipro, (successivamente nel 1309 a Rodi, da cui presero il nome; nome che successivamente modificarono, quando nel 1530 su concessione di Carlo V si stabilirono definitivamente a Malta). Nell’ansia di indire la Quarta crociata, Innocenzo III incaricò un esperto Cavaliere dell’Ordine di ricostruire l’ospedale e vi si appose anche il simbolo che richiama la Stemma della Città di Roma. Fu proprio Papa Innocenzo III a riportarla in auge, rielaborandola e rendendola uno dei più celebri ospedali del mondo. Successivamente alla ricostruzione il Papa, il 25 novembre 1198, dette incarico della sua gestione e salvaguardia della struttura. Egli approvò e raccomandò l’Ordine degli Ospitalieri, attraverso la bolla “Religiosam vitam”, in cui accoglieva Guido di Montpellier e l’istituto da lui fondato sotto la protezione e i privilegi del Vaticano. Rilevante fu pure la vicenda riguardante i bambini orfani: per proteggerli e tutelarli, Innocenzo III dedicò a loro una nuova istituzione, la celebre “ruota degli esposti” dove venivano lasciati i bambini abbandonati.
Poco più tardi il vescovo di Chartres, Reginaldo, donerà una prebenda della sua chiesa all’ospedale di Santo Spirito, ancora chiamato di S. Maria in Saxia. Con la consacrazione di questa nuova istituzione, Innocenzo III creò uno statuto di regole per l’ordine degli Ospitalieri che ricevettero l’incarico di gestire e salvaguardare l’ospedale, sempre sotto la guida di Guido da Montpelier. Nel 1201 lo stesso Papa diede in dote all’ospedale di Santa Maria la chiesa omonima e le sue rendite. Sarà proprio questo l’atto che sancì la nascita del Venerando ospedale romano di Santo Spirito in Saxia; la chiesa limitrofa diventò invece un luogo di ospitalità. All’inizio della sua monumentale esistenza però la nuova struttura era costituita solo da una corsia rettangolare, illuminata da piccole finestre e in grado di assistere 300 infermi e 600 poveri.
a SX: la Chiesa di Santo Spirito- al centro: biblioteca Lancisiana – a DX: la ruota degli esposti
Una curiosità è legata a questo Ospedale è quella che anticamente, non tutte le famiglie di Roma potevano permettersi la nascita di un altro bambino, soprattutto le meno agiate, che spesso vedevano in questa occasione l’equivalente di un’altra bocca da sfamare. Per questo, inorriditi dal fatto, venne stabilito che un apposito reparto dell’Ospedale di Santo Spirito fosse dedicato ai bambini abbandonati. Così, per trovare rimedio a questa pratica, che andava sempre più diffondendosi, fra gli strati poveri della città, si rese necessaria la realizzazione di una struttura apposita di forma girevole in legno – appunto, la ruota degli “esposti”- per mezzo della quale le madri potevano, in modo del tutto anonimo, abbandonare i piccini per affidarli alle cure dell’ospedale. Utilizzare il meccanismo non era complesso: bastava aprire lo sportello della ruota, munito di grata, adagiare all’interno il fagotto del neonato e suonare un campanello per avvertire le suore del nuovo arrivato. Quest’ultime giravano la ruota e prendevano il bambino, avvolgendolo in una coperta o drappo azzurro, e da quel momento non solo il piccolo diveniva il “figlio della Casa“, ma veniva consegnato, previa doppia croce sul piedino, alla Priora delle balie. Accanto al civico 2 del portone dell’ospedale è ancora visibile questo strumento di sopravvivenza e, sulla cassetta per le offerte incassata nel muro, si può ancora leggere la targa: “Elemosine per li poveri projetti dell’hospidale“. Il termine projetti in romanesco significava proprio “trovatello, fanciullo abbandonato“ e spesso restava a mo’ di cognome al piccolino, così come Esposito da “esposti“.I bambini, infatti, una volta grandi non sempre venivano riconosciuti e, per i più fortunati, la legittimità veniva stabilita soltanto successivamente e sulla base di oggetti, o simboli distintivi, che la madre inseriva nella ruota insieme al neonato. La registrazione avveniva per tutti allo stesso modo: ogni piccolo era definito “filius matris ignotae“, cioè “figlio di madre ignota” o, abbreviando, “filius m.ignotae“, da cui la celebre e volgare offesa in romanesco. Una volta adulti, però, il loro destino cambiava in base al sesso: gli esposti maschi venivano avviati al lavoro; le esposte femmine invece al matrimonio. A tal proposito, ogni anno si svolgevano vere e proprie processioni, in date prestabilite, a cui erano invitati i giovani delle campagne romane in cerca di mogli. Se lo sposalizio riusciva la donna era libera di andare, se invece restava nubile era destinata a rimanere all’interno dell’ospedale, per dedicarsi al lavoro e alla preghiera. Nel corso del tempo la ruota del Santo Spirito, probabilmente la più antica d’Italia, salvò tantissimi neonati dalla morte (se ne contano una media di mille l’anno) per possibile per fame o incuria, fino alla sua abolizione nel 1923. Sull’Ospedale romano posero le mani i Papi più illustri, e di secolo in secolo esso ottenne grandezza e splendore, grazie soprattutto alle offerte e alle donazioni di benefattori di tutto il Mondo Cattolico, tanto che il pontefice Pio VI lo poté proclamare “Il trono della Carità Cattolica” (articolo parzialmente estrapolato dal sito della FAI e le immagini da Google).
L’Ospedale Civile Ss.Giovanni e Paolo di Venezia è uno dei maggiori complessi monumentali della città; è anche un compendio architettonico-artistico che abbraccia quasi nove secoli; è una realtà morale e medico-scientifica indispensabile per conoscere e vivere la straordinaria civiltà veneziana. Al suo interno è presente, infatti, il mondo ospedaliero della cura contemporanea ma anche il mondo della cultura, della storia, dell’arte, della spiritualità. Sul Rio dei Mendicanti si affaccia l’Ospedale cinquecentesco di San Lazzaro con l’originale chiesa a doppia facciata; sul Campo Ss.Giovanni e Paolo invece si specchia la più bella facciata rinascimentale di un edificio laico veneziano, è questo uno degli spazi urbani più importanti con la grande Basilica domenicana del XIII secolo e lo stupefacente monumento equestre di Andrea Del Verrocchio, maestro di Leonardo. Attraverso un fastoso protiro (già ingresso trionfale della medievale Scuola Grande di San Marco) si accede da duecento anni all’Ospedale Civile di Venezia. È un complesso di cura e assistenza alla persona che ha segnato la storia della medicina italiana ed europea, dall’epoca dei lazzaretti e dalle prime dissezioni anatomiche in poi. Da alcuni anni all’interno del perimetro ospedaliero, si coltiva in modo articolato la cultura storica e museale avvalendosi dell’ex-Convento domenicano Ss.Giovanni e Paolo, dell’antico Ospedale dei Mendicanti, della Scuola Grande di San Marco vero “santuario identitario” della Serenissima. È particolarmente importante il Museo di storia della medicina, ricchissimo di strumenti medico-chirurgici, con la sua Biblioteca monumentale dotata di migliaia di opere di tutti gli autori della medicina occidentale, da Ippocrate in poi. Nelle sale imponenti della Scuola marciana, sotto un impressionante soffitto dorato, è collocato un ciclo pittorico sulla vita del santo, a cui Venezia è devota, oltre a opere di Domenico Tintoretto, Palma il Giovane, Paris Bordone, Donato Veneziano e l’intera riproduzione del ciclo alessandrino di Gentile e Giovanni Bellini, Giovanni Mansueti, Vittore Belliniano e un grande Crocifisso di Francesco Terrilli. Accessibile dall’esterno attraverso un portale minore si scopre un’antica Farmacia con i suoi arredi ottocenteschi, risalente al periodo in cui Napoleone prese possesso di questi spazi per farne un ospedale militare, e il Museo Vesalio con incredibili reperti anatomopatologici che documentano numerosi temi di paleopatologia.
L’ospedale, anzi, la Scuola Grande di San Marco (per la cronaca, le “Scuole Grandi” erano associazioni laiche per il mutuo soccorso gestite dai cittadini che assicuravano ai confratelli soccorso e assistenza in caso di malattia o di rovesci finanziari) è un prezioso edificio rinascimentale. Costruito inizialmente da Stefano e Matteo Bon, fu devastato da un incendio nel 1485 e immediatamente ricostruito con una decorazione marmorea della facciata affidata a Pietro Lombardo e a Giovanni Buora, autore, del portale.
L’interno, con soffitti intagliati in legno e oro da Biagio e Pietro da Faenza, Vittore da Feltre e Lorenzo da Trento, ospita tele di Giovanni e Gentile Bellini, Giovanni Mansueti, Jacopo e Domenico Tintoretto, Palma il Vecchio, Paris Bordon e Palma il Giovane. Dopo la caduta della Repubblica, la Confraternita fu soppressa e l’edificio, divenne sede dell’Ospedale Militare dal 1808 e poi dell’Ospedale Civile dal 1819.
Nel 1950 le sala del Capitolo e dell’Albergo furono riportate alla forma originale per volere del Consiglio di amministrazione degli Ospedali civili riuniti, con il rientro di alcune tele e la destinazione a biblioteca ospedaliera aperta a medici, studiosi e amanti dell’arte. Di grande interesse è anche sul rio dei Mendicanti la chiesa di S. Lazzaro di impronta palladiana, un mausoleo della carità, con il famoso memoriale bilaterale di Alvise Mocenigo, che nel Settecento fu anche un famoso tempio della musica. Contiene pale di altare di Guercino, Salviati, Veronese, Jacopo Tintoretto oltreché opere di Le Court “il Bernini dell’Adriatico”. La complessità storica dell’Ospedale è fortemente delineata dai grandiosi ambienti dell’ex-Convento domenicano, uno dei primi d’Europa. È in questo ambito, che mantiene ancora la presenza di attività sanitarie, che viene esaltata la feconda relazione cura-cultura, proposta ogni giorno dalla memoria della biblioteca bizantina contenuta nella sala della Libreria tuttora visitabile (articolo estrapolato in parte dal sito della FAI, da notizie sul Web e le immagini da Google).
Il complesso degli Incurabili è un sito monumentale di Napoli ubicato nel centro storico, non lontano dal decumano superiore (via dell’Anticaglia).
Dal 2010 una parte del complesso, inclusa la storica farmacia e la chiesa di Santa Maria del Popolo, fa parte del Museo delle arti sanitarie di Napoli.
Storia
Il complesso, di epoca rinascimentale, comprendeva originariamente:
- la chiesa di Santa Maria del Popolo;
- l’oratorio della Compagnia dei Bianchi della Giustizia;
- lo storico ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili.
Col tempo ingloberà anche la chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli e l’omonimo chiostro, il complesso di Santa Maria della Consolazione, la chiesa di Santa Maria di Gerusalemme e il chiostro delle Trentatré.
L’insieme di queste strutture racchiude alcune fra le più importanti testimonianze del rinascimento napoletano. Per sostenere l’opera dell’ospedale già nel 1582 Gian Bernardo Corcione e Ascanio Composta ricevettero dal viceré di Napoli il permesso di fondare un Mons Incurabiles, un monte dei pegni con lo scopo di fornire capitali alle attività dell’ospedale. L’iniziativa, però fallì e solo il 31 gennaio del 1589 vide l’apertura ufficiale del Banco di Santa Maria del Popolo, legato alla chiesa di Santa Maria del Popolo del suddetto complesso.
L’ospedale
Lo storico ospedale degli Incurabili, fondato nel 1521 dalla beata Maria Lorenza Longo che volle tener fede ad un voto fatto quando era vittima di una malattia che l’aveva paralizzata, oltre agli altri pregi, racchiude la notevolissima farmacia settecentesca realizzata da Bartolomeo Vecchione; essa, quasi del tutto intatta, è composta da due sale con l’originaria scaffalatura completamente in legno, sulla quale, sono presenti circa 400 preziosi vasi in maiolica dell’epoca, realizzati da Donato Massa.
Il complesso attesta un’attività umanitaria e sanitaria rivolta all’assistenza dei cosiddetti malati incurabili. Vi operò nel decennio francese Santa Giovanna Antida Thouret insieme alle sue Figlie della Carità. Dal 2010 è stato allestito all’interno di alcuni ambienti dell’edificio il museo delle arti sanitarie, che espone documenti di archivio, arredi, argenteria, sculture, strumenti sanitari risalenti all’antico ospedale e alcuni locali come la farmacia, la chiesa di Santa Maria del Popolo con la cappella Montalto e l’orto dei medici.
Il cortile vanta due fontane storiche, gli scaloni monumentali e il “pozzo dei pazzi”, un pozzo dove venivano calate le persone in stato di agitazione per farle calmare.
Farmacia degli Incurabili
Realizzata da Bartolomeo Vecchione, quasi del tutto intatta, è composta da due sale contenenti l’originaria scaffalatura in legno, sulla quale sono collocati circa 400 preziosi vasi in maiolica dell’epoca, realizzati da Donato Massa. La farmacia, a cui si accede dal cortile, si deve alla ristrutturazione (1744-1750) dell’antica spezieria cinquecentesca. I lavori vennero finanziati dal lascito di uno dei reggenti dell’ospedale, Antonio Maggiocca, di cui è conservato all’interno un busto marmoreo, realizzato da Matteo Bottiglieri (1750). L’interno è composto da due ambienti: un grande salone ed un’antisala. Il piccolo vano, che fungeva da laboratorio, è rivestito da scaffalature in noce intagliato e decorato, opera, come il tavolo centrale, dell’ebanista Agostino Fucito. Alle pareti una vasta raccolta di albarelli e idrie, i tipici contenitori da farmacia, decorati a chiaroscuro turchino. Il salone conserva circa 400 vasi maiolicati opera di Lorenzo Salandra e Donato Massa (metà XVIII secolo), con scene bibliche e allegorie. Il pavimento in cotto maiolicato è attribuibile a Giuseppe Massa.
Sul soffitto del salone di rappresentanza, infine, vi è la grande tela di Pietro Bardellino del 1750.
Giardino dei Semplici degli Incurabili
Il giardino del Complesso degli Incurabili, presenta diversi “semplici” ovvero fiori e specie vegetali, in passato ampiamente utilizzate in campo farmacologico. Fra queste abbiamo un albero di canfora (Cinnamomum camphora) dalla considerevole altezza di 35 metri, un Eucalipto (Eucalyptus), una Camelia incurabilis, un tasso (Taxus baccata) e diverse strelitzie (Strelitzia reginae) (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Il Policlinico di Milano, conosciuto anche come Ospedale Maggiore di Milano, o Ospedale Ca’ Granda di Milano, è un ospedale generale che comprende attività ospedaliere in differenti ambiti: materno-infantile, malattie rare, trapianti, dermatologia, ematologia, gastroenterologia, epatologia e medicina del lavoro. Offre servizi per gravidanze e parti complessi (prematuri, gemellari, patologie neonatali) trattati presso la Clinica Mangiagalli e uno dei pronto soccorsi più attivi in Lombardia.
È il più antico ospedale di Milano, essendo stato fondato nel 1456. Vista la sua natura di Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico oltre alla cura svolge attività di ricerca biomedica e sanitaria di tipo clinico e traslazionale.
È polo universitario e propone oltre ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria nove lauree sanitarie (Igiene dentale, Infermieristica, Infermieristica pediatrica, Ortottica e Assistenza Oftalmologica, Ostetricia, Tecniche audiometriche, Tecniche audioprotesiche, Tecniche di laboratorio biomedico e Tecniche di radiologia medica, per immagini e radioterapia) e la laurea magistrale in Scienze delle professioni sanitarie della prevenzione.
Il suo nome completo è Fondazione Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e il suo attuale presidente è l’architetto Marco Giachetti.
Storia
Nel 1456 il duca di Milano Francesco Sforza fondò la Magna Domus Hospitalis (Ca’ Granda), un nosocomio dedicato all’Annunciata, sostanzialmente per accattivarsi il favore del popolo, ancora fedele alla famiglia dei Visconti di Milano, sebbene il nuovo Duca avesse da tempo sposato Bianca Maria Visconti. Il comandante, entrando vittorioso in Milano il 25 marzo 1450, giorno dell’Annunciazione, fece voto di dedicare un’istituzione benefica all’Annunciata: fu così che la nuova fondazione divenne lo Spedale della Nunciata. Progettato dal celebre architetto Filarete, l’ospedale rientrò nel proposito dello Sforza di dare compimento e stabilità alla riforma degli ospedali cominciata dall’arcivescovo Rampini negli anni della Repubblica Ambrosiana.
Benché nato come ospedale dei poveri, fu però fin dall’inizio un ospedale in cui si curavano malati con speranza di guarigione. Le malattie croniche venivano trattate in ospedali fuori città. Per questo motivo l’ospedale maggiore è sempre stato il centro di informazione e rilevamento della situazione sanitaria della città.
Il 13 febbraio 1595 Camillo de Lellis introdusse i suoi Ministri degli Infermi all’Ospedale Maggiore e nel 1613 redasse qui una nuova versione delle Regole del suo Ordine.
Tra il 1895 e il 1929, con costruzioni realizzate in più lotti, si decise lo spostamento dell’ospedale al di là del naviglio (dove aveva già cominciato ad espandersi); questo avvenne con la concomitante fondazione dell’Università statale. La Statale prese possesso dei vecchi edifici della Ca’ Granda (dove si trova tuttora); l’Ospedale Maggiore, come Policlinico Universitario si spostò in una vasta area compresa fra le vie Francesco Sforza (dove era la Cerchia dei Navigli), il corso di Porta Romana, le vie Lamarmora, Commenda e San Barnaba. Il primo istituto ad essere inaugurato fu quello Ostetrico ginecologico, voluto da Luigi Mangiagalli (primo rettore dell’Università) e che oggi porta il suo nome. Insieme allo spostamento si era deciso di creare un grande ospedale generale: l’area venne trovata a Niguarda, un comune limitrofo che nel 1923 era diventato parte di Milano. Il nuovo ospedale di Niguarda, su progetto di Giulio Marcovigi, Ulisse Arata ed Enrico Ronzani, fu realizzato tra il 1932 e il 1939. L’ospedale di Niguarda mantenne il nome di Ca’ Granda, mentre il Policlinico tenne il nome di Ospedale Maggiore.
Ulteriori “propaggini” dell’ente ospedaliero furono l’Ospedale San Carlo Borromeo e l’ospedale Città di Sesto San Giovanni. L’ente venne successivamente smembrato, dando così autonomia a diversi istituti, mentre altri nacquero indipendentemente e vennero inglobati successivamente. Nel 1909 i fratelli Adelina e Marco De Marchi fondarono l’Asilo per le madri povere legittime “Regina Elena”, che visse una sua storia indipendente fino agli anni 1990. Nel 1957 tale Opera Pia fu trasformata in ospedale specializzato, mentre divenne Ente Ospedaliero nel 1968 come Istituto di Ostetricia-Ginecologia e Pediatria “Regina Elena”. Nel 1992 la “Regina Elena” è stata un presidio della USSL 75/1 (poi AUSSL 36 di Milano). Dal 1998 al 2004 gli Istituti Clinici di Perfezionamento Devoto, Mangiagalli e Regina Elena vennero posti sotto un’unica egida. Nel 2004 viene fondata la Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena. Nel 2010 cambia il nome riacquistando la vecchia dicitura di Ca’ Granda.
Stemma e logo
Il sigillo dell’Ente riportava la scena dell’Annunciazione e il motto ave gratia plena. Successivamente lo stemma fu semplificato nella sola colomba dello Spirito Santo. La rappresentazione araldica, ancora alla base dell’attuale logo della Fondazione, è strettamente connessa all’impresa viscontesa della tortora col fiammante e raggiante. Alla colomba fu aggiunto in seguito il ramo d’ulivo nel becco. Fino al 1825 l’Ente aveva il compito dell’assistenza dei trovatelli o bambini esposti che, considerati “figli dell’ospedale”, ricevevano il cognome di “Colombo”, dall’ispirazione dell’insegna ospedaliera. In seguito anche gli ospedali di Niguarda, Sesto San Giovanni e il San Carlo Borromeo ottennero insegne o sculture che ne richiamano la dedicazione (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
L’arcispedale di Santa Maria Nuova è un ospedale di Firenze, situato nell’omonima piazza, nel centro storico. Fondato nel 1288 da Folco Portinari, padre della celebre Beatrice amata da Dante, è l’ospedale più antico della città tra quelli tuttora pienamente attivi, e uno dei più vecchi d’Europa. Nella sua storia plurisecolare l’ospedale e la sua chiesa di Sant’Egidio furono abbelliti da importantissime opere d’arte, oggi in parte confluite in istituzioni museali o tuttora in loco; inoltre riveste un posto nella storia della medicina grazie soprattutto all’antica Facoltà di Medicina e Chirurgia e all’attività di Maurizio Bufalini.
Il complesso appare nell’elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale.
Storia
Origini
Il 24 aprile 1285 Folco Portinari, il padre della Beatrice dantesca, acquistò un pezzo di terra con casolare antistante alla chiesa di Sant’Egidio, in una zona che proprio in quegli anni era stata inclusa dentro le nuove mura. Folco, come molti ricchi banchieri in sospetto di usura, alla fine della propria vita voleva riscattare la propria anima con le opere pie, offrendo assistenza ai malati. In questo fu ispirato dalla figura della governante di casa Monna Tessa.
La primissima sede dell’ospedale, dove cominciarono i lavori nel 1286, non coincideva con quella odierna, ma si trovava dirimpetto alla chiesa, con ingresso da via dell’Oriuolo, dove oggi si trova il complesso delle Oblate. L’atto di fondazione ufficiale dell’ospedale venne rogato il 23 giugno 1288, con una ricca dotazione di beni mobili e immobili, e con primo spedalingo Benedetto Ridolfo da Montebonello. Il 5 luglio dello stesso anno il vescovo Andrea de’ Mozzi concesse un’indulgenza per chiunque lasciasse elemosine e donazioni all’ospedale, e nel 1296 Francesco Monaldeschi stabilì la scomunica per chiunque avesse danneggiato l’ospedale con la cattiva amministrazione. La stessa Monna Tessa, con altre pie donne, appena fondato l’ospedale, diede vita alla congregazione delle Oblate, terziarie antesignane delle infermiere, che si occupavano dei malati.
Il 31 dicembre 1289 Folco morì, venendo sepolto nella cappella dell’ospedale, dove nel 1327 fu inumata anche Monna Tessa.
La prima corsia aveva appena dodici letti, talvolta occupati anche da due malati, e vista la grande domanda di ricoveri, già pochi anni dopo si rivelò insufficiente, tanto che nel 1296 venne acquistato per 2140 fiorini il convento di Sant’Egidio, che ormai ospitava solo otto Frati della penitenza di Gesù Cristo detti “della Sacca”. Nel 1315 vennero conclusi i lavori di adeguamento, e da allora Sant’Egidio divenne la struttura per gli uomini, mentre le donne erano ospitate nel complesso delle Oblate, con una nuova grande corsia lungo via delle Pappe (oggi via Folco Portinari), strada che veniva chiamata così proprio per le pappette che venivano somministrate giornalmente alle ammalate. Le oblate e i “conversi” (frati laici addetti alla cura degli infermi) si spostavano tra le due strutture usando un passaggio sotterraneo, ancora esistente, sebbene a metà tamponato.
Dal 1315 inoltre, presso la struttura maschile, venne approntato un cimitero, che fino al Settecento fu uno dei più utilizzati della città. Già nel 1321 l’assistenza medica era all’avanguardia grazie alla fondazione della scuola chirurgica, collegata allo Studio fiorentino appena istituito. A metà del Trecento, in seguito alla peste nera, Santa Maria Nuova ospitava già il ragguardevole numero di circa 200 malati al giorno, un numero enorme se si calcola che all’epoca una struttura ospedaliera fiorentina raramente superava i venti/trenta letti. Per permettere questa complessa gestione, Santa Maria Nuova ricevette privilegi, rendite ed esenzioni a iosa, sia dal papato che dalla Repubblica fiorentina, oltre alla cospicua donazione di 25.000 fiorini d’oro. L’ospedale maschile andò assumendo la forma di una grande corsia a forma di croce, afferente a vari chiostri e cortili, che sarebbe poi diventata un modello per i grandi complessi ospedalieri italiani ed europei. La facciata appariva più breve di quella odierna, col cortile che a ovest finiva all’altezza di Sant’Egidio.
Tuttavia le enormi dimensioni dell’ospedale, unite al fatto che molto spesso vi si rivolgessero anche i poveri e gli indigenti (diffuso era il detto «A Santa Maria Nuova chi non ha il male ve lo trova») e le difficoltà di gestione non esente da cattiva amministrazione, fecero sì che spesso l’ospedale attraversasse momenti di difficoltà.
Con la perdita di importanza della famiglia Portinari, l’ospedale iniziò a gravitare sotto la protezione dell’arcivescovo di Firenze e, dal XVII secolo, dei granduchi medicei.
Epoca contemporanea
Il completamento del loggiato che circonda la piazza antistante l’ospedale risale appena all’immediato dopoguerra, quando nell’ambito dei lavori all’attigua sede storica della Cassa di Risparmio di Firenze, l’architetto Nello Bemporad mise in opera il lato ovest riprendendo fedelmente il progetto incompiuto dell’Ammannati, con termine dei lavori nel 1960 (l’impresa è ricordata da una lunga epigrafe in latino posta sotto il loggiato e dovuta a Ugo Enrico Paoli).
Al termine dei lavori, per intervenire sullo stridente contrasto tra la parte nuova e quella antica e visibilmente degradata, si procedette al restauro dell’intero fronte, sempre con la direzione di Nello Bemporad.
Nel 1968 la riforma ospedaliera trasformò l’opera pia di Santa Maria Nuova in un Ente autonomo finalizzato a un pubblico servizio per l’interesse sociale della collettività. Nel 1978 la gestione ospedaliera venne organizzata a livello regionale con l’organizzazione delle Unità sanitarie locali.
Al 1996 si data un ulteriore intervento sulla facciata, come cantiere inserito tra quelli straordinari finanziati in occasione dello svolgimento a Firenze del Consiglio Europeo del 21-22 giugno di quell’anno, con conclusione dei lavori – estesi anche ai chiostri – nel 2014.
Attualmente l’ospedale è interessato da un cantiere interno frutto di un “Piano straordinario per la riqualificazione dell’assistenza sanitaria dell’area fiorentina” promosso dalla Regione Toscana nel 1999-2000.
La funzione ospedaliera, ancora oggi di fondamentale importanza per la città, tuttavia ha messo spesso in secondo piano il godimento delle opere d’arte e dei luoghi di grandissimo pregio architettonico e storico, spesso inaccessibili o mortificati dalle esigenze pratiche e sanitarie. Una nuova consapevolezza in questo senso ha tuttavia portato all’apertura di un piccolo museo entro un nuovo ingresso monumentale nel 2014, visitabile solo su appuntamento e conservante solo una piccola parte dei capolavori tuttora posseduti dall’ospedale (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
Testo bollettino
Gli Ospedali Storici Italiani rappresentano un motivo di orgoglio nazionale, coniugando l’attuale alto livello di eccellenza nelle cure mediche ad una sorprendente ricchezza di patrimonio storico – culturale, derivante da vicende spesso millenarie. Diffusi su tutto il territorio nazionale, gli antichi stabilimenti esprimono i valori della solidarietà, dell’evoluzione scientifica, della carità e dell’etica nelle cure.
Il patrimonio degli Ospedali, architettonico e storico-artistico, ed i loro musei, rappresentano uno spaccato della cultura e dell’attenzione sociale da sempre presente nel nostro Paese. I francobolli raccontano con le immagini, scelte dai cinque siti fondatori, una cultura condivisa da tutte le realtà aderenti all’Associazione Culturale Ospedali Storici Italiani.
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L’Arcispedale di Santa Maria Nuova è uno dei più antichi ospedali al mondo ancora in attività. Fondato nel 1288 da Folco Portinari, padre di Beatrice celebrata da Dante Alighieri, nel corso dei secoli ha rappresentato per Firenze il principale luogo di cura e assistenza.
L’edificio è un insigne monumento di architettura, a partire dalla prima corsia dell’antico Ospedale degli uomini, edificato tra il 1313 e il 1315. Comprende vari chiostri e giardini interni; tra questi il “Chiostro delle Medicherie”, realizzato tra il 1418 e il 1420.
Tra gli autori rappresentati nelle raccolte d’arte si possono vantare Bicci di Lorenzo, Andrea della Robbia, Giovanni Battista Paggi, Alessandro Allori, Giambologna, Volterrano, Bernardo Buontalenti, Pomarancio ed altri.
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La Scuola Grande di San Marco è un edificio rinascimentale, fondato dall’omonima Scuola, che si affaccia sul Campo Santi Giovanni e Paolo a Venezia, con alle spalle l’attuale Ospedale Civile di Venezia.
L’odierno Ospedale Civile SS. Giovanni e Paolo occupa gli edifici della Scuola Grande di San Marco, dell’ex Convento domenicano SS. Giovanni e Paolo e dell’ex Convento di S. Maria del Pianto; nella sua storia ha assorbito l’attività degli antichi ospedali dei Derelitti, di San Lazzaro dei Mendicanti e l’Ospizio di Calle della Testa.
Al suo interno oggi convivono un’area di cura e un’area storico-culturale, che comprende la Biblioteca antica, il Museo di Storia della medicina, il Museo di Anatomia Patologica, la Farmacia Storica, la Chiesa Ospedaliera, l’Itinerario dei medici ebrei, le raccolte d’arte e le architetture monumentali della Scuola Grande di San Marco e dell’ex Convento domenicano.
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L’attuale Policlinico di Milano, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, trae la sua origine dal duca Francesco Sforza che nel 1456 porta a termine la riforma di 25 ospedali in funzione dal decimo secolo in città e nell’estensione della Diocesi, concentrandoli in una sola struttura. L’edificio ospedaliero, soprannominato “Ca’ Granda”, rappresenta la più imponente costruzione cittadina fino all’epoca moderna. Dall’Ospedale Maggiore dipendeva il Lazzaretto, reso celebre dal Manzoni, e numerosi presidi ospedalieri. Dall’ultimo decennio dell’Ottocento l’Ente svolge la sua opera sanitaria nei padiglioni sorti di fronte all’antica struttura ospedaliera: l’odierno Policlinico.
Il formidabile patrimonio culturale comprende le raccolte d’arte, con la celebre galleria di mille ritratti dei benefattori, l’archivio storico, la biblioteca storica di medicina, le collezioni di strumenti e di preparati anatomici.
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A Roma il Complesso Monumentale del Santo Spirito in Sassia vanta undici secoli di nobili tradizioni di ospitalità e più di otto secoli di ininterrotta vita ospedaliera a vantaggio dei poveri, degli abbandonati e dei malati. L’ospedale affonda le radici nella “Schola Saxonum” (da cui deriva la parola “Sassia”), creata nell’anno 727 per l’accoglienza dei pellegrini sassoni.
Nel 1198, Papa Innocenzo III affidò a Marchionne d’Arezzo il compito di rifondare il complesso, affidandone la gestione a Guido di Montpellier, cavaliere e fondatore dell’Ordine Ospitaliero del Santo Spirito. Papa Sisto IV negli anni tra il 1471 e il 1478 ebbe cura di far ristrutturare l’ospedale, avvalendosi dei prestigiosi interventi dell’architetto Baccio Pontelli e dello scultore Andrea Bregno che edificarono la lunga corsia “sistina” con tiburio ottagonale al centro. Sotto il pontificato di Alessandro VII l’edificio fu ampliato con la Sala ospedaliera Alessandrina, oggi adibita a sede del Museo dell’Arte Sanitaria, inaugurato nel 1933.
La Biblioteca Lancisiana conserva volumi editi tra il XVI e il XX secolo, ricettari e manoscritti del XVIII e del XIX secolo, oltre a incisioni e tavole anatomiche.
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A Napoli la “Real Santa Casa di Santa Maria del Popolo degli Incurabili” fu fondata il 23 marzo del 1522 dalla beata Maria Lorenza Longo (1463-1542); alla nuova istituzione collaborò anche san Gaetano da Thiene. Il complesso monumentale costituisce una vera cittadella ospedaliera su Caponapoli, acropoli greco-romana della città nuova. Il cortile risale alla fondazione cinquecentesca; la Chiesa di Santa Maria del Popolo è datata al 1530; nello stesso secolo viene realizzata la “Razionalia” con un pozzo sullo Scalone detto “dei Pazzi” e la cappella dell’Arciconfraternita dei Bianchi della Giustizia. Su disegno del Vaccaro venne realizzata la meravigliosa Spezieria ancora oggi integra nella stigliatura e nel corredo.
Qui l’Associazione “Il Faro d’Ippocrate” ha dato vita al Museo delle Arti Sanitarie e Storia della Medicina. Le collezioni comprendono antichi strumenti medico-chirurgici e scientifici, documenti, reperti anatomopatologici, preparati a secco e in formalina, cere e rilievi anatomici del secolo XVIII, antiche farmacie storiche e laboratori. Tutto il percorso lega il passato all’evoluzione scientifica. L’intero complesso è attualmente in corso di ristrutturazione e per mostre ed eventi si utilizza la ex Sala del Lazzaretto all’Ospedale della Pace.
Gennaro Rispoli
Presidente ACOSI
Paolo M. Galimberti Vicepresidente ACOSI
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