108^ emissione del 03 Novembre 2024, di un francobollo commemorativo di ALBERTO MANZI, nel centenario della nascita
108^ emissione del 03 Novembre 2024, di un francobollo commemorativo di ALBERTO MANZI, nel centenario della nascita, dal valore indicato in B, corrispondente ad €1,25.
- data emissione: 03 Novembre 2024
- dentellatura: 11 effettuata con fustellatura.
- dimensioni francobollo: 30 x 40 mm
- tipo di carta: bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente.
- Grammatura:90 g/mq.
- Supporto: carta bianca, Kraft monosiliconata da 80 g/mq.
- Adesivo: tipo acrilico ad acqua, distribuito in quantità di 20 g/mq (secco).
- stampato: I.P.Z.S. Roma
- tiratura : 250.020
- valore tariffa: B = €1,25
- colori: tre
- bozzettista: a cura del Centro Alberto Manzi, Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna, e ottimizzato dal Centro Filatelico dell’Officina Carte Valori e Produzioni Tradizionali dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A.
- num. catalogo francobollo: Michel ______ YT _______ UNIF ______SASS _____
- Il francobollo: riproduce un ritratto di Alberto Manzi inserito tra un traliccio ricetrasmittente e un televisore in stile anni Sessanta rappresentativi dell’importante ruolo di insegnante ed educatore che Alberto Manzi svolse con la trasmissione Rai “Non è mai troppo tardi”: primo esempio di didattica a distanza per adulti che contribuì notevolmente all’alfabetizzazione della popolazione italiana. Completano il francobollo le legende “IL MAESTRO”, “ALBERTO MANZI” e le date “1924 – 1997”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
- nota: la fotografia che ritrae Alberto Manzi è riprodotta per gentile concessione dell’autore Paolo Mazzoli.
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Alberto Manzi (Roma, 3 novembre 1924 – Pitigliano, 4 dicembre 1997) è stato un docente, pedagogista, scrittore e politico italiano, noto principalmente per aver condotto la fortunata trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi, messa in onda fra il 1960 e il 1968, il cui successo fu tale che, successivamente, venne riprodotta all’estero in ben 72 Paesi, e riuscì a far prendere a quasi un milione e mezzo di italiani la licenza elementare.
Biografia
Manzi nacque a Roma il 3 novembre 1924 nel rione Borgo da Ettore Manzi, tramviere, e Rina (Etterina Maria) Mazzei, originaria di Tufo in Abruzzo e impiegata presso gli uffici annonari del Vaticano.
Nel 1927, a causa dello smantellamento della Spina di Borgo, furono sfrattati e venne loro assegnato un appartamento in piazza Bologna, allora periferia romana. Con la nascita della sorella, la mamma smise di lavorare per dedicarsi esclusivamente ai figli.
Da ragazzo, appassionato di mare, frequentò i Balilla Marinaretti: questo gli consentì di venire iscritto nelle liste di Leva della Marina.
Nel 1942 terminò gli studi medi, diplomandosi presso l’Istituto Magistrale “G.Carducci” di Roma.
L’8 settembre 1943 la Repubblica Sociale chiamò alle armi le classi 1924 e 1925, dando un ultimatum di 30 giorni per presentarsi, pena la fucilazione. Antifascista come tutta la famiglia, non intendeva sottomettersi a Salò. Grazie al padre, bersagliere nella prima guerra mondiale e sergente delle Guardie Palatine nella seconda, volontario della Croce rossa sui treni ospedale e Guardiano del Pantheon per i Cavalieri di Malta, riuscì a nascondersi presso la sede dell’Ordine di Malta, evitando così i rastrellamenti.
Il 4 giugno 1944, con l’arrivo degli americani a Roma, decise di arruolarsi volontario presso il Battaglione San Marco, aggregato all’VIII Armata britannica. Raggiunse Brindisi e il suo comportamento, ironico e provocatorio, colpì il comandante a tal punto che lo volle in fureria come segretario per tutta la campagna. Alla domanda del sottufficiale “Titolo di studio?” rispose “Diploma Magistrale”. Ma alla seconda “Sai leggere?” rispose “No!”, suscitando le risa dei commilitoni e accattivandosi la stima del comandante.
Nel 1945, dopo la fine della guerra, non venne congedato con gli altri perché il comandante lo volle ancora con sé per sbrigare le pratiche burocratiche del Battaglione. Tornò a Roma quindi due mesi dopo i compagni d’armi.
Manzi, in un’intervista del 13 giugno 1997 rilasciata a Roberto Farné, afferma:
«Facendo la guerra, poi, ho scoperto che tante cose per cui si pensava valesse la pena vivere erano solo delle falsità. […] Soprattutto dopo l’esperienza della guerra, l’idea fissa che avevo era di aiutare i ragazzi, […] rinnovare un po’ la scuola, per cambiare certe cose che non mi piacevano».
Iniziò l’attività scolastica prendendo servizio all’Istituto di Rieducazione e Pena ”Aristide Gabelli“ di Roma: accettò il posto, rifiutato da ben quattro colleghi. Qui realizzò il primo giornale degli Istituti di Pena, La Tradotta. Nel 1947 ricevette l’incarico di supplente presso la scuola di Campagnano Romano.
Nel 1948 sposò Ida Renzi, sua collega, con la quale ebbe quattro figli: Alda, Massimo, Roberta e Flavia. Negli anni ottanta divorziò da Ida e sposò Sonia Boni con la quale ebbe una figlia, Giulia. Con loro si trasferì a Pitigliano dove fu eletto sindaco.
Sempre nel 1948 ottenne il Premio Collodi per Grogh, storia di un castoro, romanzo per ragazzi, pubblicato dalla Bompiani nel 1950 (con riduzione radiofonica della Rai nel 1953, in seguito tradotto in 28 lingue).
Nel 1950 Luigi Volpicelli lo volle come collaboratore per qualche anno e Domenico Volpi lo chiamò a collaborare con la Casa Editrice AVE, per la quale pubblicò diversi testi scolastici e collaborò con Gianni Rodari e Jacovitti alla rivista Il Vittorioso.
Nel 1950 prese servizio come insegnante elementare presso la scuola Fratelli Bandiera di Roma, dove restò fino alla pensione.
Nel 1955, grazie ai cugini che vivevano a Lima in Perú, si recò per la prima volta in Sud America, e collaborò con il cugino, docente di italiano, in programmi di scolarizzazione e di socializzazione.
Conobbe don Giulio, padre salesiano in missione, con il quale tornò a collaborare spesso con l’Università Pontificia Salesiana. Questa esperienza fu ispiratrice dei romanzi El Loco, La Luna nelle baracche e del romanzo postumo E venne il sabato.
Scrisse diversi libri per ragazzi: il più famoso è Orzowei, pubblicato nel 1955, da cui fu tratta negli anni ’70 la serie televisiva omonima di grande successo per la regia di Yves Allegret, per la TV dei ragazzi.
Nel 1960 fu scelto per presentare il programma Non è mai troppo tardi, in onda sul Programma Nazionale, che prese il via il 15 novembre, concepito come strumento di ausilio nella lotta all’analfabetismo. Il programma, curato insieme a Oreste Gasperini e Carlo Piantoni, ebbe grande successo e lo rese famoso: riproduceva in televisione vere e proprie lezioni di scuola elementare con metodologie didattiche innovative. Al “provino” strappò il copione che gli era stato dato e improvvisò una lezione alla sua maniera, dinanzi a classi composte da adulti analfabeti o quasi. La trasmissione andò in onda per otto anni e fu di grande interesse e rilevanza sociale: si stima che quasi un milione e mezzo di persone abbiano conseguito la licenza elementare grazie a queste lezioni a distanza, svolte di fatto secondo un vero e proprio corso di scuola serale. Le trasmissioni andavano in onda nel tardo pomeriggio, prima di cena. Manzi utilizzava un grande blocco di carta montato su cavalletto sul quale scriveva, con l’ausilio di un carboncino, semplici parole o lettere accompagnate da un accattivante disegnino di riferimento. Usava anche una lavagna luminosa, per quei tempi assai suggestiva. La Rai Eri, casa editrice della Rai, pubblicava materiale ausiliario per le lezioni, quali quaderni e piccoli testi.
Nel 1961 gli viene conferita la Croce di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.
Concluso il programma, dopo alcune brevi e sporadiche programmazioni radiotelevisive su temi legati all’istruzione, ritornò quasi a tempo pieno all’insegnamento scolastico classico, presso la scuola elementare “Fratelli Bandiera” di Roma.
Di tanto in tanto partecipò a delle campagne di alfabetizzazione degli italiani all’estero e ad alcuni viaggi in America Latina per collaborare alla promozione sociale dei contadini più poveri.
Tornò alla ribalta nel 1981, quando si rifiutò di redigere le appena introdotte “schede di valutazione” che la riforma della scuola aveva messo al posto della pagella. Disse: «Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché cambierebbe, è in movimento. Se il prossimo anno uno leggesse il giudizio che ho dato quest’anno, l’avremmo bollato per i prossimi anni». La “disobbedienza” gli costò la sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio. L’anno seguente il Ministero della Pubblica Istruzione fece pressione su di lui per convincerlo a scrivere le attese valutazioni: fece intendere di non avere cambiato opinione, ma si mostrò disponibile a redigere una valutazione riepilogativa, uguale per tutti tramite un timbro. Il giudizio era: “Fa quel che può, quel che non può non fa”. Il Ministero si mostrò contrario alla valutazione timbrata, al che Manzi ribatté: «Non c’è problema, posso scriverlo anche a penna».
Nel 1992 la Rai ripropose Manzi ne L’italiano per gli extracomunitari, programma in 60 puntate televisive in onda su Rai 3, per insegnare la lingua italiana agli immigrati.
Dal 1995 al 1997 fu sindaco di Pitigliano, in provincia di Grosseto.
Il maestro Manzi morì il 4 dicembre del 1997, presso l’Ospedale di Pitigliano.
L’archivio
L’enorme archivio di Alberto Manzi è a disposizione della collettività presso la sede della Regione Emilia-Romagna: nel 1999 la vedova, Sonia Boni, lo donò al Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna e, in seguito a convenzione stipulata nel 2000, tutto il materiale fu ospitato presso il Consiglio Regionale emiliano-romagnolo (oggi Assemblea Legislativa), in viale Aldo Moro 50 a Bologna.
La convenzione fu poi rinnovata nel 2007, decennale della morte, portando alla creazione del “Centro Alberto Manzi”, struttura nata «per volontà dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna che rilancia un accordo con la Rai, con il MIUR, con l’Università di Bologna e con la Giunta regionale affinché l’archivio diventi il cuore propulsore di progetti e iniziative per i cittadini e le cittadine. Mettendo al centro le scuole, gli insegnanti, i bambini e le bambine si potenzia un modello educativo fondamentale alla coesione sociale delle comunità locali.»
Il contenuto dell’archivio è variegato, riflettendo molto bene «la molteplicità e l’ampiezza di interessi di un personaggio singolare, il suo essere in anticipo sui tempi e una sperimentazione sempre originale e per molti versi indimenticabile.» Le migliaia di “pezzi” comprendono appunti e studi di argomento pedagogico, utilizzati da Manzi nei suoi interventi in vari convegni, e progetti e annotazioni per programmi televisivi o libri di testo, fasi redazionali e materiale preparatorio dei numerosi romanzi, delle favole e in generale delle pubblicazioni del “Maestro”, fino a corrispondenza, fotografie, videocassette e bobine audio con registrazioni di trasmissioni radio-televisive, nonché diari scolastici (articolo parzialmente estrapolato dal sito Wikipedia e le immagini da Google).
TESTO BOLLETTINO
Alberto Manzi è nato a Roma il 3 novembre 1924. Fu un instancabile studioso, un maestro di scuola primaria capace di mettere in discussione pratiche didattiche e procedure che dai più venivano accettate senza pensiero critico, fu scrittore e divulgatore scientifico, fu sindaco, è tuttora un ricordo indimenticabile per tutti gli italiani che lo conobbero con la trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” negli anni Sessanta e successivamente con il romanzo Orzowei, secondo romanzo italiano più tradotto dopo Pinocchio.
Manzi si è sempre vergognato di parlare di sé stesso, arrossiva quando gli facevano delle domande in Tv; provava imbarazzo quando lo intervistavano.
«Che dire? Che scrivo libri? Che insegno? Che faccio questo e quest’altro? Ha forse un significato la mia storia? Forse lo hanno di più i personaggi dei miei racconti: Grogh, Orzowei, Pedro, El loco… e loro parlano, parlano dai loro libri.»
E ci raccontano di un Alberto Manzi rivoluzionario «… inteso nel senso profondo della parola. […] La rivoluzione è una perpetua sfida alle incrostazioni dell’abitudine, all’insolenza dell’autorità incontestata, alla compiacente idealizzazione di sé e dei miti imposti dai mezzi di informazione. Per questo la rivoluzione deve essere un evento normale, un continuo rinnovamento, un continuo riflettere e fare, discutere e fare».
Dall’ultima puntata di Non è mai troppo tardi, Manzi ci lascia parole importanti:
“Se leggere e scrivere vi servirà per ingannare gli altri, tornate analfabeti.
Se aver imparato a leggere e scrivere vi servirà per mentire, tornate analfabeti.
Non dovete smettere di studiare o comincerete a pensare di sapere tutto.
Vi chiuderete dentro voi stessi e il vostro egoismo e sarete analfabeti laureati.
Siamo noi, proprio noi, che giorno per giorno possiamo trasformare il mondo, anche se non contiamo niente, anche se siamo povera gente, anche se non abbiamo apparentemente le leve del comando… ma noi possiamo trasformare il mondo e i giovani guardano noi, vogliono da noi questo esempio altrimenti non crederanno più in niente. […]
Ricordatevi di credere sempre in qualcosa, qualsiasi cosa sia. È solo la fede che porta avanti l’umanità.
Con un vuoto di fame in me, io cammino”.
L’emancipazione dell’uomo, la giustizia sociale e il contrasto di ogni povertà sono stati i valori su cui ha ruotato la vita di Alberto Manzi.
La figura di Manzi può dare speranza, essere d’ispirazione per le persone, far sentire loro che vale la pena vivere pensando che «Ogni altro sono io».
Leonardo Draghetti
Direttore generale Assemblea legislativa Regione Emilia Romagna
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